domenica 17 marzo 2013

Diario 215

Diario 215
11 – 18 marzo 2013

  • Presidenti, bene, bene
  • Governo, osare
  • Il tramonto della “stella” di Monti e il nuovo presidente della Repubblica
  • Presidente, ci delude
  • Francesco, Papa
  • Citazioni: nel bene e nel male (Paolo Gentiloni, Guido Molteno)
 
Presidenti, bene, bene
La nomina di Laura Boldrini e di Pietro Grasso, rispettivamente presidente della Camera dei Deputati e del Senato è una buona notizia. Buona notizia su diversi piani; prima di tutto le personalità dei due candidati, con una storia esemplare di impegno su terreni molto accidentati; non può non destare ammirazione per il centro sinistra di aver proposto l’elezione di “matricole”, nessuno dei due ha un passato parlamentare, certo un segno dei tempi, ma anche la capacità di cogliere il vento del cambiamento; infine avere costretto il Movimento 5 stelle a fare i conti con la pratica politica, costringerli a scegliere. Non è importante che i senatori del Movimento si siano divisi, ma è importante che abbiano cominciato a misurare la possibilità di introdurre cambiamenti senza aspettare il 51% dei voti, che forse non arriveranno mai.
Inoltre l’aver tagliato fuori il PDL non è poco. Per il PDL  l’essersi incaponiti su un personaggio non solo vecchio ma anche impresentabile non li ha giovati, ma dato come il successo elettorale è stato ottenuto, non poteva fare diversamente. Su Monti vale la pena di fare più avanti un discorso critico molto ruvido, sul piano politico e sulla moralità civica.
Dalla nomina dei due presidenti si può essere molto soddisfatti qualsiasi sia la durata della legislatura.

Governo, osare
Sembra chiaro che il tentativo di Bersani di formare un governo dopo le elezioni dei presidenti delle camere ha acquistato una maggiore consistenza, ma esso appare ancora incerto. Se l’innovazione dimostrata nella scelta delle due candidature alle presidenze riuscisse ad essere un prassi corrente le sue possibilità crescerebbero.
La posizione del Movimento 5 stelle non è più così granitica; si è cominciata a fare strada l’idea che la sua forza possa essere utilmente spesa, proprio nella linea del cambiamento, e che non si deve considerare un suicidio politico dialogare  con i partiti “tradizionali” (personalmente credo che, nonostante le previsioni, un ritrarsi del Movimento potrebbe costargli, questo si,  molto caro).
Sarebbe un suicidio da parte del PD un governissimo, nonostante le pressioni interne ed esterne; ma non si tratta di rigetto a fronte di una permanenza di Berlusconi, ma di una incompatibilità politica e programmatica. Sarebbe lo stesso  appoggiare un governo tecnico, di scopo, del presidente, ecc. che non sarebbe altro che un governare  insieme al PDL.
Ma se Bersani non dovesse farcela un  ritorno alle elezioni viene descritta come una tragedia. Io non lo credo, ma non ho titolo.
Se le elezioni fossero vissuti come tragedia non resterebbe che continuare ad osare: un governo “grillino”, al quale il PD garantisse una fiducia tecnica, riservandosi di giudicare poi ogni singolo provvedimento e votare di conseguenza. Al PD resterebbe una forte iniziativa parlamentare sui provvedimenti da prendere per salvare gli italiani. Insomma fare quello che avrebbe dovuto fare il Movimento.
Una soluzione che sicuramente è fuori dalla logica politica corrente, ma forse adatta ad una situazione eccezionale, ma anche al risultato elettorale. Non si tratterebbe, infatti, né di una goliardata, né di disconoscere i problemi del paese, ma di una corrispondenza all’esito elettorale.
Il mio amico Arnaldo obietta che mai Napolitano (e Monti)  permetterebbe una soluzione di questo tipo, ma Napolitano non può sostituirsi al Parlamento, così come, argomenta,  non potrebbe accettarlo l’Europa. Ma l’Europa ogni volta che si intromette nelle faccende politiche dei singoli stati fa disastri (vedi Grecia).
Obiezioni e osservazioni tutte condividibili e ragionevoli, ma l’elettorato italiano ha votato ed ha espresso una fortissima ansia di rinnovamento (anche se spesso confusa). Avanzare obiezioni di principio che cerchino di delegittimare il successo del Movimento, potrebbe avere conseguenze più gravide nel futuro. Non è escluso che anche il Movimento sia spinto a rinunziare alla possibilità di formare un governo senza una maggioranza stabile, ma quale sarebbe il significato di una tale posizione rispetto agli elettori del Movimento? È  immaginabile che Grillo richieda all’elettorato una maggioranza del 51% , senza la quale non può governare (uguale alla richiesta fatta da Berlusconi). Per quando disorientato sia l’elettorato non credo che si acconcerebbe a soddisfare questa pretesa di Grillo che mostrerebbe un approccio alla politica autoritario.
Ma dopo la divisione del gruppo del Movimento al Senato, forse anche Grillo e i grillini devono prendere atto che una posizione arroccata non garantisce né la vittoria futura, né il rinnovamento.

Il tramonto della “stella” di Monti e il nuovo presidente della Repubblica
Non si può mai dire, ma si può azzardare che dopo le ultime mosse la stella di Monti sia al tramonto. Ha inanellato una seria di errori, ma non si dica che sono stati dettati da ingenuità, né scelte per il bene del paese; a me sembrano scelte da ingordigia di potere.
Si è presentato alle elezioni perdendo la sua terziarità, convinto che gli italiani gli avrebbero garantito un sorta di plebiscito. Sconfitto alle elezioni, non ha riconosciuto l’errore, ma dalla pochezza del risultato  ha dichiarato che come non mai il suo gruppo centrista sarebbe stato indispensabile.
Nei giorni scorsi ha avanzato la sua candidatura a presidente del Senato. A questo scopo si sarebbe dimesso lasciando il governo in mano ad un vicario. Una manovra che è stata bocciata dal Presidente della repubblica (giusta mossa),sia per ragioni politiche che istituzionali. Obiezioni alle quali, obtorto collo ha dovuto cedere.
Ma perché Monti voleva la seconda carica dello stato?
Quella poltrona gli doveva servire per il salto al Quirinale, palazzo al quale fortemente aspira. Sempre per questo scopo costringe i suoi senatori a votare scheda bianca per l’elezione del presidente del senato. Una equidistanza che non è, né potrebbe essere, apprezzata né dallo schieramento di centro-destra, né da quello di centro- sinistra, ma vista negativamente da ambedue i fronti. Altro errore di ambizione, fuori dai giochi ed equidistante, questo egli pensa, avrebbe garantita la sua elezione a presidente della Repubblica. Altro errore.
Il professor Monti pretende e continua a pretendere, questo è il verbo che sa coniugare meglio (il che rende credibile la voce secondo la quale avrebbe  preteso, per assumersi l’onere del governo tecnico, che Napolitano lo nominasse senatore a vita). Ma è un brutto verbo, come si insegna ai bambini, non coniugabile neanche da chi è stato considerato “salvatore del paese”.
L’innovazione introdotta nella nomina dei presidenti nelle due camere non può non influire pesantemente sulle candidature al Quirinale, il PDL pare punti su Berlusconi (non c’è fine all’arroganza) per magari ripiegare su Gianni Letta (il “maggiordomo”), invotabili ambedue. Ci si aspetta dal centro sinistra una o più candidature in linea con quelle delle presidenze delle due camere, mettendo da parte i nomi che circolano, anche se degni.       
 
Presidente, ci delude
Non sono un grande estimatore del presidente Napolitano, la penultima sua manifestazione di pensiero non l’ho trovata né ben calibrata, né costituzionalmente esatta (dichiarazione in parte corretta). Che vuol dire che deve essere garantita la possibilità al capo del PDL di partecipare all’attuale complicata fase politica? Vuol dire che i processi si devono interrompere? Vuol dire che l’eventuale istruttoria deve essere fermata? Ma non è previsto dal nostro ordinamento costituzionale, a garanzia dei cittadini e della Repubblica, l’autonomia della magistratura e l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge?
L’invito alla magistratura di essere sensibile alle necessità della politica, mi pare molto mal posta, soprattutto nel contesto nel quale è solito muoversi Silvio Berlusconi: la prescrizione l’arma preferita di difesa, oltre le leggi di depenalizzazione di certi reati, come il falso in bilancio, ecc.
La manifestazione degli onorevoli al tribunale di Milano andava e va condannata, non tanto come manifestazione in se stessa, ma in quanto fatta dagli onorevoli e senatori, cioè membri di un potere costituzionale, quello legislativo, che non può intimidire (una manifestazione di quel tipo è un tentativo di intimidazione) un altro organo costituzionale quello giurisdizionale.
Non si può apparire, anche solo apparire, “equidistanti” tra torti e ragioni.     
 
Francesco, Papa
È meglio un Papa che guarda ai poveri che uno che guarda anche agli affari; è meglio un Papa che stupisce con il saluto “buona sera”, che un Papa paludato; è meglio un Papa che si pone il problema dell’evangelizzazione piuttosto che il potere della chiesa. Francesco sembra questo e altro ma su questa linea.
Comunque, per quel poco che mi riguarda, si può essere contenti, ma, comunque, guarderemo ai fatti e non solo alla strategia comunicativa.    
 

Citazioni: nel bene e nel male

Paolo Gentiloni, La Repubblica, 11 marzo 2013
“Matteo (Renzi) è stato molto corretto è stato leale, ha dato sostegno al PD durante tutta la campagna elettorale e a Bersani. Ma è evidente che ora ha dovuto cambiare programmi e attitudini: si era messo l’anima in pace immaginando i tempi lunghi o medi della nuova legislatura, la situazione che si è venuta a creare, credo, cambia il gioco” (non esageriamo, il merito di Renzi è quello di essersi comportato come avrebbe dovuto comportarsi? Inoltre se cambiano i giochi li cambiano veramente, non ci sono ”investiti” a prescindere, nel nuovo clima possono manifestarsi personalità anche più interessanti. Non lasciamoci influenzare dall’elezione del Papa, arrivato secondo a Conclave precedente  e ora primo, lo stesso dovrebbe capitare a Renzi alle primarie?).

Guido Molteno, Europa, 15 marzo 2013
“Sì, nelle comunità italiane, specie oltre oceano, la scelta di Bergoglio è la scelta di uno di loro. È il primo papa figlio di immigrati. Figlio di immigrati italiani. Un figlio dell’altra Italia, quella costituita dai cinquanta, forse sessanta milioni di discendenti italiani e dai quattro milioni di emigrati ancora con passaporto italiano, tanti quanti siamo noi qui, nella Penisola… Sarà stato anche il frutto di un compromesso, l’elezione del sobrio e impacciato figlio di una coppia d’immigrati originari del Piemonte, ma di sicuro riflette l’onda inarrestabile che investe i paesi occidentali e non solo e che non poteva risparmiare la chiesa. È l’onda lunga della società plurale e multietnica, nella quale la componente degli immigrati ridisegna il paesaggio demografico. L’America è oggi governata dal figlio di un immigrato africano, la chiesa dal figlio di un immigrato piemontese”.


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