di Guido Rossi
dal Sole 24
ore del 18/7/2015
Con l'intervento scomposto in trattative estenuanti fra creditori e governo greco, con referendum
popolari, con decisioni di parlamenti (favorevole
persino il Bundestag), dichiarazioni di governi e di loro rappresentanti, con l'Eurogruppo, la Bce, il Fmi (la "troika" resuscitata), la crisi greca sembra
per ora risolta, attraverso interventi diretti a coprire il debito nelle sue immediate scadenze.
Al di fuori delle cronache, spesso contraddittorie, ma ricche di
particolari, delle varie fasi del salvataggio diretto ad evitare l'uscita della Grecia dall'euro
(Grexit), qualche considerazione di carattere generale si impone.
La prima e più evidente riguarda l'Europa e lo stato in cui si trova. Stiamo qui
purtroppo assistendo ad un diffuso crollo di principi della democrazia,
a livello sia dell'Unione, sia degli Stati membri. Ciò è dovuto inparte alla
crisi, ma soprattutto al fatto
che
i Trattati con i quali si e costituita l'Unione Europea risultano del tutto superati e quindi dietro d
i loro creano il disordine.
L'Unione è rimasta puramente monetaria e come tale continua ad operare, sicchè il rischio è che
l'att uale salvataggio abbia effetto
immediato, ma comporti pur troppo ripetibili identiche conseguenze, poiché le condizioni poste anche ora alla Grecia rivivono la devastante ideologia dela austerità. Guarda caso anche . ora l'attuazione dell e riforme imposte
deve essere, come
sempre, controllata
dalla troika.
L'Europa è cioè ben lontana dall'essere un Leviatano che comanda su se stesso o
una Repubblica in senso kantiano, come si
auguravano i padri fondatori.
Si presenta oggi, invece, come una sorta di bazar amministrativo, centralizzato
e dominato sia da qualche State membro, sia soprattutto
dalle apache
strutture
del Mercato finanziario globale. L'influenza di quest'ultimo ha tolto qualsiasi risvolto democratico alle istituzioni dei vari Paesi membri, la cui politica economica,
alla quale è in particolar modo legata quella sociale, è formulata
dall'esterno e quindi
siamo nel
pieno di un'economia etero diretta alla
quale i governi altro non possono fare che obbedire.
In questa situazione il primo dei Trattati ad essere superato
e proprio quello
di Maastricht del 1992, col suo progetto che ha accompagnato la nascita dell'euro. Il cancelliere
Helmut Kohl cerco di chiudere la Germania
riunita in un'Europa integrata e il presidente Frarncois Mitterrand fu d'accordo,
intendendo così limitare il potere economico della nuova Germania, con un euro che doveva tenere uniti gli Stati membri, spingendo la crescita economica e garantendo
la stabilita dello welfare state.
Invero, è successo
il contrario.
La politica neoliberisca dell'austerity ha creato disoccupazione e miseria e la cancelliera
tedesca Angela Merkel ha dominate nelle trattative per
l'attuale salvataggio greco. Tuttavia, sconfitti sono rimasti anche i movimenti populisti anti euro, con la sbandierata idea dell'uscita della Grecia, che ha unito in un'inquietante
e confusionaria identità di vedute il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble e l'ex ministro
greco Yanis Varoufakis, minacciosamente favorevoli al "Grexit". Ciò
avrebbe dimostrato la reversibiliti1 dell'euro con conseguenze economiche e sociali difficilmente prevedibili e che certo le mentalità populiste non sono per nulla in grado di valutare.
Gli Stati dell'euro sono invece ancora rimasti uniti,a parer mio i1 merito principale
è della
Bec e del suo presidente
Mario Draghi.
Fuori della Grecia, la storia del Mercato
Europeo ha il suo culmine nel 2015, con l'immissione di liquidità (quantitative easing) e
la decisione del presidente Draghi di spingere la crescita e l’in1flazione, indebolendo l'euro. Magia nel 2012 la dichiarazione
di Draghi che avrebbe preso "qualunque decisione fosse stata necessaria" per impedire che l'Eurozona si disgregasse, ha
evitato la speculazione dei mercati. Però non è certo compito di Draghi riscrivere
i Trattati istitutivi.
E pensare che già
prima
di Maastricht, nell'aprile del 1989, un Comitato
di banchieri centrali e di eminenti esperti, sotto la guida del presidente della
Commissione Europea Jacques Delors,
aveva indicato le linee guida
perla moneta unica. Il rapporto infatti così concludeva:"Unione economica e monetaria formano due parti
integranti di una singola unita e perciò devono essere implementate parallelamente".
Purtroppo due anni dopo, a Maastricht,
l'Unione "economica"
viene cancellata e rimane solo quella monetaria, poiché qualche
Paese, come la Francia, non vuole rinunciare alla propria sovranità. L'attuale brillante conclusione è che quella sovranità cancellata e ora passata,
senza gelosie alla troika e ai mercati finanziari!
L'un.ica soluzione possibile nel futuro prossimo è dunque la creazione di un'Unione economica- fiscale.
Ma il fatto più sorprendente è che questa prospettiva e necessità sia stata nello scorso week end
chiaramente argomentata in un Rapporto del Fondo monetario internazionale consegnato ai rappresentanti dell'Eurozona. Nel Rapporto
si dichiara che il debito greco è ormai insostenibile e sono individuate tre opzioni per risolvere
il problema:
gli altri Paesi
europei forniscano il denaro necessario a coprire
il debito greco, senza pretenderne la restituzione; un periodo, fino al
2053 di sospensione dei pagamenti dovuti per capitale
e interessi;la cancellazione di una parte del debito greco.
Ognuna di queste opzioni,
in definitiva, altro
non rappresenta che la
“fiscal uniom”. Sembra che Madame
Lagarde sia stata improvvidamente influenzata dal Baron Keynes.
L’unione economica - fiscale è in conclusione l'unica urgente soluzione che può completare quella monetaria prima che questa, da sola. Via via produca danni irreversibili.