lunedì 16 luglio 2012

LA CATTIVA FILOSOFIA DI MONTI


LA CATTIVA FILOSOFIA DI MONTI
Il Manifesto 14 luglio 2013
Francesco Indovina, Angelo Tirrito
Lo stato di guerra, ha dichiarato ieri il presidente del consiglio. Chi è il ne­mico per il governo e il prof. Monti? Un ingenuo penserebbe alla speculazione finanziaria, al debito, alla crisi economi­ca. Ma gli ingenui, è noto, sbagliano. Se guardassimo agli atti di questo governo i nemici dovrebbero identificarsi nei lavora­tori, pensionati, disoccupati, impiegati pubblici, sindacati, la concertazione, gli esodati, la spesa pubblica, il  sud fannullo­ne, ecc., insomma tutti quelli sui quali si abbattuta la scura dell'austerità, su quanti hanno vissuto al di sopra delle loro possi­bilità, sui troppi posti letto, sulle eccessive spese per la ricerca e la scuola, e tragiche banalità del genere. Quella di Monti non è una constatazione, ma la dichiarazione di un programma politico, avallato dall'Euro­pa, figura mitica, che è preoccupata per­ché si domanda: dopo Monti chi potrà portare avanti il programma iniziato?
Nel suo discorso c'è una sfumatura, di­ciamo così, pericolosa, quando affronta di petto la concertazione (all'origine di tutti i mali del paese; una pratica, per altro, che non si esercita da anni). Non se la piglia con i lavoratori o i sindacati (che se si muovono c'è come fermarli, la Spagna e la Grecia insegnano) ma con un modo, an­zi la ragione stessa della democrazia per arrivare a certe decisioni. Il nemico non è Camuso, ma la convivenza, la civiltà in-tema ad un popolo.
Ai veri nemici, o almeno quelli che l'in­genuo pensa, il prof. Monti fa solo dei pia­ceri, diciamo le cose come stanno. Da quanto Monti è al governo il "mercato ob­bligazionario" non ha fatto che aumentare i suoi utili. Infatti ogni volta che uncreditore vede emergere una qualunque
for­ma che garantisca il pagamento del suo credito, o una qualunque volontà (politi­ca) che agisca in quella direzione, non fa che aumentare le sue pretese (questo è l'esito della fiducia.

È  bastato intravedere la possibilità che si creino "fondi" (salva stati, ecc.), che pos­sono intervenire al posto degli stati debito­ri (ultime riunioni europee), che lo spread, molto naturalmente, aumenta.
Del resto perché dovrebbe diminuire se ogni volta che aumenta, il debitore, co­me se fosse lì per curare gli interessi del creditore, si lancia alla ricerca di strumen­ti per garantirlo?
Quello che non si capisce è come mai non c'è alcuna trattativa con i creditori, come mai non si cerchi di mettere intor­no ad un tavolo i fondi, le banche (anche quelle italiane, tanto coccolate, che pren­dono a prestito dalla Banca europea fondi all'1% che impiegano per comprare titoli italiani dal rendimento del 3,4 e 5%), gran­di investitori, ecc. per trattare tassi di inte­resse, restituzioni diluiti, sconti di capita­le, ecc. (minacciando di non pagare nul­la).
Per non parlare di una possibilità di de­fault in grado di mettere in luce la "banca­rotta preferenziale" che è possibile indivi­duare e che corrisponde alla situazione di illegalità dello Stato quando non tutti i cre­ditori vengono trattati nello stesso modo.
A proposito di illegalità, l'esempio spa­gnolo potrebbe suggerire anche in Italia il taglio della tredicesima; non è una grazio­sa elargizione ma soltanto la divisione del­la remunerazione o pensione annuale di­visa in tredici mensilità invece che in dodici. Quindi il non pagarla corrisponde al mancato rispetto di un contratto contro cui appellarsi per via legale.

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