Diario
217
25-31
marzo 2013
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Napolitano, di fatto seppellisce
una storia iniziata nel 1921
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Citazioni: nel bene e nel male (Guido
Rossi, Roberto Pedrini)
Napolitano, di fatto seppellisce
una storia iniziata nel 1921
Il
presidente della Repubblica, a me pare, vuole portare a compimento, con la
distruzione del PD, una storia iniziata nel 1921 con la nascita del PCI e una
“normalizzazione” del paese dove deve essere cancellata ogni possibilità di
rivoluzionare i rapporti sociali di produzione. Non sto dicendo che il PD ha
questo programma, ma esso rappresenta il residuo di un progetto iniziato 90
anni fa. Quella del PCI è una storia non priva di ombre ma importante per il
paese. Il grande contributo dato dal PCI nella resistenza prima e nella
formazione della Repubblica e della sua Costituzione, non può essere cancellato.
Né può essere cancella la sordità alla grande politicizzazione di massa della
fine degli anni ’60, con l’esclusione della sua sinistra. L’esclusione del PCI
da ogni possibilità di “governo” per ragioni internazionali non ha eliminato,
tuttavia, il peso avuto nella vita politica (e di governo) italiana per la sua
radicazione tra le masse. La crisi del socialismo reale è stata un’occasione
mancata di rinnovamento culturale ideologico e programmatico; ha prodotto un
rinnovamento di nomi ma soprattutto una deriva teorica.
La
mancata possibilità di formare un governo, dopo le ultime elezioni, è figlia
del risultato elettorale, dell’incapacità del movimento 5* di rendere utile
alla trasformazione del paese la grande pressione di rinnovamento raccolta, da
errori di conduzione del PD. Il PD ha pensato che fosse possibile un accordo
con 5* gestito da Bersani,e non ha esplorato modalità diverse per coinvolgere
5*. Forse non poteva fare diversamente ma l’esito non è positivo.
Un
ruolo particolarmente pesante, tanto da modificare di fatto relative
prerogative, ha svolto il presidente
della Repubblica. Per quello che si capisce Napolitano ha puntato su la grande
coalizione PD,PDL, Centro civico. Una soluzione questa che avrebbe “suicidato”
il PD (sia per una possibile spaccatura, sia per l’alto prezzo elettorale che avrebbe
pagato). Mai, di fatto il presidente si
è impegnato per facilitare un accordo PD con 5*; contemporaneamente 5* non si è
manifestamente impegnata ad una soluzione se non con il generico “vogliamo il
governo”, sapendo che il loro governo per avere la fiducia aveva bisogno comunque
del PD.
Gli
ultimi giorni a me paiono chiari. Napolitano minaccia le dimissioni ma non li
dà, tanto per intenderci non fa come Benedetto XVI, lasciando ad un nuovo
presidente (Z o R o O ecc.) di risolvere il problema che non era stato nella
possibilità di risolvere. Ma ormai individua nel PD il centro della resistenza
e di fatto l’antagonista.
Non dà
le dimissioni non solo per condizionare i mercati (?), non solo per rispondere
positivamente alle molte pressioni, ma
perché precipitando l’elezione del nuovo presidente si rischiava non tanto l’esplosione
del PD ma la sua chiusura a riccio per difendere le proprie prerogative di
“grande elettore”.
Scartate
le dimissioni si inventa una nuova procedura (le due commissioni di personalità
che individuino le cose urgenti da fare, come se anche i bambini non li sapessero),
che si può definire “prendi tempo” (non è un caso che le due commissioni non
hanno limiti di tempo).
Prendi
tempo perché? Prima di tutto per permettere a Monti di continuare a governare (nonostante
lo sgarbo che gli ha fatto presentandosi
alle elezioni, malgrado i pasticci internazionali ultimi, malgrado il
fallimento delle sue principali riforme, Monti pare a Napolitano una adatta
“pezza” per tappare il buco attuale). L’esperienza parlamentare, anche come
Presidente dei deputati, non gli ha fatto vedere i possibili esiti di questa
soluzione: un parlamento operativo è quello che vuole 5* per lanciare nel
dibattito alcuni dei suoi punti programmatici. Attraverso tali proposte si
vedrà la “natura” di 5*: si può sempre dire che ci si rivolge a tutto il parlamento
ma le proposte non sono neutre rispetto ai due schieramenti.
Il
“prendi tempo” serve soprattutto per far precipitare la situazione nel PD (fino
anche alla rottura) con il sopravvento di chi non vede altra soluzione che il
rapporto con il PDL (magari travestita da soluzione presidenziale). La storia
iniziata nel ’21 si concluderebbe e garantirebbe una successione alla Presidenza
della repubblica non invisa, anzi sostenuta, dal PDL e da Berlusconi. Anche in
questo campo il Presidente suggerisce unità nazionale, l’individuazione di una
personalità di equilibrio (come crede di essere stato). Tra “tecnici”,
oggettivamente neutri, e personalità al di sopra delle parti tramonta ogni
strategia di trasformazione.
Il
Presidente ha una grande e lunga esperienza politica non credo che non veda
come questa sbocco della crisi costituisca una grande dose di ricostituente per
5*, la fine del PD, e il prevalere in Italia di una linea non moderata ma di
destra (forse civile). Né può rappresentare una speranza che l’inetto Grillo
conquisti la maggioranza, essendo anch’egli portatore di umori e di
destra.
È
strano, Napolitano dovrebbe sapere che l’istituzionalizzazione costituisce un
fortissimo strumento di normalizzazione, ma egli ha teso di fatto a
delegittimare il Movimento 5* (non è un caso che tra i dieci saggi non è
possibile riconoscere qualcuno di area grillina; forse ci ha provato con scarsi
risultati o forse l’ha ritenuto inutile) assegnando a 5* il ruolo di
catalizzatore della protesta ma senza peso nelle decisioni (in questo avendo
trovato un alleato proprio in Grillo).
Un’ultima
notazione: Il presidente ha sottolineato più volte che i suoi poteri in questo
momento sono ridotti, mancandogli il potere di sciogliere le Camere, mentre il
nuovo Presidente nella pienezza dei suoi poteri potrebbe esercitare la propria
pressione avendo anche questo strumento. Ma ci si dimentica che delle tre
maggiori forze due vogliano andare alle elezioni, PDL e M5*, mentre solo il PD
ha delle remore preoccupato di essere il capro espiatore di questa situazione.
Sarebbe il PD a pagare il prezzo del fallimento della legislatura.
Citazioni: nel bene e nel male
Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 31 marzo 2013
“La
nostra democrazia è così andata, secondo la teoria dei sistemi, in
sovraccarico, sia per l’incapacità di rispondere al crescente numero delle
domande dei cittadini, in urgente bisogno di tutela dei loro diritti
fondamentali, sia per l’inceppamento involutivo della sua macchina. …La lotta
alla disuguaglianze, come primo indiscutibile dovere della democrazia pare
irrimediabilmente superata o quanto meno dimenticata. A causa poi di quel sovraccarico, del quale
ho appena parlato, la caratteristica della nostra società democratica e quella
di essere retta da un potere sempre più diffuso e frantumato in vari centri, in
concorrenza fra loro”.
Roberto Pedrini, MicroMega, n. 3, 2013 Almanacco
di economia
“Eppure
basta volgersi indietro, e passare in rassegna la storia delle idee dell’Occidente,
per accorgersi che il puzzle della diseguaglianza non è così semplice… Forse la
strada giusta resta quella che passa per la collettività e per lo Stato
(naturalmente efficiente e senza sprechi). Eguaglianza significa anche , e
soprattutto, avere una protezione assicurata contro il rischio della vecchiaia,
di malattia e di infortuni. Non per niente fino dai primi anni del novecento è
nata una disciplina – proprio in Italia – che si chiama Scienza delle finanze e
che ha precisamente lo scopo di regolare l’uso delle risorse pubbliche, ella
loro distribuzione e del giusto sistema fiscale per finanziare le spese
collettive”.
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