sabato 7 marzo 2020

Un paese laico (?)


Diario
7 marzo 2020



Il sovradimensionamento dell’informazione, dei commenti, le parole degli esperti, le opinioni di tutti, ecc. sulla “infezione cinese” tolgono la parola, ma una piccolissima riflessione vorrei scriverla.
L’occasione di queste settimane mostra, a sorpresa, un paese laico. Certo ci saranno persone che in
ragione alle loro fedi chiedano aiuto e protezione a Dio, Madonne, ecc., ma non ci sono manifestazioni pubbliche e sociali di queste devozioni. La cosa più sorprendente è l’adesione della Chiesa Cattolica a questa forma di laicizzazione del popolo, il blocco delle cerimonie liturgiche in molte parti del paese, l’abolizione dell’acqua santa, ecc. non solo sono un’adesione ai consigli per combattere l’epidemia, ma anche una manifestazione di ragionevole laicità.
È possibile immaginare le processioni, i rosari collettivi, le grandi liturgie, le grandi predicazioni, l’individuazione dell’infezione quale “castigo” divino, ecc.  se non fossimo nel 2020 ma l’epidemia fosse esplosa negli anni ’50-60.
Mentre va riconosciuta e onorata l’attività delle molte iniziative che la Chiesa cattolica o  sue associazioni fanno a favore dei poveri e soprattutto degli immigrati, va visto come un miglioramento dello stato di salute della nostra società una certa riservatezza della fede.
Non importa quale sia l’atteggiamento di ciascuno nei riguardi di Dio, ma credo che tutti, credenti e non credenti, si possa convenire che la “fede” possa diventare una questione privata, possibilmente con poca ostentazione (i crocifissi che ballano sul seno di molte conduttrici televisive mi sembrano offensive per Dio, così come, ovviamente, i rosari esibiti nei comizi).
Non disconosco la legittimità della Chiesa a fare opera di proselitismo, e nel suo dna, il modo non è tuttavia irrilevante.
Se il coronavirus, oltre a tutti i lutti, i danni e i problemi che pone al paese ci restituisse l’immagine di una società laica, sarebbe un effetto collaterale non previsto ma non disprezzabile.
Detto questo sarà sempre possibile che l’eventuale intensificarsi del virus ci riproponga una tradizione di devozioni pubbliche, la paura porta sempre a Dio.     

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