Diario n. 302
29/10/2015
Renzi: “Dopo di me
il diluvio”
Recentemente il presidente del consiglio suole avvertire
gli oppositori interni al suo partito e la sinistra esterna che dopo di lui ci
sarà… Salvini.
Non so se sia vero, comunque tra Renzi e Salvini c’è il
M5*, ma ammettiamo che la previsione sia esatta nella sostanza; essa ha il
significato che tradizionalmente si assegna ad un cambiamento fortemente peggiorativo.
Descritto con: dopo di me il diluvio.
La prospettiva del “dopo” può essere gestita in due modi diversi: uno
ricattatorio e uno attento a costruire un “blocco” sociale (mi si perdoni
questo linguaggio non più in uso) che sappia, non solo opporsi alla deriva
populista, ma sappia costruire la speranza del meglio.
Questa seconda opzione a Renzi è sconosciuta. La sua
opposizione ad un populismo di destra si configura come la costruzione di un
populismo di centro. La politica di questo governo (non a caso spesso si evoca
la similitudine con i contenuti politici di Berlusconi) è tutta tesa a cercare
di parlare alla “pancia” (gli 80 euro, la defiscalizzazione della casa, riduzione
fiscali per le imprese, ecc.) e alla disseminazione di ottimismo (il
Mezzogiorno risorge: il suo pil aumenta dello O,1%. Viene da ridere se non ci
fosse da piangere). Ma su questo il fiorentino sbaglia, certo la pancia conta,
ma senza prospettiva ideale il populismo alla Salvini l’avrà sempre vinta. Per
la “gente” la pancia conta ma per fare scelte politiche ha bisogno di altro, ha
bisogno di immaginazione, di fascinazione, di grandi opzioni, altrimenti … nel
migliore dei casi resta a casa. In questa situazione prevale il ricatto (vedi
l’azione ingloriosa della sinistra interna al PD: grandi proclami e poi piccoli
aggiustamenti). Se non volessimo Salvini (o chi per lui) ci tocca tenerci
Renzi.
La costruzione di un blocco non populista ma popolare,
richiederebbe altra stoffa e altra testa. I motivi per cui l’attuale sistema
economico-sociale andrebbe cambiato (rivoluzionato) sono noti e documentati a
livello nazionale e internazionale; la sua insostenibilità economica,
ambientale e sociale descritta, analizzata e documentata; la sua
incompatibilità con la democrazia (non dico democrazia avanzata ma anche di quella che
conosciamo) è evidente, e se spesso la crisi della democrazia viene attribuita
alla sua forma o alla incapacità dei politici, i più avveduti mettono in relazione tali crisi con la deriva
del sistema capitalista.
Analisi, pensieri, esperienze, prospettive e fascinazione
per il “dopo” sarebbero necessarie, ma su questo fronte il silenzio è totale
(non solo di Renzi, per la verità). Quello che prevale è il disinteresse e
allora Renzi ricatta, ma ci dobbiamo proprio fare ricattare?
PS. Solo perché si tratta di un modo per ricordare un
amico scomparso, vorrei comunicarvi che dal 9 novembre si può trovare il
libreria un piccolo libro che Ada Becchi, Cristina Bianchetti, Paolo Ceccarelli
ed io stesso abbiamo predisposto: La
città del XXI secolo. Ragionando con Bernardo Secchi, Franco Angeli.
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