Diario 218
1-7 aprile 2013
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Fibrillazioni
nel PD
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I
paradossi e l’idiozia del grillismo
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Un
“piano” economico
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Citazioni:
nel bene e nel male (Rossana Rossanda,
Altan, Guido Rossi, Stefano Boeri, Marino Mastrangeli, Nichi Vendola)
Fibrillazioni nel
PD
Più presto del previsto il PD, usando un eufemismo, entra
il fibrillazione. Il sindaco di Firenze si candida a premier e quindi
oggettivamente (ma anche soggettivamente) apre lo scontro con Bersani e i
“giovani turchi”. Questi ultimi, temendo di essere accusati anche loro di
perdere e far perdere tempo, si agitano
e firmano un appello unitario per la nomina delle Commissioni parlamentari,
dove la sottolineatura più importante non è tanto da mettere sotto l’oggetto
dell’appello ma rispetto alla sua unità. Ma lo schieramento anti-Bersani si
allarga (si può dire che tranne i fedelissimi ormai tutti sono contro); usano
parole furbe , non invocano, Almeno fino ad ora, il governissimo con il PDL, ma
solo di abbandonare 5* (nel momento in cui si manifestano i segni di una
frattura interna) per abbracciare (in modo indolore) il Cavaliere. Chi sa perché
non riflettono che il bacio del Cavaliere non è quello del principe a
Biancaneve, non rompe l’incantesimo negativo ma trasmette il bacillo della
dissoluzione.
Sul nome da proporre alla presidenza della Repubblica non
pare ci sia accordo, per di più la
questione è complicata dal vincolo che
il nome o i nomi non devono dispiacere a Berlusconi (accordo
Bersani-Monti) il che significa non solo
dare un “diritto di veto” a Berlusconi ma tagliate fuori alcune candidature,
prima di tutte quella di Romano Prodi. Mentre
i candidati PD o di “area” sono sempre più numerosi e la candidature
avanzata da Berlusconi, era da dirlo, di D’Alema agita ancor più le acque
interne.
Sembrerebbe una buona notizia la candidatura alla
segreteria del PD di Fabbrizio Barca, persona sicuramente degna, di spessore
intellettuale e di indirizzo non banalmente riformista. Ha scarsa esperienza
del partito, il che potrebbe essere un vantaggio, ma forse non in sintonia con
le proposte programmatiche di Renzi.
L’idea di Vendola, se ho capito bene, di un ingresso di
tutta la sinistra nel PD mi sembra buona ma sicuramente è anche un elemento che
aumenterà la “dialettica interna” (per
così dire).
Si tratta di “forze” in contrasto da una parte e in
sintonia dall’altra che potrebbero portare ad un risultato positivo. Non c’è
dubbio infatti che il PD necessita di una profonda revisione della sua linea
politica per fondare una nuova idea di società. Non si tratta solo di un
ricambio di uomini, ma di fare i conti con i nuovi contesti mantenendo ferma la
rotta: libertà e uguaglianza. Valori persi a vantaggio del politicismo, da una
parte, e dall’assenza di ogni rifondazione del pensiero e della prospettiva di
trasformazione (un alzata le mani difronte a quella che è sembrata una vittoria
incontrastabile del liberismo). Si può sperare ad un trasformazione del PD in
grado di offrire un’alternativa alla miseria cultuale, sociale e d economica di
oggi. Si può sperare non tanto in provvedimenti frammentati (oggi il paesaggio,
domani l’ambiente, dopodomani la scuola, e poi l’edilizia, la riqualificazione
ambientale, la salute, ecc.) ma più tosto in una progetto unitario e coerente
da raggiungere attraverso singoli passi ma che conducono un corpo solo e
solido. Si può pensare che i rapporti sociali di produzione sono oggi molto più
complessi ma non per questo meno rilevati nel segnare la società.
Tutto questo è possibile ad alcune condizioni:
-
Tenere immutato ma anzi allargare il consenso
popolare. Questo significa che qualsiasi accordo con il PDL è sbarrato, onde
evitare che il PD perda in modo consistente il consenso acquisito. Con buona
pace di Renzi, Franceschini, della Bindi, al lordo delle smentite, Fioroni, ecc.
E’ di senso comune che un accordo di governo, non importa la formula, con il
PDL sarebbe catastrofico per il PD (con o senza scissioni);
-
lo sbarramento verso la grane coalizione non va
coniugata con una impotenza politica parlamentare. Si deve fare uno sforzo per
cogliere le esigenze che emergono dalla società: l’occupazione, l’ambiente, la
ricerca, ecc. ma anche libertà individuale e eguaglianza, e su tali problemi
operare con iniziative, decisioni, atti programmatici;
-
fondamentale sarà l’atteggiamento dei singoli in
questa opera di ricostruzione politica. Siamo tutti terremotati, ma sotto le
macerie brillano valori e progetti di società, sarà necessario costruire con
queste macerie un edificio nuovo.
Si lo so tutto quello che ho scritto sembra una predica,
una predica dettata da ottimismo, ma mi rode dentro anche una punta di pessimismo
che vede la disintegrazione del PD e dalla quale disintegrazione non nascerà
nulla di buona (anche se c’è qualcuno che lo pensa e lo spera).
I paradossi e l’idiozia
del grillismo
1. i
pullman, il tentativo di depistaggio dei giornalisti, le riunioni a porte
chiuse con i commessi a tenere lontano orecchie indiscrete (giornalisti) e altri
simili atteggiamenti per un Movimento che ha alzato la bandiera della
trasparenza sono ridicoli, delle vere idiozie politiche e la negazione delle
idee fondative del Movimento stesso. I
partiti (vecchi) che i grillini criticano, a ragione, e disprezzano, a torto,
sono molto, ma molto più trasparenti del M5*;
2. è
mai possibile che nell’anno di grazie 2013 il M5* scopra e imponga con
determinatezza il “centralismo democratico” di leninista-stalinista memoria? Deputati e senatori 5* hanno
atteggiamenti talmente vecchi da sembrare delle comparse di un film già visto.
C’è dell’insoddisfazione per questo regime, (vedi citazioni) ma la sostanza è
ancora quella del centralismo democratico.
3. quello
che impressiona non è la giovane età degli eletti 5*, non è la mancanza di
cultura, l’ignoranza della storia, ecc., ma la mancanza di spina dorsale. Tra gli eletti si trovano soggetti che non si sono
fatti intimorire dallo Stato, dalla Polizia, che non hanno avuto timore di
andare contro scelte internazionali (come per esempio i “no Tav”), ma, nelle
aule del Parlamento, si comportano come un gregge che segue il pastore. Non mi discutere ora le scelte che fanno ma
sarebbe bello che tali scelte risultassero il frutto di discussioni trasparenti
e pubbliche, e non fossero la ripetizione di un “verbo”. Se così fosse si potrebbe capire di
più;
4. una
parte degli eletti, così hanno “carpito” i giornalisti data la segretezza delle
loro riunioni, pare siano insofferenti per la resa inutile del voto di ¼ degli elettori. Rappresentano un quarto dell’elettorato
ma non riescono a fare nulla, non incidono in niente, mentre la prospettiva di
nuove elezioni non è lontana. Non si muovono come una falange che vuole
cambiare tutto, ma come dei figuranti di un protagonismo che non ha un vero
interesse al cambiamento e punta solo alla propaganda.
Un “piano”
economico
Ho avuto un lunga conversazione con una mia giovane amica
economista (Giulia) che mi ha contestato la mia posizione sul debito pubblico
(rinnovo automatico, ecc.). Le sue osservazioni
critiche non sono da sottovalutare, sostanzialmente appuntate
sull’impossibilità di avere prestiti da una parte e dall’altra dall’essere una proposta
vessatoria essendo difficile fare dei distinguo relativamente ai possessori di
titoli di stato. La posizione della mia contradditrice era giustificata dalla
sua indifferenza verso il debito,
“continuiamo a fare debiti” il problema è lo sviluppo. Ma oggi l’assillo
ideologico da una parte e gli impegni presi nei riguardi della UE sono di ben
altro tipo: non solo pagare il debito ma ridurlo fino al 60% del PIL. Liberati
da questo assillo psicologico e dagli impegni UE allora le cose cambierebbero,
ma fino a quando l’uno e l’altro restano fermi la “tosatura” dei redditi della popolazione sarà sempre più pesante.
Siamo stati d’accordo, ovviamente, sulla lotta alla
corruzione e all’evasione, come pure alla riduzione degli sprechi, che non sono
solo quelli della politica, riduzioni che non passano per i tagli lineari, ma
per una riorganizzazione della macchina pubblica, non pleonastica rispetto agli
altri paese ma al contrario più ridotta, ma sicuramente bisognosa di
riorganizzazione. Tutto questo è da
fare, comunque, ma sarebbe importante legare tale azioni ad un progetto.
C’è stato accordo sulla necessità di una politica
economica di sviluppo e in particolare sulla politica industriale. Il nostro
sistema produttivo non è capace e in grado di produrre sviluppo, si impone un
pesante intervento dello Stato. Sia con un rilancio dell’economia pubblica (lo
smantellamento dell’industria pubblica ha generato nuovi centri di inefficienza
e di corruzione)sia con politiche di sostegno e di innovazioni pesanti, mirate e controllate negli effetti. Certo questo imporrebbe una struttura
pubblica efficiente e tecnicamente preparata, cosa che si dà molto
parzialmente.
In sostanza si impone un “piano” economico, non una serie
di provvedimenti episodici, ancora
peggio, di riforme ideologiche come quella del mercato del lavoro. Un piano
centrato sul protagonismo dello Stato coinvolto con diversi strumenti di
intervento non solo con l’impresa e la spesa pubblica (che preveda tra l’altro
un intervento moralizzatore e di funzionalità del sistema bancario, che sempre
più appare come un bubbone).
Scoraggiati abbiamo concluso che all’orizzonte non c’è
nulla di questo.
Citazioni: nel bene e
nel male
Rossana Rossanda,
sbilanciamoci, 2 aprile 2013
“È venuto il momento di smettere di domandarsi com’è che
Berlusconi rispunta sempre sulla scena politica. Bisogna riconoscere che quando
sembra del tutto abbattuto, c’è sempre una mano di destra o di sinistra che lo
risolleva dal pantano in cui si trova. Bisogna chiedersi invece perché per la
quinta volta questo scenario si ripete e se non ci sia nel paese un guasto
assai profondo che ne consente la disposizione. Pare evidente la responsabilità
di una sinistra – specificamente il Pci, che era stato dopo la guerra il più
rilevante e interessante di tutto l’occidente – nel non aver esaminato le
ragioni del crollo dell’89, quando i figli di Berlinguer si sono convertiti di
colpo a Fukuyama (“la storia è finita”) con la stessa impermeabilità che
avevano opposto a chi, fino a un mese prima, aveva avanzato qualche critica al
sistema sovietico.
Ma, una volta ammessa questa debolezza della sinistra e
dei comunisti italiani in particolare, è impossibile non chiedersi perché
l’Italia sembri incapace, ormai storicamente, di darsi una destra almeno
formalmente democratica, non sull’orlo dell’incriminazione in nome del codice
penale. È questa una maledizione che ci perseguita fin dall’unità del paese e
non sembrano certo i dieci “saggi” proposti dal Colle in grado di affrontarne
le ragioni e estirparne le radici. Destra e sinistra sembrano ammalate nel loro
stesso fondamento culturale e morale; la ragione di fondo per cui ci troviamo
nella bruttissima situazione odierna sta, evidentemente, qui, finché questa
diagnosi non viene seriamente fatta, non ne usciremo, neppure quando non
mancano, come oggi, ragionevoli proposte per bloccare una deriva che appare
mortale per la nostra giovane e fragile democrazia”.
Altan, vignetta
da L’Espresso 8-14 aprile 2013
“Per il Quirinale serve uno di altissimo profilo, ma
sconosciuto a tutti”.
Guido Rossi, Il
Sole 24 Ore, 7 aprile 2013
“Pare allora terribilmente attuale il parallelo di
Friedrich Nietzsche nella Genealogia
della morale, dove il concetto di colpa ha preso origine da quello molto
materiale di debito, e anche la comunità sta con i suoi membri nel fondamentale
rapporto del creditore verso i propri debitori, che oggi è chi risulta fuori dal
mercato per qualsivoglia ragione dovuta alla crescente disuguaglianza, deve
essere dalla comunità restituito allo stato selvaggio, anche attraverso la
detenzione. Ed è così che mentre da più parti i tentativi di ridurre i bonus
delle élite del capitalismo finanziario non trova nessun concreto effetto e i
paradisi fiscali aumentano i loro depositi di ricchezze illecite, coloro ai
quali vengono sottratti i loro diritti per ragione di politiche economiche del
dio mercato, sono considerati reietti e comunque indegni di una così detta
società civile, sempre più pericolosamente isolata e incapace di liberarsi di
barbare e pericolose ideologie” (anche se forse qualche taglio della redazione
del quotidiano rende pesante il periodare, il senso è chiaro).
Stefano Boeri, Corriere
della sera 8-14 aprile 2013
“Matteo Renzi rappresenta un fattore di innovazione e il
suo ruolo può essere importante anche a Milano…La sua candidatura (di Bersani)
piaccia o no, si è esaurita. Ma non ha senso fare le primarie se prima non si
pensa a ruolo e natura del PD” (“Ruolo e
natura del PD” ma discutiamone liberamente avendo sotto traccia la situazione
sociale italiana, le ineguaglianza nazionali e internazionali, e la necessità
di modificare il regime economico sociale)
Marino Mastrangeli,
senatore 5*,Corriere della sera 8-14 aprile 2013
“Non basta un voto a maggioranza di noi parlamentari. Noi
siamo semplici esecutori del mandato che ci hanno conferito cittadini e attivisti, per questo dovremmo
consultarli sempre… Se dalla rete emerge che su un provvedimento c’è una fetta
di minoranza che ha votato in altro modo, quel voto dovrebbe essere riflesso in
Parlamento”
Nichi Vendola,
La Repubblica 8-14 aprile 2013
“Matteo (Renzi) pensa che ci sia una specie di ora X per il cambiamento e che oggi non
sia possibile fare altro che immaginare il governissimo con il PDL e le
elezioni anticipate, perché tertium non
datur. Questo suo realismo rischia di replicare vecchi copioni, e impedisce
al centrosinistra di mettere in campo l’innovazione e l’audacia di cui c’è
bisogno persino a livello della manovra politica”
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