venerdì 7 giugno 2013

L'eguaglianza penalizza lo sviluppo?

Sergio Romano, sull'ultimo numero di “La Lettura” (supplemento del Corriere della Sera) facendo finta di recensire un libro di Franco Gallo (L’uguaglianza tributaria, editoriale scientifica), presidente della Corte Costituzionale, al quale su 5 colonne dedica di fatto mezza colonna, perora il liberismo come soluzione dei nostri problemi, e si appoggia a personalità, quasi tutti morti, appartenenti alla stessa scuola di pensiero.

La ricchezza accumulata dai singoli non è altro, sostiene il nostro, che il riconoscimento di un merito, di una alta professionalità, dell'intraprendenza, ecc. Qui sta la matrice delle diseguaglianze, tra chi ha capacità e chi no, tra chi ha professionalità e chi no, ecc.. Non ho obiezioni a che il merito, capacità, ecc. debba e possa essere premiato, non è questo il problema, è la misura attuale di questo “premio” che sconvolge, ed ancora il fatto che mentre la maggioranza della popolazione soffre di privazioni alcuni pochi vengono premiati, ma per quale merito?

Non volendo mettere in discussione il sistema capitalistico, credo che possa essere del tutto legittimo che sia fissata una misura di tale premio, cioè delle diseguaglianze: per esempio il maggior premio non possa essere superiore a 10 volte la remunerazione media di un operaio. Il di più potrebbe essere: dato allo Stato; utilizzato per diminuire i prezzi dei beni; destinato a investimenti produttivi; finalizzato ad iniziative culturali, ecc. Non è la fine del mondo se Marchionne, per esempio, guadagni 10 volte quanto guadagna in media il suo operaio; avrebbe di che vivere degnamente e largamente, mentre la collettività godrebbe di benefici.

Ma Romano si spinge oltre, non gli basta salvare le diseguaglianze in relazione al merito, ma spericolatamente, contrariamente ad ogni evidenza, sostiene che le diseguaglianze fanno bene allo sviluppo. Non si esprime in questo modo plateale ma più elegantemente sostiene che una tassazione redistributiva faccia male allo sviluppo.

Non sarà un caso che tra i citati non viene fatto il nome di Stiglitz che sostiene proprio il contrario e a questo tema a dedicato molti studi. Ma non ci sarebbe bisogno di appellarsi all’autorità di un premio Nobel, basterebbe che Romano si guardasse intorno: nel periodo nel quale la distribuzione della ricchezza ha premiato pochi e penalizzato i molti (periodo nella quale la lotta di classe l’hanno fatta i ricchi con successo) non si è avuto sviluppo; anche dentro l’austerità i pochi si sono arricchiti a scapito dei molti. Le diseguaglianze alimentano la voracità dei ricchi, che non hanno scrupoli di affamare interi popoli per accumulare ricchezze.

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