mercoledì 6 dicembre 2017

Emergenza fascismo

Diario
6/12/2017

Non credo che la povertà, la diseguaglianza, la disoccupazione, l’assenza di prospettiva, ecc. portino al fascismo, così come non incamminino le masse verso il comunismo; si tratta di una condizione “favorevole” dove possono attecchire forme diverse della politica, ma perché questo avvenga, è necessario un alimento ideologico.
Tale alimento assume come ricostituente la mancanza di memoria e l’ignoranza. Un paese senza memoria non assume contro corpi dal passato. Abbiamo ancora davanti agli occhi il calciatore che per festeggiare il gol fatto alla squadra avversaria, il  Marzabotto, giocando a Marzabotto, non trova di meglio che avvicinarsi alla sua curva sfoderando un saluto fascista e mostrando il simbolo della Repubblica sociale, stampata nella maglia che teneva sotto quella della sua squadra. La giustificazione? “Non sapevo niente della strage di Marzabotto fatta dai fascisti e dai tedeschi”. L’ignoranza come giustificazione. E che dire del carabiniere che esponeva sul suo letto la bandiera del Reich. Egli studia storia all’università, e ritiene di aver fatto una leggerezza (e tale deve essere stata giudicata dai commilitoni e dai superiori che non hanno mosso ciglio).
La cosa più preoccupante è da una parte una certa indifferenza generalizzata di fronte ai molti fenomeni di manifestazione, spesso anche violenti e intimidatori, di gruppi che si dichiarano di fede fascista o addirittura nazista (si tende a minimizzare il fenomeno).
Alcuni  partiti politici, non sia mai detto, criticano tali manifestazioni,  ma contemporaneamente strizzano  loro  l’occhio pensando di poter lucrare elettoralmente sul fenomeno. Del resto non possono che criticare blandamente perché essi stessi trasmettono parole d’ordine di stampo fascista: razzismo, insopportabilità per le differenze (drogati, omosessuali, ecc.), esaltazione dell’individualismo, la violenza come soluzione, egoismo sociale, ecc. Si tratta della  Lega di Salvini (che pare diversa da quella di Bossi), di Fratelli d’Italia della Meloni, il gruppo di Storace, ecc. Mentre altri navigano nell’equivoco, come Forza Italia, che con i fascisti ha una lunga frequentazione e che con i partiti di Salvini e della Meloni è alleato. Ancora equivoca è la posizione di 5*, che dipende da chi parla, dalla lingua che usa, e dal periodo.  Anche su questo terreno è ondivago.
Dichiaratamente contrari sono i partiti e movimenti di sinistra anche se nel clima del paese qualche proprio membro possa esprimersi scorrettamente.
Il tutto finisce per avvelenare  il clima sociale del paese, ed è in questa atmosfera maleodorante che si picchiano gli immigrati, che si bruciano i senza casa, che si invadono le riunioni delle associazioni impegnate nell’accoglienza (come a Como) per leggere proclami più o meno farneticanti. Razzismo e violenza sono le cifre di questo clima: il diverso per colore della pelle, per scelte sessuali, per scelte politiche non può che essere l’oggetto di vessazioni. È questo il clima che accentua il maschilismo violento, anche se questo ha anche altre radici.
Un clima che tende a trasformarci tutti in “miserabili”, e che influenza tutti, come dimostrano, i casi di amministratori del PD che hanno espresso valutazioni razziste (riportati con nomi e cognomi dalla stampa). Questa non vuole essere una polemica verso il PD, ma solo la dimostrazione del gravità del veleno che circola nella società.
La sottovalutazione del fenomeno pare pericolosa e il clima sociale ha pochi altri nutrimenti (una manifestazione ogni tanto non serve). Ma poi cosa è il fascismo? si domandano i giovani; cosa è stato? questione già risolta, rispondono i “grandi”,  mentre la penna e la voce di alcuni commentatori sono al servizio della minimizzazione. Del resto, ripeto,  in un paese senza memoria nessuno ha paura del passato, questo non esiste.
Insomma mi pare si possa parlare di una emergenza fascista, forse la più grave tra quelle che sentiamo nominare quotidianamente. Non sto parlando del pericolo di una iterazione del fascismo mussoliniano, ma di qualcosa di diverso e forse di peggio, mentre  preoccupa una certa indifferenza generalizzata di fronte ai molti fenomeni attraverso i quali questa emergenza si manifesta.  
Certo si può tentare di eliminare il disaggio sociale che costituisce terreno favorevole per una adesione a valori di destra estrema e violenta, ma non pare che siamo sulla strada giusta nonostante le ottimistiche dichiarazioni governativi, e poi non basta, è il clima culturale che va aggredito. Una manifestazione ogni tanto non basta; sembra positivo che dirigenti del PD iniziano a dirsi  preoccupati.
Una battaglia politica permanente e consistente va condotta contro i partiti che stabilmente si collocano nella scia del fenomeno (razzismo e violenza), e che questa scia di fatto alimentano con le loro dichiarazione di minimizzazione. Qualsiasi cautela e calcolo verso questi, pensando anche a possibili necessari accordi post elettorali non farebbe che alimentare il clima avvelenato. Contro il fascismo, in ogni sua forma, manifesta o travestita, non ci possono essere tentennamenti né calcoli opportunistici.
Alle  organizzazione di estrema destra, che paiono potersi contare in 15 raggruppamenti (ma probabilmente di numero superiore)  non può essere concessa nessuna agibilità politica, sono portatori dichiarati di razzismo e di violenza, che esercitano, per esempio negli stadi o organizzando ronde punitive contro immigrati, senza tetto o comunque “diversi”.
Si tratta inoltre di gruppi molti dei quali intrattengono relazioni strette con la criminalità organizzata e la “fede politica”  costituisce cemento per loschi affari illegali o criminali.
Esistono gli strumenti amministrativi  e giudiziari per colpirli, ma deve svilupparsi una forte iniziativa politica e culturale. Solo utilizzando tutti i tasti è possibile cancellare l’emergenza fascismo.



sabato 2 dicembre 2017

È morto Franco Azara


Diario
1 dicembre 2017

Nei giorni scorsi è morto Franco Azara al quale mi legava la militanza a Il Manifesto.
Franco non era un uomo semplice, tutt’altro, con lui era più facile litigare che andare d’accordo, ma il suo contributo in molte delle battaglie che Il Manifesto, organizzazione politica, ha condotto  a Venezia, a Marghera e nel resto del Veneto, è stato sempre importante. Non sempre ha condiviso le scelte nazionali dell’organizzazione soprattutto in termini di alleanze. Quando il movimento si è sciolto ha cercato ancora di restare legato al giornale, ma dopo un poco ha lasciato. Ha organizzata una sua attività economica, è ha vissuto la politica da lontano senza mai allontanarsi dagli ideali della sinistra.

Anche tra di noi abbiamo molto battagliato, ma eravamo legati da affetto.