giovedì 26 marzo 2020

E se domani ... (Mina insegna)


Diario
25 marzo 2020


(Un diario senza rete. Forse frutto dell’isolamento o dell’emergere di pensieri di altre epoche personali, che hanno continuato a pesare sui miei pensieri, ma che forse ho considerato indicibili. Ho cercato di rinnovarle, non so se ci sono riuscito. Pardonatemi)

Si fa sempre più pressante l’interrogativo su che può succedere a livello economico-sociale, una volta sconfitto il coronavirus. Le voci clamanti sono omogenee: sarà necessaria una grande ignizione di risorse da parte dello Stato, differiscono sull’entità, chi parla di 100 miliardi di euro, chi di duecento, chi di trecento, ecc. Tutto questo denaro (simulato) dovrebbe permettere il rilancio dell’economia in una società rinnovata e migliorata. Il debito pubblico, si ragione, non può essere un vincolo; lo stato deve indebitarsi e si fa finta di non sapere che il corrispondente di un debito (dello stato) e un credito (di chi?).
Il rilancio economico-sociale, certo, ma di quale economia e di quale società parliamo?
Parliamo dell’economia nella quale una piccola percentuale di “persone” detiene la maggior parte della ricchezza , mentre la grande maggioranza della popolazione deve lottare per avere una piccola quota di quello che resta, e alcuni neanche questo? Grazie no!
Mi pare che tutto questo applaudire ai bravi cittadini “che stanno a casa”, sia un velo teso a nascondere la quantità di famiglia che non ha una casa che permetta una convivenza positiva in quarantena; nasconde tutte quelle famiglie che non hanno una casa ma vivono in situazioni di fortuna e i senza casa in senso proprio. Quello che è un comportamento apprezzabile, non può nascondere una società fatta di differenze e di diseguaglianze. Vorremmo un’economia ancora con queste differenze  e diseguaglianze? Dire si o no è inutile, ma bisogna sapere che la probabilità che la vecchia economia si riproduca (anche in peggio) è molto alta. Per cambiare questa probabilità, o meglio invertirla, sono necessarie idee, forze organizzate e volontà di correre dei rischi.
Parliamo di un’economia basata su un consumismo sfrenato, per chi può, e in desideri non soddisfatti per moltissimi (certo colpa loro che hanno desideri non alla loro portata!). Di un sistema di produzione finalizzato ad alimentare un flusso di consumo apparentemente egualitario, ma in realtà basato su discriminazione, non abbiamo bisogno.
Oggi applaudiamo quelle imprese che sono state capaci di riconvertirsi per produrre maschere, respiratori e quanto l’emergenza sanitaria richiede, ma ci si deve chiedere come mai il sistema sanitario non sia stato in grado di indirizzare la produzione in modo appropriato? Non sarà forse per  i tagli che sono stati fatti al sistema sanitario nazionale, e questo per alimentare la sanità privata presentata come più efficiente ed efficace (un falso di fatto e storico).
Non vorrei continuare su questo tono, sono cose che molti sanno, anche se dimenticano, per poter dire cosa si potrebbe fare, “poche e sentite cose”. Mi soffermerei su quattro aspetti senza nessuna considerazione dei miliardi necessari per attivarli.

Sistema economico- produttivo. Non penso alla possibilità di un sistema economico-produttivo totalmente pubblico. L’articolazione, le connessioni, la spinta all’innovazione, ecc. presuppongono un sistema basato sull’iniziativa dei privati (mentre lo scrivo mi vengono i brividi), ma questo non significa senza controllo, ma chi deve controllare? Intanto lo Stato, ma non in forma burocratica e occasionale, ma in forma continuativa e creativa, deve essere il controllore-stimolatore. Inoltre i lavoratori organizzati, non credo sia opportuno parlare di cogestione, ma piuttosto di strumenti (anche di nuove strutture) effettivi ed efficaci per il controllo. L‘impresa va ritenuta responsabile, penalmente responsabile, per eventuali incidenti sul lavoro come il “padrone” (individuale o meno) deve essere ritenuto responsabile per eventuali andamenti negativi. In sostanza un sistema economico di tipo privatistico responsabile e remunerativo (si veda più avanti a proposito di fiscalità). La remunerazione del lavoro e il rispetto dei contratti e delle leggi in proposito (ore di lavoro, straordinari, ferie, condizione degli ambienti di lavoro, ecc.) deve essere massima e la loro deroga deve essere fortemente sanzionata.
Lo stato, in proprio, deve essere proprietario-promotore dei settori strategici (che cambiano nel tempo)  ed anche attraverso questi essere uno stimolo per l’intero comparto produttivo.   

Sistema di welfare state. Se si assume che il WS è un sistema di difesa e di sostegno alla buona vita dei cittadini le sue maglie devono essere allargate molto. Intanto alcuni bisogni essenziali devono entrare a far parte di questo sistema di sicurezza: non solo la salute e l’istruzione, ma anche la casa e l’ambiente, ma soprattutto il reddito. La concezione della salute deve essere fortemente allargata, non solo la cura di alcune malattie ma di tutte, non solo le medicine con il ticket, ma medicine gratuite secondo necessità. L’istruzione, in prima istanza deve essere portata fino a 20 anni, fino cioè ad un corso universitario triennale per tutti (e ovunque). Ciò comporta non solo una riorganizzazione del sistema scolastico, soprattutto universitario, ma anche dei servizi connessi (nuovi e da sperimentare). La casa, il sistema deve poter garantire la casa a tutte le famiglie (di qualsiasi tipo e dimensione), la produzione di edilizia pubblica non deve essere considerata come un “aiuto” al meccanismo economico, ma come una salvaguardia della vita dei cittadini. L’ambiente non può essere considerato a se stante, come una sorta di “riparazione” nei riguardi della natura, ma come un elemento della qualità della vita dei cittadini. Leggi, provvedimenti e quant’altro riguarda la natura non può essere un’occasione di business, come anche alcuni “verdi” sostengono, ma come strumenti di salvaguardia, di difesa e di miglioramento della qualità della vita dei cittadini. In quest’ambito anche gli sport vanno considerati come elementi funzionali di WS.
Lo stato deve garantire che tutti i cittadini abbiano un reddito.
  
Sistema fiscale. Questo è il settore che merita le più grandi innovazioni. Proprio perché si delinea un sistema complessivo a due ambiente: uno privato e produttivo, uno pubblico di garanzia della qualità della vita, è chiaro che chi produce ricchezza (il primo ambiente) deve sostenere il secondo ambiente. Non basta un sistema progressivo, ma a questo non devono essere posti limiti, l’imposta massima può arrivare anche al 70-75%, con una forte contrazione a mano a mano che si scende sui redditi più bassi, ma anche a questi lo stato chiede un contributo nella misura in cui il WS funzioni e offre le garanzie richieste. Una riforma sostanziale deve essere fatta sulle “successione”: tutti sono legittimati ad arricchirsi, onestamente e secondo le regole e per proprie capacità possono accumulare tutte le ricchezze che possono: queste ricchezze possono godersi, ma non possono lasciarli in eredità a nessuno. La legge di successione deve prevedere che tutto il patrimonio dei defunti ( liquido, case, opere d’arte, macchine e imbarcazioni, ecc.) passano allo stato, che risulta l’unico erede e che garantisce buona vita a tutti.



       

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