venerdì 30 maggio 2014

Il 40% è troppo. Pericoli crescenti

Diario 263

Il 40% è troppo. Pericoli crescenti

Mi ha molto, ma molto, preoccupato la dichiarazione del vincitore Renzi quando ha detto il PD deve allargarsi fino a diventare il partito della nazione. Evidentemente il 40% dei voti dà alla testa.

Il partito della nazione è il contrario della democrazia, sia perché rende anche impossibile quel brutto esemplare di democrazia che è l’alternanza, sia perché cancella l’articolazione politica (e democratica) delle forze sociali. Il partito della nazione si traduce come un partito della totalità. Un partito e un uomo prende tutto. Il 40% ha fatto male anche alle forze articolate, si fa per dire, del PD, la versione del salire sul carro del vincitore viene oggi tradotto nel “il partito è di tutti”, anche il ribelle Citati chiede un posto in segretaria (perché negarglielo, non potrà fare niente di male). 

Ma la sindrome imperversa su tutto l’arco parlamentare: il partito di Monti si è squagliato, e le gocce premono per essere assorbite nella spugna renziana (del resto alcune di queste gocce da quel partito provenivano e si erano accasate con Monti farneticando di un centro trionfante). 

Non mi meraviglierei se anche alcuni orfani di Berlusconi, invece di bussare alla porta di Alfano bussassero a quella di Renzi.

Ma quello che intristisce e fa cadere le braccia, come si dice, è l’atteggiamento di una parte (solo una parte?) di SEL. Pare che ci sia una parte che vorrebbe che SEL entrasse al governo come premessa per una confluenza nel PD (o viceversa, non fa differenza). Si poteva sperare, come ho scritto in precedenza, che a partire del risicato successo della lista per l’Europa, risicato ma niente affatto scontato, quell’area, vista l’aria che soffiava dalla parte del PD, si impegnasse a fare qualche cosa di diverso dall’entrismo (spettacolo già visto in altre occasioni). Si poteva sperare ma non era certo che ci si poteva credere. Così mi pare è.

La “democrazia” non è volti sorridenti e soddisfatti, non è promessa di riforme forse utili, del pensiero dell’uomo al comando o anche del “suo” partito, vive di dialettica, di conflitti, di antagonismi, di differenze, di diverse opzioni sociali, di diverse visioni del mondo, cioè di un confronto non solo di interessi ma anche di idee e di prospettive. Il coltivare gli interessi può generare mostruosità, Certo che la situazione attuale vive dell’orgia della governabilità, cioè non tanto di un punto di equilibrio temporaneo tra diversità, ma di una prevaricazione (fosse anche istituzionalmente garantita). 

I tempi che ci vengono incontro sono molto instabili, essi meriterebbero un surplus di democrazia, ma la malattia di questa, dichiarata da tutti i medici, almeno in Italia, sembra adottare la cura dell’unanimismo. Brutto, brutto temporale.

Del resto, e questo è l’altro grande problema, quando l’alternativa si focalizza tra M5* e FI, non c’è scampo. 

Si può sperare solo in una pioggia torrenziale che spazi via i miserabili, ma possenti, ripari costruiti con l’unanimismo.




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