lunedì 6 luglio 2015

Il popolo greco non si fa ricattare. Siamo, senza vergogna, agli aiuti umanitari

Il popolo greco non si fa ricattare. 

Diario n. 294

Quali saranno le conseguenze della vittoria dei NO in Grecia  è difficile dirlo; i commentatori si sbizzarriscono su ventagli di soluzioni. Quello che appare sconvolgente sono le reazioni di molti leader, scusati non leader ma “uomini politici” che hanno smarrito i concetti base della democrazia, tutti negativi; chi parla di ponti tagliati, chi della necessità che venga licenziato il ministro della finanza ellenico, chi parla di avventurismo o chi di pericolo populismo, ecc.  ma nessuno, come direbbe la parabola, guarda la trave dentro il proprio occhio.
Non voglio fare previsioni, ma mi parrebbe, a ragione, ammesso che la “ragione” sia merce comune, che si tratta di avviare una “nuova” costruzione europea, nella quale l’espressione del governo sia politica, democratica e popolare e non tecnocratica. Non è la soluzione, per la soluzione che faccia i conti con i necessari provvedimenti che tengano conto  delle mutate condizioni del capitalismo, ci vorrebbe altro,   ma almeno sembra un primo passo. Riusciremo, non so? il dio da abbattere è potente e il popolo è diviso.       
Ma su due questioni, che emergono dal dibattito avviato, mi pare lecito esprimere qualche opinione.
Mi pare fosse il presidente del parlamento europeo che ha dichiarato la necessità di “aiuti umanitari” per la Grecia. Proprio aiuti umanitari. Avere usata questa dizione non ha sollecitato lo stesso a qualche riflessione. Se la Grecia fosse nelle condizione, e forse lo è,  di avere bisogno di una campagna di aiuti umanitari, non viene in mente, contemporaneamente, che la politica seguita nei confronti di questo paese dalle istituzioni internazionali (Fondo monetario, BCE, ecc.) e dalla UE è stata non sbagliata, non improvvida, ma criminale? Se la comunità internazionale, nelle sue diverse articolazioni, ha preso sotto custodia la Grecia e i greci, ed ora si ritrova nella necessità di lanciare una campagna di aiuti umanitari, non c’è il sensato dubbio che invece di prendere Grecia e greci sotto custodia li volevano tutti morti (tranne l’1%) e il paese disarticolato?  Io credo di si, che questo è il punto.
Un altro aspetto che mi sembra curioso è molto caro al nostro Presidente del consiglio: basta con l’austerità passiamo allo sviluppo. Ma che vuol dire questa frase senza alcuna articolazione? Senza cogliere il nesso che esiste tra austerità e modifiche nel capitalismo?
Come si fa lo “sviluppo”? Io credo che si agita una nuova mitologia: Credo che un “nuovo modello di sviluppo”, come molti chiedono, compreso il Papa e Renzi, è possibile solo con un diverso assetto della società, che vuol dire, un po’ così detto alla carlona: una nuova distribuzione del tempo di lavoro, l’incremento dei diritti di cittadinanza, compreso il reddito relativo, una nuova concezione della moneta, una nuova scala di consumo, una nuova cultura, una nuova ricerca e un nuovo assetto dell’istruzione a tutti i livelli,  il riconoscimento della volontà popolare come strumento principe del “governo”, un uso intelligente delle nuova tecnologie, un nuovo saper fare, un nuovo saper governare, un nuovo saper comunicare, un nuovo rispetto dell’ambiente e della natura, …….   Potrei continuare ma mi fermo.
Tutto possibile, ma i tempi non mi paino maturi. Eppure oggi qualcosa si può fare, una cosa che la vicenda greca, ma anche italiana, ma anche spagnola, ma anche portoghese, ma anche francese, ecc. ci insegna: i debiti sovrani di questi paesi sono tutti insostenibili. Forse qualche paese con grande sacrifici del proprio popolo  riuscirebbe a pagare gli interessi, ma nessuno a rimborsare i propri creditori. Questo è un dato incontrovertibile. Non è casuale che ad ogni stormir di foglia economica i singoli paesi che già cantavano il gloria per le singole scelte, si trovano in difficoltà.

Matteo Renzi, anche se non invitato all’incontro tra la Merckel e Hollande, pare voglia  battere il pugnetto  sul tavolo contro l’austerità e a favore dello sviluppo. Qualsiasi cosa abbia in mente Renzi, quando parla di sviluppo, non dovrebbe che allearsi a Tsipars e imporre la ristrutturazione  non solo del debito sovrano Greco ma di tutti i debiti sovrani, diciamo al 50%. Le banche soffriranno ma attente politiche di sviluppo faranno sorridere i popoli (anche se i problemi del cambiamento della società rimangono). Se non si potrà fare questo mi pare che la vita della UE sarà sempre malaticcia, una lunga agonia pestilenziale.      

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