domenica 29 aprile 2012

Diario 172 23 – 29 aprile 2012


Diario 172
23 – 29 aprile 2012

  • Il finanziamento ai partiti: equivoco e illusione
  • Meno tasse e più crescita. Ma!
  • Citazioni: nel bene e nel male


Il finanziamento ai partiti: equivoco e illusione
Il finanziamento pubblico ai partiti è il grande tema. Ormai tutti, pi pare, sono d’accordo sui seguenti termini: è necessario (da questo si scosta, sembra, Alfano); va ridotto, a partire dalla quota in scadenza; il suo uso deve essere trasparente e controllato.
Ciascuno di questi temi meriterebbe una trattazione a sè, per le implicazione, per i meccanismi necessari da attivare, per gli esiti, per il significato che assumerebbe (nella visione “proprietaria” della politica e dei partiti Bossi può dire che i soldi ricevuti sono della Lega e ne può fare quello che vuole, anche buttarli dalla finastra. Solo che la lega li ha buttati in tasche improprie).  Ma tralasciamo dicendo che non si può non essere che d’accordo sui temi maggioritari.
Ma veniamo all’equivoco e all’illusione: mi pare che si creda che questo sia un provvedimento, quando e se arriverà, che risolverà la disistima e la disaffezione dei partiti da parte dell’opinione pubblica. Errore.
Quello del finanziamento è un livello secondario, anche se appare uno dei principali. Quella verso i partiti è crisi di credibilità politica. I lavoratori, i disoccupati, i giovani, i pensionati, gli omosessuali, gli studenti, gli atei, i laici … li sentono “morti”, politicamente morti. Non in grado, cioè, di un’analisi della società al punto in cui siamo (tutti ripetono, per esempio la stessa analisi della crisi); tutti hanno la stessa vaga terapia. E si capisce che l’una e l’altra non corrispondono alla realtà.  
Non sono in grado di elaborare una prospettiva di trasformazione della società, mentre alla maggioranza appare evidente che di una profonda trasformazione c’è necessità, e una parte pensa che esistono, oltre le necessità anche le opportunità per questa trasformazione.
La retorica parolaia ha stancato e non incanta più; i piccoli aggiustamenti sembrano sempre più quello che sono troppo spesso le “toppe”  peggio del buco. Sembra che cresca  la consapevolezza dell’imbroglio che sta alla base del “modello unico”, senza alternative. Per riporre fiducia nei partiti non guardiamo all’ingegneria istituzionale, né alla riforma della ….. ma si aspetta  un disegno di prospettiva sociale, di un nuovo meccanismo di crescita. Chiara evidenza con chi si sta, da cui devono discendere scelte, proposte, iniziative, nuove regole, … coerenti. Destra e sinistra non sono scomparsi, esse vivono negli interessi dei più e dei meno, così come non è scomparsa la lotta di classe.
Che una qualche riforma del finanziamento possa risolvere la crisi di popolarità dei partiti è una terribile illusione. Dio fa impazzire chi vuole perdere.  

Meno tasse e più crescita. Ma!
Visto che il paese e l’Europa si avvia verso una profonda recessione, visto che la popolazione ha finito i buchi nella cintura, tutti invocano la crescita. Ma nonostante le esperienze recenti, nonostante i fallimenti recenti la crescita proposta è legata a doppio filo ad una gestione economica liberista. Meno tasse e più crescita è il convincimento dei partiti che appoggiano Monti e il suo governo tecnico. Su questo indirizzo hanno presentato una mozione in Parlamento. Il ragionamento che li muove e banale:  meno tasse, più consumi, più investimenti e il meccanismo riparte. Ma … l’economia (reale) è sottoposta alla pressione della speculazione finanziaria; meno tasse significa nell’immediato più debito pubblico, altro che pareggio di bilancio, già il rapporto debito PIL quest’anno, grazie alla cura Monti è cresciuto, quindi nuova ondata speculativa.  Ma no, non sono così sprovveduti. Meno tasse devono essere accompagnate da dismissioni (ci sono molti che aspettano a bocca aperta e stropicciandosi le mani che finalmente si … dismetta), ed ancora si suggerisce la riduzione della spesa pubblica per finanziare la riduzione delle tasse (una sorta di partita di giro). Cosa vuol dire riduzione della spesa pubblica? Licenziamenti (prepensionamenti non sono più possibili, aumenterebbero gli esodati)? riduzione dei consumi pubblici? O che altro? Provvedimenti con  effetti depressivi (si possono ridurre le spese pubbliche, ma non se si vuole la crescita).
Inoltre la riduzione delle tasse a chi? Ai pensionati, alle fasce deboli, alle industrie, ai ricchi? Silenzio, su questo sono in disaccordo.
Ma se questo pensano i partiti italiani della maggioranza, altri sono le cure che si prospettano.
Mario Draghi, anch’egli preoccupato per la crescita, prospetta la continuazione lungo la linea del rigore, ma insistendo sulle riforme strutturali (ancora mercato del lavoro? ancora pensioni?) e sulle liberalizzazioni. In questo modo si aumenterebbe la competitività del sistema Europa con l’attesa di grandi benefici.
Monti propone, oltre a sostenere, ovviamente, la continuazione sulle riforme di struttura e le liberalizzazioni, ci aggiunge, di fatto, un piccolo imbroglio (stile il Tremonti dell’epoca berlusconiana): investimenti in infrastrutture che migliorano la competitività, ma  scorporando  la quota di questi  investimenti pubblici dal calcolo del deficit e del debito. Meraviglia che dopo tanto parlare (e operare) per riguadagnare la fiducia della finanza internazionale con la serietà e il risanamento del bilancio, si propone un giochetto contabile che certo non denota serietà e finge il risanamento del bilancio.
La realtà è che dentro la gabbia liberista non c’è né spazio, né logica, né possibilità di crescita. Se si fosse capace di aprire gli occhi sarebbe possibile assumere provvedimenti da cui aspettarsi buoni risultati.
Le tasse: non c’è il problema di ridurle in forma generica, ma di ridurle e aumentarle in forma selettiva: meno tasse a chi meno ha, più tasse a chi più ha. È banale, ma questa è la strada. La patrimoniale, che non sia quella sulla prima casa, ma sui veri grandi patrimoni. Una manovra fiscale, che accompagnata con la lotta all’evasione, aumenti le entrate pubbliche e sia più equa nella sua distribuzione.
Il debito: sul default pochi cani sono d’accordo, prendiamone atto, ma si può operare per ristrutturare questo debito, o almeno una sua parte, in moda da poter disporre di risorse aggiuntive.
Le risorse “liberate” vanno impiegate sia sotto forma di investimenti diretti pubblici che sotto forma di investimenti fermamente controllati dal pubblico, verso una nuova riorganizzazione produttiva dell’economia del paese. Nuova negli indirizzi, nuova nella tecnologia, nuova nelle prospettive, nuova nei consumi, nuova nell’organizzazione del lavoro e nella sua distribuzione, nuova nella costruzione di una società solidale, equa e garanzia di futuro.  Cioè, detto banalmente, il contrario di quella dove ci stanno portando la speculazione finanziaria e i “tecnici”.

Citazioni: nel bene e nel male
Giorgio Airaudo, Il Manifesto, 24 aprile 2012
“I lavoratori hanno dimostrato di poter discutere alla pari con il governo” (a conclusione dell’incontro tra il ministro Fornero e i lavoratori dell’Alenia)

Rossana Rossanda, Il Manifesto, 25 aprile 2012
“In verità il duo franco-tedesco che ha diretto quest’anno l’Europa senza alcuna legittimità sta subendo un fiero colpo. Se passa Hollande, se si considera che anche Angela Merkel è già meno forte, dell’Italia non si occupa nessuno, e che l’apparentemente inossidabile Olanda è entrata in questi giorni in apnea, l’ipotesi più verosimile è che si incrina in Europa il fronte dell’austerità”.

Pierluigi Bersani, Corriere della Sera, 25 aprile 2012
“Se il paese tira la cinghia, la politica la deve stringere due volte”

Mario Monti, La Repubblica, 25 aprile 2012
“Niente di più sbagliato, che alimentare il falso mito di un allentamento del rigore finanziario. Siamo ancora a rischio ed è bene che tutti i cittadini abbiano chiare le conseguenze di quello che sarebbe potuto accadere se non fossimo intervenuti” (ma non eravamo fuori? I cittadini misurano anche quello che è accaduto con l’intervento e si domandano con sempre maggiore apprensione se non vi era altra strada che pestare i più e difendere i meno)

Tomàs Maldonado, La Repubblica, 25 aprile 2012
“Un grande filosofo diceva che c’è spazio per tutti nel grande banchetto della vita. Ma se questo vale per il design, non può valere per l’architettura. Qui divento intollerante. Stanno distruggendo le città con orribili grattacieli autocelebrativi, come accade nelle monarchie assolute o nei regimi religiosi”.

Mario Monti, Corriere della Sera, 26 aprile 2012
“Non esistono facili vie d’uscita, né scorciatoie per superare questa dura fase di crisi, frutto amaro del fatto che per un lungo periodo il sistema politica ha alimentato in noi italiani l’illusione di poter vivere al di sopra dei nostri mezzi” (e, no! Da un tecnico come Monti ci si aspetterebbero meno banalità. Gli italiani hanno vissuto  al di sotto dei loro mezzi. Se non avessimo avuto l’evasione fiscale nota, né la corruzione nota, avremmo potuto vivere meglio e con un debito infinitamente minore)

Susanna Camusso, La Repubblica, 26 aprile 2012
“Monti non sta facendo un buon lavoro perché ha annunziato un programma di rigore, equita e crescita  e vediamo solo il rigore”.

Mario Monti, La Repubblica, 26 aprile 2012
“Dobbiamo trovare il modo di parlare direttamente ai cittadini su quello che intendiamo fare…. Se qualcuno pensa di zavorrare il governo sappia che non ci faremo condizionare” (Ci mancava il richiamo diretto al “popolo”, chiamati cittadini. Nessun condizionamento politico al governo. La sinistra è avvisata, sarà mezza salvata? Non si sa.)

Valentino Parlato, Il Manifesto 27 aprile 2012
“Mio nonno, che non sapeva chi fosse Keynes, mi ripeteva: miseria fa crescere miseria. Parole sante e, aggiungo, che il rigore tende ad avvicinarsi al rigor mortis. Insomma sarebbe ora di avere il coraggio di finirla con i miti rigoristici e suicidi”

domenica 22 aprile 2012

Milano al Futuro


Milano al Futuro
A cura di Andrea Arcidiacono e Laura Pogliani
et al / edizioni, Milano, 2011
pp 326, €22,0

in Archivio di Studi Urbani e Regionali n. 101

Il volume è dedicato a Fausto Curti, con una esplorazione di Pier Carlo Palermo e dei curatori del libro degli interessi e dei contributi di Fausto, alle nostre tematiche. Questo è uno dei meriti di questo libro.
Di Fausto Curti sono messi in evidenza i filoni che lo hanno visto impegnato in tanti anni di ricerca. Dallo studio delle dinamiche territoriali (questo delle dinamiche è un modo di guardare al territorio prezioso), alla valutazione dei progetti urbani, dalla fiscalità ai piani strategici e alla simulazione urbana. Su ciascuno di questi campi egli ha dato dei contributi importanti, che vanno riconosciuti anche da chi può non essere d’accordo con le sue proposte (sui piani strategici, nonostante le sue cautele e le sue precisazioni, mantengo una mia diffidenza).
Pier Carlo Palermo ha dato conto, oltre che dei meriti scientifici di Fausto anche del suo atteggiamento psicologico o meglio dello stile (gentile) con il quale entrava in relazione, non solo con i colleghi, ma suggeriva, e la cosa è da un certo punto di vista più importante, un approccio gentile nei riguardi della politica (compresi i committenti e i governanti).
Per gli interessi coltivati, per la disponibilità dimostrata al confronto e alla discussione, per molti dei risultati proposti Fausto Curti è stato un importante personalità della nostra disciplina. Se molti dei suoi suggerimenti non hanno trovato sbocco operativo nel governo del territorio è da iscriversi alle “avventure” della politica.
Una seconda parte del volume, chiamata Prove di riformismo, raccoglie, introdotti da Arcidiacono e Pagliani, i contributi di studiosi come Campos Venuti, Oliva, Mazza, Pasqui, Gaeta e Camagni. Ad alcuni di questi va riconosciuto il titolo di “riformisti in azione” a prescindere dai contenuti proposti e dai risultati ottenuti. Giuseppe Campos venuti esalta la legislazione della Regione Emilia, nella sua lettera e nella sua operatività, mentre Federico Oliva mette in luce come ancora sia necessaria un azione di riforma. Senza mezzi termini Luigi Mazza attribuisce una responsabilità non marginale alla cultura tecnica se “il governo del territorio attraversa un periodo di disorientamento che spesso gli impedisce di contribuire utilmente alla conversazione sociale e di rispondere efficacemente ai bisogni collettivi”.
Liberarsi delle retoriche del piano, egli suggerisce,  per giungere alla “pianificazione spaziale”, solo questo deve essere il compito della pianificazione senza attribuirsi compiti che non può realizzare imputandolo dopo di inefficacia. In più sostiene che un piano di governo del territorio sia impossibile nel caso di una grande città. Questa affermazione  appare preoccupante se fosse vero, come io credo, che quello che abbiamo di fronte sia la metropolizzazione del territorio, richiamata da Pasqui, e che con questa realtà il governo del territorio dovrà misurarsi: un territorio ancora più vasto di quello di una grande città, un territorio che richiede maggiore e migliore governo del territorio.
Mi pare che quasi tutti gli autori citati convengano nell’accettare la dizione “governo del territorio” a preferenza delle altre dizioni (urbanistica, pianificazione territoriale, ecc.). Proverei a suggerire, senza rinvii a citazioni, che la dizione più corretta debba essere “governo delle trasformazioni del territorio”, un formulazione che mette in luce non solo un continua dinamica del territorio, ma anche la necessità (per fare “governo”) di studiare e individuare le tendenze in atto per facilitarle, corregerle e finanche vietarle. Senza questa analisi le buone intenzioni finiranno per lastricare la strada per l’inferno.  
Luca Gaeta presenta un riflessione sui “tempi” di ritorno dell’investimento immobiliare e come questi tempi non siano irrilevanti se coniugati con i tempi della pianificazione. Roberto Camagni si occupa della rendita partendo dalla considerazione che “la città è un grande bene collettivo, creato e definito da investimenti e decisioni sia pubbliche sia private”, cosa sulla quale non si può non essere d’accordo. La sua attenzione si focalizza su come “ripartire” i vantaggi tra privato e pubblico, ma senza una definizione di “pubblico” come governo delle trasformazioni territoriali, il tutto si riduce a meccanismi, più o meno raffinati, più o meno efficaci, di redistribuzione, ma a monte ci sta la determinazione (strategica, oserei dire) di un futuro che non mette tutto sullo stesso piano. Ma definire funzioni diverse da allocare nel territorio, in funzione di un progetto futuro di città, determina situazioni di redditività molto differenti che difficilmente possono trovare posto in meccanismi di riequilibrio dei vantaggi privato/pubblico.        
La terza parte del volume è dedicata a Milano, soprattutto al suo processo di pianificazione. Pier Carlo Palermo torchia, da par suo, il piano approvato dalla giunta Moratti e ne mette in luce incongruenze, indeterminatezze, inefficacie. Sembra paradossale ma un piano, qualsiasi sia la sua ambizione, che mette su carta un deficit di finanziamenti per i servizi pubblici di 9,7 miliardi di euro dichiara, papale papale  la sua inefficacia e insieme la sua velleità. Palermo mette in evidenza l’approccio quantitativo-espansivo che contraddice ogni tendenza in atto, e che non crea condizioni di vita e qualità, da rendere  attrattiva la città e che quindi assegna il carattere di mitologia alla sua stessa espansione. Né tanto meno, argomenta, il Piano può rappresentare una sorta di manifesto del liberismo urbano, di questo infatti mancano i connotati essenziali: “si tratta piuttosto di un confuso intreccio di indirizzi permissivi e scelte pubbliche discrezionali, che sembrano tendere a un solo obiettivo: non liberare energie di mercato, nel rispetto liberale di alcune fondamentali autonomie individuali, ma cercare di incrementare per quanto possibile, sulla carta, il monte diritti di edificazione”. Una critica, insomma, che denunzia un furbizia politica ammantata di grosse potenzialità, inesistenti, di edificazione. Aspetto questo che si riconnette alla “promessa” del piano di “raggi verdi”, che appare irrealizzabile, connessa com’è alle previsioni di crescita edilizia “chiaramente sovradimensionate”.
Il Piano, sottoposto alla critica di Palermo, mostra tutta la sua inconsistenza, gli errori di prospettiva, la pochezza metodologica e la strumentalità politica. Lo scritto di Palermo si conclude con una breve nota sulla “nuova questione urbana” sulla qual vorrei tornare in conclusione.
Nel loro saggio  Arcidiacono e Pogliani mettono in luce le difficoltà del precedente piano, definito nel Documento di Inquadramento (DI): “le difficoltà più evidenti sono emerse nello svolgimento delle procedure negoziali e valutative. Gli indirizzi e gli obiettivi del DI, per quanto apprezzabili nel senso, sono stati caratterizzati da un’eccessiva genericità e astrazione spaziale che ha limitato di molto la forza di riferimento nell’ambito della concertazione negoziale”. Un gentile de profundis di quella esperienza. I due autori riprendono da punti di vista diversi la critica del piano Moratti già sviluppata da Palermo. In particolare si applicano a demolire le false retoriche del piano. In particolare mettono in luce che la dimensione metropolitana è solo evocata senza nessuna ricaduta operativa; sui “raggi verdi” mettono in luce che la “riduzione del consumo di suolo” è affermazione con poco senso in quanto il suolo urbanizzato non è rinnovabile; circa il  piano dei servizi chiariscono la rinunzia ad ogni dimensione programmatoria con in più l’insostenibilità finanziaria del progetto pubblico, già messa in luce da Palermo; infine, mettono in luce l’inconsistenza regolatrice della città esistente. Il saggio si conclude con una raccomandazione, forse più un’esortazione, alla nuova giunta di iniziare un nuovo percorso urbanistico che abbia i suoi punti di forza nella dimensione metropolitana e nel welfare urbano.
Ancora sulla dimensione metropolitana “negata” si applica il saggio di Isabella Susi Botta. Paolo Galluzzi e Piergiorgio Vitillo conducono un’analisi di dettaglio mettendo in relazione la perequazione e le trasformazione urbane analizzate su specifici progetti e concludendo che la rinunzia ad un progetto esplicito per la città esistente è coerente con la  mancanza di un progetto  futuro per la città.
Federico Oliva, nel rivendicare la “bellezza di Milano”, rianalizza i limiti del piano e individua in due “reti”, quella della mobilità e in quella ecologica i fondamentali assi del nuovo pino a cui la nuova amministrazione dovrà mettere mano.
Matteo Bolocan Goldstein e Gabriele Pasqui, danno un’accentuazione più politica programmatica al loro saggio. Intanto forniscono una disamina molto utile e significativa delle politiche urbane in concreto delle precedenti giunte, ma poi assumono la discontinuità  politica e cultura rappresentata dalla vittoria di Pisapia. È da questa discontinuità che prendono le mosse per individuare gli elementi della nuova “agenda urbana”. Per individuare questi elementi i nostri autori partono dalle modificazioni che la città ha subito sul piano demografico, economico e ambientale (immigrazione, invecchiamento, trasformazione della famiglia, crisi di settori trainanti, carenza di relazione internazionale nonostante il ruolo che Milano ha nella rete delle relazioni economiche internazionali, ecc.). I temi sui quali suggeriscono di fissare l’attenzione sono: lo sviluppo qualitativo fondato sull’innovazione (il che comporta: la semplificazione amministrativa, la riconsiderazione delle politiche di settore, azioni a favore della ricerca e dell’università, “forma innovative di finanza di progetto”) (la formula “forme innovative” mi lascia sempre perplesso);  rendere la città più friendly (il che comporta la riqualificazione urbana sostenibile con rinnovo del patrimonio edilizio, la mobilità sostenibile, gli spazi aperti); lo sviluppo di un welfare municipale (prevenzione dell’esclusione sociale; politica della casa; assistenza; nuove generazioni); infine la dimensione metropolitana e l’integrazione internazionale.
Insomma si avanza l’esigenza di un disegno complessivo della “Milano al futuro”, che tenga conto, come già rilevato, della discontinuità politica e culturale costituita dalla nuova amministrazione.
Vorrei riprendere il tema rinviato di nuovi strumenti di intervento.
Pier Carlo Palermo prende le mosse sia da Secchi che ha messo in luce un “nuova questione urbana” che richiede visioni e strumenti rinnovati, che da Shane che mette in luce l’esistenza di “brani di paesaggi” abitanti da una società che fa “rete” in forma autonoma e che quindi avanza domande diverse, insomma le forme di autorganizzazione che mostrano sia la capacità di soddisfare in autonomia i loro bisogni sia il carico che tale autorganizzazione proietta sul governo del territorio e sulla spesa pubblica.
Palermo, mi pare, diffidi da queste posizioni e richiami come la questione urbana presenta ancora tradizionali problemi non risolti e che forse a questi bisognerà mettere mano (sintetizzo e schematizzo, ma non mi pare di forzare il senso del testo).  
Personalmente, in linea di massima, sono perplesso quando si rivendica la necessità di nuovi strumenti, il governo delle trasformazioni della città e del territorio ha bisogno, si anche forse di nuovi strumenti, ma soprattutto di intenzioni politiche chiare. Questo tuttavia non vuol dire che non bisogna guardare alle trasformazioni che si sono prodotte e alle quali mi pare alludano sia Secchi che Shane. Ma c’è qualcosa di più. Ni pare di cogliere una carenza nel testo complessivo e nei singoli saggi che, vorrei sottolineare, non attribuisco agli autori ma piuttosto al tempo che passa: un libro quando arriva sul tavolo del libraio già risente del tempo che è passato. Mi riferisco, anche se qualche accenno si ritrova in alcuni saggi, all’indifferenza manifesta rispetto alle profonde trasformazioni economiche che vanno sotto la dizione di “crisi”. Io non credo che siamo di fronte ad una crisi congiunturale, anche pesante, ma agli esiti di profondi cambiamenti sia della struttura economica capitalista che delle relazioni mondali e della distribuzione del potere internazionale. Né  mi pare che il risanamento (temporaneo) della finanza pubblica costituisca un’epifania della fine della crisi. Se questo fosse il quadro generale (prevalenza della finanza sull’economia reale, valorizzazione del capitale via speculazione finanziaria, dislocamento internazionale del potere economico, impoverimento delle masse e del ceto medio, ecc.) il nostro paese e le nostre città, si troverebbero  in una situazione non solo marginale ma molto esposte. All’interno di questa situazione, sempre che qualcuno non pensi che fra qualche anno tutto riprenda come prima,  
il problema di un’urbanistica per, nella e della crisi si porrebbe in modo drammatico e urgente. Detto questo non ho ricette, so solo che un’eventuale ulteriore deriva liberista anche in urbanistica sarebbe drammatica per la qualità della vita delle nostre città e per la stessa gestione democratica. Forse una riflessione collettiva in proposito potrebbe essere salutare per la disciplina e anche per il governo delle trasformazioni urbane.
Tornando al volume vorrei esprimere il mio apprezzamento, nonostante qualche sovra-abbondanza, e ripetizione (ineliminabibile nei volumi collettami). Mi sembra un utile strumento per riflettere non solo, o meglio non soltanto, sulla pianificazione milanese, ma su molti esperimenti, elaborazioni, pratiche (buone e cattive) e politiche che in questi anni sono stati dati per “avanzamenti” e che alla prova del budino si sono dimostrati immangiabili.
Il volume è chiuso da un inserto fotografico apprezzabile nella diversità di immagine che offre di Milano.

Francesco Indovina          

Diario 171


Diario 171
16 – 22 aprile 2012

  • Il groviglio Italia: appunti
  • Che vergogna
  • Facile esercizio di demistificazione (vorrebbe essere)
  • Auguri a Rita Levi Montalcini
  • Citazioni. nel bene e nel male


Il groviglio Italia: appunti
Non si vede nessuno che sia capace di sciogliere questo groviglio, sempre più ingarbugliato, che ormai è la situazione italiana. Almeno tre fili, ciascuno una treccia, stanno sempre più avvolgendo il paese in una spirale senza speranza. È l’incomprensione di quello che sta avvenendo che preoccupa: tutti scherzano, ciascuno ha una formula astratta di soluzione, ma nessuno fa realmente qualcosa. Altro che “salvare il paese”, il paese affonda e ci dicono “abbiate pazienza”.
Tre i fili di questo groviglio, ciascuno dei quali si definisce con il termine crisi.

A) La crisi economica, prima di tutto da recessione a depressione che tradotto significa maggiore   disoccupazione e aggravio per le famiglie. Com’è che non sanno, tutti questi tecnici che l’austerità non può essere l’epifania della crescita, ma al contrario lo è della depressione. Ma attenzione, data la rigida impostazione liberista di questo governo, la depressione aggraverà in nostro debito (minori entrate e maggiore speculazione finanziaria) quindi alle porte una nuova prossima manovra. Né l’idea delle nuove tasse (ieri l’accisa sulla benzina e domani la tassa di scopo dei comuni, non fa altro che gravare sempre sugli stessi portafogli quindi anche se ne venissero degli “investimenti pubblici” si deprimerebbero i consumi. Recessione e aumento della sperequazione nella distribuzione della ricchezza camminano mano con mano come due felici sposini.
Il Documento di economia e finanza del governo (bozza), abbassa il Pil per quest’anno e l’aumenta per l’anno prossimo. Chi sa perché. Ma è soprattutto al risanamento finanziario che punta, grazie anche “all’abbassamento dei rendimenti dei titoli di stato” (ma negli ultimi giorni lo spread è cresciuto e cresce). Questo è l’unico obiettivo del governo, da qui parte la felicità del paese, la crescita, lo sviluppo, l’occupazione, ecc. Ma!
È inutile che prima si dava la colpa alla Grecia e ora alla Spagna, e domani la Francia darà la colpa all’Italia. Gli speculatori non sono degli “onesti operatori” che colgono le occasioni, ma sono delle belve assetate di euro che si creano le occasioni (vedere come a livello mondiale i patrimoni dei maggiori paperoni sono quest’anno cresciuti). Non solo ma se gli stati, qualsiasi cosa facciano, sono garanti degli investimenti degli speculatori, niente li ferma. Perché un signore che sbaglia un investimento industriale perde tutto, e uno speculatore non perde mai? Se non si tagliano loro le unghia e forse anche le mani, non vedremo la luce; certo si tratta di un mutamento di sistema, ma di questo si tratta, quando lo capiremo? Sarebbe bello che tutti gli “stati sovrani” si mettessero d’accordo su questa pulizia, ma non è così; ma si può fare questa “rivoluzione in un solo paese”? si, si può, sarà costosa, ma molto meno di quello che ci costerà continuando su questa strada (Grecia docet).

B) La crisi politica, la disaffezione, uso un eufemismo, verso la politica e verso i partiti è una crisi di prospettiva, una crisi di onestà, una crisi di riconoscibilità. La più evidente è la crisi di onestà: rubano, si fanno regalare case, comprano brillanti, viaggi di lusso, ecc. l’elenco è lunghissimo. Irrita tutto quello che viene a galla, compreso l’aggirare il risultato del referendum sul finanziamento pubblico: il rimborso delle spese elettorali moltiplicati per quattro volte è un finanziamento pubblico. Si può essere d’accordo su quanti sostengono che senza il finanziamento pubblico la politica finisce in mano a tanti Berlusconi, ma tutto deve essere trasparente, l’imbroglio non vale.Ma ora si tratta di tagliare.
Tutti i partiti e tutti gli uomini politici uguali? No di certo, ma il senso della gente  accomuna tutto e tutti ai peggiori. Questa identificazione è figlia dell’irriconoscibilità dei singoli partiti: tutti hanno lo stesso tenore di vita, la stessa incapacità di vita democratica, la stessa carenza di tensione e soprattutto non sono chiare  le differenti prospettive. Questa è la vera tragedia. Ripeto non sono tuitti uguali, ma quando è apparso evidente (per ragioni intuibili) che per un’alternativa di sistema le speranze erano poche (alcuni dicono nulle) tutti i partiti si sono acconciati all’interno del sistema, hanno perso qualsiasi tensione di trasformazione (da qui la corruzione  egli stili di vita disdicevoli: tutti topi nel formaggio). Tutti si dicono “riformisti”, vaga parola, per vaghi concetti, il riformismo nella versione che va per la maggiore non è una qualche riforma del sistema, ma piuttosto degli interventi per farlo funzionare meglio secondo i suoi propri valori. Le riforme devono essere “impopolari”; tutti siamo nella stessa barca; i sacrifici sono necessari (qualcuno strilla, non esageriamo, bofonchia di equità); abbiamo vissuto al di sopra delle possibilità; ecc.  
L’incapacità di definire una prospettiva è aggravata dalla congiuntura (?) del “governo tecnico”, non a caso sono iniziate le manovre per una sua riproposizione dopo il 2013; e del resto perché no? Bersani che sembra il più contrario ha chiarito che prospettiva propone per il paese? Un po’ di giustizia fiscale, attraverso la patrimoniale leggera? L’illusione è che prima o poi, diciamo con Monti nel 2014, tutto lentamente riprenderà come prima. Grave illusione, non si è capito che veramente niente sarà come prima e che bisogna attrezzarsi per costruire un nuovo contesto sociale, un nuovo sistema economico, un nuovo rapporto con l’ambiente, un nuovo giustizia sociale. L’interesse generale non si identifica con l’interesse dei meno ma con quello dei più, ma adesso facciamo il contrario.
Adesso la gara al “nuovo”: Casini con  il “partito nazionale” (nome che fa venire i brividi); Alfano con il partito autofinanziato (dopo avere sostenuto, insieme agli altri partiti, il mantenimento dei rimborsi); il nuovo di Grillo (l’uomo qualunque di questo nuovo secolo), ecc. 

C) La crisi istituzionale, formalmente niente pare sia cambiato, ma è evidente che i ruoli delle nostre istituzioni si sono modificate. Il Presidente della repubblica, governa attraverso il prof. Monti, che non prende una decisione che non sia concordata con la presidenza della repubblica. Un’operazione questa, che contrariamente a quello che si dice, aumenta la crisi politica e dei partiti: se non contano non hanno responsabilità e non hanno forza (neanche di cambiare).
Il Parlamento è sempre più uno strumento in mano all’esecutivo (e al presidente della Repubblica), non ha altro spazio che “approvare”, neanche discutere può, non parliamo di dissentire. Appena mormora qualcosa arriva la “dolce” persuasione del presidente della repubblica e l’arma ricattatoria del presidente del governo.     

Che vergogna
Berlusconi, che è anche apparso un po’ frastornato, ha dichiarato che alle sue cene “si svolgevano delle gare di “burlesque”. Una buccia di banana: allora queste cene non erano eleganti riunioni  nelle quali si discuteva di filosofia, arte, scienza e politica, ma una preparazione a gare di “burlesque”, dove ragazze esibizioniste, come tutte le donne, secondo Berlusconi, si esibivano davanti ad un guardone. Seconda buccia di banana: le ragazze si travestivano con indumenti regalati da Gheddafi: che strano che l’amico libico invece di regalare caffettani e altri indumenti del deserto, abbia regalato divise da crocerossina, da calciatore, da poliziotto, ecc.   
Alla domanda se svolgesse la funzione di giudice in queste gare, la sua risposta è una terza buccia di banane: ma quale giudici io guardavo, appunto, e mi divertivo, e tornerò a farlo.
Una messa in scena vergognosa, un uomo senza dignità. Un piccolo borghese, maschilista, accecato dal potere dei soldi e da quello della politica, vittima di una sindrome di impunità, che appare solo ridicolo.
Ma si chiuda in un bordello a divertirsi per il resto della sua vita e ci liberi della sua persona.

Facile esercizio di demistificazione (vorrebbe essere)
Luca Mastrantonio, continua, su un altro campo, il suo esercizio iniziato con il volume Irrazionalpopolare; il quel caso la sua penna, che pensa affilata, si esercitava sulla cultura di massa, mentre nell’articolo apparso domenica su La Lettura, del Corriere della Sera, se la prende con quello che chiamo il “radicalismo liquido”, mettendo insieme cose che non hanno niente in comune. Ma il punto non è questo, l’intenzione pare manifesta. Niente serve, nessun sovversismo ha possibilità di modificare la realtà, questa realtà, se non si volesse essere velleitari, bisogna assecondare. Qualsiasi forma di opposizione è definita, infatti, antipolitica. Mastrantonio non capisce che si possa essere contro lo Stato, il mercato, le banche, la borsa, Monti, le tasse, la Tav, la riforma dell’articolo 18… è facile irridere, anche perché non si fanno i conti con la realtà ma con la mitologia governativa della realtà.
La Lettura è proprio una rivista “aperta”, infatti nella pagina seguente si può leggere un trafiletto di apprezzamento per Rudolf Hilferding e il suo Capitale finanziario, riedito da Mimisis, ne consiglerei la lettura a Mastrantonio.

Auguri a Rita Levi Montalcini per i suoi 103 anni che compie oggi  
Riporto una sua frase segnalata dalla mia amica Flavia.
"Ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente."

Citazioni. nel bene e nel male
Mario Monti, La Repubblica, 17 aprile 2012
“Voglio rassicurare Romiti. State tranquilli non c’è nessuna preoccupazione. Il governo e i partiti che lo sostengono, con grande senso di responsabilità, sono decisi a portare a termine questa occasione difficile, ma straordinaria, di avvicinare l’Italia ad alcuni canoni correnti sul piano internazionale, non sempre fatti propri dalla nostra tradizione.”  (sono contento che Romiti sia stata assicurato, ma i giovani, i disoccupati, i pensionati, quando li rassicura che questa occasione straordinaria non dovranno continuare a pagarla loro?)

Roberto Formigoni, Corriere della Sera 17 aprile 2012
“Nessuna regalia. Mai ricevuto un euro da nessuno”. (considerazione, piaceri, ospitalità, accoglienza, … sicuro. Favori agli amici, è una certezza. Per il resto si vedrà)

Mario Monti, La Repubblica, 19 aprile 2012
“Lo spread non dipende solo dai dati della nostra economia. I mercati guardano anche a cosa accadrà dopo” (dopo tante dichiarazioni di non voler “scendere in campo”, di non volersi candidare per una parte, il prof. si dice disponibile, quale garante del mercato, a continuare a governare. Questo giochetto non piace)

Ignazio Visco, (Governatore Banca d’Italia), , La Repubblica, 19 aprile 2012
“Confermo che ci sarà un ripresa. Ma non ho mai detto che sarà una forte ripresa. Credo che sarà un ripresa tanto più forte quanto più si avranno risultati certi su fronti che condizionano la crescita e le previsioni di crescita. Dipende molto da come andranno i mercati internazionali, l’economia globale….innanzi tutto l’Italia non è soltato in recessione, ma è un paese che ha un livello di reddito di 5 punti più basso del 2007 e un 20% in meno di produzione industriale. Quindi è un paese in crisi grave, ma che deve guardare avanti” (ci sarà un ripresina, ma siamo in crisi grave, ma dobbiamo guardare vanti. Quanti buoni proponimenti, e che livello di consolazione per chi non ha un posto di lavoro. Di fatto non si fa niente; mancano le risorse, che impieghiamo per pagare la speculazione finanziaria. Il nostro preferisce alle spy story della finanza i Buddenbrook, buona lettura.)

Mario Monti, Corriere della Sera 19 aprile, 2012
“è solo l’inizio di un’operazione che durerà anni, il che non significa che saremo molti anni senza crescita e alleggerimento della situazione. … occorre sgombrare il campo da qualche scetticismo sullo strumento stesso delle riforme. Comportano costi aggiuntivi mentre i benefici si producono solo nel medio-lungo termine. Hanno bisogno di pazienza, ma poi pagano” (quanta spicciola saggezza, quanta sicurezza sulla cura, ma intanto lo scetticismo cresce perché il paesaggio è sempre più di rovine)

Susanna Camusso, Corriere della Sera 19 aprile, 2012
A proposito della partecipazione del ministro Fornero all’Assemblea dei lavoratori dell’Alenia di Torino, per spiegare la riforma. “ritengo che ognuno abbia i suoi ruoli  che bisogna mantenere e rispettare. Io ci vedo della supponenza in questo gesto, una sorta di «vengo io che così gliela spiego io la riforma perché voi (sindacalisti) non sapete fare il vostro mestiere». Mi pare la sua una logica di sfida”  (andrà dopo le uova di sabato?)

Auguri a Rita Levi Montalcini per i suoi 103 anni che compie oggi 22 aprile.
Riporto una sua frase segnalata dalla mia amica Flavia.
"Ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente."
 

Diario 170


Diario 170
8 – 15 aprile 2012


  • Santanchè, ma ne abbiamo proprio bisogno?
  • Finanziamento pubblico della politica
  • Qualcuno non sapeva?
  • Chi si rivede: lo spread
  • Vanità
  • Sempre sul pasticcio Palermo
  • Citazioni: nel bene e nel male

Santanchè, ma ne abbiamo proprio bisogno?
Ci preoccupiamo della crisi, della disoccupazione, dei giovani, della borsa, dello spread, delle pensioni, dei prezzi, insomma abbiamo molti motivi per preoccuparci, in questa congiuntura può naturalmente venire voglia di alzare le spalle e considerare irrilevante quello che la signora Santanchè dice a proposito di un presunto parallelo tra la Minetti e Nilde Iotti. Errore. La signora Santanchè, infatti, esprime un sentire comune, che speriamo non sia maggioritario nel paese. Un sentire volgare, stupido, disinformato, aggressivo, velleitario, esibizionista e da basso fondo. Quello di cui il paese non avrebbe bisogno, ma che resta una costante nella nostra storia. Quelle della Santanchè sono braccia sottratte alla lavanderia, ma forse inadatte anche a quel mestiere perché destinate a ben altro. 

Finanziamento pubblico della politica
Continuiamo con le ipocrisie. Eppure se volessero sarebbe tutto molto facile. Intanto una drastica riduzione del “rimborso”. Risorse che, comunque,  potrebbero essere usate solo per la propaganda politica e al massimo (per un 30%)  per sedi, solo in affitto, e personale (con contratti regolari). Ogni elargizione privata dovrebbe essere segnata, riconoscibile e resa pubblica e nessun potrà elargire somme superiori a 1.000 € (ad eccezione degli eletti che potrebbero devolvere parte della loro remunerazione al partito di appartenenza tramite delega ufficiale all’ente pagatore). I bilanci sottoposti annualmente alla verifica contabile e di congruità da parte della Corte dei Conti. 
Ma nonostante quello che avviene nel paese a tutte le latitudine i “partiti” sembrano insensibili. Dio fa impazzire chi vuole perdere.

Qualcuno non sapeva?
Sembra poco credibile che all’interno della Lega il gruppo dirigente non sapesse e non fosse, in qualche modo, partecipe della “cattiva” gestione dei fondi pubblici. Chi è stato Ministro degli interni non può essere sorpreso e non pare credibile con la scopa in mano.
Il vecchio e malato Bossi apparentemente fa un figurone, non salva il figlio; viene il sospetto, tuttavia,  che come Crono mangia i propri figli per cercare di mantenere il potere.

Chi si rivede: lo spread
Quanti, compreso il prof. Monti, speravano di avere risolto i problemi della speculazione finanziaria hanno dovuto ricredersi. Contro di essa non solo non si è fatto niente, ma in una certo senso è stata messa in sicurezza (pagata e garantita).
In compenso la crisi si fa ogni giorno più pesante e nonostante tutte le dichiarazioni contrarie all’orizzonte si intravede una nuova manovra, che sarà inutile, ma che sicuramente alimentera la depressione economica.
Non è necessario essere rettore della Bocconi, né essere emerito professore di economia, né riconosciuto tecnico di grande valore, tanto da avere affidata la missione di “salvare l’Italia”, per applicare la semplice regola che il governo privilegia: se c’è bisogno di risorse si aumentino le imposte. Quella nuova imposta sulla benzina per finanziare la Protezione civile, sembra proprio uno scherzo 

Vanità
Il Presidente del consiglio ha resistito molto poco, ora ha ceduto alla vanità. Dopo la vita della sua famiglia in due puntate su Chi, dopo l’intervista della moglie al direttore sempre di Chi, ora la ricerca di qualcuno che curi la sua “immagine”, cade, pare, sul cantante Jovanotti. Ma l’immagine di un tecnico, per lo più chiamato a salvare il paese, come ama ripetere, non è correlata alle sue “opere”?, che bisogno c’è di avere un consulente per l’immagine?
Questa caduta nel regno della “vanità”, potrebbe avere un’altra spiegazione: Monti si è convinto del suo fallimento e cerca riparo nella costruzione di un’immagine fasulla. 
 
Sempre sul pasticcio Palermo
Ricevo dai miei amici Emilio e Claudio queste note su Palermo che trasmetto  a tutti (quella di Emilio un po’ tagliata per ragioni di spazio). Segue un mio commento. 
Mentre il centrodestra ha già i suoi candidati, tre, e le sue strategie, il dopo primarie per il centrosinistra sembra senza via d’uscita. Eppure il quadro non dovrebbe essere difficile da decifrare. La consultazione del 4 marzo, ha indicato, al di là di quel che si può dire sul condizionamento e l’ inquinamento di quel voto, una divisione dell’elettorato in tre parti pressocchè uguali. Dal punto di vista formale, Fabrizio Ferrandelli, ha superato tutte le prove e si è aggiudicato la consultazione. Dal punto di vista politico, è ormai chiaro che questo risultato, non è stato accettato da quasi tutte le forze politiche che le primarie hanno promosso, né da una parte, non  facilmente stimabile, degli elettori delle primarie. In molti, anche tra coloro che hanno sostenuto candidati diversi da Ferrandelli, non riescono  a spiegarsi  perché non venga accettato quel voto da parte di chi è stato sconfitto. E gli argomenti utilizzati da chi vuole difendere l’esito delle primarie appaiono convincenti.  Non credo che discutere ancora sull’inquinamento del voto presso i seggi  porti molto lontano. … Il punto in discussione continua ad essere sempre lo stesso. Una parte largamente maggioritaria del gruppo dirigente del Pd, in Sicilia, ma non solo, ritiene utile, possibile e giusto puntare ad alleanze tattiche e strategiche con il terzo polo e l’ Mpa. Peraltro l’inedita maggioranza del governo Monti va, seppure in ragione dell’emergenza, perfino oltre quell’alleanza. Questa linea, come dicevo, largamente maggioritaria nel gruppo dirigente del Pd, seppure con accenti e diversificazioni comunque irrilevanti dal punto di vista sostanziale, si traduce nella condivisione da parte di quel partito, di contenuti, scelte concrete e stili di governo del tutto sovrapponibili a quelli che il centrodestra ha praticato e il centrosinistra contrastato. Basti pensare alle imbarazzanti frequentazioni del capo del governo regionale o ai criteri di scelta adottati per tutte le nomine. Le altre forze politiche del centrosinistra ritengono, al contrario, non utile, non possibile, non giusta quella linea. E in ogni caso, non qui, non ora. …. A questo punto le elezioni amministrative possono essere un’ utile occasione di verifica. Le primarie sono ormai alle spalle. Il centrosinistra può scegliere una strada difficile, ma politicamente chiara, mettendo in campo le due opzioni politiche. E’ del tutto verosimile infatti, almeno ad oggi, che a Palermo, si andrà al ballottaggio. Fabrizio Ferrandelli, anche al di là delle sue intenzioni e dei convincimenti sinceri dei singoli elettori che lo hanno sostenuto, può rappresentare quella linea di apertura a terzo polo ed Mpa, che i suoi sponsor … gli chiedono di garantire. Un altro candidato, potrebbe, dovrebbe rappresentare, invece, l’altro punto di vista del centrosinistra, quello che non contempla alleanze e maggioranze del tipo di quelle che tengono in vita il governo Lombardo. E’ presumibile che il candidato tra i due che prevarrà al primo turno, sarà quello che alla fine si confronterà al ballottaggio con il candidato del centrodestra. Non credo ci siano  altre strade politicamente praticabili dopo il pasticcio delle primarie. … Perseguire l’unità è sempre giusto, finché è possibile. Unità nella diversità, come una volta si diceva, va bene. Ma unità nell’ambiguità. No, grazie.     
Emilio Arcuri
Queste riflessioni di Emilio sono state scritte prima che Orlando si candidasse. Adesso che, piaccia o no, si è candidato, è lui che rappresenta (con tutti i suoi limiti) la seconda opzione. La scelta di Sel (che localmente si è spaccata) di appoggiare Ferrandelli – presa per eccesso di tatticismo e/o sotto il ricatto del Pd di far saltare tutti i tavoli delle primarie – complica le cose ma non convince. La situazione è difficile e non sono ottimista, ma in questo quadro l’unica scelta possibile mi sembra quella di appoggiare Orlando, sperando che arrivi lui al ballottaggio.
Claudio Riolo         
Le argomentazioni di Emilio e Claudio mi sembrano motivate e in astratto condivisibili, ma non convincenti. Mi pare di capire che ambedue si sono “chiamati fuori” dalle primarie e da questo punto di vista “argomentano”. La politica siciliana è stata sempre molto complicata, quindi non escludo di non capire. Parto da una considerazione: dopo la disastrosa gestione del centro-destra esisteva la concreta possibilità che il centro sinistra fosse riconosciuto come un’alternativa positiva e desiderata. Insomma la vittoria dello schieramento di centro-sinistra era dato per scontato.
Qui si innescano le primarie. I molti, forse troppi, candidati erano tutti politicamente riconoscibili , le due anime di cui parla Emilio, se corretta la sua interpretazione, preesistevano alle primarie. Chi si siede al tavolo del gioco delle primarie sa (o dovrebbe sapere) chi sono i giocatori e, l’esperienza insegna, nessuno può presumere di essere il vincitore, si tratta infatti di un gioco con altissima incertezza. Partendo da queste considerazioni mi pare che se un giocatore, anche con nobili motivazioni politiche, rovescia il tavolo, mostra il pregiudizio con il quale si era seduto a giocare.
Ora le cose, secondo Emilio e Claudio sono chiare e non ambigue. Sarà vero? Intento grazie alla folla di candidati sindaci (11 mi pare) è scongiurato che il centro destra vinca al primo turno, ed è molto probabile che uno dei due candidati del centro-sinistra vada al ballottaggio. A questo punto cosa succede? Intanto dopo la rottura e il significato politico che essa ha sarà già un problema se la parte del centro sinistra soccombente voti a favore della parte vincente. Ma, ammettiamo che questo aspetto sia superato: non si ripresenta l’ambiguità che si è pensato di eliminare con la rottura?     

Citazioni: nel bene e nel male

Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 8 aprile 2012
“è stupefacente pertanto che dalla crisi del capitalismo finanziario non si sia tratto finora alcun insegnamento per proporre una seria disciplina dei mercati finanziari come era avvenuto con Roosvelt dopo la crisi del ’29. Anzi, gli adepti alla religione della deregolamentazione e del mercato libero sono pronti ancora a sostenere che non è stata la deriva finanziaria che ha creato una bolla speculativa, che ivi rimane, superiore a circa dieci volte il Pil mondiale, cioè il lavoro dell’umanità, bensi il desiderio spasmodico degli americani di possedere una casache avrebbe originato i subprime mortgages, nonché l’ambizione di organizzare le Olimpi de che avrebbe rovinato la Grecia…. Finirebbe così l’incredibile paradosso attraverso il quale gli Stati e le Banche centrali, coi denari dei contribuenti, salvano le grandi istituzioni finanziarie, alimentandone la speculazione”.

A proposito di Rosy Mauro, La Repubblica, 12 aprile 2012
“Trovo vergognoso il modo con cui i capetti della Lega assetati di sangue, si sono accaniti come un branco di selvaggi nei confronti della Mauro, che pur ben conoscono e che oggi le si scagliano contro solo per ripulirsi la coscienza” Paola Concia
“ La Mauro è stata bruciata sul rogo come le fattucchiere di Salem per purificare la comunità padana” Flavia Perini
“Opportunità politica a parte, far dimettere Rosi Mauro evoca con intollerabili accenti maschilisti la necessità di una capra espiatoria” Margherita Boniver
Al Senato siedono inquisiti,condannati, sospettati, tra questi non sfigura certo Rosy Mauro. Una strega? No, certo (a Salem ci sono stati anche uomini impiccati per stregoneria), ma sicuramente non una santa e certamente non una martire.  Certo che i capetti leghisti sono quello che sono, ma di questi lei è parte (non è “fuori”), certo che il loro fare pulizia e un modo per nascondere le loro colpe, ma politicamente non mi pare che la Mauro sia al di fuori di questo stile politico compreso un atteggiamento forcaiolo. Non so se ha approfittato dei soldi pubblici dati alla Lega come rimborso, non so se sono serviti a lei  al suo inconsistente sindacato;  la sua ansia per avere una laurea fasulla dice qualcosa di politico; i suoi amori non interessano, ma una difesa, quasi d’ufficio, perché donna è comprensibile ma forse eccessiva.    






Diario 169


Diario 169
2-8 aprile 2012
·        Mercato del lavoro (Ichino)
·        Fine della lega
·        Palermo … pasticcio
·        La fede … in piazza
·        Citazioni: nel bene e nel male

Mercato del lavoro (Ichino)
Secondo il presidente del consiglio il disegno di legge sul mercato del lavoro è una “riforma storica” (la retorica non è mai finita). Intanto Monti non mi pare possa essere sicuro che la riforma esca dalle Camere così come entrata (anche a dispetto dell’impegno dei tre segretari ABC), inoltre  di storico in questa riforma c’è solo il peggioramento degli ammortizzatori sociali (per pagare i quali saranno attivate nuovi prelievi fiscali). L’aspetto storico, se si vuole, è il mantenimento, sostanziale, dell’art. 18. Molto poco è previsto per la riduzione del precariato, i numerosi contratti di precarizzazione restano vigenti, ecc.
Quello che impressione è la duttilità “politica” di Monti. Si potrebbe sostenere che il presidente del consiglio abbia adotta la filosofia  del “tiriamo a campare” a parole odiata). Sulla cancellazione del “reintegro” Monti-Fornero erano disposti a giocarsi la loro credibilità, il futuro del paese con gli investitori stranieri che premevano alle frontiere aspettando solo la cancellazione di tale reintegro e, soprattutto, le poltrone. Ma poi, sicuramente per il bene del paese, ci hanno ripensato.
Non ci si può fidare nemmeno dei tecnici.   
La meraviglia delle meraviglie è costituita dai due articoli che il senatore Ichino (tecnico oltre che senatore) ha pubblicato sul Corriere della Sera con la sua ricetta per risolvere il problema del “lavoro”: il lavoro c’è, sentenzia, quello che manca è l’attività istituzionale per fare incontrare domanda e offerta e per la qualificazione dell’offerta. Il senatore ha mai letto le statistiche della disoccupazione in Italia? Il senatore Ichino ha letto le statistiche della Cassa integrazione? Il senatore Ichino ha letto le statistiche delle  imprese che chiudono? Certo le azioni proposte non sono inutili, ma nel migliore dei casi possono risolvere il problema di qualche migliaio di persone, e il resto?
L’impressione che si fa sempre più strada e che a tutti questi, sicuramente armati di buoni propositi, che si occupano del lavoro non interessano proprio i lavoratori e gli aspiranti tali.

Fine della lega
Quando capitava di ascoltare,  in vaporetto, in autobus o per strada, militanti della Lega veniva spontanea la riflessione che, nonostante alcuni personaggi al di la del male, come il sindaco di Treviso, la Lega era l’unico partito nel quale la dirigenza era meglio della base. Ma quello che è avvenuto nei giorni scorsi mette in evidenza che era un’impressione sbagliata.
Non mi riferisco soltanto alla corruzione e all’uso improprio di fondi “partici”, quando alla cultura che emerge da tutto questo cataclisma.  Una sottocultura non solo volgare ma impastata con quanto di peggio si possa immaginare; sottomissioni, subornazione, negromanzia, cerchi magici, familismo, bisogno di legittimazione con “pezzi di carta” comprati a caro prezzo, ecc. La corruzione sembra la parte “nobile” di tutta questa storia. Del resto a partire dal Dio Po, dal rito dell’acqua, ecc. non ci si poteva aspettare, uno potrebbe pensare,  niente di diverso. Di diverso c’è che quei riti ,  le mascherate celtiche, ecc. non era folclore per un popolo sempliciotto, ma, tragicamente, una vera “fede”, con i relativi cascami culturali, alla quale aderiva anche gran parte del gruppo dirigente. In questo, in un certo senso, sta la tragica onesta della Lega, con alcuni profittatori.
La “politica”, si può pensare, non ha che da guadagnare dalla caduta della Lega, non credo che sia cosi, il modo della caduta, non politica ma giudiziaria, costituisce un ulteriore alimento delle opinioni anti-partito e del discredito della classe dirigente.

Palermo … pasticcio
Il clima che si respira a Palermo (10 e forse 12 candidati sindaci) non pare favorevole alla sinistra. L’egotismo è un male oscuro che offusca intelligenze e senso politico, ed esalta le … prerogative personali. C’erano pochi dubbi circa la possibilità che la sinistra potesse conquistare il governo della città,  dopo una gestione disastrosa del centro destra, ora è difficilissimo che ciò possa avvenire. Il rigetto di una parte dei risultati delle primarie è fuori da ogni regola e da ogni considerazione politica (quasi un riflesso maschilista dell’amore: tu sei mia e non puoi essere di nessuno, muori). Non è una novità il masochismo politico della sinistra viene da lontano e ci porterà dove non vorremmo andare.
Ma il fiorire delle liste (più o meno civiche, “Palermo ti amo”) è insieme velleitario e pericoloso, esalta l’indifferenziato riferimento alla città, gli interessi contrapposti spariscono, il progetto, quando esiste,  è generico, non incisivo e indeterminato, ma basato sul cambiamento delle “persone” (gli onesti, i puri, ecc.), come se bastasse, non un risveglio della comunità ma l’affermazione velleitaria dell’antipolitica.

La fede … in piazza
No, non è bello, che gli uomini politici e soprattutto di governo mettano in piazza le loro “devozioni”; mi è noto che la “fede” è un’arma politica, ma immaginavo che la devozione fosse più privata, più riservata, una cosa personale, un rapporto diretto con il santo intermediario, e come tale da tenere al riparo dai fari della mondanità.
Non è così. San Francesco, il poverello di Assisi, è caro a Monti, Riccardi, Profumo, Clini e Catania; Sant’Agostino è caro a Passera; Santa Barbera è prediletta da Di Paola; San Luca da Terzi; Ornaghi prega San Lorenzo; mentre Balduzzi si porta avanti con Giuseppe Lazzati, futuro beato; Severino e Cancellieri la Madonna i due versioni di Pompei e di Vergine; Giarda Santa Caterina.
Ci sono delle assonanze: il pauperizzatore Monti il poverello d’Assisi, come pure Clini, ambiente in ricordo forse di “sorella acqua …”, e Catania, agricoltura. Un po’ preoccupante mi pare la devozione del ministro della difesa per Santa Barbara.
Se fosse permesso a un non credente una preghiera,  mi rivolgerei a questi santi, beati e madonne perché  veglino sui loro protetti durante le riunione del Consiglio dei ministri onde evitare loro, pur nel rispetto del libero arbitrio, di fare sciocchezze e per avere cura della “povera gente”.   

Il Sindaco … peripatetico
Dopo avere fatto il Sindaco a Salemi (Trapani), consiglio comunale sciolto per infiltrazione mafiosa, Vittorio Scarbi si candida adesso a sindaco di Cefalù. Si potrebbe dire un uomo impegnato per il bene collettivo, o un presuntuoso senza limiti che finisce per  lasciarsi utilizzare  da gruppi non sempre lindi. Come dire, nonostante la sua indubbia intelligenza, un “utile idiota”.

Citazioni: nel bene e nel male
Chiara Saraceno,  La Repubblica, 3 aprile 2012
“Allargando lo sguardo agli altri punti, aumenta tuttavia il numero degli aspetti problematici. … Ma ce n’è uno che è passato stranamente sotto silenzio. Riguarda il punto 7 della bozza del governo, dal titolo Interventi per una maggiore inclusione delle donne nella vita economica” (lo “stranamente” è sicuramente ironico, non può disconoscere tutti vogliono le donne a casa)

Emma Marcegaglia, La Repubblica, 6 aprile 2012
“Con le modifiche apportate nella manovra all’art 18 le imprese assumeranno di meno e l’occupazione diminuirà”  (gli storici del futuro si domanderanno quale annebbiamento dell’intelligenza abbia preso tutti a proposito dell’art. 18, e quali fossero gli interessi reali in gioco)

 Susanna Camusso, La Repubblica, 6 aprile 2012
“Trovo particolarmente grave che sia stata detto che i giovani sarebbero stati al centro della riforma e invece sono stati solo usati, come sulle pensioni. La legge non crea posti di lavoro” (devo dire che se una legge potesse creare posti di lavoro, sarebbe tutto risolto). 

Rosi Mauro, La Repubblica, 8 aprile 2012
“Voglio godermi la Pasqua in pace” (con mago Merlino?)

Mario Monti, La Repubblica, 8 aprile 2012
“Lo scopo principale della riforma del lavoro è porre rimedio alla disoccupazione giovanile, una volta che tutti avranno dismesso le lenti del corporativismo lo riconosceranno e parteciperanno allo sforzo collettivo” (a quando il professore dismette le lenti liberiste e di narcisio?)