sabato 26 ottobre 2013

Drago famelico



Drago famelico

L’unione bancaria europea va avanti. Sembra una buona cosa, ma invece si tratta di una evento con pessimi effetti. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha illustrato ai capi di stato riuniti a Bruxelles che la verifica della situazione delle banche europee non potrebbe essere scissa dalla necessità che gli stati membri predispongano risorse pubbliche per ricapitalizzare le banche che ne avessero necessità. 

La maggior parte delle 15 banche italiane sono sottocapitalizzate, quindi la collettività deve predisporsi a ricapitalizzarle. Come? Ma è semplice c’è sempre da tagliare la sanità, la scuola, le pensioni , ecc. Al debito sovrano si sommano i vincoli di disavanza della UE ed ora anche la “delicata” situazione dei nostri istituti di credito che non possono fallire pena la diffusione del … panico. Ma siamo talmente nel panico che ci fa un baffo quello derivante da questa nuova evenienza passiva.

Certo si potrebbero sequestrare i beni mobili e immobili dei dirigenti e amministratori, presenti e passati, di queste banche, che con i loro lauti stipendi, bonus, liquidazioni faraoniche, ecc. hanno spolpato clienti e proprietari; si potrebbero nazionalizzare remunerando gli attuali proprietari con 1 €; si potrebbe… chi sa quante cose si potrebbero fare prima di addossare alla collettività, a noi e a ciascuno di noi la responsabilità e il carico della ricapitalizzazione. Ma così va il mondo, ma non è necessario che continui con questo andazzo. 



Ancora diritti e solidarietà

Il diario precedente su diritti e solidarietà ha suscitato un certo interesse, approvazioni e critiche. Di seguito pubblico i testi più articolati (depurati da aspetti personali) di alcuni amici, Alfio, Valeria e Angelo che propongo a tutti i lettori del Diario. 

Hai ragione. La parola solidarietà proviene dal lessico cattolico ed è pertanto viziata di compassione e paternalismo. Malgrado l’etimo consentirebbe di depurarla di questa componente.

Purtroppo, anche la cultura dei diritti non manca di inconvenienti.

Quando T. H. Marshall ne gettava le basi, fresco delle riforme del Labour (se non l’hai visto ti segnalo l’ottimo: The Spirit of 1945), il tema era il welfare. Peraltro era lo spirito del tempo. La costituzione italiana prevede qualcosa di simile. Anche se fa un uso molto parsimonioso del termine.

Quel che però è capitato, col neocostituzionalismo, è la proliferazione dei diritti. Gli spagnoli hanno riconosciuto pure quelli delle scimmie...

Con questo conseguendo almeno due effetti devastanti: il primo è dare ai diritti una curvatura individualistica. L’individuo e il suo usbergo di diritti, da far valere per via giudiziaria (altro che azione collettiva!). Il secondo inconveniente è di mettere i diritti ormai ridondanti in rotta di collisione. La sinistra oggi si preoccupa tanto del matrimonio omosessuale e se ne infischia del diritto al lavoro. Anzi, usa il primo diritto per calpestare il secondo. Non ci sto, lo trovo uno dei tanti tradimenti di questa orribile sinistra.

E allora? Bel pasticcio. Che avessero ragione i nostri nonni quando non parlavano né di diritti (che erano solo quelli di libertà), né di solidarietà, ma molto semplicemente di fraternité?

Un saluto affettuoso,

Alfio






Una riflessione sul diario.
Per la prima volta da quando lo ricevo non sono del tutto d'accordo, mi sembra, con quello che dice.



La parola solidarietá puó certo avere il senso che le attribuisci, la deriva paternalista che le rimproveri, in qualcuna delle sue molteplici letture. Tuttavia secondo me non evoca il "fare una favore", bensí l'empatia e la compassione (nel senso romantico della parola). Possono i poteri pubblici occuparsi dell'empatia e della compassione? Regolarla? Assicurarla? Desideriamo e crediamo possibili politiche pubbliche cosí perfette, cosí complete, da rendere innecessaria la solidarietá? Mah, secondo me no. Solidarietá è una bella parola che parla di una pulsione umana, non la piú forte, ma comunque diffusa e commovente, a riconoscersi "fratelli" o "soci" su una stessa barca, governata da un destino spesso cieco, spesso crudele. La solidarietá potrebbe essere l'umanesimo degli atei. Davvero non possiamo trovare un'altra parola che esprima il concetto, sacrosanto, di societá dei diritti, di cittadini con diritti, senza immolare la solidarietà?? È vero che puó esistere una relazione tra la solidarietà e i diritti, che quando si consolidano i diritti, la solidarietá si puó spostare, ridefinre, ma mi sembra necesssario non perderla come valore. Simbolizza che la nostra rete di protezione, il nostro tessuto, sono i nostri diritti e le nostre relazioni di solidarietá (e di affetto). Che siamo animali social, non animali statali ;-)

Valeria



Le tue osservazioni sulla solidarietà mi trovano totalmente d'accordo. Anche la tua descrizione dei diritti la condivido perfettamente. Solo che non posso fare a meno di osservare che i diritti presuppongano delle leggi che li stabiliscano, il che comporta, e tu lo dici chiaramente, non solo una "cittadinanza" che dia il diritto di esercitare il diritto, ma soprattutto una "legge" che ne stabilisca i limiti e le occasioni.

Non voglio fare il trito discorso ideologico sull' anarchia che non accetta le leggi, ma quello pratico per permettere di osservare qualcosa di necessario se il fine che si vuole raggiungere è quello della giustizia.

1° - Lo dici tu: "...i diritti sociali conquistati con fatica, lotta e intelligenza..." Ma un uomo, a prescindere che gli vengano o meno riconosciuti da una "Dichiarazione dei diritti dell'uomo " o da una costituzione qualunque essa sia, non credi che abbia i suoi propri diritti solo per il semplice fatto di essere un uomo? 

2° - La legge (anche quella fornita di sacralità costituzionale) come conseguenza del diritto è uno strano animale al quale può cambiarsi pelle ad ogni stormir di foglie dando agli uomini l'alibi per poter compiere qualunque nefandezza giustificandosi appunto con l'esistenza della legge. Ed in più, anche quando una società nel suo complesso si rende cosciente delle nefandezze, per smettere di compierle occorre fare una legge che elimini quella in corso (Bossi, Fini, Maroni ti dice qualcosa?)

3° - Pur non avendo niente a che fare con Pascal e pur odiando citare non posso fare a meno di ripetere la sua considerazione "la legge senza forza è ridicola, la forza senza legge è sopraffazione" (cito a memoria).

La fine che faranno i diritti la descrivi tu insieme alle motivazioni che vengono addotte.

Naturalmente meglio i diritti che niente, ma personalmente preferirei che si parlasse di "Doveri verso l'essere umano".

Angelo



Lontano da me l’idea di mettere il cappello sulla discussione. Gli amici mi hanno scritto tutti cose interessanti, ma vorrei avanzare alcune altre poche osservazioni .

1. La mia obiezione è alla solidarietà come “virtù collettiva”, che essa debba e possa albergare nei cuori dei singoli lo spero. Il potere pubblico non credo che possa farsi carico dell’empatia, preferisco, personalmente, la gelida razionalità organizzativa che il caos emotivo. Capisco che partorire a casa, circondate da mamma, sorella, zia, nonna, ecc. determina un ambiente carico di affetto, di empatia e di solidarietà, rispetto al partorire in sala operatoria, ma questa è più sicura. Io sposo il punto di vista del dottor House: “preferisce che io sia gentile e affettuoso o che la guarisco”. 

2. La solidarietà perde la qualità di rapporto personale che alla fine esclude gli altri quando diventa diritto per tutti. Certo che si può eccedere, ed è anche vero che esistono “ambiti” nei quali il pubblico lo Stato non deve intervenire perché sono ambiti di diritti individuali inalienabili e non cedibili (i rapporti sessuali, il fine vita, ecc.).

3. Perché i diritti siano reali e operativi ci vogliono le “leggi”; si possono fare leggi cattive (vedi quelle sull’immigrazione) ma le leggi non nascono dalla testa di Giove, sono il risultato, di cultura, di pensiero e di forza, sono l’esito dei meccanismi operanti nella società, e in quest’ambito non esiste la “verità” (per fortuna), ma la ricerca delle migliori condizioni per una convivenza soddisfacente. Le “buone cause” , per così dire, non si affermano in sé stesse, ma possono diventare diritto operativo esercitando la “forza”.

4. Per chiudere scherzando., ma non troppo, mi rifiuto di considerarmi insieme a tutti dentro la stessa barca, se mi guardo in giro decido che è meglio buttarsi a mare e nuotare; sarebbe bello se molti facessero lo stesso.


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