Diario
25
marzo 2020
(Un
diario senza rete. Forse frutto dell’isolamento o dell’emergere di pensieri di
altre epoche personali, che hanno continuato a pesare sui miei pensieri, ma che
forse ho considerato indicibili. Ho cercato di rinnovarle, non so se ci sono
riuscito. Pardonatemi)
Si
fa sempre più pressante l’interrogativo su che può succedere a livello
economico-sociale, una volta sconfitto il coronavirus. Le voci clamanti sono
omogenee: sarà necessaria una grande ignizione di risorse da parte dello Stato,
differiscono sull’entità, chi parla di 100 miliardi di euro, chi di duecento,
chi di trecento, ecc. Tutto questo denaro (simulato) dovrebbe permettere il
rilancio dell’economia in una società rinnovata e migliorata. Il debito
pubblico, si ragione, non può essere un vincolo; lo stato deve indebitarsi e si
fa finta di non sapere che il corrispondente di un debito (dello stato) e un
credito (di chi?).
Il
rilancio economico-sociale, certo, ma di quale economia e di quale società
parliamo?
Parliamo
dell’economia nella quale una piccola percentuale di “persone” detiene la
maggior parte della ricchezza , mentre la grande maggioranza della popolazione deve
lottare per avere una piccola quota di quello che resta, e alcuni neanche
questo? Grazie no!
Mi
pare che tutto questo applaudire ai bravi cittadini “che stanno a casa”, sia un
velo teso a nascondere la quantità di famiglia che non ha una casa che permetta
una convivenza positiva in quarantena; nasconde tutte quelle famiglie che non
hanno una casa ma vivono in situazioni di fortuna e i senza casa in senso
proprio. Quello che è un comportamento apprezzabile, non può nascondere una
società fatta di differenze e di diseguaglianze. Vorremmo un’economia ancora
con queste differenze e diseguaglianze? Dire
si o no è inutile, ma bisogna sapere che la probabilità che la vecchia economia
si riproduca (anche in peggio) è molto alta. Per cambiare questa probabilità, o
meglio invertirla, sono necessarie idee, forze organizzate e volontà di correre
dei rischi.
Parliamo
di un’economia basata su un consumismo sfrenato, per chi può, e in desideri non
soddisfatti per moltissimi (certo colpa loro che hanno desideri non alla loro
portata!). Di un sistema di produzione finalizzato ad alimentare un flusso di
consumo apparentemente egualitario, ma in realtà basato su discriminazione, non
abbiamo bisogno.
Oggi
applaudiamo quelle imprese che sono state capaci di riconvertirsi per produrre
maschere, respiratori e quanto l’emergenza sanitaria richiede, ma ci si deve
chiedere come mai il sistema sanitario non sia stato in grado di indirizzare la
produzione in modo appropriato? Non sarà forse per i tagli che sono stati fatti al sistema
sanitario nazionale, e questo per alimentare la sanità privata presentata come
più efficiente ed efficace (un falso di fatto e storico).
Non
vorrei continuare su questo tono, sono cose che molti sanno, anche se
dimenticano, per poter dire cosa si potrebbe fare, “poche e sentite cose”. Mi
soffermerei su quattro aspetti senza nessuna considerazione dei miliardi
necessari per attivarli.
Sistema
economico- produttivo.
Non penso alla possibilità di un sistema economico-produttivo totalmente
pubblico. L’articolazione, le connessioni, la spinta all’innovazione, ecc.
presuppongono un sistema basato sull’iniziativa dei privati (mentre lo scrivo
mi vengono i brividi), ma questo non significa senza controllo, ma chi deve controllare?
Intanto lo Stato, ma non in forma burocratica e occasionale, ma in forma
continuativa e creativa, deve essere il controllore-stimolatore. Inoltre i
lavoratori organizzati, non credo sia opportuno parlare di cogestione, ma
piuttosto di strumenti (anche di nuove strutture) effettivi ed efficaci per il
controllo. L‘impresa va ritenuta responsabile, penalmente responsabile, per
eventuali incidenti sul lavoro come il “padrone” (individuale o meno) deve
essere ritenuto responsabile per eventuali andamenti negativi. In sostanza un
sistema economico di tipo privatistico responsabile e remunerativo (si veda più
avanti a proposito di fiscalità). La remunerazione del lavoro e il rispetto dei
contratti e delle leggi in proposito (ore di lavoro, straordinari, ferie,
condizione degli ambienti di lavoro, ecc.) deve essere massima e la loro deroga
deve essere fortemente sanzionata.
Lo
stato, in proprio, deve essere proprietario-promotore dei settori strategici
(che cambiano nel tempo) ed anche
attraverso questi essere uno stimolo per l’intero comparto produttivo.
Sistema di
welfare state.
Se si assume che il WS è un sistema di difesa e di sostegno alla buona vita dei cittadini le sue maglie
devono essere allargate molto. Intanto alcuni bisogni essenziali devono entrare
a far parte di questo sistema di sicurezza: non solo la salute e l’istruzione,
ma anche la casa e l’ambiente, ma soprattutto il reddito. La concezione della salute
deve essere fortemente allargata, non solo la cura di alcune malattie ma di
tutte, non solo le medicine con il ticket, ma medicine gratuite secondo
necessità. L’istruzione, in prima istanza deve essere portata fino a 20 anni,
fino cioè ad un corso universitario triennale per tutti (e ovunque). Ciò
comporta non solo una riorganizzazione del sistema scolastico, soprattutto
universitario, ma anche dei servizi connessi (nuovi e da sperimentare). La casa,
il sistema deve poter garantire la casa a tutte le famiglie (di qualsiasi tipo
e dimensione), la produzione di edilizia pubblica non deve essere considerata
come un “aiuto” al meccanismo economico, ma come una salvaguardia della vita
dei cittadini. L’ambiente non può essere considerato a se stante, come una
sorta di “riparazione” nei riguardi della natura, ma come un elemento della
qualità della vita dei cittadini. Leggi, provvedimenti e quant’altro riguarda
la natura non può essere un’occasione di business, come anche alcuni “verdi”
sostengono, ma come strumenti di salvaguardia, di difesa e di miglioramento della
qualità della vita dei cittadini. In quest’ambito anche gli sport vanno
considerati come elementi funzionali di WS.
Lo
stato deve garantire che tutti i cittadini abbiano un reddito.
Sistema fiscale. Questo è il
settore che merita le più grandi innovazioni. Proprio perché si delinea un
sistema complessivo a due ambiente: uno privato e produttivo, uno pubblico di
garanzia della qualità della vita, è chiaro che chi produce ricchezza (il primo
ambiente) deve sostenere il secondo ambiente. Non basta un sistema progressivo,
ma a questo non devono essere posti limiti, l’imposta massima può arrivare
anche al 70-75%, con una forte contrazione a mano a mano che si scende sui
redditi più bassi, ma anche a questi lo stato chiede un contributo nella misura
in cui il WS funzioni e offre le garanzie richieste. Una riforma sostanziale
deve essere fatta sulle “successione”: tutti sono legittimati ad arricchirsi,
onestamente e secondo le regole e per proprie capacità possono accumulare tutte
le ricchezze che possono: queste ricchezze possono godersi, ma non possono
lasciarli in eredità a nessuno. La legge di successione deve prevedere che tutto
il patrimonio dei defunti ( liquido, case, opere d’arte, macchine e imbarcazioni,
ecc.) passano allo stato, che risulta l’unico erede e che garantisce buona vita
a tutti.
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