Diario 259
Il turismo evocato
e temuto
A falange si muovono, da tutti i paesi verso tutti i
paesi: è il turismo che ogni economia desidererebbe accogliere.
Nel nostro paese il ragionare di turismo suscita
generiche lamentele, antagonismi tra amministrazioni, meraviglia per la poca
capacità di attrazione nonostante che si tratti con il più numeroso patrimonio
artistico e culturale, speranze infondate, speculazioni certe.
La società si anima, per esempio, per quella che ritiene
una pericolosa pratica che mette in pericolo uno dei patrimoni di maggior
valore e che ne deturpa l’estetica, mi riferisco alle navi crociere che attraversano
il bacino San Marco a Venezia. Certo,
hanno ragione, ma quello delle navi crociere rischia di essere un diversivo se
non si affronta il problema del turismo in generale nella città, non sono, infatti,
meno distruttive e meno aggressive alla bellezza dei luoghi quelle che spesso i
veneziani chiamano le orde di turisti.
Quello che si cerca di nascondere, in generale, è che il
turismo è un’industria pesante, il
che vuol dire che per goderne dei vantaggi bisognerebbe sviluppare un’attenta
programmazione e un’efficiente organizzazione e ne andrebbero
controllati gli effetti. Lasciato alla spontaneità il turismo rischia di essere
distruttivo, di non cogliere a pieno la ricchezza e l’articolazione del nostro
patrimonio (turistico), con poca soddisfazione degli stessi turisti.
Turisti, il plurale configura, di fatto, una grande
articolazione di turismi: balneare, montano, culturale, sportivo, da festival,
da shopping, ecc. Ogni luogo vorrebbe accogliere tutta la gamma dei turismi,
quella che possiamo definire un’utopia. Inoltre, sempre più il turismo si
differenzia per possibilità di spesa, in questa fase storica molto accentuato. Oggi
sono i “ricchi” i turisti desiderati.
Così una zona che costituisce un forte richiamo per il
turismo balneare, quindi un turismo limitato a pochi mesi, desidererebbe “allungare
la stagione”, come si sul dire, con “altri” turismi. Ma glia altri turismi
subiscono l’attrazione di altri luoghi. Il che ci porta alla regola generale,
una società, una zona, una regione, una città non può vivere di solo turismo,
per quanto importante sia il contributo che il turismo può offrire ad una
economia.
Ci si lamenta che poche città sono centri di grande attrazione turistica (Firenze, Roma,
Venezia, Milano) ma poi si osserva che anche in queste città i grandi patrimoni
(musei, pinacoteche, chiese, ecc.) sono poco frequentati. Qui due fenomeni si
incontrano, da una parte verso queste città si indirizza il turismo da shopping,
più interessato a via Monte Napoleoni che a Brera. Il secondo fenomeno e quello
del turismo giornaliero o comunque di poca durata, che non ha tempo (e soldi) per
musei, anche se li desidera.
Non ci si oppone che il patrimonio storico, artistico e
archeologico, possa costituire un elemento anche economico, essere cioè un elemento
di attrazione che determina vantaggi economici. Ma anche qui l’attenzione deve
essere massima onde evitare che tutto si riduca ad una dimensione di mero
mercato.
Tranne casi specifici non si può essere, a ragion veduta,
contro la mobilità delle opere d’arte. Ma attenzione, le motivazioni non
possono essere solo di mercato. La polemica circa l’indisponibilità dei Bronzi
di Riace di essere trasferite all’expo di Milano, rivendicandoli come
patrimonio comune del paese e sottolineando che gli incassi per i visitatori
del museo di Reggio Calabria sono una somma “ridicola”, che non si confà a
opere di questo valore, costituisce, come è ovvio, una errata semplificazione e
una ridicola motivazione.
Il problema sta nella cattiva organizzazione e
pianificazione del turismo a livello nazionale che taglia fuori, perché estraneo
al circuito spontaneo o organizzato dalle grandi agenzie, una parte
consistente, la più consistente, del patrimonio culturale del paese.
Solo un disegno programmatico di turismo che mette
assieme sia le bellezze naturali che quelle storiche artistiche del paese, con
una politica dell’accoglienza e dei trasporti, in grado di determinare flussi ragionevoli di
turismo senza l’assalto a pochi luoghi, può rendere anche economicamente la “bella
Italia”, nella consapevolezza che il paese non possa vivere di solo turismo.
Sempre in gamba il mio "vecchio" relatore.
RispondiEliminaCari saluti.