sabato 29 settembre 2012

Oriol Nel.lo, Ordenar el Territorio. La experiencia de Barcelona y Cataluña



Oriol Nel.lo, Ordenar el Territorio. La experiencia de Barcelona y Cataluña, Tirant Humanidades, Valencia. Pp 256. sip
Da Asur 2012

Oriol Nel.lo, non è un  tecnico, magari prestato alla politica, come si dice in Italia, ma un tecnico-politico che ha guidato la pianificazione in Catalogna negli ultimi anni[1], una esperienza di grande importanza, ricca di insegnamenti e fruttuosa nei suoi esiti. Tecnico, geografo esperto di pianificazione, con esperienze internazionali, che ha guidato per molti anni l'Istituto Metropolitano di Barcellona, che tante ricerche e approfondimenti ha prodotto sulla dinamica della metropoli catalana. Politico, perché dotato di una propria visione politica, frutto di militanza, riflessione e confronto con le trasformazioni della società; un uomo di sinistra dove il sostantivo non è una collocazione, ma una visione del mondo e un approccio alla trasformazione.
Di questa esperienza di guida del governo del territorio catalano il presente volume costituisce un bilancio, non un semplice racconto di cose fatte, ma piuttosto l’analisi delle diverse situazioni, delle soluzioni di volta in volta trovate, del lavoro di equipe svolto, e, certo, anche dei risultati ottenuti. La struttura del volume, come vedremo, è stata pensata dall'autore proprio per non dare il senso di un bilancio trionfale, ma piuttosto per indicare il lavoro fatto, il metodo di lavoro utilizzato, sui diversi aspetti e i risultati ottenuti.
Due sono le linee guida che hanno caratterizzato l'attività di Oriol Nel.lo e della sua equipe: da una parte cercare di rispondere al processo di urbanizzazione attraverso l'adozione di nuovi strumenti di governo delle trasformazioni e di attuazione che rompessero il punto di vista soltanto municipale. Una opzione questa dettata non già da posizione precostituita ma dall'analisi attenta sia dei reali processi di urbanizzazione sia dell'integrazione, funzionale, economica e sociale dei territori. Dall'altra parte, pur in una contesto nazionale e internazionale che premeva per la deregolamentazione di ogni processo di trasformazione del territorio (storia che abbiamo anche vissuto e subito nel mostro paese), l'affermazione netta ed esplicita del potere e della responsabilità pubblico nella pianificazione e trasformazione del territorio.
Strumenti innovativi, da una parte, governo pubblico delle trasformazioni, dall'altra parte. Queste due opzioni hanno guidato le scelte dell'intervento, con risultati di grande interesse e secondo un'affermazione fatto in altro contesto, ma ancora valida, vale la pena di “apprendere  da Barcellona ma non copiare”. Ogni situazione pretende da una parte analisi e riflessioni appropriate e dall'altra parte  l'individuazione  di specifici strumenti d'intervento.
L'analisi delle trasformazione del territorio regionale, a seguito della fine della dittatura franchista e l'iniziativa delle amministrazioni comunali che, riconquistata la democrazia, erano  impegnati a “fare” per rispondere alle esigenze dei cittadini, ha messo in luce tre fenomeni: la dispersione degli insediamenti, la specializzazione di singole aree, la segregazione sociale. Un'analisi che impegna il governo regionale a combattere questi tre aspetti negativi. Quello che emerge con forza, tuttavia, è la necessità di nuovi strumenti per governare il territorio che abbiano, principalmente: carattere integrato, promuovano la cooperazione tra le diverse amministrazioni, generino la partecipazione dei cittadini e siano sottoposti ad attenta valutazione dei risultati.
Dopo avere analizzato le cause generali della crisi degli strumenti di pianificazione, l’autore mette in luce, come il recupero dell'esperienza di pianificazione della regione catalana in epoca pre-franchismo, sebbene abbia costituito una guida alla formazione del piano regionale del primo governo democratico, debba essere giudicata un’esperienza  poco soddisfacente relativamente ai risultati e soprattutto molto lenta nella generazione di nuovi assetti richiesti sia dalle nuove condizioni economico-sociali sia dalle aspettative della popolazione  .
Proprio allo scopo di correggere questa situazione il governo regionale si è impegnato  ad elaborare in tempo breve dei piani territoriali di singoli parti della regione che potessero guidare lo sviluppo del territorio. A partire dal 2004, hanno nel quale questa decisione è stata presa,  inizia l'elaborazione di questi piani che in sei anni coprono tutto il territorio della regione (2006 Alt Pireneu i Arany; 2007 Terres de Lleida; 2008 Comarques Centrals; 2010 Camp de Tarragona, Metropolitano de Barcelona[2], Terresde l'Ebre e Comarques  Gironines).
Questi piani territoriali (parziali) si proponevano di correggere nei singoli territori le tendenze in atto relativamente alla dispersione, specializzazione e segregazione, adottando un criterio contrario alla prassi che vuole prima l'elaborazione del piano generale (di tutta la regione) e poi, che da questo discendono, l'elaborazione dei piani parziali. Ma proprio per evitare che la “parzialità” potesse prendere il sopravvento,  i piani parziali mentre cercavano di rispondere alle esigenze e ai problemi delle singole zone, dovevano seguire  criteri omogenei elaborati nei  Criterios de planeamiento territorial, che dettava indicazioni precise rispetto a: il sistema dello spazio aperto, il sistema del territorio costruito, il sistema della mobilità. Inoltre i piani parziali erano inquadrati in uno scenario socio-economico comune, che indicava l'evoluzione demografica, occupazionale ed economica di tutta la regione,  in modo che ogni piano parziale con questa dinamica si dovesse misurare. Infine  i piani territoriali dovevano risultare coerenti con la pianificazione settoriale (per esempio con quella relativa alle infrastrutture).
Appare di un certo interesse, anche, la procedura adottata per l’approvazione dei piani territoriali. Il processo di approvazione prevede: la predisposizione di un ante-progetto che contenga tutti gli elementi del piano; una consultazione pubblica della durata di 2-4 mesi, durante la quale i cittadini avanzano critiche, suggerimenti, ecc.; un elaborato successivo più appro0fndito e che prende in esame le osservazioni del pubblico; una nuova fase di informazione al pubblico; la definizione ultima del Piano che viene approvato provvisoriamente dal Consejero de Politica Territorial;  infine l’approvazione definitiva dal Governo regionale. Una elaborazione che rende non casuale, né volontaria la partecipazione del pubblico, ma, piuttosto, formale e sostanziale, e che mette a confronto e a lavorare insieme l’amministrazione centrale con quelle locali. Il piano diventa poi la guida per la revisione della pianificazione dei singoli municipi.
Un capitolo del libro è dedicato al Piano Metropolitano di Barcellona del quale ci siamo già occupati su questa stessa rivista (ved. nn. 97-98) piace tuttavia riportare le conclusioni dell'autore, per il quale il piano costituisce una singolarità: prima di tutto per lo sforzo di cooperazione inter-amministrativa  tra l'amministrazione autonoma e i governi locali; secondo ha esaltato la capacità di coinvolgimento dell'opinione pubblica; infine che si tratta non già di un “piano indicativo” ma piuttosto di uno strumento normativo e di carattere prescrittivo e vincolante.
L'effetto del Piano metropolitano, cioè la sua effettiva incidenza sull'area e la sua applicazione dipenderà sicuramente dagli orientamenti politici e sociali dei governi che si succederanno in futuro, sia a livello statale che regionale e locale. Tuttavia, sottolinea l'autore, cè un terzo fattore determinante: l'accettazione della proposta da parte della popolazione; se la collettività non difende la città sarà vana ogni tentativo di organizzarla.
Il Piano direttorio urbanistico è lo strumento intermedio tra il piano territoriale e quello municipale, quello che in italia siamo soliti chiamare il “piano di area vasta” ma di cui non esiste né una elaborazione teorica completa né una applicazione normativa (se non in forma derivata). Tra il piano territoriale, che mediamente copre un territorio di circa 4.500 km2, e il piano municipale, mediamente di circa 30 km2, la normativa catalana prevede appunto il piano direttorio urbanistico, che ha proprio lo scopo sia di tenere conto delle prescrizione del piano territoriale, ma soprattutto di trovare soluzioni adeguate non nel microcosmo municipale, ma tenendo conto delle realtà integrate del territorio, e soprattutto come coordinamento dei piani municipali rispetto alle infrastrutture, alla protezione del suolo non urbanizzato (che deve tenere conto di una logica di ampio spazio), la politica dell'urbanizzazione del suolo e la costruzione delle abitazioni e l'individuazione delle aree residenziali strategiche per lo sviluppo futuro che devono avere carattere integrato. Tra il 2004 e il 2010 si è dato impulso alla predisposizioni di 39 piani direttori, di cui 27 già approvati definitivamente, 2 approvati provvisoriamente e il resto in elaborazione. Uno sforzo enorme in sette anni.
Oriol Nel.lo, e non si puo non essere d’accordo con lui,  ritiene la pianificazione di area vasta la nuova frontiera della pianificazione che tenga conto sia di risultati efficienti, sia della nuova integrazione dei territori (quella che abbiamo chiamata la metropolizzazione del territorio). In quest'ambito lo studio di dettaglio dell'esperienza catalana può essere di grande utilità.
All'analisi di uno di questi piani, il Piano direttorio del sistema costiero, l'autore dedica un'attenzione particolare, anche perché la costa spagnola, come è noto, ha subito a partire dagli anni '60 del secolo precedente delle trasformazioni di grande portata e, anche, di grande violenza.
Se questa trasformazione, soprattutto di natura turistica, ha portata dei benefici economici, non ci può nascondere che essa ha danneggiato il carattere  ambientale e paesaggistico della costa,  tanto da rischiarne la svalutazione anche economica. Proprio una gestione molto frammentata dello sviluppo dell'urbanizzazione, affidata ai singoli comuni, e principalmente all’origine dell’esisti negativi del processo di trasformazione e mette in evidenza la necessità di una piano dell'area costiera di carattere sovracomunale. 
Il Piano direttorio del sistema costiero  può essere considerato un elemento esemplare del rinnovo della pianificazione sia per l’importanza dell’oggetto, sia per le procedure adottate e sia per gli obiettivi. Questi ultimi sono molto chiari: proteggere il litorale catalano non ancora urbanizzato, evitando che sulla costa si possano sviluppare insediamenti di qualsiasi tipo, per salvaguardare un patrimonio di grande valore non solo paesaggistico e naturalistico ma anche economico, il cui degrado penalizza sia i cittadini che la stessa economia. Se urbanizzare la costa, infatti,  è sembrato una grande risultato e vantaggio economico, nel medio-lungo periodo ha finito per sottrarre alla risorsa su cui si basa lo stesso turismo appetibilità. Una risorsa fondamentale per la vita e la storia della Catalogna e con una grande valenza economica ambientale e paesaggistica è meritevole di attenzione, cura e salvaguardia a beneficio dei cittadini e degli stessi turisti. Il piano ha dovuto fare i conti con le zone che la pianificazione locale  aveva già definito come urbanizzabili; la scelta del piano è stata, in prima istanza, di non aprire dei contenziosi sia con le amministrazioni che con i privati, e procedere a salvaguardare quello che ancora era fuori sia dal processo attivo di urbanizzazione che pianificato in questa direzione. In sostanza circa 20.000 H sono occupati dalle città, dalle zone urbanizzate e da quelle che sono state pianificate come da urbanizzare mentre circa 26.000 H sono quelli sottoposti a vincoli di salvaguardia. Per la gestione di queste aree non più urbanizzabile, che costituisce una ricchezza per la regione e per le singole comunità, sono necessarie una serie di attività di salvaguardia attiva (rifacimento dei terramenti, ricostruzione del manto vegetale, viabilità pedonale, ecc.) calcolato in 18,450 milioni di euro, per circa il 29% a carico della Generalità. Il fatto che il piano sia stato approvato con grande consenso e con bassa conflittualità è dipeso, secondo l'autore, dall'esistenza di un alto convincimento sociale sugli obiettivi e sui valori che il piano difendeva.
Ma non rimasta esclusa dall'attività legislativa del governo regionale,  la pianificazione municipale. Tenuto conto che una parte consistente dei municipi non disponeva di un piano, ritenuto fondamentali per garantire il più alto godimento dei diritti di cittadinanza, la nuova legge urbanistica rendeva obbligatoria la pianificazione per tutti i comuni mentre per gli inadempienti sarebbe intervenuto in forma sostitutiva il governo regionale. La nuova legge, inoltre,  tenuto conto che la grande produzione di abitazioni non aveva garantito l'accesso alla casa dei segmenti deboli della popolazione (cosa che è avvenuto, come è noto, anche in Italia), stabiliva che una quota compresa tra il 20 e il 30%  delle nuove costruzioni previste dai piani dovevano essere destinate a abitazioni sociali.
Anche se la Catalogna è stata la prima assemblea legislativa europea ad adottare la Convenzione sul Paesaggio approvata a Firenze, la sua traduzione operativa non è stato facile. Una proposta di legge sul paesaggio non poté essere approvata, solo la modifica della maggioranza parlamentare permise l'approvazione nel 2005 di tale legge.
L'introduzione dell'attenzione per il paesaggio nella pianificazione impose, affinchè la questione non risultasse astratta,  la formazione del “inventario” dei valori paesaggistici presenti nelle diverse aree, analisi che ha dato luogo alla formazione del catalogo  che a partire dai valori e dall'individuazione delle attività che incidono sul paesaggio, ha reso possibile la definizione di obiettivi paesaggistici e le azioni necessaria a conseguire questi obiettivi. Il catalogo, inteso come le attività connesse alla sua realizzazione, ha costituito lo strumento fondamentale sia per la diagnosi dello stato del paesaggio sia delle proposte per la sua salvaguardia e valorizzazione.
La Ley de barrios costituisce una delle iniziative più note di questa amministrazione e della gestione di Otiol Nel.lo. Si tratta dell'impegno della Generalità di cofinanziare dei progetti proposti dalle amministrazioni locali di miglioramento di situazione urbanistiche: spazio pubblico e verde, servizi collettivi, accessibilità, dotazioni tecnologiche, abitazioni. Un complesso processo di selezione anno per anno identificava i progetti suscettibili di finanziamento (con un contributo del governo regionale di 100 milioni per anno). In totale nei sette bandi promulgati (dal 2004 al 2007), sono stati coinvolti 141 barrios, con una popolazione di poco superiore al milione, con un investimento totale di 1.330 millioni di € e un contributo regionale di 693 milioni (il resto a carico dei singoli comuni).  
La legge ha funzionato egregiamente e ha permesso di affrontare situazioni sociali-urbanistici-edilizi bisognosi di interventi con risultati complessivi molto positivi sia sul piano sociale che su quello della vivibilità urbana. Inoltre il controllo nella realizzazione ha permesso il raggiungimento di una notevole efficienza di realizzazione.
La trattazione del testo si conclude con l’esposizione dell'iniziativa per migliorare la situazione dell'urbanizzazione diffusa. Anche in Spagna si manifesta fortemente il fenomeno dell'urbanizzazione diffusa, che ha origine nell'epoca franchista, e che porta a situazione di insediamento molto povere di servizi, disordinati dal punto urbanistico e cariche di conseguenze sull'ambiente e il paesaggio. La linea seguita è quella definita “possibilista”, fondata su: consolidare e dotare di servizi le aree la cui urbanizzazione appare irreversibile; ridurre l'ambito di future realizzazione anche se previste.
Ho voluto dare conto completo del contenuto del volume perché esso rappresenta non un “testo” ma l'esposizione di una esperienza di governo molto importante. È, infatti,  l'insieme di queste iniziative che deve essere conosciuta e valutata nella sua complessità e complemetarieta, fatta: di provvedimenti legislativi, di coinvolgimento delle amministrazioni e delle popolazione, della costruzione di un patrimonio di informazioni indispensabili (per esempio per quanto attiene al paesaggio), di investimenti pubblici di non modesta dimensione, di selezione di progetti.
Ma quello che merita ancora di essere sottolineato (si capisce dal testo, ma era palpabile per chiunque anche brevemente poteva frequentare gli uffici del Segretariato) è l’impegno  di tutto lo staff al quale Oriol Nelo.lo ha trasmesso l'entusiasmo per la realizzazione di un progetto politico e territoriale fortemente innovativo e ricco di risultati. Sarebbe un peccato (mortale direbbero i cattolici) se la nuova amministrazione, proprio per segnare il “cambiamento” buttasse alle ortiche questa importantissima esperienza.




[1]    Oriol Nel.lo è stato membro del Parlamento catalano, e portavoce aggiunto del gruppo parlamentare Socialistes-Ciutadans pel Canvi, dal 1999-2003; Segretario della Planificatiòn Territoriale del Gobierno della Generalitat dal 2003 al 2011.
[2]    Si osservi che il piano metropolitano di Barcellona giunge a conclusione dopo 50 anni da quando se ne cominciano a eleborare i primi elaborati

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