domenica 16 luglio 2017

Guarire dalla violenza fascista

Diario n. 347
16 luglio 2017

Alcuni anni fa mi aveva impressionato lo stupro che due ragazzi, facenti parte di un’associazione di volontariato (che si occupava di malati o forse di anziani), avevano esercitato su una loro collega (amica?) facente parte della stessa associazione. A quel tempo un pensiero ingenuo mi aveva colto: come mai dei ragazzi dediti all’aiuto di altri fossero stati presi dall’impeto violento di non rispettare una donna loro compagna? Il cinismo violento del maschio sembra che non trovi ostacoli né ideologici né di pratica di vita.
Questo episodio mi è tornato alla mente leggendo del più grave fatto avvenuto a Parma.
In quella città la notte del 12 settembre 2010 si festeggiava la ricorrenza di una vittoria antifascista (1922) che aveva contrastato l’intenzione degli squadristi di Italo Balbo di espugnare un quartiere rosso della città. Ebbene in quella ricorrenza e festa antifascista, nei locali della RAF (rete antifascista) tre compagni (?) stuprano per una intera notte una compagna lasciandola su un tavolo del circolo. I tempi sono cambiati i tre si divertono anche a filmare la scena. La ragazza per pudore non dice nulla, i compagni del circolo coprono con l’omertà pelosa gli autori della violenza.
Anni dopo un’indagine della polizia, per altri fatti, scopre in un vecchio telefonino il filmato (i tre sono arrestati e ora condannati). Si potrebbe dire una normale storia di violenza contro le donne. Ma non è così, c’è dell’altro.
I compagni della RAF emarginano la ragazza perché alla fine collabora con gli “sbirri” (alla violenza  si aggiunge il linguaggio mafioso).
Avrei capito, ma non condiviso,  se il gruppo RAF, immagine di una società futura, forte di una propria ideologia di libertà e di antagonismo allo stato, avesse processato i tre, magari condannandoli  all’evirazione chirurgica o chimica, o li avesse, almeno,  espulsi dal “collettivo”. Niente di tutto questo solo la difesa omertosa dei membri maschi.
Se neanche l’antifascismo militante riesce a liberarci della cinica e ignobile violenza fascista quale speranza? non ci sono scuse né politiche, né psicologiche, ma solo bassa connivenza.

Un altro pensiero ingenuo: il piccolo gruppo non solo politico ma anche costruito su una identità sociale o culturale o ideale, come adesso è la “moda” politica, è il luogo più adatto per liberarci individualmente e collettivamente? io penso di no, solo l’apertura ampia, il nuotare nei contrasti e scontri collettivi può essere la nostra scuola di civilizzazione.