domenica 11 maggio 2014

Marina B., una vita straordinaria

Diario 259

Marina B., una vita straordinaria



Diario 259

Marina B., una vita straordinaria

Ciascuno di noi vive una vita normale, direi banale, una vita dove gli avvenimenti sono previsti e prevedibili, l’imprevisto è un’eccezionale (e non parlo della caduta dalle scale o dall’essere investititi sulle strisce pedonali). Molti pensano “la mia vita è un romanzo”, ma si tratta di un riflesso di cattive letture e di tanta Tv. Per alcuni, pochi, la vita si presenta come eccezionale, direi straordinaria, dove la realtà si scontra con le aspirazioni, i contorcimenti di carattere risultano funzionale ad un destino che non si voleva, dove i desideri sono continuamente frustrati.  È il caso di Marina B.
Marina nasce in provincia di Varese, suo padre usciere al comune e sua madre casalinga. Una vita grama ma tranquilla. Marina cresce circondata dall’affetto dei suoi, sua madre sogna di farne una sarta, le sembra che abbia una disposizione innata da come gioca con le bambole. Ma a sette anni, perde all’improvviso il padre, la madre è disperata non solo per la perdita del marito ma per la condizione economica nella quale la famiglia è caduta, la magrissima pensione permette  di pagare l’affitto e comprare il pane. La madre si dispera, non sa a che santo rivolgersi e le sue preghiere restano inascoltate. Marina è estremamente colpita dalla morte del padre, la sua giovanissima età, sette anni, le permetterebbe il dolore ma anche una sorta di smemoratezza, Marina no, si lascia accompagnare soltanto dal dolore. 
Una coppia facoltosa che veniva dal capoluogo per fare acquisti di frutta e verdura, spesso si fermava a carezzare Marina, che giocava per strada facendole regali e chiacchierava con la madre. Non avevano figli per quanto desiderati. Un incontro fortuito, quasi casuale che cambia la vita di Marina, questa coppia, infatti, si offre di prendere con sé Marina. La madre è combattuta tra l’attaccamento alla figlia, il possesso, e il desiderio di garantirle un avvenire migliore. Vince l’amore e la bambina viene affidata a questa coppia.
Marina sviluppa un sentimento di astio verso sua madre: non l’ha voluta, l’ha ceduta, non l’ama. È troppo giovane per far conto del suo avvenire.
Nel nuovo ambiente, la città, Marina esplode. Si impegna nello studio, assorbe gli stimoli che venivano dalla nuova famiglia, culturalmente ricca anche se moralmente e socialmente rigida. Marina cresce, per i nuovi genitori ha un sentimento di riconoscenza ma non d’amore, li sente e li vuole tenere distanti, la vera madre dimenticata in una nuvola di astio.
Marina cresce, tra successi scolastici, buone compagnie, feste di ragazzi, vacanze estive. Vive tutto questo con gusto, ma è come se fosse in un ambiente alieno. Nessuna vera amicizia con le sue compagne, nessun cedimento ai giovani corteggiatori. Si sente sola e vuole essere sola.
Ma giunge l’Università, la grande città, la moltiplicazione degli ambienti sociali, la curiosità per il nuovo. È sola ed è felice. I “genitori” le hanno trovato un posto in un collegio femminile, le regole non le pesano, ma inizia a trasgredirne alcune (per un film, un concerto, chiacchiere con compagni), nessuna amica e nessun amico. Ma all’improvviso emerge, a lei sembra come se emergesse dalla folla dei giovani, Elena, giovane, intelligente, spiritosa, dissacrante, come un colpo di fulmine tra le due scocca la fiamma dell’amicizia. Elena inizia Marina allo spinello, al sesso, alla rivolta. Una coppia che spopola, ma impenetrabile: loro due contro il mondo.
Le suore chiamano i “genitori” non possono più tenere Marina in collegio, non rispetta nessuna regola, è arrogante, blasfema. I genitori accorrono, vogliono riportarla a casa, Marina si ribella, la sua vita ormai è un’altra. Non vuole niente, non dà niente, scompare da quel mondo.
Il suo mondo è la città, la sua Elena, lavoretti, giacigli occasionali, la solidarietà dei compagni, cibi arrangiati, case occupate. L’erba non basta più, passano ad altro, perdono i compagni, sempre più sole si prostituiscono a turno per la dose, la loro intelligenza si ribella ma i loro caratteri sono deboli, assuefatti a quella dimensione di degrado. Hanno ancora fame, rubano libri, rubano pane.
Ecco un giorno per un taglio malvagio Elena muore abbracciata a Marina.
Disperata, vaga per strada, stralunata ma non drogata, affamata ma senza fame, vorrebbe finirla, ma aveva promesso ad Elena di essere felice. Ma coma si fa?.
In qualche modo ripulita, rivestita, rinutrita, cerca lavoro. Viene assunta come fattorina in una grande azienda. E come se la sua intelligenza rifiorisca. È efficiente, è efficace, è innovativa, grande lavoratrice, aperta ma distaccata. Viene notata e si fa notare, ha capito che l’aspetto fisico in un donna è un importante ingrediente per attirare l’attenzione.
Non ha vita sociale, fuori dal lavoro, letture, di tutti i tipi, segue un corso di inglese, qualche cinema e ogni tanto gli è tornata la voglia di qualche concerto.
Notata viene promossa, sale gradini fino ad una delle tante segretarie dell’open space dell’azienda. Quella è la sua fortuna.
Il capo, il boss come viene chiamato da tutti, la individua. Forse l’ha scambiata per un’altra. Avendo perduta una delle sue segretarie la richiede. Marina cambia piano, sale all’ultimo. Ambiente raffinato ma un po’ carico (gli insegnamenti della sua famiglia adottiva hanno sviluppato un’attenzione ai particolari). Ma quello che la colpisce è l’ambiente ostile, le altre tre segretarie fanno un unico corpo contro. Marina fa finta di niente, ma giudica, le valuta come donnette ambiziose e senza carattere, in attesa spasmodica di un elogio del campo e drammatica evoluzione per un’osservazione, non parliamo per un rimprovero. Marina si da la regola della compostezza. Fa il suo lavoro, non piega la testa ma non è arrogante, spesso interloquisce con il boss. Elabora una strategia per il successo. Le altre tre segretarie non si rendono conto, ma sta tagliando loro l’erba sotto i piedi.
Soprattutto apprende: si fa consapevole delle relazione, ammantate di cinismo, con i potenti (politici, imprenditori, amministratori); capisce che per fare soldi bisogna procurarsi soldi e prenderli ovunque essi siano (i soldi non hanno sapore, non hanno odore); apprende come bisogna ridurre il danno che lo stato procuce con le tasse (evadere è un  diritto); scopre che molti possono essere comprati, hanno un prezzo (politici, magistrati, giornalisti). La sua educazione si completa, si guarda nello specchio e sorride rimirando la bambina che giocava per strada, la giovane per bene di buona famiglia, la sbandata, la fattorina. Sorride soddisfatta, il mondo è là pronto per essere preso, bisogna avere la mano pronta, il coraggio vigoroso e la coscienza opaca.
Ha smantellato la segreteria del boss, lei ormai e il capo, ha scelto altre cinque segretarie (tre uomini e due donne) che formano il suo ufficio, seduta alla sua scrivania, in una stanza ovattata, ormai riceve gli omaggi dei potenti, paga, non prega, ordina. Il boss si fida e gli affida il suo impero.
È giusto che una vita come quella di Marina B. meriti un’opera teatrale che la esalti, come quella che si sta preparando in questi giorni. La sua vita è un romanzo.                    






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