martedì 5 agosto 2014

Il turismo evocato e temuto

Diario 259
Il turismo evocato e temuto

A falange si muovono, da tutti i paesi verso tutti i paesi: è il turismo che ogni economia desidererebbe accogliere.
Nel nostro paese il ragionare di turismo suscita generiche lamentele, antagonismi tra amministrazioni, meraviglia per la poca capacità di attrazione nonostante che si tratti con il più numeroso patrimonio artistico e culturale, speranze infondate, speculazioni certe.
La società si anima, per esempio, per quella che ritiene una pericolosa pratica che mette in pericolo uno dei patrimoni di maggior valore e che ne deturpa l’estetica, mi riferisco alle navi crociere che attraversano il bacino  San Marco a Venezia. Certo, hanno ragione, ma quello delle navi crociere rischia di essere un diversivo se non si affronta il problema del turismo in generale nella città, non sono, infatti, meno distruttive e meno aggressive alla bellezza dei luoghi quelle che spesso i veneziani chiamano le orde di turisti.
Quello che si cerca di nascondere, in generale, è che il turismo è un’industria pesante, il che vuol dire che per goderne dei vantaggi bisognerebbe sviluppare un’attenta programmazione e  un’efficiente  organizzazione  e ne  andrebbero controllati gli effetti. Lasciato alla  spontaneità il turismo rischia di essere distruttivo, di non cogliere a pieno la ricchezza e l’articolazione del nostro patrimonio (turistico), con poca soddisfazione degli stessi turisti.
Turisti, il plurale configura, di fatto, una grande articolazione di turismi: balneare, montano, culturale, sportivo, da festival, da shopping, ecc. Ogni luogo vorrebbe accogliere tutta la gamma dei turismi, quella che possiamo definire un’utopia. Inoltre, sempre più il turismo si differenzia per possibilità di spesa, in questa fase storica molto accentuato. Oggi sono i “ricchi” i turisti desiderati.
Così una zona che costituisce un forte richiamo per il turismo balneare, quindi un turismo limitato a pochi mesi, desidererebbe “allungare la stagione”, come si sul dire, con “altri” turismi. Ma glia altri turismi subiscono l’attrazione di altri luoghi. Il che ci porta alla regola generale, una società, una zona, una regione, una città non può vivere di solo turismo, per quanto importante sia il contributo che il turismo può offrire ad una economia.
Ci si lamenta che poche città sono centri  di grande attrazione turistica (Firenze, Roma, Venezia, Milano) ma poi si osserva che anche in queste città i grandi patrimoni (musei, pinacoteche, chiese, ecc.) sono poco frequentati. Qui due fenomeni si incontrano, da una parte verso queste città si indirizza il turismo da shopping, più interessato a via Monte Napoleoni che a Brera. Il secondo fenomeno e quello del turismo giornaliero o comunque di poca durata, che non ha tempo (e soldi) per musei, anche se li desidera.
Non ci si oppone che il patrimonio storico, artistico e archeologico, possa costituire un elemento anche economico, essere cioè un elemento di attrazione che determina vantaggi economici. Ma anche qui l’attenzione deve essere massima onde evitare che tutto si riduca ad una dimensione di mero mercato.  
Tranne casi specifici non si può essere, a ragion veduta, contro la mobilità delle opere d’arte. Ma attenzione, le motivazioni non possono essere solo di mercato. La polemica circa l’indisponibilità dei Bronzi di Riace di essere trasferite all’expo di Milano, rivendicandoli come patrimonio comune del paese e sottolineando che gli incassi per i visitatori del museo di Reggio Calabria sono una somma “ridicola”, che non si confà a opere di questo valore, costituisce, come è ovvio, una errata semplificazione e una ridicola motivazione.
Il problema sta nella cattiva organizzazione e pianificazione del turismo a livello nazionale che taglia fuori, perché estraneo al circuito spontaneo o organizzato dalle grandi agenzie, una parte consistente, la più consistente, del patrimonio culturale del paese.

Solo un disegno programmatico di turismo che mette assieme sia le bellezze naturali che quelle storiche artistiche del paese, con una politica dell’accoglienza e dei trasporti, in  grado di determinare flussi ragionevoli di turismo senza l’assalto a pochi luoghi, può rendere anche economicamente la “bella Italia”, nella consapevolezza che il paese non possa vivere di solo turismo.  

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