lunedì 13 ottobre 2014

Degrado politico: una lettera e una risposta



Diario 271

Caro Ciccio
malgrado non abbia, per ora molta voglia di occuparmi di cose inutili quali ciò che gli italiani si aspettano dalla politica, quello che ho sentito or ora alla radio, anzi quello che non ho sentito, è qualcosa di veramente disgustoso.
Due deputati del PD hanno invitato il padrone Sky,  che dà lavoro ad un certo Rapper che ha detto due parole sulla opportunità della testimonianza (inutile per quanto riguarda la verità) di Napolitano al noto processo (inutile per quanto riguarda la verità) sulla trattativa, a licenziarlo o a non fargli fare quello per cui lo pagano.
Nessuno ha notato ed esecrato che due deputati che sono portati, tra l’altro, in Parlamento per votare leggi quale quella che dovrebbe decidere sull’art. 18 che dovrebbe garantire (sic) i lavoratori dalle discriminazioni anche politiche, invocano essi stessi che il padrone Sky, per motivi politici, licenzi il Rapper.
Naturalmente, per non cadere io stesso in contraddizione, non auspicherò che il nobilissimo partito diretto dall’altrettanto nobile amico di Marchionne, licenzi i due deputati, ma mi permetterei di chiedere come può essere possibile, per i cittadini, continuare ad affidare alla democrazia politica o a un Parlamento le loro speranze. O magari ad Alfano da cui mi aspetto una circolare sui Rapper.
E poi che pena è la riassunzione? E’ pena questa? Forse per l’operaio sarà una pena continuare a fare arricchire un padrone di quel tipo. Ma in galera i padroni non ci devono proprio andare? Eppure sappiamo che prima di aprire i campi di sterminio si è ben pensato di discriminare gli ebrei sui luoghi di lavoro.
Vedi Ciccio tu sai come la penso, tu sai cosa (politicamente) mi angoscia, ma dimmi come posso mettermi a difendere o a giustificare un sindacato o anche un semplice cittadino  tanto imbecilli da ritenere che la loro forza risieda in un articolo di una qualunque legge? Che c’entra un tribunale col diritto universale a non consentire verso un uomo qualunque una qualunque discriminazione? Ma l’obbligo a non discriminare non è già nella costituzione? Non vale verso tutti i cittadini? E se facciamo una legge perchè un lavoratore per difendersi deve rivolgersi al sindacato? non è meglio che si cerchi un avvocato?

Tu sai che io, comunque sia, difendo l’esistenza del sindacato. Però perchè esista ed abbia una funzione non si deve stare in silenzio. E così hai letto nel tempo come io lo abbia accusato di essere complice del capitale quando si è messo a difendere l’aumento dei salari invece di difendere il pianeta la cui spietata azione di ruberia a suo danno (ed a nostro) permetteva (ricordi la mia sottolineatura sulla dinamica tra Terra, Capitale e Lavoro) lauti guadagni al capitale e miserabili compensi per il lavoro? Ora che il pianeta, ed il capitale lo sa bene, non permette di essere troppo derubato e reagisce, come Genova può testimoniare, e conseguentemente a non consentire un bottino che permetta  al capitale di compensare, seppur minimamente, il suo complice: il  lavoro.  Ed è proprio il lavoro, in una struttura capitalista,  ad essere destinato ad essere derubato. Perchè tu sai, come me, come una qualunque organizzazione criminale i primi che elimina dal suo seno sono la manovalanza, gli esecutori materiali.

Ti ricordi il silenzio, per esempio, su Taranto? Però non era il signor Riva ad eseguire materialmente le azioni che hanno provocato quello che sappiamo. Ogni delitto deve avere sempre il suo mandante naturale (Riva nel caso) ma anche degli  esecutori materiali (che sono sempre  lavoratori e stato).
Ma senza andare lontano, ho visto alla televisione come sono stati realizzati a l’Aquila i balconi di certe palazzine post terremoto . Ma a metterli in opera così, con quei tavolacci di scarto erano degli operai. E vuoi che questi operai non sapessero che fine, a breve, avrebbero fatto quei balconi? E non sanno come sono state realizzate quelle palazzine e la loro fine? Ma non solo tacquero allora, ma tacciono oggi. In più, perchè i cosiddetti magistrati inquirenti, non li interrogano? Interrogheranno i padroni della ditta, che se non sono stupidi (e non lo sono) sarà già stata chiusa e, all’epoca sarà stata intestata ad una testa di paglia, interrogheranno gli ingegneri, ma non i muratori, non i falegnami, non i lavoratori di quei fornitori di cemento ecc.

E che sindacati sono quelli che in nome di un salario, spesso miserabile, permettono ai lavoratori di essere esecutori materiali di crimini? No Ciccio, non serve a questo il sindacato! o, per lo meno, non serve a questo la mia idea di sindacato. Credono che avendo “ottenuto” lo statuto dei lavoratori sono a posto. Ma quando mai, nell’esecrato ottocento, gli esecrati Marx, Bakunin e i loro accoliti dell’epoca, hanno  ritenuto che i lavoratori sarebbero stati protetti da un tribunale? Sapevano benissimo a che serviva un tribunale, a che serviva un parlamento e le sue leggi. L’unica differenza era che alcuni volevano impadronirsi delle leggi e dei tribunali, per difendere i lavoratori contro i padroni, altri  volevano eliminarli totalmente in quanto sapevano che lo Stato, diventando a sua volta esso stesso padrone, non poteva comportarsi diversamente. 

Ciao Ciccio. Ti prego però, prima di liquidarmi dicendo che gli anarchici non cambiano mai e sono sempre quelli di sempre, guardando ciò che i comunisti, i socialisti, i liberali ecc. hanno fatto di se stessi, non sia un bene che ci siano ancora a pensarla come sempre.
Ti abbraccio
Angelo
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Caro Angelo,

preferisco rispondere alla tua lettera per mezzo del mio diario perché le questioni che poni possono, almeno spero, interessare gli altri amici. Le tue parole sono fortemente “marcati” da indignazione, che non è una colpa ma semmai un apprezzamento, magari molti si indignassero effettivamente che non leggendo soltanto il testo Indignatevi.
Per quanto riguarda i due deputati che tu menzioni (io me li sono persi) niente da aggiungere se non sottolineare ancora il livello di stupidità, cretineria e subalternità di molti dei nostri rappresentati del popolo (anche di quelli, diciamo così, di sinistra).
È sulla questione del sindacato e dei lavoratori (la loro responsabilità, come tu argomenti) e più in generale sull’apatia delle forze sociali  che vorrei dire qualcosa rispetto a quanto hai scritto (e non intendo liquidare la questione mettendo in campo l’anarchia, sai cosa penso, sai cosa apprezzo, sai cosa non condivido, serate di discussioni ci hanno chiarito, non convinto).
Forse molti in astratto desidererebbero una società libera, equa, solidale (quanto basta), senza violenza e nella quale tutti potessero realizzare le proprie aspirazioni, ma, contemporaneamente, il clima sociale, l’egoismo prevalente, la violenza endemica e la corruzione non confermano questa aspirazione. Non solo, ma la lunga crisi sfianca (individui e gruppi), finisce per rendere apatici e alla ricerca di una capro espiatore (i politici, la casta, che hanno colpe ma non tutte quelle che vengono  loro attribuite). Ma forse c’è un numero consistente di soggetti che sanno che una tale società non ci sarà data in dono, ma dovremo conquistarla, e per conquistarla è necessaria la “nostra” soggettività che può determinare le  condizioni per tale realizzazione.
È noto che la soggettività si costruisce all’interno dei processi sociali (di “produzione”) dove tale condizione è illuminata da una interpretazione della società, della sua dinamica, delle sue contraddizioni e dall’affermarsi di valori egualitari e di libertà. La costruzione di tale soggettività è questione complessa che intreccia realtà materiali e pensiero, non sorge spontaneamente, ha bisogno di “strumenti” di corpi intermedi (sindacati e partiti, per esempio) all’interno dei quali la propria condizione materiale perda, in un certo senso, la sua particolarità per diventare “condizione generale da cambiare”.
I “corpi intermedi”, questo è il problema. Essi sono il campo di una battaglia delle idee che non risparmia colpi né strumenti, ed è questo il “campo aperto” dove misurarsi senza ricerca di “purezze”; le “purezze”, come tutte le identità, alla lunga sono perdenti, perché refrattarie alle novità, nemiche della diversità e, ed è la cosa più grave, oppressive.
So che sei contemporaneamente d’accordo e no; sei d’accordo sulla, chiamiamola così, esigenza generale, ma sei in disaccordo sulla necessaria esistenza dei corpi intermedi, che tu vorresti in astratto cancellare (e non solo quelli) ma che poi alla stretta le puoi anche andare a difendere materialmente (come qualche volta hai cercato di fare).
Il sindacato, sicuramente non ci soddisfa, sicuramente fa degli errori (dal nostro punto di vista), ma attenzione, non credo di doverti ricordare che  i “miserevoli salari” sarebbero stati ben più miserevoli senza il sindacato e le condizioni di lavoro sarebbe state ben più dure. Dico delle banalità sulle quali l’accordo è facile. Il punto è che la battaglia delle idee all’interno del sindacato (diciamo meglio della CGIL) e nella frastagliata sinistra è stata di fatto persa. Non è che tradiscono, non è che sono opportunisti (anche) ma soprattutto non sanno, non vogliono sapere e si accontentano delle “verità” che a loro vengono servite belle e pronte. L’analisi della società, punto forte e necessario di ogni pensiero progressista e di sinistra, non è più nelle loro corde. È inutile che inventino “Fondazioni”, e inutile che diano corpo a “Centri sudi”, gli uni e gli altri nella maggior parte dei casi servono a garantire qualche “fetta” di potere (tra l’altro poi ci sono i finanziatori, tutti, ovviamente, “disinteressati”).    
Ma tu sei riuscito a sentire dalle parole dei nostri politici (di sinistra) e dei nostri sindacalisti (di sinistra), qualche riflessione sulle trasformazioni del capitalismo con il prevalere del capitale finanziario su quello produttivo? Su quale sia il ruolo sociale e politico del debito sovrano? Su l’accresciuto divario tra i pochi e i molti a proposito di reddito e di patrimonio? Su quale sviluppo tecnologico è pensabile  e quale il suo effetto sulla società? Eppure su queste cose abbiamo scritto, discusso, ma soprattutto altri, anche molto autorevoli secondo i parametri della nostra società, ne hanno scritto, discusso, pubblicato libri, ecc. Ma è come un rigagnolo laterale che scorre accanto al fiume delle verità confezionate, dove i “nostri” fanno i bagni, senza mai a quello immischiarsi.
Quello che mi lascia sempre meravigliato sentendo Renzi e i suoi ministri, ma anche moltissimi esponenti di punta della sinistra  è l’assenza nei loro discorsi di una prospettiva di società: possono discutere delle tecnologie da immettere nella pubblica amministrazione, dell’articolo 18, delle ore di lezioni nei diversi ordini di scuola, su quali aerei militare comprare o non comprare, ecc. ma mai che ci dicessero una parola su come queste cose si rapporterebbero al tipo di società che hanno in testa (ma proprio non l’hanno in testa, i fondamenti di questa gli vanno bene) Non richiedo un “modello”, ma degli indirizzi di marcia, dgli obiettivi intermedi che con quelli finali (?) dialogano,  sulla libertà, l’equità, l’autonomia, ecc. Vaghezze, ma soprattutto “frammenti” inconsistenti a fornirci l’idea di un quadro perché slegati. Gli 80 € vanno bene (prescindiamo), il TFR in busta paga va bene (prescindiamo) ma è l’obiettivo che va male, malissimo, tutto serve a rilanciare i consumi che dovrebbe rilanciare la produzione, che dovrebbe far crescere il PIL, … insomma che tutto fosse come prima, fino alla prossima “crisi”.
Per  la “battaglia delle idee” è necessario un nuovo grande lavoro di pensiero e di lotta, che per ragioni generazionali non ci può appartenere completamente, ma che penso, anche se in modo ancora non chiaro, si pongono parti consistenti delle nuove generazioni.
Tu vorresti che il sindacato facesse delle cose “giuste”: mobilizzasse i lavoratori contro l’uso di materiali scadenti, contro produzioni che provocano disastri, forse sei preso da nostalgia e ricordi quando queste cose si facevano (anni ’70); il tempo è cambiato le persone sono cambiate, le forse sono cambiate, e quindi anche  il sindacato è cambiato e la coscienza di tutti non è più quella. Ora siamo ridotti a difendere (perdendo) l’art. 18, a me sembra paradigmatico della situazione: una bandiera che viene sventolato da tutte le parti in modo improprio, ma solo per dare visibilità ad  un governo che fa (sic!)  e una sinistra che reagisce (con moderazione).
Per chiudere, la questione sarebbe troppo lunga, ma voglio dirti che pur con tutti i limiti individuabili, con tutte le storture possibili, preferisco vivere in uno “Stato di diritto” e il modello di società che ho in testa è fondato sul diritto, sulle libertà individuali, ma anche sulle garanzie. Non siamo una specie “buona” e non “uccidiamo” solo per mangiare.
Abbracci Francesco
  
  
  





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