domenica 27 maggio 2012

Diario 175


Diario 175
14 – 27 maggio 2012

  • La finanza
  • La speculazione finanziaria non crede alla crescita
  • Elezioni amministrative                                                                                                                                                                                                                                                                                
  • L’estremo tentativo di uno che ha perduto ma non si adatta
  • Citazioni: nel bene e nel male


La finanza
Le parole sono importanti, quindi quando si dice che la finanza mondiale è sette volte il valore del Pil mondiale, tutti capiscono, ma non è chiaro che “capire” significa avere una chiara rappresentazione del fenomeno, forse un disegno aiuta. Il Pil, cioè la produzione mondiale di “cose” e “servizi” naviga in un mare economia di carta, piccola barca in un mare tempestoso e incerto.
Ma la trasformazione strutturale del fare ricchezza con i soldi (D-D-D) piuttosto che producendo delle merci, più o meno utili (D-M-D), non può essere indifferente alla costituzione della società.  Il capitalismo è una forma di società, esso ha caratterizzato per alcuni secoli la nostra società, non solo dal punto di vista produttivo, ma anche dal punto di vista culturale, ideologico, dei rapporti tra le persone. L’insorgere di un pensiero “antagonistico” (democratico, radicale, socialista, comunista, anarchico, ecc.) sta dentro il “fare” società da parte della forma di produzione capitalista.
Ma se la natura della struttura attraverso la quale si fa ricchezza e ci si appropria della stessa cambia, non è irrilevante rispetto alla costituzione della società.
Vale la pena di sottolineare che il motto, tipico dell’era moderna, “chi non lavora non mangia”, che è stato costitutivo dentro la formazione capitalista dell’etica del lavoro, oggi non pare più un elemento costitutivo della società. È la ricerca del “guadagno” facile che oggi tende a prevalere, per cui la stessa “morale borghese” precipita nella ricerca di partecipazione alle forme di arricchimento anche illegali e in qualche caso propriamente criminali.
Non faccio l’elogio del sacrifico del duro lavoro, liberarsi dal lavoro deve costituire un’aspirazione della specie umana ma nell’ambito di una trasformazione della società, non nell’opportunistica ricerca individuale, che poi significa sempre e comunque a spese di qualcuno altro.
Ma, si potrebbe dire,  beati i mercanti che hanno le orecchie apposite.

La speculazione finanziaria non crede alla crescita
I segnali, per così dire, che la speculazione finanziaria invia verso la poco credibile “politica per la crescita” della Comunità Europea, incita sempre di più  i capi di stato favorevoli al rilancio della crescita a fare più e seriamente. Quelli dei mercati e una voce che si invoca.
Ma quale è il significato di queste pressioni? Non sono contraddittorie con quanto più volte scritto in queste mie note, circa una sorta di indifferenza della speculazione per le sorti dei “popoli”?
Il problema va visto da due diversi punti di vista.
Da parte della speculazione finanziaria l’indifferenza verso il destino dei popoli è permanente e rimane, ma l’attenzione riguarda la possibilità che si mantenga una regime economico in grado di permettere di continuare a tosare il popolo. In sostanza la crisi dei singoli paesi non deve giungere al punto della Grecia, dove il rischio per il capitale finanziario è non solo quello di perdere lo sperato guadagno ma anche il capitale.  I popoli devono essere messi nella condizione di poter continuare a pagare la “tassa finanziaria”, quindi la crescita diventa essenziale per poter continuare a speculare. La critica, per così dire, all’inefficacia delle politiche UE per la crescita quindi preoccupano i “mercati”, come si dice, in sostanza significa che la speculazione finanziaria vorrebbe essere garantita che ci sia sempre cibo per i propri denti. Gli Stati (i popoli) devono soffrire ma non fallire, per questo loro abboniscono il fallimento. 
Da parte dei popoli sembrerebbe ovvio un interesse per la crescita, per una crescita che alleggerisse la situazione drammatica della disoccupazione, della riduzione delle risorse familiari, della crescente povertà diffusa. Ma attenzione che non è tutto ora quello che luccica. Si può sostenere una politica della crescita se questa è collegata ad un mutamento sociale.  Intendo dire che non possono essere rigettati, ma anzi richieste politiche di sviluppo, ma non bisogna illudersi che queste siano risolutive che cioè possano eliminare il prelievo e la tosatura imposta dalla finanza internazionale. Possono alleviare le situazioni più drammatiche, e quindi vanno bene, ma non ci liberano. L’oppressione del capitale ha aggiunto alla vecchia una nuova forma, e di ambedue è necessario liberarci. Tagliare le unghia alla speculazione finanziaria deve essere l’obiettivo principale e prioritario, come pure una modifica della natura dello sviluppo. Pensare a questa ultima opzioni senza la prima costituisce una della illusioni “progressiste” più recenti. Il come farlo è materia …. di discussione, intelligenza, partecipazione e mobilizzazione collettiva.
Non si tratta di avversare soltanto un “modello di sviluppo”, ma è necessario avversare la formazione sociale nelle sue espressioni antiche e nuove.
Quello che sta avvenendo indica una strada diversa. Per esempio si è ridotto drasticamente il peso dei possessori di titoli di Stato italiani in mano a “stranieri”, ma siccome l’ammontare di tali titoli  non è diminuito questo vuol dire che la quota dei titoli prima in mano straniera è ora in mano italiana. Premesso che è ragionevole pensare che siano molto pochi i risparmiatori privati (la vedova sempre invocata, il piccolo risparmio familiare, che si assottiglia sempre più, ecc.) che hanno acquistato titoli italiani, nonostante i buoni tassi d’interesse, e pensabili che essi siano finiti in mano alle banche, che hanno utilizzato a questo scopo i prestiti, a basso tasso d’interesse, della Banca europea. La soddisfazione che il governo manifesta per il successo di domanda di ogni nuova emissione di titoli in realtà dipende  dalle convenienze delle banche, che magari resistono poco ad eventuali pressioni politiche. Ma così operando vengono sottratte risorse ad impieghi produttivi e il governo fa finta di lamentarsi perché in realtà sa che questa sottrazione agli impieghi produttivi e fondamentale per la domanda di nuove emissioni di titoli.. Il nostro governo fa la voce grossa per coniugare rigore e crescita ma poi non si occupa, o fa finta di non vedere (che tecnici sono altrimenti),  quello che avviene sotto i propri occhi (e a suo favore).

Elezioni amministrative                                                                                                                                                                                                             
Si è letto di tutto, e mi sembra inutile con tanto ritardo fare qualche considerazione. Non sono andate male, questo mi pare il giusto commento. Quello che interessa è la prospettiva futura, ma su questo conviene riflettere con più calma. Le manovre sono tante, da Montezemolo a Berlusconi, i rotamatori, i nuovissimi, le 5 stelle, ecc. Sulla scena si affastellano vecchi e nuovi attori, di molti dei quali è nota l’inconsistenza insieme alla prosopopea, di altri la pericolosità, tutti a parole volano alto, molti  propongono il “nuovo” senza sostanza, ecc. insomma c’è da pensare e anche un po’ da tremare.

L’estremo tentativo di uno che ha perduto ma non si adatta
Ecco la grande trovata molto promessa da Berlusconi e dal segretario del PDL. La proposta dell’elezione diretta del presidente della repubblica. Guardando a  Berlusconi la proposta ha due risvolti: il primo riguarda il tentativo di rientrare al centro della scena, il secondo è l’espressione del riconoscimento che il PDL è perdente e sentendosi lui vincente con questa trovata si vuole liberare della zavorra PDL. Speranza che la proposta vada in porto zero, per ragioni di tempo, e perché gli altri partiti non vogliono correre il rischio di vederlo al Quirinale. Non è sbagliato il suo calcolo, infatti, gli Italiani potrebbero portarlo a quel palazzo proprio in virtù dei suoi difetti. Il vero pericolo, tuttavia, è che si vada alle elezioni con la stessa legge elettorale, questo si che sarebbe grave (anche se a sinistra qualcuno pensa sia conveniente).

Citazioni: nel bene e nel male

Michele Serra, La Repubblica, 15 maggio 2012
“Si dice ‘bocciato dai mercati’ o ‘promosso dai mercati’ come se un superiore magistrale vaglio tecnico intervenisse a decretare la sapienza o l’insipienza di ogni mossa politico-economica. Poi però accade che i mercati commentino con un certo vigore … un esito elettorale. Si capisce allora che i mercati non sono giudici imparziali, ma attori politici tanto quanto i governi che tremano al loro cospetto. … Dovrebbe suggerire alla politica un poco di indipendenza e di coraggio in più” (questa si che è una dissonanza rispetto all’indirizzo del quotidiano dove è apparsa l’amaca di Serra)  

Giovanni Falcone, Il Manifesto 24maggio 2012 (citato da Umberto Santino)
“Ad un impegno straordinario della magistratura in un determinato periodo, non vi era stato un pari impegno da parte di altri organi statuali. Questa è una tesi che meriterebbe approfondimento e che sicuramente ha un fondamento di verità. Io ricordo ancora quella volta in cui un ministro dell’Interno, proprio qui a Palermo, ebbe a dirci che la mafia non era il problema prioritario dell’ordine pubblico in Italia”

Umberto Santino, direttore del Centro di documentazione Giuseppe Impastato, Il Manifesto, 24 maggio 2012
“ L’Italia è un paese senza memoria o con una memoria programmata, che produce icone e cancella o sbiadisce la realtà. È successo per i fondatori dello Stato unitario, affratellati nelle celebrazioni dello scorso anno, succede per Falcone e Borsellino e per tutti coloro che la lotta alla mafia l’hanno fatta, pagando di persona, dai protagonisti delle lotte contadine ai nostri giorni. Sono ormai delle fotine di un memoriale rassicurante. Ma se si vuole andare oltre le liturgie ufficiali, bisogna recuperare per intera una storia che è fatta più di conflitti che di osanna”.  

Angelino Alfano, Il Manifesto 26 maggio 2012
“Questa proposta rappresenta il nostro pensiero in purezza” (parla della proposta dell’elezione diretta del presidente della repubblica. “Purezza”, che vuol dire? Che il suo pensiero è rimasto vergine dopo l’imbeccata del padrone, non c’era bisogno di dichiararlo e a tutti noti che il delfino (il trota?) è di mente pura, mai una sua idea l’ha attraversata. Si mantenga puro in attesa di chi lo sostituirà)

Diego Novelli, Il Manifesto 26 maggio 2012
“Montezemolo, prima di assumere la presidenza di Confindustria e successivamente passare alla Ferrari, si è fatto le ossa in questo ambiente rappresentativo dell’impresa FIAT. Ecco perché qualcuno pensa che abbia il pedigree adatto per fare il presidente del consiglio” (c’è proprio bisogno di uno come lui?)

Benedetto XVI, La Repubblica, 27 maggio 2012
“Il vento scuote la casa di Dio” (ma quale vento? Si tratta di corruzione, lotte di potere, riciclaggio, ecc.)

Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, Il Manifesto 27 maggio 2012
“Bisogna far ripartire il centrosinistra, se Bersani non ci risponde noi andiamo avanti comunque” (sembra una strana coppia sul piano programmatico, più il centro sinistra si restringe, più tendono ad emergere le differenze. Bersani ha le orecchie apposite come i mercanti, questo non è bene, sollecitarlo, tampinarlo, premerlo è cosa giusta e utile, ma anche qualche scampolo di programma pare necessario)

Roberto Formigoni, Corriere della Sera, 27 maggio 2012  
“ Mi dimetto se saranno dimostrati vantaggi per Daccò” (Il presidente della Regione Lombardia non capisce che politicamente quello che sarebbe rilevante e se egli avesse avuto dei vantaggi da Daccò. La cosa pare fuori discussione, quindi le dimissioni sarebbero una pratica necessaria; ma ovviamente, secondo la prassi del suo partito, non se ne parla e si piglia tempo. Se Daccò ha avuto vantaggi appartiene alla sfera giudiziaria, ma prima c’è la sfera politica)

domenica 13 maggio 2012

Diario 174


Diario 174
7-13 maggio 2012
  • Una ventata di … pessimismo
  • Imbrogli e mazzate
  • Elegante signora dal dito medio
  • Equitalia
  • Citazioni: nel bene e nel male

Una ventata di … pessimismo
Non solo non vedo niente di nuovo all’orizzonte, ma soprattutto vedo occhi chiusi, orecchie coperte e bocche che danno aria ai denti.
È buffo, ma anche tragico, il grande parlare che si fa di antipolitica, come se i risultati delle ultime elezioni non fossero un’espressione dura di politica. Può non piacere questo risultato, non mi piace, ma trovo consolatorio usare la categoria della “protesta” o quella del “radicamento” per accreditare un qualche dato positivo dell’esito. Qualcuno si ricorda quando si è tentato di accreditare di sinistra la Lega?
Non nego l’esistenza di un fortissimo disaggio che sfocia in una protesta e in una insoddisfazione per le rappresentanze note; non nego che certe liste (grillini intesta, ma non solo) devono il loro successo al “radicamento” di personalità nella “comunità”, ma mi sento di dire che tutto questo mi appare inutile ad affrontare i temi che ci sovrastano.  Ma come se non bastasse c’è dell’altro.
Una sinistra frantumata e disarticolata. Dall’altra parte non può valere che “uniti e meglio che divisi” se non si è in grado di misurarsi non tanto con i tratti ideologici specifici di ciascuno (importanti) ma con la realtà, con l’interpretazione di tale realtà (e quindi delle opportune ricette).
Non si tratta di superare i “vecchi steccati” (superarli perché? superarli come? superarli a qual fine?).  Non basta superarli perché dividono, ma dividono perché non si guarda dentro la realtà, i suoi processi, i suoi esiti.
Scoraggia che energie vengano impegnate per la costruzione di nuovi soggetti politici, che fanno piazza pulita di ogni interpretazione della realtà “passata” per appellarsi a soggetti frammentati in forte disaggio economico, e non solo, offrendo la fuga facile in avanti della costituzione comunitaria. Detto francamente non si svuota il mare con il cucchiaino.
Ancora più rilevante è lo spreco di assemblee serie, composte, innovative e … programmatiche di rottamazione dei “vecchi” dirigenti (senza nulla togliere alla necessità di rinnovamento).
Tutto questo che cosa ha a che fare con la situazione del paese, dell’Europa e del mondo?
La Grecia ci insegna poche ma fondamentali cose: l’austerità non aiuta ad uscire dalla crisi, ma se mai approfondisce la crisi; più si aspetta a “fallire”, più il fallimento inevitabile diventa sempre più drammatico; alla fine se uno stato “fallisce” agli altri membri della comunità europea importa poco. A questo proposito si afferma che non è grave, data la pochezza dell’economia greca, se quel  paese fallisce ed esce dall’area dell’euro; dove la sottolineatura della pochezza dell’economia corrisponde ad un monito ai paesi più grossi (Spagna, Italia) affinché accettino l’austerità (una sorta di ricatto).
Mi sembra molto utile che ci sia attenzione ad una disarticolazione dei beni pubblici in beni pubblici tradizionali, beni sociali e beni comuni, ma a condizione che si usi l’intelligenza politica in questa disarticolazione e non una trasformazione in slogan (di cose serie) che soddisfi l’ansia di superere gli steccati ma che non porta da nessuna parte. Credo che ci sia maturazione politica per giungere a migliorare le forme della nostra democrazia facendo convivere e intrecciate la democrazia delegata con quella diretta (che non può essere la scelta affidata ad assemblee popolari di qualche posta di bilancio comunale). Come credo che sia maturo il raggiungimento di una maggiore efficienza e di una maggiore efficacia intrecciando la gestione burocratica e amministrativa della “cosa” pubblica con quella diretta (detto sinteticamente che senso ha l’acqua bene comune se alla sua gestione non partecipa direttamente la comunità?). Tutto è complicato ma la realtà da una parte e la necessità di un suo superamento dall’altro vogliono un impegno maggiore, la considerazione della complessità della situazione, intelligenza politica e … più politica fondata su la trasformazione necessaria (slogan, semplicismi e nuovismo senza base non portano lontano).
Più volte mi sono soffermato sulla natura della crisi e non voglio ripetermi, ma mi preme sottolineare che l’attenzione e l’affezione che la sinistra riesce ad esprimere verso politiche keynesiane mi sembra una via di fuga dalla realtà. Intendo dire che tali politiche possono essere utili e necessarie se sono interne ad un progetto di rigetto del debito sovrano. Possono essere la strada per giungere a quel punto nel migliore dei modi, ma se sono assunti come strumento per uscire dalla crisi ci accorgeremo troppo tardi che possono servire per alimentare la speculazione finanziaria.       
Il mio pessimismo si accentua con la vicenda del Il Manifesto. Se fosse imbattibile il fax dei liquidatori sarebbe una perdita per tutti. Facciano che ciò non accada.

Imbrogli e mazzate
Quando si “manovrano” i bilanci chi ci perde in generale sono i soci ignari; del bilancio pubblico i soci ignari sono i cittadini, ciascuno di noi.
La trovata del presidente Monti sembra sia  quella di richiedere che alcuni investimenti pubblici produttivi e il pagamento di quanto dovuto alle imprese siano considerate  estranee al “pareggio del bilancio”, che, si ricorda, fa parte adesso della nostra Costituzione, per volontà quasi unanime del Parlamento. Questa di Monti sembra una grande trovata, tutti plaudano, siamo al secondo tempo finalmente, quello della crescita. La mia impressione e si tratti di un imbroglio foriero di mazzate sulla testa (tasca) dei cittadini. Monti, infatti, non mette in discussione né il pareggio di bilancio né il fiscal compact, ma si propone,  piuttosto,  di aprire una nuova voce nel bilancio dello stato, che potremmo chiamare “limbo”, e che non fa somma. In concreto le cose stanno diversamente. Diciamo che il paese dispone di 100 di risorse per adempiere agli obblighi sia del pareggio di bilancio che del fiscal compact, e che si decide di spenderne 30 per investimenti ecc. La disponibilità a questo punto resta di 70, ma ne abbiamo bisogno di 100 per rispettare i nostri obblighi, quindi cari cittadini bisogna tirarne fuori 30.
Questo governo sempre più ci abitua al gioco delle tre carte, sapendo sempre chi perde: noi. Così con la ripetuta tiritera, anche internazionale, che il nostro paese non ha bisogno di una nuova manovra, si nasconde che  la manovra è stata già decisa e si chiama aumento ad ottobre di due punti percentuali di IVA, che vale circa 20 miliardi che dalle tasche dei cittadini passano al bilancio dello stato. Non è una manovra già preventivata?   

Equitalia
Le osservazioni di quanti sottolineano l’errore di considerare Equitalia responsabile delle imposte e per questo incomprensibili gli attacchi a questa struttura, hanno ragione ma non capiscono la forza dei simboli. Nessuno di quelli che protestano contro Equitalia, credo,  la pensino responsabile delle bollette ma l’assume come simbolo del proprio disagio.

Elegante signora dal dito medio
Sembra che Angelino Alfano ormai abbia i giorni contati. Oltre alla faida interna degli ex AN, ora anche il padrone Berlusconi ripete che non crede possa essere candidato leader alle prossime elezioni. Con chi pensa di sostituirlo? Con l’elegante signora dal dito medio,  Daniela Santachè. Come diceva mia nonna: al peggio non c’è mai fine.



Citazioni: nel bene e nel male
Wolfgang Schaeuble (ministro delle finanze tedesco), Il Manifesto, 10 maggio 2012
“E’ sbagliato pensare che le politiche per la crescita abbiano bisogno di soldi” (certo si possono fare con i fichi secchi)

Mario Monti, Il Manifesto, 10 maggio 2012
“Tra i capi di governo io sono il più sensibile ai principi della disciplina di bilancio e certamente non ho nessuna intenzione di sovvertirli” (manovra dei conti a parte)

Manuel Durao Barroso, Il Sole 24 Ore, 11 maggio 2012
Guardi è come in un club (intende la comunità europea), non voglio parlare di un paese specifico (la Grecia), ma è come in un club, se un membro non rispetta le regole è meglio che se ne vada dal club  e questo vale per qualsiasi organizzazione, per qualsiasi istituzione, per qualsiasi progetto”. (questa si che è una bella considerazione dell’Europa. Fondata sulla solidarietà con le  banche ma non con i popoli. La Grecia è l’esito di politiche perverse portate avanti dalla UE e dal FIM, un ravvedimento pare impossibile!)

Rossana Rossanda, Il Manifesto, 11 maggio 2012
“Una interruzione degli espedienti “tecnici” e il tuffo nelle elezioni anticipate non sarebbe sicuro e confeorttevole per nessuno, ma almeno darebbe una misura non artefatta dello stato e dei bisogni degli italiani sulla cui base riparatire”
 
Marc Lazar, L’Espresso, 17 maggio 2012
“Alcune idee liberiste però hanno passato lo spettro politico di riferimento e sono passate dalla destra alla sinistra. … Monti e Rajoy vogliono più concorrenza e liberalizzazioni del mercato del lavoro. Hollande resta ancorato a uno schema keynesiano seppur moderato. Sono visioni destinate prima o poi a entrare in contrasto”

domenica 6 maggio 2012

Diario 173


Diario 173
30 aprile 6 maggio

  • Una buona sepoltura
  • La prossima manovra finanziaria c'è già
  • W le banche: un pasticcio targato PD
  • Un vero… professore
  • Finanziamento dei partiti
  • Citazioni: nel bene e nel male

Una buona sepoltura
La dimensione assunta dalla finanza nel nostro sistema economico è assimilabile ad un’infezione di Aids, con danni per tutto il corpo sociale. Si può guarire? Alcuni sono speranzosi in nuove cure, altri si affidano alle cure tradizionali che in qualche caso hanno avuto buoni esiti. Ma la maggior parte dei medici non riconoscono la malattia e sono convinti che il malessere sarà superato dalla reazione spontanea del corpo: cure palliative è aspettano. Ma intanto la malattia fa il suo corso e dilaga.
Tuttavia un sistema sociale non fa eutanasia, resiste anche da morto e ammorba l’aria fino a quando non venga seppellito. Quello che si impone è una buona sepoltura, ma tutti hanno timore. Ma ad un certo punto la società reagirà, non può vivere in uno stato di pandemia permanente e sceglierà la cremazione.
Perché arrivare a tanto? Perché non prendere atto della malattia? Non è detto che i cambiamenti di società debbano avvenire sempre nello stesso modo.   
Se il capitalismo avesse i secoli contati, come ha scritto Giorgio Ruffolo, questo non vuol dire che non si possa accelerarne il tramonto, onde evitare la pandemia.  

La prossima manovra finanziaria c'è già
Al governo tutti si sbracciano che non ci sarà bisogno di una nuova manovra finanziaria; non solo mentono ma ingannano. Quando nell'ultima riunione del Consiglio dei ministri si è varato il taglio alla spesa pubblica, o meglio la procedura per arrivare al taglio con la nomina di Bondi,  è stato affermato specificatamente che tali tagli sarebbero fondamentali per evitare l'aumento di due punti percentuali dell'IVA.  Aumento che comunque non è certo sia possibile scongiurare. È stato contemporaneamente affermato. Un bel modo di dire che l'incremento dell'IVA ci sarà; un incremento che vale 20 miliardi di nuova imposta. Se questa non è una manovra, cosa è?

W le banche: un pasticcio targato PD
È noto che il governo non è equanime verso i suoi debiti: privilegia soprattutto la finanza, le banche, i grandi patrimoni, in fondo i fornitori e infine i pensionati. Appare scandaloso che non paghi i propri fornitori. Alcune episodi drammatici hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica e dei partiti questo fenomeno. Tutti hanno la soluzione in tasca, anche il PD ha presentato una propria proposta. Che è stata ampiamente commentata e raccontata dalla La Repubblica (4 maggio).Mi sembra un vero pasticcio (non “neutrale”). La proposta prevede: la certificazione del debito; una volta che il debito è certificato esso può essere scontato in banca. Dopo un anno lo Stato rimborserà il debito alle banche con buoni del tesoro, non di nuova emissione ma acquistati sul mercato secondario.  
Il debito dello stato, comuni, ecc. sembra ammonti a 100 miliardi di euro. Scontare il credito certificato in banca corrisponde ad una perdita da parte del creditore pari all’agio preteso dalle banche; diciamo che le banche hanno un guadagno compreso tra 7 e 10 miliardi. Ah, quanto amiamo queste banche. Così la perdita del creditore non va a beneficio della collettività ma delle banche. A una anno lo Stato pagherà in buoni del tesoro comprati nel mercato secondario. Secondo problema se lo Stato non è in grado di pagare per questi buoni dovrà pagare un tasso più alto di quello di emissione con una perdita della collettività, ma a beneficio di chi? Ma delle banche che potranno vendere il buoni del tesoro in loro possesso allo stato che poi glieli rigirerà. Mistero: ma se lo stato può comprate titoli non potrebbe pagare direttamente le banche?    

Vi trasmetto, anche, una nota più tecnica del mio amico Angelo sulla proposta del PD commentata sopra.

Necessaria premessa è che si sia correttamente capito ciò che La Repubblica ha scritto e soprattutto titolato. “Le Banche paghino le imprese con Bot in garanzia”.
Iniziamo con la certificazione del credito. Che cosa significa? Se una impresa vanta un credito a meno che non si tratti di truffa, il credito è già “certificato” dai relativi documenti (ordini, fatture, documento di trasporto, ricevute,  avanzamenti lavori ecc.).
La proposta obbligherebbe alla certificazione entro un mese oltre il quale toccherebbe alla ragioneria dello stato “certificare”
Ma in caso di crediti nei confronti di ministeri, la ragioneria ha i singoli documenti necessari? E poiché a detta della “La Repubblica” (che sembra approvare l’ idea del PD Boccia) gli “enti responsabili dei ritardi nei pagamenti” sono anche: Comuni, Provincie, Regioni, Consorzi, Asl, Anas, Ferrovie dello Stato, Altri; la Ragioneria ha la documentazione per certificare anche questi crediti?
Comunque, da quanto scritto su “Repubblica” non vedo fissati limiti temporali alla Ragioneria per certificare o respingere.
Ma dando per scontato che le imprese ottengano le certificazioni entro un mese. Portarlo in banca per averlo scontato, che vuol dire?
Supponiamo pure che l’impresa non abbia già avuto finanziato quel credito particolare sia con cessione pro solvendo sia pro soluto, sia con procura all’ incasso in rem propriam, quel credito fa parte del bilancio aziendale. Tutti i fidi o i crediti che un’ impresa ha ottenuto dal mercato sono basati sui dati di bilancio di cui questi crediti sono parte sostanziale.  La cessione del credito comporta che la banca acquisisce quel credito che viene sottratto così dal complesso dell’ attivo dell’ impresa.
Rendere liquido quel tale credito, può sembrare una operazione favorevole per l’ impresa e per tutti i creditori. Ma occorre essere certi che quella liquidità “generosamente” immessa dalla banca nell’azienda non vada a coprire crediti chirografi già della banca, nel qual caso tutto diventa una operazione a danno degli altri creditori. 
Se una impresa avesse un credito nei confronti dello stato di 120.000 euro ed esposizione verso la banca di 100.000 euro,  inoltre, crediti nei confronti di clienti per altri 200.000 e debiti verso fornitori maestranze, stato ecc per altri 300.000, qual è la situazione? Facile: i crediti sono 320.000, i debiti 400.000, (per semplificare fingiamo che non ci sia magazzino) a biglie ferme se i creditori pagassero alla impresa il loro credito questa potrebbe pagare l’80% dei suoi debiti  che per la banca, in condizione di parità tra creditori ammonterebbe a 80.000 euro con un perdita di 20.000 euro.
Ma se la banca anticipa all’interesse del  10% annuale il credito dei 120.000 euro  verso lo stato consentirà una incasso di 108.000 euro 100.000 dei quali utilizzerà per estinguere il suo di credito (ammesso che non ci siano interessi già maturati e non pagati) per cui la liquidità immessa sarà di solo 8.000 euro e la situazione, a biglie ferme dopo l’ operazione sarà:  crediti nei confronti dei clienti 200.000, debiti 300.000 il che vuol dire che i creditori dell’ impresa, ammesso che i 200.000 euro vengano pagati per intero, incasserebbero solo il 66,6% invece dell’ 80% della situazione precedente, mentre le banche avrebbero il proprio  credito completamente pagato (ai danni degli altri creditori). E se tra questi creditori ci fosse pure lo stato per crediti non privilegiati, non essendo ammessa la compensazione, come Monti ha già ampiamente e con un moto d’ ira espresso pubblicamente, chi fa la figura del fesso è proprio lo stato che i suoi crediti li perde e i suoi debiti li paga..
Ma, probabilmente, ci si verrà a dire che questo tipo di operazione (chiudere con la cessione, crediti chirografi delle banche) potrebbe, per legge, essere proibita. Il che potrebbe essere vero (sulla carta). Ma è altrettanto vero che, come ha dimostrato ampiamente il commercio delle armi verso paesi ai quali non potevano vendersi, che con una semplice triangolazione si potrà facilmente aggirarla la norma.
La ditta Alfa ha un credito verso lo stato di 120.000 euro e un debito verso la ditta Beta di 100.000 euro e la ditta Beta un debito verso la banca Gamma di 100.000 euro. Che succede? Succede che la Banca Gamma da alla ditta Alfa, per cessione dei 120.000 euro, 100.000 euro. La Alfa sarà felicissima di pagare alla Beta il suo debito di 100.000 euro e la Beta, a sua volta ancora più felice di restituire alla banca Gamma il suo debito di 100.000 euro. Specialmente se poi si scopre che è la banca Gamma la vera padrona della ditta Beta.
Ma la cosa più stravagante (a mio parere) sono i tempi e le modalità di pagamento finali che lo stato, anzi che il PD, a detta di La Repubblica, immagina.
Un anno! dopo il quale se lo stato non paga, darebbe alle banche BOT comprati nel mercato secondario, che potrebbero,quindi, essere della stessa banca. Infatti si tratta di titoli non di nuova emissione (mercato primario) ma di titoli circolanti fino alla loro scadenza.
Supponiamo che la buona banca che ha fatto la cessione del credito di 100.000 euro contro 120.000 abbia  in portafoglio titoli di stato per 120.000 euro al 5%. Che succede in quel famoso anno?
Facile: la banca ha già incassato dal cedente, trattandosi di sconto, il 10% anticipato (12.000 euro) e per i titoli, nell’ anno, 6.000 euro. Totale 18.000 euro.
Se, invece, lo stato decidesse di pagare all’impresa il suo debito immediatamente  in titoli e facesse una legge per obbligare le banche all’ anticipazione con costituzione in pegno dei titoli stessi, cosa accadrebbe nell’ anno famoso sulla base degli stessi tassi ipotizzati prima?
L’impresa nell’anno avrebbe pagato alle banche un tasso del 10% ma non anticipatamente, in quanto potrebbe attingere alla fonte man mano che ne avesse bisogno ed in caso di disponibilità di cassa versare e fermare il pagamento degli interessi passivi  per un certo tempo mentre gli interessi dei titoli posti in pegno apparterrebbero all’ impresa stessa. Nel peggiore dei casi, l’impresa,  pagherebbe nell’ anno 12,000 euro di interessi passivi, ma acquisirebbe 6.000 euro di interessi attivi, quindi con un vantaggio di 6,000 euro, che non sarebbe una cattiva mossa in vista della tanto desiderata ed auspicata “crescita”.

Un vero… professore
Il professor Mario Monti è un vero professore, nella parte di questa dizione che significa anche la capacità di imparare (oltre che di insegnare).
Con ira nella recente conferenza stampa, ha stigmatizzato i partiti, in particolari quelli che propongano individuali e cervellotiche compensazioni tra crediti e debiti d’imposta. Allusione esplicita alla proposta di Alfano e del PDL.
Il giorno dopo, viste le reazioni, il professore Monti a dichiarato che la sua esternazione non si riferiva ad Alfano, che ha il diritto di fare proposte.
Un vero politico: sono stato frainteso. Bene, la strada è chiara e il solco tracciato.

Finanziamento dei partiti
Vi trasmetto la proposta del mio amico Fiorenzo
Francesco ti propongo una riforma del finanziamento che tutti citano come negativa ma che a me sembra la più razionale: i partiti si finanziano con il 5 per mille delle dichiarazioni dei redditi, qualsiasi altra forma di finanziamento pubblico o privato è reato.
Questo permetterebbe:
1.       Di avere una forma di finanziamento partecipata;
2.       Di forzare i partiti a stare con la gente e non solo con le cordate elettorali (il rischio del non finanziamento sarebbe elevato);
3.       Di rispettare il referendum e non avere forme di finanziamento pubblico ma privato (ogni singolo cittadino decide);
4.       Di avere una soglia di finanziamento  individuale (il 5 per mille appunto)
Insomma un sacco di cose buone per la democrazia. Perché alla nostra cara sinistra non piace questa proposta? Forse si sentono incapaci di fare politica attiva?
Io sinceramente non capisco
Ciao

Citazioni: nel bene e nel male
Chiara Saraceno, La Repubblica, 30 aprile 2012
“La scuola italiana richiede più, non meno investimenti”

Giuliano Pisapia, Corriere della Sera, 30 aprile 2012
“Sono sate fatte scelte che in molti casi, invece di colpire che ha già, finiscono per toccare sempre gli stessi, per esempio i lavoratori e gli enti locali. I tagli ai Comuni impediscono di dare risposte di sviluppo e di aiuto concreto ai cittadini. Perché non si sono toccati i grandi patrimoni? Si sarebbe evitato di tartassare che è già in difficoltà: i lavoratori dipendenti, i piccoli imprenditori, gli artigiani e i precari”

Armando Petrucci, La Repubblica 1 maggio 2012
“Ha presente la foto di Gino Bartali e Fausto Coppi che si passano la borraccia? Era durante una tappa tour, mi pare nel 1949. Nessuno ha mai capito chi sporgesse la borraccia a chi. Ecco questo è l'insegnamento: io passavo la borraccia perché ero tenuto a farlo, loro (gli studenti) me l'hanno ripassata altrettante volte. Ma quello che ho ricevuto mi sembra di più”.


Mario Monti, Il Sole 24 Ore, 2 maggio 2012
“Per la crescita ci vuole tempo. Non aspettiamoci troppo dalla riforma del lavoro” (è una vera consolazione sentire queste parole. Allora era solo una provocazione?)

A. Alesina e F. Giavazzi, Corriere della sera, 3 maggio 2012
“Il governo sembra non rende4rsi conto che l’Italia rischia di avvitarsi in una spirale di tasse, recessione, deficit e ancora più tasse. Purtroppo i dati sulla crescita del primo trimestre potrebbero essere una brutta sorpresa per i mercati” (Sulla cura, il nuovo tecnico consulente del governo – F. Giavazzi – la sa lunga: taglio dello stato sociale. Credo in accordo con il cattolicissimo governo tecnico.)