giovedì 29 settembre 2016

Parole/illusioni; parole/menzognere.

Diario n. 321
29/9/2016



Parole/illusioni

Austerità  è stato questo il tema ricorrente per molti anni illudendoci (ma soprattutto illudendosi) che questa formula, che non è di gestione del “bilancio pubblico” ma piuttosto una politica (anti)sociale (vedi la Grecia come caso emblematico), avrebbe garantito la soluzione della crisi, la riduzione del debito pubblico, il risanamento delle banche, lo sviluppo dell’occupazione, l’efficienza della pubblica amministrazione, la razionalizzazione della spesa sanitaria e non so che altro. Risultato zero, né poteva essere diverso. Ha aggravato le condizioni degli anziani e dei giovani, ha peggiorato i servizi sociali e collettivi, ha aumentato le diseguaglianze, ha peggiorato la situazione delle nostre città, ha ripristinato le discriminazioni e ha accresciuta la povertà (meno male che c’è la Caritas, ma che ovviamente non può bastare). Nonostante quello che si dice, questa politica non ha fatto bene neanche alla Germania, che ne era la portabandiera.

Flessibilità ma il vento è cambiato ora la parola/illusione  austerità è sostituita da un’altra parola/illusione: la flessibilità. Anche questa dovrebbe garantire le stesse cose che garantiva l’austerità (ma come sarà possibile è un mistero): l’uscita dalle crisi, lo sviluppo dell’occupazione, l’innovazione, l’aumento di produttività, la riduzione del debito (magari a più lungo tempo), il salvataggio delle banche, il  ripristino della legalità, grandi investimenti pubblici, ecc.

Un tempo insegnavano che prima di esprimersi, nell’ira e nel dolore, nell’entusiasmo e nella gioia conveniva sempre “contare fino a dieci”. Ma se questo insegnamento era negletto dalla “vecchia” politica lo è ancora di più dalla “nuova”.

Parole/menzognere   

Ci sembrava (o forse si sperava) di esserci liberati dai “contratti con gli italiani”, di berlusconiana memoria. Ma siamo al “diteci che c’è da fare ed io faccio” non un contratto ma una sorta di bancomat, o se si preferisce spesa alla carta. Ma non solo, nel tempo si è annunziato un elenco non solo di grande proporzione ma pieno di contraddizioni: il ripristino ambientale e idrogeologico e la continuazione di scavi di galleria già avviate (ma almeno una pare abbandonata anche dalla Francia), o la programmazione di altre gallerie i cui progetti erano abbandonati da tempo. La banda larga, l’informatizzazione della pubblica amministrazione che spesso è priva degli strumenti tecnici e della professionalità per utilizzarli. Il ripristino dei territori distrutti da terremoto, con grandi promesse su metodi e tempi. Non si potrà fare peggio di come abbia fatto il governo Berlusconi e il suo plenipotenziario Bertolaso a L’Aquila, ma si può tentare.
E per finire il ponte sullo stretto. Questo veramente ha meravigliato tutti! Ma perché un’affermazione così cervellotica, fuori dalla realtà e dal senso? Sospetto che si  tratti di una specie di ripicca. Una mia nipotina (cinque anni) in risposta al divieto di suo padre di fare una certa cosa, ha detto: “allora io dico minchia”. Renzi ha detto “minchia”: la Raggi non vuole fare le Olimpiadi a Roma, allora io faccio il ponte sullo stretto.  Questa mia affermazione nobilita l’affermazione di Renzi, fornisce una ragione, un motivo, se non fosse così sarebbe ancora peggio.
Michele Serra, che è un tiepido sostenitore di Renzi, oggi su Le Repubblica ha scritto che, è favorevole che si realizzi il ponte sullo stretto dopo la messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati nelle zone sismiche, dopo il risanamento idrogeologico, dopo avere investito fino a renderle efficienti e vivibili le linee ferroviarie “minori” dopo avere completato le opere pubbliche lasciate a metà, dopo la riforestazione, ecc. In sostanza, insinua Serra, ci sarebbe tanto cose  da fare invece del ponte di Messina.
Si noti, per altro, che  il piano presentato oggi dalle ferrovie sembra andare in altra direzione, altro che linee ferroviarie minori.

L’affermazione che questo ponte si faccia è una vera bufala, il ponte è una parola/menzogna, dovrebbe saperlo lo stesso Renzi (altrimenti a che cosa gli servono i tanti consiglieri?) o forse siamo ancora alle parole/illusioni.  

Matteo Renzi: consenso e realtà

Diario n. 320
11 settembre 2016



Matteo Renzi gode di molto consenso nell’opinione pubblica (può essere diminuito, tuttavia è ancora molto alto); ma in molti si chiedono su che basi si fondi tale consenso, dati gli scarsi risultati della sua azione e di quella del suo governo.
Egli appare come un innovatore, un bastonatore dei vecchi vizi. Per esempio gode della fama di “rotamatore” della vecchia politica, ma se guardassimo con attenzione si osserverebbe che gli unici rotamati, con qualche successo, sono stati Rosi Bindi e Massimo D’Alema, non  Lugi Bersani (perché godeva di un notevole consenso nel partito, al contrario dei primi due), ma soprattutto non ha rotamato  Verdini e i suoi compagni di merenda, tanto per fare un nome per tutti.
L’opinione pubblica è convinta che di “Matteo” ci si può fidare, solo perché la nostra memoria ha cancellato lo scherzo liceale, che insieme al presidente Napolitano, ha fatto al suo predecessore. Ci siamo scordati lo “stai sereno” comunicato al presidente del consiglio poche ore prima di defenestrarlo.
Un politico “nuovo”, fuori dalle manovre della vecchia politica, e ti sforna il Patto del Nazzareno con Berlusconi (quest’ultimo nella disfida per guadagnare consenso lo riconosce come “suo” erede).
Un politico che crede nella necessità di coinvolgere le migliori competenze, mentre il suo cerchio ristretto di consulenti è composto soprattutto da amici, di cui è chiara la fedeltà ma non sembra accertato il tasso di competenza.
Un politico alieno dalle lottizzazioni, con una visione netta della divisione tra i compiti della politica e la funzione delle altre istituzioni (pubbliche e private), ma poi ecco interventi sulle nomine bancarie, sulla Rai, ecc.
Un politico del fare e non del parlare, ma solo perché si dimentica la spericolata politica dell’annunzio: sull’uscita dalla crisi, sull’occupazione, su provvedimenti poi inariditi, ecc.
Un politico che sa quello che vuole e sa quello che deve fare. Immagini evanescenti, forse sarebbe bene dire che sa quello che vorrebbe ma non sa come fare. La crisi, la sua fine, la luce infondo al tunnel, l’occupazione che sale, i consumi che crescono, gli investimenti (anche esteri) che cadano a pioggia, … niente, solo parole. Per onestà bisogna dire che non è colpa sua, il male dell’economia non sono capaci di leggerlo (e quindi non possono e non sanno intervenire), ma è sua la colpa di declamare ottimismo, come spirito del tempo, di spingere all’auto-iniziativa come soluzione, mentre il debito pubblico cresceva, così come cresceva l’indebitamento privato, le famiglie (i nonni) come unico baluardo alla crisi, la disoccupazione prendeva un brodino con i soldi distribuiti ai padroni, la banche cavalcavano onde minacciose, ecc. Ottimismo di maniera, cura sicura, come quando l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi negava la crisi con la faceta osservazione che i “ristoranti erano pieni”.
Però uomo coerente: ah! ah! Proviamo a vedere: l’Italicus (legge elettorale) non si tocca; forse si può ritoccare; forse è necessario migliorarla; be rivediamola (con o senza la sentenza della Corte Costituzionale. Si può cambiare opinione, ma per un politico è fondamentale spiegare le ragioni del cambiamento. Ci sono motivi di fondo? Oppure è pura opportunità. Dico questo perché se uno non spiega il perché del cambiamento gli altri non capiscono e non si fidano.
La Riforma Costituzionale è fondamentale per il “paese” io (Renzi) ci metto la faccia. Se non passa abbandono la politica, mi dimetto, … fino a garantire elezioni nel 2018, cioè anche se non passasse avremmo un governo Renzi fino a quella data.
Insomma queste brevissime note, che potrebbero essere molto più lunghe e puntuali, dicono che non ci sono motivi oggettive e reali perché Renzi goda del consenso dell’opinione pubblica (non sto dicendo che il Governo ha fatto tutto male, per realizzare questo obiettivo ci vorrebbe una determinazione fuori dall’usuale).
Ma perché questo consenso senza ragione? Certo Renzi è bravo, ha una buona comunicativa, è uomo di spettacolo, ma questo non basta, il successo dipende dalla pochezza (di idee e di forze) dei suoi antagonisti. Gli unici che sembravano potergli tenere testa erano i 5* il cui futuro è incerto (non credo nel loro disfacimento, che tuttavia sarebbe un bene perché toglierebbe un tappo alla protesta che potrebbe essere indirizzata verso una proposta alternativa non populista).
È in questa debolezza che sta la forza di Renzi. Una debolezza che non è solo organizzativa, ma anche di analisi e di proposta. Tra il populismo dei 5*, il politichese di una parte della sinistra, e Matteo Renzi, le speranze per il paese sono molto poche.