Il popolo greco
non si fa ricattare.
Diario n. 294
Quali saranno le conseguenze della vittoria dei NO in
Grecia è difficile dirlo; i commentatori
si sbizzarriscono su ventagli di soluzioni. Quello che appare sconvolgente sono
le reazioni di molti leader, scusati non leader ma “uomini politici” che hanno
smarrito i concetti base della democrazia, tutti negativi; chi parla di ponti
tagliati, chi della necessità che venga licenziato il ministro della finanza
ellenico, chi parla di avventurismo o chi di pericolo populismo, ecc. ma nessuno, come direbbe la parabola, guarda
la trave dentro il proprio occhio.
Non voglio fare previsioni, ma mi parrebbe, a ragione, ammesso
che la “ragione” sia merce comune, che si tratta di avviare una “nuova”
costruzione europea, nella quale l’espressione del governo sia politica,
democratica e popolare e non tecnocratica. Non è la soluzione, per la soluzione
che faccia i conti con i necessari provvedimenti che tengano conto delle mutate condizioni del capitalismo, ci
vorrebbe altro, ma almeno sembra un primo passo. Riusciremo,
non so? il dio da abbattere è potente e il popolo è diviso.
Ma su due questioni, che emergono dal dibattito avviato,
mi pare lecito esprimere qualche opinione.
Mi pare fosse il presidente del parlamento europeo che ha
dichiarato la necessità di “aiuti umanitari” per la Grecia. Proprio aiuti
umanitari. Avere usata questa dizione non ha sollecitato lo stesso a qualche
riflessione. Se la Grecia fosse nelle condizione, e forse lo è, di avere bisogno di una campagna di aiuti
umanitari, non viene in mente, contemporaneamente, che la politica seguita nei
confronti di questo paese dalle istituzioni internazionali (Fondo monetario,
BCE, ecc.) e dalla UE è stata non sbagliata, non improvvida, ma criminale? Se
la comunità internazionale, nelle sue diverse articolazioni, ha preso sotto
custodia la Grecia e i greci, ed ora si ritrova nella necessità di lanciare una
campagna di aiuti umanitari, non c’è il sensato dubbio che invece di prendere Grecia
e greci sotto custodia li volevano tutti morti (tranne l’1%) e il paese
disarticolato? Io credo di si, che
questo è il punto.
Un altro aspetto che mi sembra curioso è molto caro al nostro
Presidente del consiglio: basta con l’austerità passiamo allo sviluppo. Ma che
vuol dire questa frase senza alcuna articolazione? Senza cogliere il nesso che
esiste tra austerità e modifiche nel capitalismo?
Come si fa lo “sviluppo”? Io credo che si agita una nuova
mitologia: Credo che un “nuovo modello di sviluppo”, come molti chiedono,
compreso il Papa e Renzi, è possibile solo con un diverso assetto della
società, che vuol dire, un po’ così detto alla carlona: una nuova distribuzione
del tempo di lavoro, l’incremento dei diritti di cittadinanza, compreso il
reddito relativo, una nuova concezione della moneta, una nuova scala di
consumo, una nuova cultura, una nuova ricerca e un nuovo assetto dell’istruzione
a tutti i livelli, il riconoscimento
della volontà popolare come strumento principe del “governo”, un uso
intelligente delle nuova tecnologie, un nuovo saper fare, un nuovo saper
governare, un nuovo saper comunicare, un nuovo rispetto dell’ambiente e della
natura, ……. Potrei continuare ma mi fermo.
Tutto possibile, ma i tempi non mi paino maturi. Eppure
oggi qualcosa si può fare, una cosa che la vicenda greca, ma anche italiana, ma
anche spagnola, ma anche portoghese, ma anche francese, ecc. ci insegna: i
debiti sovrani di questi paesi sono tutti insostenibili.
Forse qualche paese con grande sacrifici del proprio popolo riuscirebbe a pagare gli interessi, ma nessuno
a rimborsare i propri creditori. Questo è un dato incontrovertibile. Non è
casuale che ad ogni stormir di foglia economica i singoli paesi che già
cantavano il gloria per le singole scelte, si trovano in difficoltà.
Matteo Renzi, anche se non invitato all’incontro tra la
Merckel e Hollande, pare voglia battere
il pugnetto sul tavolo contro l’austerità
e a favore dello sviluppo. Qualsiasi cosa abbia in mente Renzi, quando parla di
sviluppo, non dovrebbe che allearsi a Tsipars e imporre la ristrutturazione non solo del debito sovrano Greco ma di tutti
i debiti sovrani, diciamo al 50%. Le banche soffriranno ma attente politiche di
sviluppo faranno sorridere i popoli (anche se i problemi del cambiamento della
società rimangono). Se non si potrà fare questo mi pare che la vita della UE sarà
sempre malaticcia, una lunga agonia pestilenziale.
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