Diario n. 298
Il Presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha lanciato il
suo guanto di sfida. All’Assemblea del suo partito, il PD, tenuta,
simbolicamente, all’Expo di Milano, ha annunziato una riduzione generalizzata,
nei prossimi tre anni, delle tasse.
Il popolo applaude, perché non dovrebbe se si promette di
tagliare le tasse. La destra ribadisce che quelli erano gli obiettivi di
Berlusconi e che, se veritiera era quella del signore di Arcore (ha tagliato le
tasse alla prima casa), questa costituisce
una promessa elettorale. Qualcuno da sinistra lo accusa di populismo, qualche
altro si scandalizza perché non ha parlato dell’evasione fiscale, ecc. ecc.
Insomma una dichiarazione che ha messo in subbuglio il mondo politico e della
quale si parla molto sotto l’ombrellone.
Personalmente apprezzo molto, e grido viva Renzi. Ma per
tutt’altri motivi da quelli di cui si discute.
Detto francamente credo che la dichiarazione di Renzi
nasconda una complessa strategia che, per quanto ho sempre scritto in questo
Diario, non può non trovarmi entusiasticamente d’accordo.
Diciamo che nei prossimi tre anni la manovra che ha Renzi
in mente è pesante, molto pesante. Circa 76 miliardi per la riduzione delle
tasse e per scongiurare l’aumento dell’IVA; miliardi per combattere la povertà,
provvedimento richiesto da tutta la sinistra e dalla Chiesa; miliardi in opere
pubbliche per rilanciare l’occupazione e dare slancio alla ancora debole
ripresa economica; miliardi per la sicurezza delle scuole (che già dovrebbero
essere già spesi, ma invece no); la situazione drammatica del mezzogiorno, come
documentata dall’Istat e dalla Banca d’Italia, richiede miliardi di interventi;
miliardi per gli interventi internazionali, crescenti, e per far fronte alle
ondate di immigrazione e di rigetto degli stessi da parte delle popolazioni italiane
delle varie regioni e zone; qualche botta di speculazione finanziaria che in
tre anni non ci mancherà; ecc.; questo è il menù. Diciamo una manovra compresa
nei tre anni tra 100 e 120 miliardi di euro (a riparo di alluvioni, incendi,
trombe d’aria, smottamenti, frane, ecc.).
Siccome non credo che Renzi voglia affamare i comuni, ai
quali invece pare abbia promesso la fine del patto di stabilità, non credendo
che voglia ridurre i servizi sanitari e quelli scolastici (alla buona scuola
sarà presto affiancata la buona salute), e per quanto risparmi sia possibile
fare nella PA siamo alle noccioline (senza dire che ancora è sospeso l’assorbimento
dei dipendenti delle provincie (il pasticcio combinato da Derio, di cui,
tuttavia bisogna riconoscere, Renzi si è liberato mandandolo a fare il ministro
delle infrastrutture), resta il problema di dove trovare quei miliardi.
Qui sta l’intelligenza strategia del nostro Matteo Renzi:
constatato che viene avanti, pare finanche con il consenso della Germania, la
ristrutturazione del debito sovrano della Grecia (debito riconosciuto
insostenibile), con una riduzione dei tassi di interessi e una moratoria
trentennale, il nostro Matteo, che Dio ce lo conservi (l’unico chiamato in
causa, data, per fortuna, l’incapacità
della sinistra del suo partito) pensa con questa manovra di creare le
condizione per una trattativa dura, come solo lui sa fare, con Bruxelles per
una ristrutturazione anche del nostro debito sovrano (altrettanto
insostenibile). Si potrebbe dire, ma non oso, che ha inizio la battaglia contro
il capitale finanziario, alla quale presto potrebbero dare manforte la Spagna e
il Portogallo (e a quando la Francia?).
Devo riconoscere che la strategia di Renzi, scombina le
carte, prende di sorpresa, ci lascia a bocca aperta, se non ci fosse stata Waterloo
potremmo dire di Renzi nuovo Napoleone. .
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