Distruggere
l’università, un impegno governativo chiaro
Diario n. 293
In nessun campo questo governo e quelli precedenti hanno
dimostrato una così ferma volontà come nel distruggere l’università.
Al provvedimento che distribuisce le risorse alle
università secondo la loro qualità
(molto alle sedi che si distinguano per
qualità e poche alle altre) il che significa che le sedi giudicate
negative peggioreranno sempre di più (le
risorse non sono tutto, ma contano), ora giunge la proposta di valutare, per l’ammissione
alla pubblica amministrazione, ma poi questo varrà in generale, non solo il voto di laurea ma anche la qualità
dell’ateneo dove quella laurea è stata presa. Così se la laurea è stata presa
in un Ateneo marchiato da un giudizio negativo quel voto varrà meno. Quelle sedi che non garantiranno prestigio al
voto di laurea saranno sempre meno frequentate con ovvie conseguenze cumulativo
sulla loro qualità. Resta aperta la questione circa modalità e criteri di
valutazione degli Atenei ma è argomento che tralascio in questo momento.
Sono due provvedimenti che mettono in ginocchio
definitivamente l’università italiana, tutta la struttura universitaria
nazionale, non solo per un ingiustificata classificazione di Atenei di seri A e di serie B, ma perché i
provvedimenti non tendono a correggere questa situazione ma a sedimentarla.
Stiamo parlando di università pubbliche e statali, cioè di università che
dovrebbero offrire tutte lo stesso servizio. La cosa incomprensibile è che gli
Atenei di serie A non si preoccupino, sembra loro che avere più risorse e
affamare gli altri Atenei sia per loro vantaggioso, non riflettono che la crisi
del sistema universitario nazionale lungo questa linea li coinvolgerà a pieno.
Non credo assolutamente che i peggiori Atenei con più
soldi diventerebbero virtuosi, non solo per la conoscenza dell’ambiente ma per
semplice deduzione: si sono ridotte a questo stato a partire da situazioni pari
o abbastanza vicini a quelle degli altri. In sostanza si sono ridotti al
presente stato non per mancanza di risorse ma per povertà di impegno,
nepotismo, per aver accordato privilegi ai docenti, per mancanza di controllo
di qualità, ecc.
Se il Governo veramente avesse a cuore l’Università, se
veramente la considerasse prioritaria per il futuro del paese, come ogni tanto
qualche suo membro autorevole afferma, allora non solo i provvedimenti presi risulterebbero
sbagliati ma lo sarebbero tutte quelle
dello stesso tenore. La lotta dei governi contro l’Università tutta comunque
non è da oggi, risulta da un impegno costante e continuo, varrà la pena in
altra occasione fare la storia di questa politica.
Certo non si possono premiare i peggiori, ma se si
volesse avere cura dell’istruzione superiore altri dovrebbero essere i
provvedimenti da prendere. Provvedimenti anche più drastici, che possono mettere
in discussione l’autonomia delle università,
ormai ridotta di fatto a pochissima cosa. Risorse finanziarie maggiori dovrebbero essere
garantite a questi Atenei scadenti, maggiori rispetto agli altri, e contemporaneamente commissariarli
(per esempio con una terna di docenti presi dagli altri Atenei o con altre
scelte commissariali) con l’obiettivo di riportare questi Atenei a livello
medio degli altri virtuosi. Cinque anni
di tempo per raggiungere questo obiettivo, con controlli periodici, con
verifiche annuali, ecc. Se entro cinque
anni non si raggiungesse uno standard soddisfacente questi Atenei andrebbero chiusi.
Non possono essere uno strumento di comodo sia per il governo che per tutto il
sistema universitario nazionale. Esistono risorse umane per fare questo salto,
ma vanno penalizzate tutte le forme di nepotismo, andrà preteso un impegno
didattico e di ricerca pieno, andranno immessi in ruolo docenti più giovani, andrà garantita una presenza continua, di tipo residenziale, va
garantito il diritto allo studio, ecc. (Ma
per questo va evitata ogni farsa, come quello dei concorsi abilitanti che messi
insieme ai vincoli di assunzioni producono non motivazione ma frustrazione).
Nessun commento:
Posta un commento