Diario 259
Marina B., una vita
straordinaria
Diario 259
Marina B., una vita
straordinaria
Ciascuno di noi vive una vita normale, direi banale, una
vita dove gli avvenimenti sono previsti e prevedibili, l’imprevisto è
un’eccezionale (e non parlo della caduta dalle scale o dall’essere investititi
sulle strisce pedonali). Molti pensano “la mia vita è un romanzo”, ma si tratta
di un riflesso di cattive letture e di tanta Tv. Per alcuni, pochi, la vita si
presenta come eccezionale, direi straordinaria, dove la realtà si scontra con
le aspirazioni, i contorcimenti di carattere risultano funzionale ad un destino
che non si voleva, dove i desideri sono continuamente frustrati. È il caso di Marina B.
Marina nasce in provincia di Varese, suo padre usciere al
comune e sua madre casalinga. Una vita grama ma tranquilla. Marina cresce
circondata dall’affetto dei suoi, sua madre sogna di farne una sarta, le sembra
che abbia una disposizione innata da come gioca con le bambole. Ma a sette
anni, perde all’improvviso il padre, la madre è disperata non solo per la perdita
del marito ma per la condizione economica nella quale la famiglia è caduta, la
magrissima pensione permette di pagare
l’affitto e comprare il pane. La madre si dispera, non sa a che santo
rivolgersi e le sue preghiere restano inascoltate. Marina è estremamente
colpita dalla morte del padre, la sua giovanissima età, sette anni, le
permetterebbe il dolore ma anche una sorta di smemoratezza, Marina no, si
lascia accompagnare soltanto dal dolore.
Una coppia facoltosa che veniva dal capoluogo per fare acquisti
di frutta e verdura, spesso si fermava a carezzare Marina, che giocava per
strada facendole regali e chiacchierava con la madre. Non avevano figli per
quanto desiderati. Un incontro fortuito, quasi casuale che cambia la vita di
Marina, questa coppia, infatti, si offre di prendere con sé Marina. La madre è
combattuta tra l’attaccamento alla figlia, il possesso, e il desiderio di
garantirle un avvenire migliore. Vince l’amore e la bambina viene affidata a
questa coppia.
Marina sviluppa un sentimento di astio verso sua madre: non
l’ha voluta, l’ha ceduta, non l’ama. È troppo giovane per far conto del suo
avvenire.
Nel nuovo ambiente, la città, Marina esplode. Si impegna
nello studio, assorbe gli stimoli che venivano dalla nuova famiglia,
culturalmente ricca anche se moralmente e socialmente rigida. Marina cresce,
per i nuovi genitori ha un sentimento di riconoscenza ma non d’amore, li sente
e li vuole tenere distanti, la vera madre dimenticata in una nuvola di astio.
Marina cresce, tra successi scolastici, buone compagnie,
feste di ragazzi, vacanze estive. Vive tutto questo con gusto, ma è come se
fosse in un ambiente alieno. Nessuna vera amicizia con le sue compagne, nessun
cedimento ai giovani corteggiatori. Si sente sola e vuole essere sola.
Ma giunge l’Università, la grande città, la moltiplicazione
degli ambienti sociali, la curiosità per il nuovo. È sola ed è felice. I
“genitori” le hanno trovato un posto in un collegio femminile, le regole non le
pesano, ma inizia a trasgredirne alcune (per un film, un concerto, chiacchiere
con compagni), nessuna amica e nessun amico. Ma all’improvviso emerge, a lei sembra
come se emergesse dalla folla dei giovani, Elena, giovane, intelligente,
spiritosa, dissacrante, come un colpo di fulmine tra le due scocca la fiamma
dell’amicizia. Elena inizia Marina allo spinello, al sesso, alla rivolta. Una
coppia che spopola, ma impenetrabile: loro due contro il mondo.
Le suore chiamano i “genitori” non possono più tenere Marina
in collegio, non rispetta nessuna regola, è arrogante, blasfema. I genitori
accorrono, vogliono riportarla a casa, Marina si ribella, la sua vita ormai è
un’altra. Non vuole niente, non dà niente, scompare da quel mondo.
Il suo mondo è la città, la sua Elena, lavoretti, giacigli
occasionali, la solidarietà dei compagni, cibi arrangiati, case occupate.
L’erba non basta più, passano ad altro, perdono i compagni, sempre più sole si
prostituiscono a turno per la dose, la loro intelligenza si ribella ma i loro
caratteri sono deboli, assuefatti a quella dimensione di degrado. Hanno ancora
fame, rubano libri, rubano pane.
Ecco un giorno per un taglio malvagio Elena muore
abbracciata a Marina.
Disperata, vaga per strada, stralunata ma non drogata,
affamata ma senza fame, vorrebbe finirla, ma aveva promesso ad Elena di essere
felice. Ma coma si fa?.
In qualche modo ripulita, rivestita, rinutrita, cerca
lavoro. Viene assunta come fattorina in una grande azienda. E come se la sua
intelligenza rifiorisca. È efficiente, è efficace, è innovativa, grande
lavoratrice, aperta ma distaccata. Viene notata e si fa notare, ha capito che
l’aspetto fisico in un donna è un importante ingrediente per attirare
l’attenzione.
Non ha vita sociale, fuori dal lavoro, letture, di tutti i
tipi, segue un corso di inglese, qualche cinema e ogni tanto gli è tornata la
voglia di qualche concerto.
Notata viene promossa, sale gradini fino ad una delle tante
segretarie dell’open space dell’azienda. Quella è la sua fortuna.
Il capo, il boss come viene chiamato da tutti, la individua.
Forse l’ha scambiata per un’altra. Avendo perduta una delle sue segretarie la
richiede. Marina cambia piano, sale all’ultimo. Ambiente raffinato ma un po’
carico (gli insegnamenti della sua famiglia adottiva hanno sviluppato
un’attenzione ai particolari). Ma quello che la colpisce è l’ambiente ostile,
le altre tre segretarie fanno un unico corpo contro. Marina fa finta di niente,
ma giudica, le valuta come donnette ambiziose e senza carattere, in attesa
spasmodica di un elogio del campo e drammatica evoluzione per un’osservazione,
non parliamo per un rimprovero. Marina si da la regola della compostezza. Fa il
suo lavoro, non piega la testa ma non è arrogante, spesso interloquisce con il
boss. Elabora una strategia per il successo. Le altre tre segretarie non si
rendono conto, ma sta tagliando loro l’erba sotto i piedi.
Soprattutto apprende: si fa consapevole delle relazione,
ammantate di cinismo, con i potenti (politici, imprenditori, amministratori);
capisce che per fare soldi bisogna procurarsi soldi e prenderli ovunque essi
siano (i soldi non hanno sapore, non hanno odore); apprende come bisogna
ridurre il danno che lo stato procuce con le tasse (evadere è un diritto); scopre che molti possono essere
comprati, hanno un prezzo (politici, magistrati, giornalisti). La sua
educazione si completa, si guarda nello specchio e sorride rimirando la bambina
che giocava per strada, la giovane per bene di buona famiglia, la sbandata, la
fattorina. Sorride soddisfatta, il mondo è là pronto per essere preso, bisogna
avere la mano pronta, il coraggio vigoroso e la coscienza opaca.
Ha smantellato la segreteria del boss, lei ormai e il capo,
ha scelto altre cinque segretarie (tre uomini e due donne) che formano il suo
ufficio, seduta alla sua scrivania, in una stanza ovattata, ormai riceve gli
omaggi dei potenti, paga, non prega, ordina. Il boss si fida e gli affida il
suo impero.
È giusto che una vita come quella di Marina B. meriti
un’opera teatrale che la esalti, come quella che si sta preparando in questi
giorni. La sua vita è un romanzo.
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