giovedì 29 dicembre 2016

Lavoro e diseguaglianze

Diario n. 328
27 dicembre 2016



Non vi è dubbio che i problemi più gravi dell’attuale fase (non transitoria) siano il lavoro e le diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Collegati a questi due, come in una catena, troviamo la crisi fiscale dello stato (a tutti i livelli), la riduzione dei servizi sociali, la mancanza di abitazioni a basso prezzo (a cui corrisponde una grande quantità di abitazioni vuote e di invenduto), la cattiva situazione delle infrastrutture, la mini criminalità (mentre gode ottima salute quella organizzata), la crisi del sistema sanitario, la sicurezza, ecc. Una catena che può essere allungata come si vuole ma che si sviluppa a partire da quei due anelli. Di questi due problemi un qualsiasi governo si dovrebbe occupare, ma ne prima né ora le questioni sono all’ordine del giorno con il dovuto impegno e con le necessarie nuove idee.

Lavoro      
I provvedimenti già attivi non solo non sono stati risolutivi, ma hanno, in un certo senso aggravato la situazione. Gli strumenti attivati non hanno inciso significativamente sulla disoccupazione e hanno reso precario e vergognosamente super sfruttato chi il lavoro, anche se marginale, a tempo, incerto in qualche modo lo ha. I vaucher producono racconti  agghiaccianti: 7,5 euro all’ora per qualsiasi tipo di lavoro (dal servizio di sicurezza, al servizio bar, passando per il call center , ecc., parcellizzato e spezzettato  in modo tale che pochi riescono ad avere garanzia, sia fa per dire, di un reddito mensile. Non solo pagati con ritardo, ma spesso i voucher sono utilizzati come “tessera” per un lavoro nero più sfruttato, mentre l’ultima frontiera è quella della loro utilizzazione per pagare chi sostituisce (sic!) i lavoratori in sciopero.
La filosofia “meglio di niente” sta ancora di più imbarbarendo la nostra società e il mercato del lavoro: ogni dignità di se stessi sembra vanificata dalla ricerca di una elemosina-lavorativa.
La bellezza del paese, la sua cultura, la sua storia, che poi tradotto in soldoni significa turismo non solo sarebbe assurdo che portasse ad una società fatta di camerieri, guidi turistiche e commesse, ma neanche si costruisce con progetti adeguati, mentre quei specifici settori, insieme all’edilizia sono quelli del massimo sfruttamento e dell’uso (non chiamiamolo abuso) dei voucher.
Non c’è una soluzione facile, si tratta di modificare quanto, dove, come e quando ciascuno debba lavorare; come assicurare comunque un reddito ad ogni famiglia; come riconoscere differenze di ruoli e di remunerazione che non potranno che essere da limitate.
Non solo i camerieri, non solo le signorine gentili che assillano dai call center, non solo le rare, ovviamente, start up, ecc. si tratta di un progetto di società che rifiuta lo stato attuale e che prospetta una diversa organizzazione sociale fondata sulla dignità.

Diseguaglianze  
Le maglie della società, i suoi nodi e i suoi incroci sembravano offrire a ciascuno, secondo volontà e capacità, di trovare una propria collocazione che non fosse esclusivamente determinata dalla nascita. Si trattava di una mitologia, di una retorica, ma in parte costituiva anche una realtà, ma soprattutto imprimeva le stigmate della “capacità” (anche nel nostro paese dove vige e si fa sempre forte il familismo, la pratica della raccomandazione, ecc.). Una società felice, certo che no, una società segnata da differenze, ma anche da lotte per attenuarle. Nessuno si arrendeva, il vivere individuale era anche collettivo, l’ “insieme agli altri” era una filosofia di vita.
Ma oggi tutto sembra cambiato. L’individualismo estremo ha introdotto una nuova filosofia: da solo e per me stesso. Ma questa modalità di agire germina l’approfittatore. Non è il saper fare, non è l’essere parte di una massa in cammino, ma soltanto ed esclusivamente il saper sfruttare l’occasione. Questa è la matrice generativa della corruzione (insaziabile e  diffusiva), dell’evasione, del piccolo trucco.
Questa situazione ha moltiplicato le diseguaglianze. Non si tratta di quella macroscopica tra l’1% e  il 99% della popolazione), che sarebbero da colpire, ma si sono moltiplicate le diseguaglianze anche all’interno del 99%: corruzione, evasione, trucchi, ecc., tutti governati dal verbo approfittare, costituiscono il nuovo magma sociale. E che si tratti di un magma male odorante.
Facile accusarmi di fare di tutta un’erba un fascio, so che non tutti sono come descritti. Ma so di una società in sofferenza e  malata dove il tono complessivo è dato dalla malattia, e chi non è partecipe di questo povero e indegno banchetto è come tramortito.

Politica
È chiaro che diseguaglianze e lavoro  (sua mancanza, sua condizione, ecc.) si sostengono a vicenda: la società “civile” che ne emerge è malata, non si tratta di mele marcie, come spesso si sente dire, ma di una condizione generale. Spesso quella che ci appare non è più una società ma una massa di individui agglomerati, dove al massimo vige il piccolo clan.
Questi mi sembrerebbero gli argomenti della politica, non necessariamente in questa versione. Ma questo governo, approssimativo come il precedente, usa la lingua dell’ottimismo, o dice parole indecorose in bocca ad un ministro.

Lunga o breve che sia la sua vita, il futuro non promette bene. Anche se, e ripeto se, non sia impossibile che il popolo tramortito non si svegli, ma anche in questo caso, anzi soprattutto in questo caso, c’è necessità di politica, di una idea di futuro, si una idea di società. 

giovedì 8 dicembre 2016

La sinistra che ...

Diario n. 327
8/12/2016



Il referendum è archiviato. La vittoria del No, mette in movimento la politica, ma quello che è spaventoso è il vuoto a sinistra.  Spezzoni, correnti, circoli, congressi … tutti divisi ma tutti rivendicando, ovviamente, la necessità di unità.
Renzi e il suo disegno pasticciato sono stati battuti; non si è visto il “disastro” annunziato, ma questo non vuole dire che la finanza stava con il NO, ma solo che la logica della finanza sfugge a molti osservatori. La finanza non gode del caos, ma se gli serve il caos lo crea in perfetta autonomia,  senza bisogno della “politica”.
Ma Renzi è questione del PD, questo non può essere dimenticato; non conviene tradurre i sogni in realtà. Sul PD si può fare pressione per una nuova leadership, ma quello che importa è la linea politica che sarà definita dal prossimo congresso di quel partito.  Non credo che sia indifferente  la persona che guiderà il PD, figuriamoci, gli uomini e donne contano, la loro capacità e personalità contano, ma quello che interessa è la correzione di linea politica.
A molto di noi piacerebbe un governo di SINISTRA, ma … prima non ci sono le forze, secondo  manca la consapevolezza completa della situazione e della sua evoluzione, terzo il “programma” che si mette in campo è modesto;  un programma che definisce come  alleviare, e non è poco, le sofferenze della popolazione, ma che è incapace di dire come e in che direzione può avvenire il mutamento della società (questo è all’ordine del giorno). Una sinistra inadeguata, assolutamente inadeguata, ma con questo stato bisogna fare i conti; cambiare questa situazione ha bisogno di tempo e di tanto lavoro, non di fantasia, ma di un po’ di utopia, non narrazioni,  ma progetti di società. Insomma un duro lavoro collettivo immerso nelle lotte nazionali e internazionali.
Al referendum il “popolo” ha sconfitto l’establishment,  diamolo per buono, forse è meglio pensarlo come il risultato di uno scontro tra idee diverse di organizzazione istituzionale. Dentro un referendum c’è tutto: fede indiscussa, antipatia, contrasti di interessi, voglia di rivincita, tentativi di posizionamento  e anche idee diverse. Se Renzi sbaglia (la sua solita arroganza) a attribuirsi il 40%, c’è da dire che nel 60% ci sono dei germi pericolosi contro cui non siano vaccinati.
Non credo che possa interessare più di tanto pensare se Renzi possa essere rieducato, convertito o rotamato. Il PD è chiamato ad una riflessione seria (dura, dice Renzi; minaccia), alla definizione del suo ruolo in questa fase storica, prima di definire le alleanze o insieme a definire le alleanze, affidando la guida del partito a mani capaci. Se questa riflessione quel partito sarà capace di fare non credo che possa venire fuori un linea di sinistra, ma si spera una linea progressista, un centro progressista che guardi i meccanismi di esclusione, di emarginazione, di diseguaglianze.  
Se così fosse, e non sarebbe male, una sinistra ricomposta (speranza), unità (speranza), fondata su analisi puntuali (speranza) e con un programma di transizione (speranza), potrebbe allearsi con un PD progressista per un governo che sappia intervenire sulla realtà, che guardi si alle sofferenze ma anche al futuro. Un governo e un’iniziativa politica che sappia arginare il populismo eversivo, che non è l’inesorabile risultato dei tempi, ma l’esito di un depauperamento dell’iniziativa pubblica.