Diario 176
28 maggio 3 giugno 2012
- Due conservatorismi più uno
- Calcio: che strano
- Citazioni: nel bene e nel male
Due conservatorismi
più uno
La situazione economica del paese (dell’Europa e del mondo)
non sembra migliorare, alla crisi finanziaria (privata e pubblica) si somma la
crisi dell’economia reale. I decisori politici non sembrano darsi per vinti, le
loro posizioni ideologiche non sembrano essere scalfiti dai processi reali.
Tutti sembrano convinti, con ricette diverse, che la fase negativa prima o poi
passerà (vedi Alberto Bisin nelle citazioni).
Il presupposto forte di tutte queste posizioni è che il
“mercato” ce la farà, bisogna solo aiutarlo.
Così abbiamo il primo tipo di conservatorismo (alla Merkel e
anche il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali USA ) è quello che
possiamo definire dell’austerità: conti
pubblici in ordine, che vuole dire meno spesa pubblica, meno tasse e quindi più
domanda privata e quindi ripresa economica. Il secondo tipo di conservatorismo
(alla Hollande) e quello che possiamo definire con qualche cautela keynesiano:
maggiore spesa pubblica, quindi maggiore domanda e per conseguenza ripresa
economica.
Quello che si sottintende in ambedue le posizioni è che non
sia possibile cambiare il sistema economico-sociale (Dio l’ha dato e guai a chi
lo tocca). Non c’è dubbio che tra i due tipi di conservatorismo il secondo sia
meno negativo, esso può, forse, alleggerire la situazione, ma non è risolutivo.
Sono convinto che lasciare la società sotto il governo del capitale finanziario non
permette di liberare i popoli di essere continuamente “tosati” oltre che essere
sfruttati. C’è un aggravio rispetto al “vecchio” capitalismo produttivo: di
forma, di sostanza, di potere, di identificazione, di tipo di lotta.
Sarebbe possibile usare, in parte, anche i vecchi strumenti
di politica economica, ma inseriti (e quindi aggiustati) nell’ambito di un
disegno di trasformazione del regime economico sociale.
I due conservatorismi, con varianti, mi sembra siano egemoni
in tutta Europa, c’è un conflitto tra i due che non porta niente di buono. Il
guaio è che c’è anche il “più uno” costituito da movimenti di successo
crescente, soprattutto tra i giovani (ma non solo), che hanno come obiettivo la
critica (forse giusta) ai comportamenti dei partiti e degli uomini politici
(corruzione, sperpero, inosservanza delle regole, mancata attenzione
all’ambiente, ecc.). Movimenti che
esprimono una notevole voglia e volontà di partecipazione e di coinvolgimento
ma finalizzato soprattutto ad aspetti di “forma” (uomini politici onesti,
corretti, non inquisiti, sobri, ecc.) tutte cose assolutamente importanti,
quello che è oscuro è il tipo di società che vogliono costruire: un capitalismo
senza macchie? Una parte di questi movimenti riconoscono il “nemico” (la
finanza), ma finiscono per realizzare solo iniziative simboliche.
Sono, inoltre, importanti tutte le manifestazioni di
organizzazione micro-sociale che soddisfano esigenze di gruppi ma che non incidono sui determinanti
economico-sociali dell’organizzazione della società. Anche se si tratta di
episodi importanti sui quali riflettere non appaiono risoluti.
Né capisco la giusta enfasi sull’economia verde (semplifico)
senza affrontare i nodi del rapporto sociale di produzione, anzi sostenendo,
qualche volta, come l’abbiente possa essere un “affare”.
Torno a ripetere che il mare non si svuota con un
cucchiaino.
Questa situazione impone, o meglio imporrebbe, alla sinistra una riflessione su temi ostici,
senza affrontare i quali non si riuscirà a mettere in agenda (una agenda molto
pluriennale) il cambiamento. Si tratta di “questioni” che non mi pare facciano
più parte del ragionare a sinistra. Mi riferisco, per esempio, a che cosa possa significare oggi affrontare
il problema del rapporto sociale di produzione (che lavoro, quanto lavoro,
distribuito come; la produttività; la produzione di massa; l’innovazione
tecnologica; e ancora livello e differenze di remunerazioni). Ancora quale
ruolo si pensa possa essere assegnato al “mercato”, come sarebbe possibile
avere un mercato per lo “scambio eguale” piuttosto che per trasferire simboli
di differenza sociale. Che forma è
pensabile dare al processo di accumulazione e quindi che finanza? Cosa si pensa
di fare del debito sovrano e di quello dei privati, banche comprese? Il
riconoscimento dei meriti passa di necessità soltanto attraverso differenze di
remunerazione? Come è possibile l’organizzazione e la fruizione
dell’articolazione dei “beni” non soltanto più pubblici o privati ma molto più
articolati che presuppongono livelli diversi di diritto a disporne. Quale ruolo
assegniamo alla “legge”?
Mi fermo, non solo ciascuna di queste apri una voragine di
problemi, e se è giusto non pensare ad un “modello” predefinito (e surgelato) è
essenziale una qualche indicazione di cammino, il viaggio sembra più importante
della meta, ma non si può sfuggire alla necessità di indicare la strada (chi
segue altrimenti?) Sono fautore di un “sistema” coerente che sia capace di
delineare non già una dogmatica società ma una chiara individuazione dei
rapporti e che indichi l’articolazione complessa tra individuo e collettività,
sulla declinazione di libertà, equità e giustizia.
Ma verrebbe ancora da dire: beati i mercanti che hanno le
orecchie apposite!
Calcio: che strano
Non è strano che il
sistema calcio (non il gioco del calcio) sia al centro di manifestazioni
illegali e forse criminali. Dove girano tanti soldi (dalle banche ai campi di
calcio) la corruzione e l’illegalità è attratta come le mosche dal miele. Sono
solo i giocatori che si vendono le partite? sono solo i giocatori che
scommettano quando non potrebbero? Sono solo le società che falsificano gli
esborsi per l’acquisizione dei giocatori per evadere le tasse? Ecc. ecc. Certo
ci sono le responsabilità individuali ma tanti casi disegnano un sistema.
Il professor Monti aveva osato dire una cosa giusta, una
cosa che molta gente (non implicata) pensa: sospendiamo per due tre anni i
campionati. Ma si è subito spaventato del suo coraggio, toccare un potere così
potente, e ha fatto subito marcia indietro. Non è una proposta, non è una
proposta del governo, un’opinione. Peccato!
Tra gli elementi di difesa del calcio e di critica a Monti
c’è quello della grande quantità di risorse finanziarie che il calcio versa
allo Stato, l’indotto di occupazione, ecc. Insomma si tratta di un settore
economico rilevante. Tutte cose vere (anche se un po’ esagerate), ma il
problema non è questo, la questione è se si tratti di un’attività fortemente
venata di illegalità o meno. Il criterio economico, altrimenti, finirebbe per
salvare anche la criminalità organizzata, che anch’essa muove molti soldi, dà
lavoro, ecc. (del resto qualche volta si
è sentito sostenere il rilievo economico delle diverse mafie, un rilievo da
tenere in qualche modo in conto).
Società infetta, sport (ammesso che lo spettacolo del calcio
si sport) …. Pure……..
Citazioni: nel bene e
nel male
Andrea Agnelli, presidente della Juventus, Corriere della
Sera, 1 giugno 2012
“è sicuramente
singolare che l’informativa su Gigi (Buffon) esca oggi” (è singolare che il presidente della Juventus innalzi il vessillo del
complotto. Buffon dimostrerà che 1,5 milione di assegni fatti avere ad un
tabaccaio che gestisce scommesse erano destinati ad altri scopi e non a
scommesse. Se non fosse così subirà la giusta condanna. Il presidente poteva
essere più cauto e non fare la figura dell’ultrà)
Alberto Bisin, La Repubblica 2 giugno
2012
2La sostanza è che si deve evitare che la politica ceda agli
azionisti (delle banche) di rallentare o nascondere la crisi per evitare che il
loro capitale sia diluito… tutto questo è fondamentale perché prima o poi
l’economia reale in Europa sarà pronta a riprendersi , e in quel momento solo
quei paesi con un sistema bancario in ordine potranno trarne pienamente
vantaggio” (il primo o poi è un
capolavoro; l’importanza è salvare le banche anche contro la loro opinione
perché saranno esse il motore del prossimo sviluppo oltre ad essere state il
motore della crisi)
Guido Rossi, Il
Sole 24 Ore, 3 giugno 2012
“Alla fine i forti interessi della finanza riescono via via
a condizionare i poteri esecutivi, che spesso li seguono paradossalmente
giustificandosi con la loro funzione salvifica nei confronti dei mercati. La
corruzione si estende poi, in non pochi casi, come una piovra dalla politica
alla società civile … La lotta serrata alla corruzione, a ogni forma di
evasione fiscale e di riciclaggio, dovrebbe quindi essere il primo impellente
compito di ogni governo di democrazia costituzionale, che abbia veramente come
scopo la crescita e l’interesse di tutti i cittadini” (preferirei “uno dei primi“. La confusione di
regole premia quella che è stigmatizzata dall’articolo: la messa in crisi della
divisione dei poteri).
Luigi Zingales, Il
Sole 24 Ore, 3 giugno 2012
“Quando le imprese non riescono a sostenere il proprio
debito, lo ristrutturano…. Lo stesso potrebbe fare l’Italia” (ma la ragionevolezza non sta nel governo.
Le forme di questa ristrutturazione possibile sono molte)
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