giovedì 16 maggio 2013

Diario 223


Diario 223
6 - 12 maggio 2013


ñ  La condanna penale di Berlusconi
ñ  Ma che difesa è?
ñ  L'amore è sacrificio 
ñ  Elogio dell'ipocrisia
ñ  Il PD ha un segretario
ñ  Citazioni: nel bene e nel male (Pietro Grasso, Roberta Carlini, Oliviero Toscani, Renato Schifani, Andrea Oliviero, Ignazio La Russa, Silvia Tortora,Carlo Ripa Di Meana, Guido Rossi)


La condanna penale di Berlusconi
Non neghiamolo, una parte della popolazione italiana è contenta che Berlusconi sia stato condannato anche in appello per evasione fiscale. Sia tratta di quella parte di popolazione, non di centro destra e non innamorata di “Silvio”, che lo detesta per quello che rappresenta. Ma c'è un'altra parte di popolazione che è soddisfatta, pur non essendo antiberlusconiana, si tratta di quella parte di popolazione che soffre malamente gli effetti della crisi e apprezza che gli evasori fiscali siano scoperti. C'è una parte della popolazione che irride, non trova scandalosa l'evasione  ma non capisce come uno come Berlusconi possa essere colto con le mani nel sacco, nonostante società all'estero, leggi ad personam, una coorte di avvocati, ecc.; un'altra parte lo commisera, come sfortunato, non mette in dubbio che abbia evaso, ma ritiene che sia sfortunato l'evasore scoperto. Poi, in fine, una parte, forse molto modesta, si è lasciata convincere che il “loro”   Silvio sia un perseguitato e che egli non ha evaso.
Questa, che io penso sia l'articolazione delle reazioni alla sentenza di condanna in appello, non credo metta in discussione, nell'immediato, il consenso per Berlusconi, ma sono “opinioni” e “pensieri” che ne minano la figura; il perenne vincitore appare ferito, colpito, stracciato. Forse niente è così devastante per la popolarità di una figura sfregiata, un perdente. Forse mi illudo ma staremo a vedere  dopo la sentenza della Cassazione.

Ma che difesa è?
I paladini di Berlusconi, diciamo alcuni suoi deputati che vanno in TV, per difendere  Berlusconi dalla condanna in Appello per evasione fiscale, mettono in giro delle motivazioni equivoche da una parte e irrisorie dall'altra.
Si dice sostanzialmente che la persecuzione della magistratura risulterebbe evidente per incongruità del reato: che senso avrebbe evadere 7,3 milioni di tasse quando nello stesso periodo ne ha pagate centinaia?
Andiamo con ordine, la magistratura aveva inizialmente contestato a Berlusconi appropriazione in debita, falso in bilancio e 368 milioni di dollari di maggiorazione nelle transazioni per l'acquisto dei diritti cinematografici. Dal 2005, quando l'imputato Berlusconi è stato rinviato a giudizio, con le leggi ad personam (Cirielli, falso in bilancio, ecc.), tutte le accuse sfumavano, erano prescritte, ecc. ma sono rimaste nella rete i 7,3 milioni di evasione per cui è stata condannato nei due livelli di giudizio. Quindi non una “miserabile” cifra di 7,3 milioni ma ben più sostanzioso era il bottino iniziale di Berlusconi fatto evaporare con la legislazione apposita.
7,3 milioni di euro (pari a circa 14 miliardi delle vecchie lire), non sono proprio bruscolini, e se volessimo potremmo considerarli come una sorta di autoriduzione delle imposte da parte di Berlusconi, tenuto conto, come che il nostro ex presidente del consiglio ebbe a dichiarare “data la pressione fiscale evadere il fisco è comprensibile”, o  qualcosa di simile. I suoi laudatori questa avrebbero dovuto dire in sua difesa: una riduzione per tasse ingiustamente elevate. Si può comprendere ma non giustificare, così hanno fatto i giudici dei due livelli di giudizio.

L'amore è sacrificio 
L'on. Sandro Bondi, già ministro, già co-coordinatore  del PDL, ma soprattutto noto come poeta e  grande innamorato (platonico) di Silvio Berlusconi, ha deciso di sacrificarsi a favore del suo innamorato. Come è noto, la procura di Napoli (non quella di Milano) accusa l'ex presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, di aver comprato, ai tempi del governo Prodi, senatori e deputati, in particolare di aver pagato con 3 milioni di euro il cambio di schieramento dell'ex senatore Sergio De Gregorio (reo confesso). Bondi sostiene che la responsabilità è sua e non di Berlusconi. Affari suoi, sta ai giudici credergli o meno.
Ma siccome l'ex senatore De Gregorio ha confessato di avere ricevuto 3 milioni e di questo versamento esistono, pare, riscontri bancari, se ne deduce, questo proprio non si sapeva, che il patrimonio di Bondi non deve essere di poca entità se può  acquistare un senatore  da 3 milioni di euro. Una novità che forse può interessare qualche organo dello stato.

Elogio dell'ipocrisia
È insopportabili non solo che tra gli eletti ci siano dei parlamentari inquisiti e rinviati in giudizio, ma che alcuni siano anche presidenti di Commissioni parlamentari. Uno per tutti, Formigoni, rinviato a giudizio per associazione a delinquere, corruzione e non so che altro, è stato eletto prsidente della Commissione agricoltura (una specializzazione che non gli conoscevamo mentre ci era nota quella sulla sanità).
Eppure, anche nel nostro paese, come in tutti i paesi civili, un inquisito, in generale, si dimetteva. Le dimissioni erano motivate dal fatto che così facendo “poteva difendersi meglio e più liberamente”. Tutti sapevano che la motivazione era una ipocrisia, ma era accettabile e garantiva la rispettabilità delle istituzioni.
Ormai non è più così, la rispettabilità delle istituzioni non interessa più nessuno. Certo che fino a “sentenza definitiva” esiste la presunzione dell'innocenza, ma come si sa la “moglie di cesare” deve essere al di sopra di ogni sospetto, ma adesso anche del sospetto che colpisce Cesare  nessuno si occupa.
Il Presidente della repubblica, che è molto interventista, avrebbe fatto bene a spendere la sua “persuasione morale” su questo che non può che essere giudicato uno scandalo.  

Il PD ha un segretario
Il PD ha eletto il segretario traghettatore che dovrebbe portare il partito al congresso, a questa funzione è stato eletto Guglielmo Epifani (Notizia da pg. 12 sul Corriere della Sera .e a pg 6 della Repubblica).
Bah! Ma! Chi sa!

Citazioni: nel bene e nel male

Pietro Grasso,  Radio Anch'io, sid
"Non possiamo fare in modo che l'Italia diventi un paese dove sbarcano le puerpere per ottenere la cittadinanza italiana dei figli" (questa dichiarazione del Presidente del Senato, nonché seconda carica della Repubblica, mi è stata segnalata dalla mia amica Luisa. Si tratta di una dichiarazione fatta a proposito della proposta del ministro Cecile Kyenge di introdurre nella legislazione italiana lo ius soli. Che dire oltre che scandalizzarsi. Si può essere contro lo ius soli, ma non si possono usare argomentazioni così grossolane, razziste ed anche presuntuose, come se la cittadinanza italiana sia così appetibile, che una puerpera al nono mese di gravidanza decida di sottoporsi ad un viaggio in clandestinità, su un barcone pronto sempre ad affondare, solo per poter conquistare per il figlio/a la cittadinanza italiana. Anche al nuovo presidente del Senato piace esternare, esterna troppo e non sa quello che dice)

Roberta Carlini, sbilanciamoci, 7 maggio 2013
Con l'intervento d'urgenza sulla tassa sulla casa, il governo Letta fa un triplice errore: spostando risorse dai più poveri ai più ricchi, dai più giovani ai più vecchi, dalle periferie al centro. Senza con questo aiutare l'economia. A chi giova?” (consiglio di leggere tutto l'articolo sul sito di sbilanciamoci).
Oliviero Toscani, La Repubblica, 7 maggio 2013
“Le donne devono essere più sobrie, dare importanza all'essere più che al sembrare, solo così si possono evitare altri casi di femminicidio” (gocce di filosofia reazionaria ammantata di progressismo, essere e non apparire; insomma se le donne vengono uccise è colpa delle donne. Fa il paio delle sentenza di alcuni anni fa quando un giudice ha giustificava uno stupro con la motivazione che la donna portava jeans attillati)

Renato Schifani, La Repubblica, 9 maggio 2013
“Continua la persecuzione giudiziaria, la stagione della pacificazione è lontana” (dichiarazione rilasciata a proposito della condanna in appello di Silvio Berlusconi. È  stato presidente del Senato, seconda carica dello stato, credo che abbia manifestato con gli altri deputati davanti al tribunale di Milano qualche mese fa, ed ha una idea della pacificazione tutta sua, insomma un patto di impunità, una sorta di colpo di spugna. Neanche tanto era richiesto dalla Mafia.  La pacificazione parte dalla denunzia dei propri misfatti).

Andrea Oliviero,Secolo XIX, 10 maggio 2013
“Il PD mercoledì chiama noi di Scelta Civica e ci chiede di votare Nitto Palma. Precisando che loro però si sarebbero astenuti ufficialmente. Hanno detto: voi votatelo e poi noi nel segreto dell'urna spostiamo qualche voto per farlo eleggere” (Un PD che fa queste operazioncine, sperando che restino riservate, e destinato a morire, e forse è un bene.)

Ignazio La Russa, La Repubblica, 11 maggio 2013
“Finalmente una posizione (contro lo ius soli) chiara e condivisibile di Beppe Grillo”

Silvia Tortora, La Repubblica, 12 maggio 2013
“C'è una distanza siderale tra la vicenda di Enzo Tortora e quella di Silvio Berlusconi, trovo tutto questo sconcertante, ingiusto e offensivo. … Enzo era una persona perbene, non era innocente, era estraneo alle accuse per le quali patì il carcere: i mascalzoni non dovrebbero citarlo perché gli si ritorce contro.... La sua storia dimostra che può capitare che una persona perbene si trovi in una situazione come la sua. Ma Enzo la affrontò nel rispetto della legge e del suo popolo. E non si servì in alcun modo del proprio ruolo pubblico (era parlamentare e si dimise). Per questo chi non ha niente in comune con lui farebbe bene a lasciarlo in pace”.

Carlo Ripa Di Meana, La Repubblica,. 12 maggio 2013  (a proposito del sostegno attivo ad Alemanno nell'elezione del sindaco di Roma)
“è presto detto. Preferisco l'imperfetto Alemanno che però si è fatto cinque anni di dressage, di addestramento, ai volenterosi dei suoi concorrenti. … Esatto, è stato il mio primo voto per lui (per Berlusconi nelle ultime elezioni politiche). Spero che Roma tenga. Se cade, Berlusconi verrà travolta” (in uomini come Carlo Ripa di Meana, quello che meraviglia è il disprezzo per se stessi. Uno può cambiare opinione, egli l'ha fatto più volte, ma quando si travalica, anche sinceramente, il rispetto di sé, della propria vita, vogliamo dire della propria storia, dovrebbe consigliare di tacere, farne un fatto intimo. Ma il desiderio di finire “coppa o giornale”, come dicono a Napoli, deve essere irresistibile)

Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 12 maggio 2013
“L'impressionante numero dei suicidi, delle violenze, dell'incremento delle malattie infettive, del loro rapporto e collegamento strettissimo con le misure di austerità, costituiscono il problema centrale di ogni urgente politica governativa”.

Diario 222


Diario 222
29 aprile – 5 maggio

ñ  E' possibile una sinistra?
ñ  Una polemica sul ministro Bonino
ñ  Solidarietà con la Presidente della Camera dei deputati e con i deputati e sentaori la cui corrispondenza è stata violata.
ñ  Esagerati
ñ  Citazioni: nel bene e nel male (Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini, Mario Pianta)

E' possibile una sinistra?
Vi trascrivo l'intervento suscitatomi da una riflessione di Alfio Mastropaolo sulla fase politica attuale e soprattutto sul destino della sinistra. La riflessione di Alfio e altri materiali sono stati pubblicati su Nuvole () che potete consultare al sito indicato. La rivista, ritenendo il numero di Nuvole, come un numero “aperto” , per bocca mia invita gli amici del Diario che avessero riflessioni sul tema, che fossero sillecitati dagli scritti pubblicati sulla rivista, o che volessero esprhttp://nuvole.it/wp/imere un pensiero che “cova dentro”, di inviare i  testi alla rivista ( redazione@nuvole.it ). Mentre vi invito a consultare la rivista, facendola conoscere anche ai vostri amici, a nome della stessa rivista  ringrazio per la collaborazione.

Caro Alfio, 
nella sostanza sono d'accordo con le tue riflessioni tranne quella che riguarda il PD. Come tu dici l'incontro tra le due culture (e già mi sembra una notazione nobilitante) è fallito. Prediamone atto. L'elettorato di centro-sinistra ha quei connotati e quella formazione che tu dici (riprendo dalla tua nota: “Nel Pd non c’è solo metà dei parlamentari, grazie a una legge elettorale sciagurata. C’è un terzo degli elettori. C’è il patrimonio elettorale della sinistra italiana. Ci sono gli elettori che il Pci si era conquistati, o i loro figli e nipoti. Ci sono i nipoti degli elettori di Nenni e di Lombardi, ma anche di Aldo Moro, Benigno Zaccagnini e via di seguito.)un patrimonio elettorale che non vorresti disperdere, sono d’accordo ma riflettiamo che in valore assoluto il PD ha  perso, nell’ultima tornata elettorale 3 milioni di elettori, domandiamoci che non sia proprio  la cattiva riuscita della “fusione” ad allontanare parte di quegli elettori. Inoltre non si può dimenticare che c'è anche un elettorato di sinistra esterno al PD; io non credo che ci sia un enorme popolo di sinistra in attesa dell’uomo che lo guidi, ma una quota di disillusi esiste, una quota dei quali non demorde e si affida a soluzioni politiche non adeguate.
Le due “culture” che convivono nel PD, pare di capire, che non facciano altro che cercare  di prendere posizioni e maggior potere all'interno del partito, mentre si impegnano meno a far crescere l'ascolto per il PD (l'errore della campagna elettorale non può essere attribuito solamente a Bersani, che ha le sue colpe, ma quale contributo ha dato il gruppo dirigente alla campagna elettorale? Forse era stremato dallo sforzo fatto per conquistare “posti” dentro il gruppo parlamentare che doveva venire. I franchi tiratori in parte nascono così). In questa situazione, non essendo pensabile una loro fusione efficace (perché dovrebbero riuscire oggi?), ma avendo ambedue, secondo ottiche diverse, una aspirazione di trasformazione della società,  la loro separazione non sarebbe tragica per l'insieme, data una loro possibile e necessaria collaborazione futura, ma potrebbe permettere alle due di dedicarsi sia all'elaborazione delle rispettive culture e ai corrispondenti obiettivi, ma anche a curare il loro rapporto con la società. Le convivenze infelici rendono sterili le due parti.
Ma se ciò avvenisse saremmo solo all’inizio. La domanda è: come costruire (o ricostruire) una forza di sinistra?
Non credo alla possibilità di una fusione di sigle (Sinistra PD+SEL+Rifondazione+Comunisti italiani+........); l’esperienza ci insegna che queste operazioni non funzionano sia nel piccolo che nel grande, ciascuna forza si sente in qualche modo fagocitata, assorbita, risucchiata, ecc., e si fa forte di un’identità di gruppo che non fa bene alla fusione e prelude a possibili scissioni. L’esigenza, tuttavia, è forte e sentita, allora bisogna avere coraggio e rischiare.
Due principi dovrebbero caratterizzare questa possibilità coraggiosa: vanificare ogni appartenenza di gruppo esaltando la personalità di ciascun militante; evitare nel modo assoluto di partire da un “gruppo dirigente”. Non è poco! e per fare questo ci vorrebbe molto coraggio e molta fiducia. Una soluzione potrebbe essere (ma se ne possono trovare altre) quella di dichiarare sciolte tutte le organizzazione ridando fiducia e capacità politica ai singoli; un gruppetto di persone potrebbe stendere un provvisorio “manifesto”, breve, semplice ma incisivo, invitare quanti condividano il contenuto del manifesto ad organizzarsi in “assemblee” (plurale), queste ultime non possono esistere con meno di 50 partecipanti e con non più di 150 partecipanti, quando si superasse quel livello si inizierebbe a costruirne una nuova. L’insieme delle assemblee costituiscono il nuovo soggetto politico, il regime decisionale dentro la singola assemblea è appunto assembleare; non esiste un’assemblea leader, ma tutte sono allo stesso livello e ciascuna può proporre iniziative, prese di posizioni, elaborazioni, ecc.  tutte le altre. Decisioni collegiali possono essere prese in riunioni nazionali con rappresentanti delle singole assemblee (da due a tre).
Obiezioni? Infinite. A cominciare dal pericolo di perdere il patrimonio di cultura e di esperienze della sinistra a favore da un collage senza qualità. A me pare che si potrebbe perdere (e sarebbe un bene) l’identità di gruppo, ma non la cultura dei singoli, certo le assemblee saranno compositi ma è proprio la discussione all’interno delle assemblee che si trova la ricomposizione di un pensiero comune, la discussione assembleare costringe non ad affermare ma anche a riflettere. Inoltre il pericolo del collage senza qualità è comunque dietro l’angolo, ma non si scongiura né con l’aggancio a ideologie codificate, né con il richiamo al “mondo che cambia”, ma sottoponendo idee, formulazioni, riflessioni alla verifica collegiale dove convivono, magari, posizioni diverse. Certo nelle assemblee deve prevalere lo spirito di collaborazione e di apertura, senza che questo vincoli dal sostenere le proprie posizioni. La seconda osservazione riguarda la complessa macchina così come descritta; certo che è complessa, ma esalta la “partecipazione” che è una questione oggi all’ordine del giorno. La terza riguarda, data la complessità organizzativa, l’impossibilità di raggiungere una decisione. La condivido, ma quale è l’alternativa? Mi pare che affidare alle stesse assemblee di decidere sui meccanismi decisionali e organizzativi possa risolvere il problema.

Una polemica sul ministro Bonino
Ho ricevuto dal mio amico Guido la seguente nota polemica su quanto io avevo scritto intorno alla nomina di Emma Bonino al ministero degli esteri. Mi ero accodato al plauso generale forse senza riflettere molto. Le osservazioni di Guido non mi appaiono del tutto sbagliate.

Continuo a non capire la  fiducia e stima verso Bonino, che vedo molto diffuse a sinistra. Scrivi: "La Bonino agli esteri è una novità non prevista e positiva, se fosse andata ad un ministero economico sarei molto perplesso." Massimo Franco, sul Corsera di domenica, la definisce atlantista, senza neppure alludere al suo preteso europeismo, perché quello è il dato politico prevalente. Io credo che la sua nomina - combinata con quella di Mauro alla difesa - preluda a un intervento europeo in Siria (modello Libia e Mali), sostenuto dall'America logisticamente ed eventualmente con droni e forza aerea. L'importante è capire che di questo si parla quando Napolitano preferisce Bonino a D'Alema agli esteri. Certo, si può discutere se sia giusto un intervento o meno, da parte della Nato, ma questa secondo me è la posta in gioco nei prossimi giorni o settimane, ed è questo il tema prevalente per chi guiderà la Farnesina. Personalmente non capisco questo entusiasmo per un politico che ha appoggiato sistematicmante e con fervore ideologico tutti gli interventi armati degli ultimi decenni. Anzi, potrei perfino capirlo, purché di questo si discuta e non se Bonino, come sento dire, parla bene le lingue, ha relazioni internazionali e si è battuta per i diritti, tutte ottime qualità, ma preferirei discutere delle sue idee e opzioni politiche e del perché le sia stato dato quel posto.
un caro saluto, Guido


Solidarietà con la Presidente della Camera dei deputati e con i deputati e sentaori la cui corrispondenza è stata violata.
L'inciviltà web diventa sempre più aggressiva. Ma non è colpa del mezzo, ci vuole un'attitudine dedicata. La solidarietà alla Presidente della camera per l'aggressione subita deve essere sincera, così come pure ai deputati e alle deputate che hanno subito la  violazione della loro posta.
Evidentemente si coglie una distorsione etica se fosse vero che individuato uno  che scriveva ignominiose  frasi alla Sig. Boldrini, quando i carabinieri hanno bussato alla sua porta a rivendicato il suo diritto alla privacy.
Quello che non convince è l'appello che da qualche parte si fa per una legislazione ad hoc. In realtà questi “galantuomini” commettono dei reati e vanno perseguiti per i reati che commettono.  Bisogna che lo Stato voglia e si attrezzi in proposito.

Esagerati
Sei  ragazzi sono accusati di “associazione a delinquere”, perché sospettati di formare un gruppo che insieme fa pratica di graffitari, sporcando i muri della città di Milano. Non difendo la pratica dei graffiti aggressiva ma l'associazione a delinquere mi sembra eccessiva. Forse si possono usare strumenti diversi che evitino di segnare questi ragazzi come delinquenti da associazione criminale.
Anche perché contemporaneamente opere graffiti sui muri vengono “staccati” e venduti in gallerie d'arte spesso a insaputa degli stessi autori.
La città deve difendere il decoro dei suoi spazi pubblici, non discuto, ma in questo modo non lo fa e potrebbe evocare una situazione peggiore.

Citazioni: nel bene e nel male

Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini, sbilanciamoci.info, 2 maggio 2013
“L’impossibilità di garantire una reale concorrenza tra le grandi imprese private che operano nell’energia, nel credito e nel settore assicurativo, ci porta a sostenere la necessità di una coesistenza tra banche e imprese private e banche e imprese pubbliche. Queste ultime, nel rispetto del pareggio di bilancio, dovrebbero avere come obiettivi prioritari quelli di spingere verso il basso il prezzo dell’energia, le tariffe assicurative e il costo del denaro, di reinvestire i profitti nella ricerca e nell’innovazione e di garantire il credito alle famiglie e alle imprese in misura ben maggiore di quanto avvenga oggi. Ad esempio, Eni ed Enel, due aziende price leader di cui lo Stato è ancora azionista di maggioranza relativa, potrebbero abbassare i prezzi dell’elettricità, del gas, della benzina e dell’olio combustibile alle famiglie a basso reddito e alle piccole imprese e aumentare le spese in ricerca e gli investimenti nelle nuove tecnologie sul territorio nazionale.
Certamente le imprese e le banche pubbliche devono essere indipendenti dai partiti politici che generano corruzione. In Italia i vertici delle banche pubbliche potrebbero essere nominati dalla Banca d’Italia, che rappresenta un’istituzione autorevole e indipendente, sulla falsariga di quanto accade nella magistratura che è indipendente dal potere politico.

Per concludere, un’azione attiva delle grandi imprese e delle banche pubbliche potrebbe costituire

 una componente importante all’interno di un piano per rilanciare la crescita dell’economiaitaliana.”


Mario Pianta, sbilanciamoci.info, 3 maggio 2013
Eppure i discorsi di “Letta l’europeo” sono stati tutti di retroguardia. Rassicurazioni a Berlino e Bruxelles su un deficit sotto il 3% per rispettare i vincoli europei, mentre Francia, Olanda e Spagna rompono tranquillamente la barriera. Trepidazione verso i capricci della finanza quando la politica monetaria diventa permissiva perfino a Francoforte e i tassi d’interesse sui titoli italiani potrebbero scendere significativamente. Incertezza sul quadro politico del paese, con l’umorismo involontario dell’annuncio di Barroso: “la stabilità politica sta tornando a regnare in Italia”. E uguale incertezza sul quadro europeo, con i segnali di “cambio di stagione” rispetto all’austerità – tra questi anche la mossa della Bce – che non si traducono ancora in una ventata di rinnovamento delle politiche europee rispetto al gelo dei vincoli neoliberali.
Imbarazzo, infine, sulla tassazione, di fronte alla propaganda post-elettorale di Berlusconi sull’Imu da abolire, quando è addirittura il capo dell’Ocse a chiedere a Letta di “tagliare le tasse sulle imprese e sul lavoro, compensando con imposte sui consumi, su proprietà immobiliari e su emissioni di gas a effetto serra”. Riuscirà il neo-viceministro Stefano Fassina a portare una linea tanto audace dentro il Consiglio dei ministri?”

Diario 221


Diario 221
22-28 aprile 2013

ñ  Governo, quale futuro e quale sopravvivenza?
ñ  Scenari prossimi
ñ  Il destino del PD
ñ  Citazioni: nel bene e nel male (Rossana Rossanda, Massimo Cacciari, Guido Rossi)


Governo, quale futuro e quale sopravvivenza?
Tutti hanno tirato un sospiro di sollievo: il governo c'è.. Governo giovane, governo al femminile, governo delle competenze, ecc. nella situazione data, con la pressione del Presidente della repubblica, e con il PD ridotto a quello che sappiamo si dice Letta, il giovane (ma forse aiutato da Letta il vecchio)  non poteva fare di più. Qualche maligno ha avanzato la definizione di “primo governo democristiano della seconda repubblica”, se si guarda alla provenienza dei ministri questa più che una malignità sembra una constatazione. I provenienti dalla cultura PCI sono solo due, ed anche un po' scoloriti. La Bonino agli esteri è una novità non prevista e positiva, se fosse andata ad un ministero economico sarei molto perplesso. Grande perplessità solleva la presenza di Alfano agli interni, ma non tanto o non solo perché da quella poltrona potrà influenzare le indagini del padrone del partito di cui è segretario, ma perché mi immagino non avrà nessuna preoccupazione ad usare la mano pesante nella repressione dei possibili e probabili movimenti sociali e sindacali.
Finito il toto ministro/a, è iniziato il toto durata: chi dice pochi mesi, chi si spinge fino a due anni, chi, esagerando, pensa a tutta la legislatura. È difficile ogni previsione perché tutto è legato alla volonta e agli interessi di Silvio Berlusconi, il vero vincitore di questa partita
Nell'immediato nessuno vuole le elezioni. Il PD per la preoccupazione realistica di una scoppola elettorale di dimensioni mai vista; Scelta civica (Monti), intanto non si sa se esista (il professor Monti guarda con simpatia al PDL e personalmente a Berlusconi, e poi pare scottata dal risultato della precedente tornata elettorale; il PDL, ma si legge Berlusconi, perché spera da una parte che l'abbraccio con cui stringe il PD sia per quel partito mortale, dall'altra parte è alla ricerca di una qualche ancora di salvezza per i suoi processi e, infine, perché spera (l'avrà chiesto) che Napolitano lo faccia Senatore a vita. Il presidente della repubblica pensa, si dice, di nominarlo senatore a vita insieme a Prodi (se fossi  Prodi rifiuterei).
Se Letta pensasse che il suo governo potrebbe navigare spedito e in acque tranquille verso le riforme e i provvedimenti necessari, si sbaglia. Chi ha in mano le sorti di questo governo è Berlusconi che deciderà, secondo le proprie convenienze, quali ostacoli mettere per ottenere provvedimenti da spendere in campagna elettorale. Quella che viene definita come la ragionevolezza del PDL e di Berlusconi per non avere imposto i nomi più pesanti del PDL inaccettabili al PD (come Brunetta, Schifani, Santanchè, ecc.), può essere letta in modo diverso dalla ragionevolezza, prima di tutto aveva bisogno di essere il padrino (padrone) di questo governo, insieme a Napolitano, e quindi non poteva bruciare l'occasione puntando i piedi sui nomi Alfano a parte a cui manca il quid), inoltre i nomi pesanti costituiscono  una riserva  adatta da buttare in campagna elettorale e per questo dovevano essere “irresponsabile” delle scelte di governo.
In questo giudizio, lo confesso, c'è la convinzione che Berlusconi non abbia (e non possa vere) a cuore gli interessi del paese e degli italiani ma solo quelli personali (sui vari terreni).
Si potrebbe obiettare che il governo si regge su una maggioranza di cui Berlusconi rappresenta una parte. Sulla carta è così, ma la sostanza è diversa: il PD non è in grado, per i noti fatti e misfatti di dire Ba!; Monti non è disposto a sollevare neanche il sopracciglio. Solo Berlusconi è il padrone di  questo governo, come se fosse un monocolore PDL.   

Scenari prossimi
Non è facile fare scenari futuri politici per questo disgraziato paese, troppe sono le incertezze. E magari ci prende paura quando la nostra immaginazione ci prova. Qualche tentativo si può fare,  liberandoci dalla paura e senza voler assegnare a ciascuno di questi una probabilità statistica di riuscita.
Primo scenario,  il più tragico ed anche forse il più probabile, che denominerei “Berlusconi presidente”.
Sia che il PD venga ancora di più disgregato per effetto dell'abbraccio del PDL, sia che invece si mostra sulla strada per recuperare un propria configurazione e  identità (ipotesi non realistica e  non immediata), il PDL troverà una qualsiasi ragione per mettere in crisi il governo; potranno essere motivi legati ai programmi o ai provvedimenti, o esterni al governo, non importa. La legislatura finisce più o meno rapidamente (sei mesi un anno) e si va ad elezioni (probabilmente con la stessa legge elettorale, nonostante un ministro per le riforme). Il risultato elettorale ci consegnerà un PDL che stravince e che conquista la maggioranza nei due rami del parlamento; il PD scende, né  una qualsiasi forma assunta dalla sinistra (SEL ecc:) compensa la perdita del PD; il M5* resta stabile o aumenta un po'; gli altri non contano. In questa situazione non solo il PDL si fa il governo che vuole (un Monti 2 politico?), ma di fatto costringe Napolitano a dimettersi, ormai non serve più, e Berlusconi viene eletto Presidente della repubblica. So che vengono i brividi, ma è meglio che cominciamo ad educare la nostra fantasia.
Secondo scenario che possiamo denominare “come prima”.
Premesso che niente può essere mai come prima, questo scenario prevede, dopo le prossime elezioni, una situazione quale quella di oggi, nessuno in grado di fare da sé, e necessita di una collaborazione. Forse tutti i partiti sono indeboliti per la crescita dell'astensione. In questo caso se il M5* si disponesse alla collaborazione potrebbe nascere un governo 5* (ma con chi con il PD o con il PDL?), in caso contrario lo stallo sarebbe forse pernicioso con la dissoluzione completa del sistema dei partiti. Il sogno della democrazia diretta prevarrebbe con il rigetto dei corpi intermedi e quindi saremmo in balia del Berlusconi di ricambio.
Terzo scenario, il meno probabile, che possiamo denominare come la “rinascita”.
Questo scenario si basa su due ipotesi azzardate: Berlusconi spaglia i calcoli; il PD sulla base della spinta della base che “occupa”, scottato dalle recente esperienza e con il contributo di nuove forze (Fabrizio Barca) decide di divedersi in due partiti (movimenti, ecc.)  che tuttavia possono collaborare nella loro indipendenza. Da una parte le correnti cattoliche e di un riformismo moderato e dall'altra parte  correnti di sinistra e laiche in grado di aggregare la sinistra fuori dal PD, con un progetto di riformismo avanzato. Questa nuova alleanza dovrà e potrà governare il paese.

Certo questo degli scenari è un “gioco”, ma potrebbe servire ad aprirci gli occhi su un futuro ancora peggiore del presente, ma anche  farci intravedere qualche tenue barlume di speranza.

Il destino del PD
Il destino del PD mi sembra segnato, la guerra intestina non fa sperare niente di buono. I “101” franchi tiratori, nella loro dimensione pongono un problema di convivenza anche se rappresentano un gruppo non omogeneo e che segue strategia (?) non politiche ma di potere.
Il problema che emerge, tuttavia, è che la combinazione tra i due tronconi non è riuscita, ci sarebbe voluto un miracolo (si pensi solo alla presenza integralista della senatrice Binetti).  Mi sembra non ragionevole continuare a seguire la stessa strada. La combinazione aveva anche lo scopo di funzionare come “attrattore” di forze sociali e di voti, così non è stato, si è manifestata piuttosto un'azione di respingimento. La cosa saggia da fare è quella di dividersi e formare due strutture politiche in grado di collaborare ma indipendenti e capaci di essere una polarità di attrazione nel campo (è questa anche l'opinione di Massimo Cacciari e di Paolo Cirino Pomicino, democristiano andreottiano di vecchia data, e quindi esperto di “potere”)
La sinistra ha bisogno di riorganizzarsi, di riconoscersi, direi se non fosse abusato, di  rifondarsi sul piano teorico, programmatico e sociale. Non credo che sia un lavoro di breve durata, ma credo che se questa fosse la strada si moltiplicherebbero le forze individuali e collettive 

Citazioni: nel bene e nel male

Rossana Rossanda, Sbilanciamoci, 23 aprile 2013
Le larghe intese non sono un orrore, ha asserito ieri Giorgio Napolitano nella sua intemerata alle Camere. E invece possono essere un orrore, insegna la storia del Novecento. Facta e Hindenburg avrebbero dovuto rifiutare, come potevano fare, l’intesa con Mussolini e Hitler. Non mi si risponda che Berlusconi non è né Mussolini né Hitler, l’argomento con il quale è asceso al potere è lo stesso con il quale arrivarono al potere i due: è il popolo che li ha espressi. Senonché non sono stati loro a iniettare nel popolo l’antisemitismo, la repressione, la guerra, non se li erano inventati, stanno nelle viscere di ogni società in crisi e una Costituzione democratica è fatta per frenarli. Ma Giorgio Napolitano ha da tempo deciso di dare priorità all’unità nazionale rispetto ai principi basilari della convivenza democratica. Questa è la rotta che egli traccia, e da essa è perfettamente legittimato a entrare nel governo Silvio Berlusconi, imputato di corruzione e concussione, non condannato esclusivamente per scadenza dei termini, operazione sublime della sua squadra di avvocati. Non per caso ieri era felice, e ha dichiarato che quello del nostro presidente è il più bel discorso degli ultimi venti anni, quelli nei quali lui ha infestato il paese. Raggiante, distribuiva i suoi elogi e le sue critiche come se avesse diritto di lodare o rimbrottare qualcuno, e Napolitano non ha trovato un brandello di ammonimento per lui; fra le varie bacchettate distribuite a destra e a sinistra non ce n’è stata una per il Cavaliere, a differenza di Stefano Rodotà al quale è stata rimproverato di non aver capito la regola d’oro che guida il Colle.
Neanche a noi piace sempre il linguaggio di Grillo, ma sappiamo distinguere fra parole e fatti, e a Berlusconi non sono imputabili solo le parole, che anche ieri non sono mancate, ma corposi fatti, registrati nei tribunali della Repubblica.
Quel che più fa impressione è l’entusiasmo di quasi tutte le parti politiche – praticamente tutte salvo i grillini e Sel – per la predica presidenziale, pur sapendo a che cosa essa condurrà nei prossimi giorni. La sfilata degli ossequi è stata aperta da Eugenio Scalfari, che si è peritato di dare una lezione di costituzionalismo a Rodotà; non solo, ma di imputargli – delitto imperdonabile – di non aver telefonato a lui Scalfari prima di prendere la decisione che ha preso”.

Massimo Cacciari, L'Espresso, n. 17
“Si riparta perciò dalle linee di rottura interne al PD. Si faccia ordine a partire da esse.La convivenza coatta genera mostri, parricidi, fratricidi, infanticidi e purtroppo anche tragicommedie, come l'ultima. … Non sono componenti componibili! Invece di aumentare le forze, insieme possono solo distruggersi. Abbiamo bisogno di ulteriori prove? E invece, ben distinte,  queste aree potrebbero svolgere missioni importanti e in qualche modo complementari, redendo possibili compagini di governo operative”.

Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2013
“La germani sembra oggi dimenticare sia che l'attuale pericolo per  l'Europa non è l'inflazione ma la deflazione e il default, sia che proprio la Germania è stata nel 1948 la beneficiaria  di uno dei più magnanimi atti mondiali di remissione del debito. Infatti negli anni '40 del secolo scorso, le potenze di occupazione cancellarono il 93% del debito dell'era nazista, posponendo inoltre il pagamento degli altri debiti per circa mezzo secolo. Così la Germania il cui rapporto debito/Pil nel 1939 era del 675% all'inizio degli anni '50 aveva un livello di indebitamento del 12%, molto meno di quello dei vittoriosi alleati, permettendo così il miracolo tedesco del dopoguerra”  

giovedì 2 maggio 2013

Giuseppe Barbera, Conca d’oro,



Giuseppe Barbera, Conca d’oro, Sellerio editore Palermo, 2012, pp. 155, 
€ 12,00
Un prezioso libro, l’autore docente di Colture arboree all’Università di Palermo,  narra in una lingua densa e chiara nello stesso tempo, delle trasformazioni della Conca d’oro di Palermo, un paesaggio meraviglioso che è stato coinvolte in tanti sommovimenti e cambiamenti fino alla sua, di fatto,  distruzione, frutto dell’incontro  perverso e si potrebbe dire contro natura, tra amministrazione locale e mafia edilizia. A Palermo questo incontro più che perverso è stato per tanto tempo naturale. Mafia e amministrazione locale, come in molte località dell'isola, non è che hanno convissuto ma hanno intrecciato strettamente le loro decisioni.
Non si tratta di un libro sulla mafia, ma di un libro su un paesaggio, la Conca d’oro,  che ha segnato nei secoli la città e che dalla città ha assorbito umori, trasformazioni, modifiche culturali, ma tutte, fino ad un certo periodo,  all’insegna del meraviglioso. “L’ordine produttivo degli orti e dei frutteti che hanno cinto Palermo, la diversità biologica accresciuta secolo dopo secolo cogliendo opportunità offerte dalla posizione geografica e dalla storia con  il concorso di differenti civiltà agrarie, la presenza rinfrescante dell’acqua, la forma degli alberi, i profumi, i sapori, i colori, hanno segnato come  ‹fruttifero e dilettevole› il suo paesaggio agrario, attraverso un percorso di lavoro e di ingegno che inizia con la storia della città”.   
L’autore insegue, si potrebbe dire, le trasformazioni legate alle diverse vicissitudini della città, ai popoli che vi si sono insediati, originari di “differenti civiltà agrarie”, ciascuno dei quali ha contribuito a creare, conservare e trasformare un paesaggio che era contemporaneamente estetico e produttivo. Cioè il vero paesaggio dell'uomo.
Va sottolineato come la Sicilia e Palermo sono stati sedi di convivenza, molto spesso pacifica, fin dalle origine e come a Palermo sono riscontrabili le testimonianze che, fin dal quarto millennio, trovava insediata una “cultura evoluta”, oggi nominata come cultura Conca d’oro.
Palermo come città di frontiera, cioè luogo di scambio culturale tra diverse popoli e tra gli insediamenti diversificati al mare, in collina sui monti. La descrizione che l’autore fa della forma delle coltivazioni, soprattutto all’inizio della vite, dell’olivo e dei cereali (“trinità figlia del clima e della storia” la definiva Braudel), e come si inseriscano poi, duraturi nel tempo gli agrumi, segnando il paesaggio con i colori sgargianti dei frutti, è piena di passione, ma soprattutto esplicita con attenzione le trasformazioni, le ibridazioni, la costruzione di una civiltà.
Particolare attenzione viene posta alla rivoluzione agraria introdotta dagli islamici, con la loro attenzione all’acqua. L’autore esalta la visione complessiva di questa cultura che lega uomini, animali e piante; la città con la campagna; “bisogni e desideri”; la sussistenza e il commercio, la bellezza e il piacere. L’acqua come elemento fondamentale per la vita e la coltivazione ma anche per la sua capacità di contribuire a creare la bellezza del luogo. “Utilità e contemplazione, cioè frutti e fiori, contemporaneamente presenti, sono prerogativa dell’albero del limone: la coltura che, con gli altri agrumi, segna l’ultima gloriosa pagina della Conca  d’oro e ne rappresenta al meglio il fascino paesaggistico fiorendo ininterrottamente  nel corso delle stagioni”. Questi “giardini”, spesso promiscui di “melaranci, melangoli, limoni, limoncelli, lumie, cedri, cedrati, cetrangoli” stregano quanti arrivano a Palermo.  
La Conca d’oro luogo produttivo, ma anche luogo del piacere, non è casuale l’insediamento di  ville e palazzi per il divertimento, l’ozio, certo il piacere dei potenti, ma che sapevano costruire e che hanno lasciato edifici che ammiriamo (come la Zisa, Mare dolce),  lo stesso parco della Favorita con la discutibile Palazzina cinese, di epoca borbonica,  poi le ville nelle quali si ritirano gli aristocratici a tramare, a disegnare percorsi di trasformazione spesso velleitari (non c’è bisogno di far riferimento al Gattopardo).      
All’inizio del ‘900  l’attenzione  è ancora per il giardino ornamentale, ancora per qualche tempo è possibile passeggiare negli agrumeti, godere di queste bellezze “fruttifere”.  Poi venne la guerra, la seconda guerra mondiale,  con i terribili bombardamenti sulla città e, soprattutto, per il tema che qui interessa venne il “dopoguerra”. La ricostruzione, non della città che per decenni si caratterizzerà ancora per le zone sventrate dalle bombe, ma piuttosto la costruzione della nuova Palermo, una costruzione senza sapienza, senza cura, senza estetica, ma sola attenta al guadagno e con la speculazione edilizia in mano alla mafia. Si può dire che quello che non fecero le fortezze volanti delle forze alleate lo fece la mafia. Si distrusse un pezzo di città, i villini della via libertà, spesso manufatti appartenenti al miglior liberty italiano, per costruire palazzoni. Una distruzione-ricostruzione sistematica e quando si paventava la possibilità, per altro molto rara data la permeabilità della mafia,  di un blocco amministrativo (in difesa del patrimonio) per la distruzione di qualche villa, si procedeva rapidamente con un incendio notturno. Intanto la città si ampliava e questo ampliamento invadeva la Conca d’ora, mentre il centro storico (uno dei più grandi d' Italia) degradava sempre più e veniva abbandonato. Solo negli ultimi anni è iniziato un’opera di recupero (anche se non sistematica).
Il “sacco di Palermo”, un episodio di “mani sulla città” tra i più feroci sul piano urbanistico e ambientale, con l’Amministrazione locale a tenere il sacco. Un’amministrazione non tanto e non solo collusa con la mafia, ma fortemente infiltrata dalla mafia. La mafia palermitana nominava, di fatto, sindaci e assessori, con propri uomini di fiducia o direttamente con propri affiliati. Nonostante un opposizione spesso vivace e qualche volta distratta, la distruzione della Conca d’oro si è consumata. E se qualche parte si è salvata, come quella del mandarino tardivo di Ciaculli,  non dipende tanto da un ripensamento, né dalla vittoria dell'ambiente e dell’estetica sul soldo, ma solamente perché era  (è?) utile alla mafia per organizzare la trasformazione della droga.
L’autore illustra bene  questa parte della storia di un pezzo di Palermo,  rende edotti, chi della città o è un abitante “distratto” (tanti sono gli abitanti “distratti”) o un visitatore più o meno frettoloso. Rendendo esplicito che la città, ancora, nonostante tutto,  bella, i  chilometri di rettilineo che tutta l’attraversano, costituiscono un'eccezione urbanistica, come il suo patrimonio artistico testimonia della sua storia, sarebbe potuta essere ancora più bella e attraente incorniciata dalla corona dei giardini. La Conca d’oro non è ormai più godibile che per pezzettini minuscoli che non rendono la  meraviglia di un tempo.
Questo di Barbera è un libro di storia “naturale” e sociale, l’intreccio reale della trasformazione,  ma è anche una sorta di galateo filosofico, le citazioni potrebbero essere diverse ma questa mi appare come molto significativa:  “la Conca d’oro conferma un basilare dogma ecologico e culturale. Insegna che è solo il confronto tra diversi, l’incontro reso possibile e non ostacolato o negato, che si compie attraverso margini permeabili e non barriere invalicabili (muri, fili spinati, recinti e respingimenti), a generare nuova vita, saperi e  paesaggi che rispondono ai bisogni, sempre in evoluzione, del mondo.”
Un libro gradevole, leggero e profondo, una lettura da raccomandare a tutti ma specialmente ai giovani che studiano e si interessano di territorio, di ambiente e di paesaggio e che spesso guardano con occhi che semplificano troppo i processi di trasformazione. 
 Francesco Indovina
     

Diario 220


Diario 220
14-21 aprile 2013

  • Bersani, dalle stelle alla polvere: ingenuità e un po di ... incapacità
  • E ora?
  • I voti che valgono
  • Citazioni: nel bene e nel male (Rossana Rossanda, Angelo Tirrito)

Bersani, dalle stelle alla polvere: ingenuità e un po di ... incapacità
In questi giorni, campanello di amici, scambi di opinioni via telefono e mail con amici lontani, lettura di giornali, riflessioni, considerazioni, ecc.,  permettono di stendere una sorta di resoconto di tutta la vicenda. Certo si tratta solo di un interpretazione, che riprende anche idee già espresse in questa sede.
Premetto che giudicavo e giudico Bersani una persona per bene, ma in tutta la vicenda post elettorale vengono fuori le sue debolezze, ma anche una strategia per la distruzione del PD. Ma andiamo con ordine.
Il Presidente Napolitano, a Camere insediate, incarica Bersani quale presidente del consiglio. Ma non gli conferisce un “incarico pieno” ma un incarico  esplorativo per la verifica dell’esistenza di una “maggioranza numericamente certa”. Napolitano ha in mente un governo PD-PDL, una soluzione che Bersani non condivide e che sa spaccherebbe il PD (ma questo è il disegno di Napolitano). Il primo errore di Bersani è quello di non aver messo il Presidente con le spalle al muro pretendendo un incarico pieno e se negato rifiutare l'incarico esplorativo. Doveva fiutare la trappola e capire il disegno di Napolitano, non assecondarlo.
Dopo un po’ di traccheggi di varia natura nei quali Bersani dichiara la volontà di costruire un governo per il cambiamento antagonista al centrodestra e cerca di ottenere l'appoggio del M5*, il tempo passa e si avvicina la scadenza delle lezioni del Presidente della Repubblica.  A questo punto Bersani cede alla pressione che vuole il Presidente della repubblica “condiviso” (soprattutto col PDL) avanza  la proposta di  separare l’elezione del presidente della repubblica, che va condivisa tra tutte le forze politiche, dalla questione del governo. La partita del governo sarebbe stata affrontata dal nuovo Presidente della repubblica. Napolitano, più che preoccupato è stufo e amareggiato di non aver saputo e potuto piegare il pD all'accordo con il PDL, così  si inventa i “dieci saggi” (cioè il perdi tempo o il guadagna tempo).
Il PDL, si scrive cosi ma si legge Berlusconi, della separazione delle due questioni non è d'accordo. Un presidente della repubblica condiviso va legato anche ad un accordo sul governo, da chiamare come si vuole (grande alleanza, governo del presidente, governo di scopo, ecc.) purché sia  esplicitamente formato dal PD e dal PDL). Bersani fa finta di non sentire e di non capire, per di più pensa di avere un partito compatto e comprensibile, in realtà non è compatto ed egli non lo capisce.
Pensando di fare bene, Bersani evita la “rosa” dei nomi e privilegia un nome secco, che sottopone al PDL, che sembra approvare, poi lo sottopone all’assemblea dei suoi grandi elettori, nella supposizione che l’aver convenuto di eleggere un presidente condiviso fosse compito suo cercare il nome adatto. Ma tra i grandi elettori del PD, non tutti condividono la candidatura di Marini.(Renzi in modo esplicito che candida Chiapparino, come uomo di bandiera). Marini, come è noto viene abbattuto in aula.
Emerge con evidenza che dentro il PD si sta combattendo una battaglia di potere e singole ambizioni la fanno da padrone.
Il PD entra in fibrillazione e in confusione. A questo punto Bersani cambia approccio, non più un Presidente condiviso, ma un presidente di parte, e lancia Romano Prodi (candidatura invisa oltre ogni misura dal PDL, altro che presidente condiviso),  un presidente eletto soltanto dal PD con la speranza di avere qualche altro voto da racimolare tra i montiano e da M5* (che ha inserito Prodi tra le possibili personalità da votare come Presidente), per raggiungere il quorum..
Tutto sembrava fatto, mentre si stava preparando una enorme frittata. Bersani si illudeva che ilnome di Prodi avrebbe ricompattato ilo PD, e così sembrava. All’assemblea dei grandi elettori Prodi trionfa, un’ovazione e una elezione all’unanimità. Nelle urne i franchi tiratori impallino Prodi, che  ritira la sua candidatura.
Il PD sembra finito, la Bindi si dimette, Bersani comunica che eletto il presidente della rapubblica si sarebbe dimesso anche lui. Mentre le correnti si accusano vicendevolmente di tradimento.
Una cosa è certa il PD non è in grado più di fare una proposta, anche perché nessuno accetterebbe di essere maciullato nel trita carne che è diventato il PD.
L’operazione Prodi è stata portata avanti in modo maldestro. Dato che non è possibile, come è noto, trattare con il M5*,  si poteva (doveva) fare da parte di Bersani, una nobile dichiarazione che mettesse in luce la grande portata della candidatura avanzata dal M5*, che sempre ha votato Stefano Rodotà e che ha raccolto sempre più voti dei grandi elettori del M5*, ma anche la caratura (esperienza, rapporti internazionali, ecc.) di Prodi; due personalità che insieme avrebbero potuto fare uscire l'Italia dalla crisi economica e istituzionale. Una dichiarazione che  affermasse esplicitamente o implicitamente che l’elezione di Prodi alla Presidenza della repubblica avrebbe avuto come esito l'incarico di formare il governo a Rodotà. Ma così non è stato, Bersani è stato preso dalla sindrome dell’auto sufficienza. La bocciatura di Prodi getta il PD in marasma. Non ha un'idea, non ha una possibilità.
Approfittando di questa situazione,  Berlusconi in accordo con Monti (c'era da dirlo) hanno imposto a Bersani di andare  tutti insiemi  e premere su  Napolitano perché si ricandidasse. Bersani è dovuto andare dal suo nemico e chiedergli di levarlo dai guai e di continuare la demolizione del PD.
Napolitano, buon , grande, sicuro, ecc. presidente fa forza su se stesso (di questo non dubito) e  accetta alle sue condizioni (Governo di tutte le forze, cioè governo PD/PDL); che ci siano queste condizioni è evidente  dalla dichiarazione e precisazione non richiesta della presidenza della repubblica: “ Naturalmente, nei colloqui di questa mattina, non si è discusso di argomenti estranei al tema dell'elezione del Presidente della Repubblica”.
Napolitano è stato eletto, l'allenza PD/SEL è stata rotta, e siamo in attesa del nuovo incarico a formare il governo. 

E ora?
Berlusconi canta vittoria e pensa ad Alfano come vice presidente del Consiglio dei ministri.
Minniti, esponente del PD, dichiara la sua contentezza per la vittoria riportata dal PD, n on avendo la virtù dell'ironia i casi sono: non ha capito quello che è successo; il disegno era quello di far fuori bersani e la maggioranza uscita dal Congresso e dalle primaria; felice per ottura con SEL mal digerita da una parte del PD. Ma Minniti a parte, i guai del PD sono solo all'inizio:
-        c'è una parte, non piccola,  che non accetterà un accordo di governo con il PDL. É pronta fino alla spaccatura? Non si sa. Anche perché alcuni “giovani turchi” parlano come vecchi politicanti;
-        Renzi non è chiaro che cosa farà, non è certo che questo sia il suo tempo, ha paura di farsi tritare dentro la guerra che c'è nel PD, guerra che ha contribuito a innescare;
-        la dichiarazione di Fabrizio Barca a proposito della candidatura di Napolitano sembra farne un polo di riferimento degli scontenti, soprattutto di quelli fuori dal parlamento.
SEL ha rotto l'alleanza con il PD e si presenta come una polarità che potrà contribuire a ricostruire una sinistra.
Il M5* sembra, insieme a Berlusconi, esito scontato, uno dei vincitori. Ma forse un miliobne di voi in più (che non so se ci saranno) non risolve nessun problema.
Il PD, o quello che rimarrà, pagherà un prezzo elettorale enorme. Non è detto che il PDL alla fine non prema per elezioni magari entro l'anno. Avrebbe molto da guadagnare.
Certo il tempo non è favorevole, non solo in Italia, per una sinistra in grado di contrastare la destra fallimentare sul piano sociale ma potente sul piano politico. Ma su questo converrà riflettere, non ci sono facile ricette ma sicuramente amare medicine.

I voti che valgono
In queste settimane molto spesso per auspicare la coalizione PDL-PD, gli esponenti della destra hanno rivendicato il rispetto per i voti ottenuti alle elezioni. Quello del rispetto dei 10 milioni di voti è stato un tema ricorrente il rifiuto veniva presentato come un'offesa ai milioni di elettori. Questa posizione, in realtà, sotto traccia ha un’altra considerazione: che gli 8 milioni di voti ottenuti dal M5* non meritassero lo stesso rispetto. Quello che si ripeteva non era la maggiore forza del PDL rispetto al M5*, cosa in un certo senso legittima, ma tutt’altro: che i voti del M5* non  meritassero lo stesso rispetto, insomma voti di catagoria B.
I democrazia i voti si contano, non si pesano diversamente, e siccome non c’è nessuno in grado di avere la maggioranza assoluta, si tratta di costruire qualche forma di alleanza, ed eventualmente una alleanza PD-M5*, non disprezza gli elettori del PD, ma solamente mette in chiaro una differenza politica.

Citazioni: nel bene e nel male

Rossana Rossanda, sito Sbilanciamoci, 19 aprile 2013
La cosa più significativa non è dunque solo che è mancato il primo nome per il Quirinale del centrosinistra, forza seppur di poco maggioritaria, ma è venuta meno la prospettiva di un governo di unità nazionale, che inglobava Silvio Berlusconi. Bastava vedere il suo volto livido ieri sera, furente forse anche perché era persuaso che quelli che lui chiama i comunisti, cioè i democratici, sarebbero stati di una disciplina di ferro, mentre non hanno rispettato nessuna decisione. Bersani avrebbe fatto per ieri pomeriggio un nome diverso “per uno scenario del tutto diverso”, questo nome sarebbe Prodi con furore del Pdl e giubilo della Margherita. Ma non è detto che Prodi sia molto gradito al Pd di generazione ex comunista. Alcuni osservatori sottili mi spingono a pensare che l’invito alla ribellione della base sarebbe stato sollecitato o addirittura orchestrato da Massimo D’Alema il quale lavora sì per le larghe intese ma, anzitutto, non è nel cuore dei grandi elettori e in secondo luogo preferirebbe di gran lunga governarle lui medesimo; si darebbe dunque da fare per fucilare uno dopo l’altro i nomi che a questo scopo erano stati fatti, da Marini in poi. Si sa che D’Alema sarebbe gradito al cavaliere, perché le maglie delle larghe intese nella versione dalemiana sono assai larghe.
Può darsi che il nome del vincitore appaia da oggi pomeriggio ma, vista l’improvvisazione dei vertici dei partiti, è possibile che gli sgambetti continuino, nella piazza del Quirinale, come in quella di Palazzo Chigi”. (come si è constato è finito peggio del previsto, con la riproposizione ferrea delle larghe intese, la vittoria di Berlusconi. Mentre forse D'Alema ride sotto i baffi)
Angelo Tirrito, “A”, rivista anarchica, numero in stampa
“Non so quante volte ho scritto sia in questa rivista, ... che quello cui tendeva il capitalismo finanziario attaccando per prima l'Europa, iniziando dall'Italia, non era quello di fare soldi, perchè i soldi li avevano già in abbondanza, ma per eliminare quanti più diritti civili e politici dei cittadini
fosse loro possibile eliminare. Scuola, sanità, lavoro, pensioni, libertà politica ecc. ecc. Inoltre cercavo di ricordare ai più disattenti che l'attacco ai diritti civile condotta attraverso la gestione della miseria, avrebbe resa necessaria la più capillare e bestiale repressione. ...
E l'Italia, per il semplicissimo fatto che ha una costituzione più protettiva tra le altre contro i soprusi del potere, ha per conseguenza assoluta e necessaria la firma del Presidente della Repubblica per approvare una qualsiasi legge. E chi credete che sia il capo della magistratura e delle forze armate? Bene, è il Presidente della Repubblica. E il potere sa benissimo che senza magistratura e forze armate ben comandate la repressione sarà una parola vuota di fronte alla
forza ed alla giusta disperazione dei lavoratori.
Ecco perchè Rodotà non poteva, per nessuna ragione al mondo diventare
presidente della repubblica. Lo conosciamo e lo conoscono e sanno che mai e
poi mai Rodotà firmerebbe leggi di tali contenuti”.

Diario 219


Diario 219
8-14 aprile 2103


ñ     Un film noioso
ñ     La riforma elettorale
ñ     Napolitano insiste  
ñ     Stazioni e aeroporti trasformati in centri commerciali
ñ     Citazioni: nel bene e nel male (Gino Strada, Antonio Ingroia, Joseph Stiglitz, Nouriel Roubini, Gaetano Quagliarello

Un film noioso
Un film è noioso quando è prevedibile in tutti i suoi passaggi; ad ogni scena si può immaginare cosa avverrà nella successiva; manca ogni imprevisto, non ci può essere meraviglia,  allora si guarda continuamente l’orologio con la speranza che la fine sia vicina.
I passaggi per giungere alla elezione del Presidente della repubblica, sono un film noioso. Come prevedibili si possono elencare:
Berlusconi: era scontato, che mentre riaffermasse la candidatura dell’impresentabile Letta,  proponesse D’Alema nella speranza di gettare in confusione il PD. Seconda mossa la candidatura di Bersani, chiaramente indirizzata a togliere di mezzo che si oppone alla grande coalizione.
Momento di tensione quando sembrava che una donna sarebbe potuta salire sul colle più alto della politica. Ma è stato solo un momento, ora quando si mette tra i possibili una “donna” la si mette solo per convenienza, non solo ma le donne che si propongono sono donne in carriera politica. Nei consigli regionali, che scelgono i delegati delle singole regioni che parteciperanno all’elezione del capo dello Stato, solo 5 donne sono state indicate.
Poi siamo al banale totale, in questo eccelle Bersani: Amato (l’eterno candidato a tutto, ma poi in qualche poltrona siede), il “nuovissimo” Marini, Grasso, non tanto come Grasso ma come presidente del Senato, scanno che sarebbe utile ritornasse vuoto, e per omaggio alle donne la Finocchiaro, che di presidente ha il suo presenzialismo che deve essere di successo altrimenti imbronciata lascia la platea (vedi precedenti elezioni regionali siciliane).
I partiti si muovono dentro questo quadrato, mentre all’esterno si moltiplicano le indicazioni considerati innovative ma spesso solo paradossali e comunque, di fatto, senza peso (Camilleri, Don Ciotti, Cristina Comencini,  Milena Gabanelli, Strada, ecc.) . Mentre sono scomparsi possibili candidati con grande prestigio e grande riconoscibilità democratica come Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelshy e Emma Bonino (che non mi piace per le sue posizioni di liberismo estremo ma alla quale va riconosciuta una forte tempre democratica). Scomparso Romano Prodi, ma si tratta di una candidatura ancora possibile se cadesse l'accordo con Berlusconi. Si tratta di un buon candidato anche se non la caratteristica dell'innovazione.
Sono possibile delle sorprese al di là delle decisioni dei partiti maggiori? forse si perché la platea degli elettori è stata quasi sempre riottosa alle indicazioni dei partiti e più attenta a quelle dei capo correnti. Né si può sostenere che i due partiti maggiori non siano sostanzialmente organizzate in correnti più o meno espliciti, e ciò nonostante il potere del “capo padrone” o l’unanimità delle decisioni nella direzione.

La riforma elettorale
È possibile sperare che il Parlamento non assuma la “governabilità” come elemento fondativo della riforma elettorale. Dalla stampa e dalle elaborazione degli esperti si deduce che né il Porcellum, né il Mattarellum, né i collegi unici sarebbero stati in grado di garantirla dopo l'ultima elezione, un   partito o una coalizione con maggioranza assoluta non ci sarebbe comunque stato. Ciascuno di questi sistemi presenta degli aspetti criticabili e forse aberranti.
La governabilità non può essere obiettivo di una  legge elettorale,  essa scaturisce dall’incontro tra bisogni, possibilità, credibilità, onestà  e progetti di società; una forte intelligenza politica è la base della governabilità. Se non fosse così il sistema che garantisce in modo sicuro la governabilità sarebbe l’elezione con un partito unico, cioè la dittatura.
Quindi non la governabilità può essere l’oggetto di una riforma elettorale ma la garanzia della rappresentatività degli eletti rispetto alla società. Quale sistema migliore che quello proporzionale con scelta diretta da parte degli elettori degli eletti? Certo si possono mettere degli sbarramenti, con cautela perché ogni sbarramento preclude una certa rappresentanza, ma si tratta di una necessità dato l’emergere dell’egotismo politico, che si esprime nella convinzione che la “presentazione” sia foriera sicura di successo (la realtà, anche nell’ultima elezione, dimostra che non è così), per evitare una troppa alta dispersione del voto.
Vanno ricercati meccanismi di garanzia per quanto riguarda le preferenze. La tradizione nel nostro paese è piena di esperienze fortemente negative in questo ambito, ma si possono trovare meccanismi di garanzia in qualche modo efficaci.

Napolitano insiste  
Si possono dare diverse interpretazione della dichiarazione del Presidente della repubblica relativa alle “larghe intese”  del passato (e i giornali a pubblicare la foto della stretta di mano tra Berliguer e Moro). Di quella fase politica si possono dare giudizi diversi, a noi è sembrata negativa (con la relativa conseguenza della “fermezza” nei riguardi delle BR che avevano sequestrato Moro). Ma il presidente fa sicuramente un uso politico della storia, la sua esternazione è, infatti, interpretabile come un’ulteriore spinta verso l’accordo PD-PDL. Così è stata anche interpretata dentro il PD con la risposta, in un certo senso piccata, di Bersani, e con, la cosa più grave, la crescita e la coesione dei favorevoli (tanto da far preoccupare Franceschini di una possibile scissione.

Stazioni e aeroporti trasformati in centri commerciali
Ancora una minima giustificazione   esiste per gli aeroporti, in genere isolati nella campagna, lontani dalla città e con una rete di mobilità non proprio eccezionale, per di più può capitare di dover aspettare diverse ore per una coincidenza. In questo caso avere a disposizioni negozi, bar e ristoranti dà qualche sollievo al passeggero. Per le stazioni ferroviarie la cosa è incomprensibile, i passeggeri sono , con rare eccezioni di passaggio e vanno di fretta. Qui la giustificazione è inesistente. In questo caso i centri commerciali si rivolgono agli abitanti della città e non ai passeggeri.
Si potrebbe dire una delle tante stupidità del mercato, ma non è così, c'è dell'altro.
I viaggiatori e sono costretti a percorsi stravaganti che li obbligano a passare davanti alle vetrine, secondo lo schema dell'esposizione dei prodotti in un supermercato. Si tratta di scelte che tendono a raddoppiare e a triplicare il tempo di percorrenza, Il percorso non è studiato secondo la logica di ridurre la distanza per passare da A a B, ma viziosamente fanno girovagare tra vetrine ed esposizioni per invogliarti a … comprare. Ma non basta. In queste ristrutturazione i “servizi igienici” sono gli ultimi ad essere affrontati e quando lo sono semplificano. Per esempio dalla stazione Termini di Roma l'area “bagni pubblici” con connesso barbiere è stata cancella. Ai ristrutturatori  non è venuta in mente di organizzare un'area servizi igienici e per la salute: con docce, gabinetti barbiere, parrucchiere, manicure, pedicure, sauna, ecc., e magari sala ginnastica. Un luogo dove sarebbero felici di andare  chi è costretto a restare in aeroporto per ore, o al passeggero ferroviario che magari ha qualche ora prima del suo appuntamento.

Citazioni: nel bene e nel male

Gino Strada, La Repubblica, 10 aprile 2013
 “Ho votato Orsoni perché ho semplicemente pensato che Brunetta fosse esteticamente incompatibili con Venezia. Secondo me lui non c’entra niente con Venezia” (che orrore di frase, forse voleva dire altro, come “politicamente incompatibile” e invece ha detto esteticamente. È strano che una frase di questo tipo sia stata pronunziata dal fondatore di Emergency che sulla solidarietà attiva verso i più sfortunati del mondo ha fatto la cifra della sua associazione. È caduto vittima di una prassi corrente che assume i difetti fisici come oggetto di schermo e di giudizio, lo stesso era capitato, sempre con Brunetta al Prof Monti, ma in quel caso nessuna meraviglia)

Antonio Ingroia, La Repubblica, 11 aprile 2013
“Voglio continuare a fare il magistrato, ma non certo il giudice in sopranumero ad Aosta. Ci sono posti liberi alla procura nazionale antimafia, che non sono da pm. È un ruolo che non comporta funzioni giudiziarie, che non determina problemi di incompatibilità territoriale, tant’è che Pietro Grasso da capo, si è candidato a Roma” (l’assegnazione di Ingroia ad Aosta per lo più come giudice sopranumero, si può convenire sia un’assurdità. Ma Ingroia deve farci dimenticare la sua presenza, magari esternando meno e usando i canali istituzionali per le sue critiche e proposte. Pare di segnalare una certa preoccupazione di Massimo D’Alema che vede messo in pericolo il podio di uomo politico più antipatico (che io giudico il suo tratta più simpatico: non cerca di piacere) da parte di Ingroia (che invece vorrebbe piacere).   

Joseph StiglitzLa Repubblica, 12 aprile 2013
“Le regole attuali dell’Unione europea restringono la vostra (dell’Italia) possibilità di fare una politica industriale, di cui avete gran bisogna. Il mercato unico all’origine doveva creare condizioni eque di competizione una concorrenza leale. È fallito. Anzi: la competizione fra nazioni europee non è mai stata così diseguale. Le imprese italiane oggi devono pagare tassi d’interesse molto più alto delle imprese tedesche, anche ammesso che riescano ad avere accesso al credito bancario. Questa non è concorrenza leale, è un mercato squilibrato, altamente instabile. Se non cambia, non vedo via d’uscita”.  

Nouriel Roubini, La Repubblica, 14 aprile 2013
“Le scadenze di finanza pubblica vanno prorogate di almeno due-tre anni. Si è visto che il rigore non solo non basta, ma aggrava di giorno in giorno la situazione. Bisogna rovesciare l'impostazione voluta dalla Germania e puntare sulla più ampia circolazione di moneta per rilanciare la domanda aggregata, i consumi la capacità di guadagno.” (sarebbe necessaria non un generico rilancio della domanda aggregata, ma una forte iniziativa di politica industriale che avesse lo Stato come perno dinamico)

Gaetano Quagliarello, (promosso “saggio” da Napolitano), Il Corriere della Sera, 14 aprile 2013
“Guardi, se Prodi fosse nella rosa proposta dal PD non ci scandalizzeremmo, ma non sarebbe il nome sul quale si potrebbe fare l'accordo con noi”.