Diario n. 295
Credo che sia inevitabile, per chi è marginale nella
politica attiva, per chi sta, in un certo senso, alla finestra e osserva quello
che succede. Ripeto credo che sia inevitabile che si passi da giorni ottimisti
a giorni pessimisti. Oggi è un giorno ottimista.
La cosa che mi spinge a mettermi gli occhiali rosa è la
costatazione che gli interessi prevalenti ci hanno dato tutto, tutto quello che
potevano darci. Oggi abbiamo formidabili armi che dimostrano che l’assetto
neo-liberistico del mondo non funziona. Si tratta di un assetto che produce
disastri e che spinge miliardi di persone verso il baratro, forse la guerra,
sicuramente molte guerre e miserie.
Ormai questo dovrebbe essere manifesto in modo
incontrovertibile.
Per quanto, il pensiero pensante (ma forse poco
indipendente) cerchi di inserirci il dubbio che l’attenzione posta alle
diseguaglianze sia un errore, non sono le diseguaglianze il problema ma la
povertà, sostengono, come se questa non fosse un esito (forse involontario)
delle diseguaglianze. Ma anche volendo prendere la questione dal punto di vista
della povertà, la cosa chiara è che la povertà, nel mondo è crescente. L’assetto
neo-liberista non garantisce tutti, ma molti precipita nell’indigenza.
Ma che dire delle guerre combattute e non mai finite per
il controllo delle materie prime? E delle guerre già in corso per l’acqua e
quelle molto prossime per il cibo? L’Africa sta dentro la globalizzazione e
verso gli altri continenti scarica i disastri che quella ha generato. L’alternanza
in America Latina di governi democratici, dittature militari, politiche
populiste, e ogni forma di sperimentazione politica effettuata dagli USA,
condanna un altro continente all’instabilità, al potere della criminalità, alla
sottomissione e povertà.
I “respingimenti” in Australia e che si vorrebbero
imporre anche nel Mediterraneo, che figura emblematica della “nostra”
democrazia offrono? Della nostra disponibilità all’accoglienza?
I venti pericolosi di guerra che hanno soffiato nel
vecchio continente (ex Jugoslavia) e che oggi ricominciano a soffiare nel
confronto-scontro tra Europa e Usa da una Parte e Russia dell’altra. E le
ricorrenti tensioni in Asia tra il blocco (che periodicamente tende a
disarticolarsi) Usa-Giappone e Cina.
Per non parlare della miserevole figura dell’Europa nei
riguardi della Grecia. Gli aiuti
umanitari sono uno scandalo ma raccontano una storia di arroganza, direi per
fino di avarizia, travestita da “regole”.
Cosa devono fare di più i vari Merkel, Hollande, Obama,
Puttin, Xi Jnping, ecc. e, nel suo piccolo, anche Matteo Renzi, per rendere
esplicito che l’assetto sociale neo-liberista è foriero di disastri. Cosa devono
fare di più per dimostrarci che l’assetto democratico ormai è stato ridotto ad
un ameba? Altro che garantire i diritti di cittadinanza: l’obiettivo è quello
di ridurli fino a cancellarli.
L’ottimismo è figlio di questa evidenza; chi non vuole
vedere non basta che chiuda gli occhi, se li deve fasciare e magari infilare la
testa sotto la sabbia.
Ma l’evidenza non basta, lo sappiamo per esperienza
storica. Ma ecco che una carica di ottimismo viene da quello che succede nell’”altro”
mondo. Molta gente non solo tira fuori la testa dalla sabbia, ma comincia a
guardare con gli occhi spalancati. Comincia a prendere coscienza che un’altra
società pare possibile, o almeno che gli idoli della società attuale possono e
devono essere abbattuti.
Mi pare che tre fiumi carsici attraversano questa nostra
società mondiale. Il primo possiamo individuarlo con il fiume delle libertà composito ma che esprime la volontà di rompere
gli schemi precostituiti, si va dalle donne e ragazze di Teheran, agli studenti
cinesi, dalla rivendicata liberta di “fine vita”, alla libertà d’amare senza
naturalismi in Occidente ma non solo, dalla libertà di parola in Russia, alla
libertà nella ricerca scientifica.
Il secondo fiume potrebbe essere denominato fiume del bisogno esso è composto da
tutti i movimenti che a livello mondiale rivendicano il diritto alla vita,
assume sfaccettature diverse, dal diritto alla terra, in molti paesi dell’America
Latina, al diritto al lavoro, al diritto ad un reddito minimo, lotte per il
salario, ecc.
Il terzo è il fiume
del governo, non si tratta di una semplice volontà di partecipare ma si ritiene che le forme della democrazia così come
conosciuta e consolidata non pare più adeguata. Controlli, regole di
alternanza, bilanci partecipati, ecc. sono le prime esperienze di una presa del potere che segue pensieri
diversi.
Questi fiumi viaggiano in parallelo, qualche volta si
incontrano, talvolta si scontrano, ma è
chiaro che quando si uniranno, o meglio si unificheranno saranno travolgenti.
Non c’è da teorizzare, non c’è da costruire modelli, non solo ma quello che
abbiamo pensato forse serve a poco nel concreto, ma forse qualche idea di
metodo la offre.
Tutto precipita domani? Non so e non credo (e mi
dispiace!), i grandi sommovimenti non sempre sono prevedibili (e
programmabili). È certo che le istituzioni non hanno più niente da dare se non
guai; è certo che le organizzazione politiche nel loro insieme costituiscono
una diga; è certo che nuove organizzazioni politiche dovranno essere
sperimentate e sedimentate; è certo che “nuovi pensieri” dovranno essere
espressi. Ottimista si ma tutto è molto complicato.
Non il referendum in Grecia è stato importante, ma
importante la grande partecipazione popolare, la grande spinta che il
referendum ha dato. Non la vittoria di Podemos in Spagna è stata importante, ma
l’evidenza che un cambio era possibile.
I singoli episodi di questo movimento mondiale sono
importanti perché esprimono una grande spinta libertaria e di
autoconsapevolezza: dicono no alla zuppa autoritaria offerta sotto diverse
forme. Per esempio in Grecia hanno detto no ai dettati della troica; le donne
curde che combattono contro il califfato dicono no all’oppressione travestita
da religione e contemporaneamente dicono qualcosa anche ai loro uomini; gli
spagnoli hanno detto no ad una politica di austerità ma contemporaneamente
mettono in campo nuovi pensieri. Tutto facile, no, tutto molto complicato, ma
oggi mi sento di sorridere (per quello che vale).
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