Diario 215
11 – 18 marzo 2013
- Presidenti, bene, bene
- Governo, osare
- Il tramonto della “stella” di Monti e il nuovo presidente della Repubblica
- Presidente, ci delude
- Francesco, Papa
- Citazioni: nel bene e nel male (Paolo Gentiloni, Guido Molteno)
Presidenti, bene, bene
La nomina di Laura
Boldrini e di Pietro Grasso, rispettivamente presidente della Camera dei
Deputati e del Senato è una buona notizia. Buona notizia su diversi piani; prima
di tutto le personalità dei due candidati, con una storia esemplare di impegno
su terreni molto accidentati; non può non destare ammirazione per il centro
sinistra di aver proposto l’elezione di “matricole”, nessuno dei due ha un
passato parlamentare, certo un segno dei tempi, ma anche la capacità di
cogliere il vento del cambiamento; infine avere costretto il Movimento 5 stelle
a fare i conti con la pratica politica, costringerli a scegliere. Non è
importante che i senatori del Movimento si siano divisi, ma è importante che
abbiano cominciato a misurare la possibilità di introdurre cambiamenti senza
aspettare il 51% dei voti, che forse non arriveranno mai.
Inoltre l’aver tagliato
fuori il PDL non è poco. Per il PDL l’essersi
incaponiti su un personaggio non solo vecchio ma anche impresentabile non li ha
giovati, ma dato come il successo elettorale è stato ottenuto, non poteva fare
diversamente. Su Monti vale la pena di fare più avanti un discorso critico
molto ruvido, sul piano politico e sulla moralità civica.
Dalla nomina dei due
presidenti si può essere molto soddisfatti qualsiasi sia la durata della legislatura.
Governo, osare
Sembra chiaro che il
tentativo di Bersani di formare un governo dopo le elezioni dei presidenti
delle camere ha acquistato una maggiore consistenza, ma esso appare ancora
incerto. Se l’innovazione dimostrata nella scelta delle due candidature alle presidenze
riuscisse ad essere un prassi corrente le sue possibilità crescerebbero.
La posizione del
Movimento 5 stelle non è più così granitica; si è cominciata a fare strada l’idea
che la sua forza possa essere utilmente spesa, proprio nella linea del
cambiamento, e che non si deve considerare un suicidio politico dialogare con i partiti “tradizionali” (personalmente credo
che, nonostante le previsioni, un ritrarsi del Movimento potrebbe costargli,
questo si, molto caro).
Sarebbe un suicidio da
parte del PD un governissimo, nonostante le pressioni interne ed esterne; ma
non si tratta di rigetto a fronte di una permanenza di Berlusconi, ma di una
incompatibilità politica e programmatica. Sarebbe lo stesso appoggiare un governo tecnico, di scopo, del
presidente, ecc. che non sarebbe altro che un governare insieme al PDL.
Ma se Bersani non dovesse
farcela un ritorno alle elezioni viene
descritta come una tragedia. Io non lo credo, ma non ho titolo.
Se le elezioni fossero
vissuti come tragedia non resterebbe che continuare ad osare: un governo “grillino”,
al quale il PD garantisse una fiducia tecnica, riservandosi di giudicare poi ogni
singolo provvedimento e votare di conseguenza. Al PD resterebbe una forte iniziativa
parlamentare sui provvedimenti da prendere per salvare gli italiani. Insomma
fare quello che avrebbe dovuto fare il Movimento.
Una soluzione che
sicuramente è fuori dalla logica politica corrente, ma forse adatta ad una
situazione eccezionale, ma anche al risultato elettorale. Non si tratterebbe,
infatti, né di una goliardata, né di disconoscere i problemi del paese, ma di
una corrispondenza all’esito elettorale.
Il mio amico Arnaldo
obietta che mai Napolitano
(e Monti) permetterebbe una soluzione di
questo tipo, ma Napolitano non può sostituirsi al Parlamento, così come,
argomenta, non potrebbe accettarlo
l’Europa. Ma l’Europa ogni volta che si intromette nelle faccende politiche dei
singoli stati fa disastri (vedi Grecia).
Obiezioni e osservazioni
tutte condividibili e ragionevoli, ma l’elettorato italiano ha votato ed ha
espresso una fortissima ansia di rinnovamento (anche se spesso confusa).
Avanzare obiezioni di principio che cerchino di delegittimare il successo del
Movimento, potrebbe avere conseguenze più gravide nel futuro. Non è escluso che
anche il Movimento sia spinto a rinunziare alla possibilità di formare un
governo senza una maggioranza stabile, ma quale sarebbe il significato di una
tale posizione rispetto agli elettori del Movimento? È immaginabile che Grillo richieda all’elettorato
una maggioranza del 51% , senza la quale non può governare (uguale alla
richiesta fatta da Berlusconi). Per quando disorientato sia l’elettorato non
credo che si acconcerebbe a soddisfare questa pretesa di Grillo che mostrerebbe
un approccio alla politica autoritario.
Ma dopo la divisione del
gruppo del Movimento al Senato, forse anche Grillo e i grillini devono prendere
atto che una posizione arroccata non garantisce né la vittoria futura, né il
rinnovamento.
Il tramonto della “stella” di Monti e il nuovo
presidente della Repubblica
Non si può mai dire, ma
si può azzardare che dopo le ultime mosse la stella di Monti sia al tramonto.
Ha inanellato una seria di errori, ma non si dica che sono stati dettati da
ingenuità, né scelte per il bene del paese; a me sembrano scelte da ingordigia
di potere.
Si è presentato alle
elezioni perdendo la sua terziarità, convinto che gli italiani gli avrebbero
garantito un sorta di plebiscito. Sconfitto alle elezioni, non ha riconosciuto
l’errore, ma dalla pochezza del risultato ha dichiarato che come non mai il suo gruppo
centrista sarebbe stato indispensabile.
Nei giorni scorsi ha
avanzato la sua candidatura a presidente del Senato. A questo scopo si sarebbe
dimesso lasciando il governo in mano ad un vicario. Una manovra che è stata
bocciata dal Presidente della repubblica (giusta mossa),sia per ragioni
politiche che istituzionali. Obiezioni alle quali, obtorto collo ha dovuto
cedere.
Ma perché Monti voleva la
seconda carica dello stato?
Quella poltrona gli
doveva servire per il salto al Quirinale, palazzo al quale fortemente aspira. Sempre
per questo scopo costringe i suoi senatori a votare scheda bianca per l’elezione
del presidente del senato. Una equidistanza che non è, né potrebbe essere,
apprezzata né dallo schieramento di centro-destra, né da quello di centro-
sinistra, ma vista negativamente da ambedue i fronti. Altro errore di
ambizione, fuori dai giochi ed equidistante, questo egli pensa, avrebbe
garantita la sua elezione a presidente della Repubblica. Altro errore.
Il professor Monti
pretende e continua a pretendere, questo è il verbo che sa coniugare meglio (il
che rende credibile la voce secondo la quale avrebbe preteso, per assumersi l’onere del governo
tecnico, che Napolitano lo nominasse senatore a vita). Ma è un brutto verbo,
come si insegna ai bambini, non coniugabile neanche da chi è stato considerato “salvatore
del paese”.
L’innovazione introdotta
nella nomina dei presidenti nelle due camere non può non influire pesantemente
sulle candidature al Quirinale, il PDL pare punti su Berlusconi (non c’è fine
all’arroganza) per magari ripiegare su Gianni Letta (il “maggiordomo”),
invotabili ambedue. Ci si aspetta dal centro sinistra una o più candidature in
linea con quelle delle presidenze delle due camere, mettendo da parte i nomi
che circolano, anche se degni.
Presidente, ci delude
Non sono un grande
estimatore del presidente Napolitano, la penultima sua manifestazione di
pensiero non l’ho trovata né ben calibrata, né costituzionalmente esatta
(dichiarazione in parte corretta). Che vuol dire che deve essere garantita la
possibilità al capo del PDL di partecipare all’attuale complicata fase
politica? Vuol dire che i processi si devono interrompere? Vuol dire che l’eventuale
istruttoria deve essere fermata? Ma non è previsto dal nostro ordinamento
costituzionale, a garanzia dei cittadini e della Repubblica, l’autonomia della
magistratura e l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge?
L’invito alla
magistratura di essere sensibile alle necessità della politica, mi pare molto
mal posta, soprattutto nel contesto nel quale è solito muoversi Silvio
Berlusconi: la prescrizione l’arma preferita di difesa, oltre le leggi di
depenalizzazione di certi reati, come il falso in bilancio, ecc.
La manifestazione degli
onorevoli al tribunale di Milano andava e va condannata, non tanto come
manifestazione in se stessa, ma in quanto fatta dagli onorevoli e senatori,
cioè membri di un potere costituzionale, quello legislativo, che non può
intimidire (una manifestazione di quel tipo è un tentativo di intimidazione) un
altro organo costituzionale quello giurisdizionale.
Non si può apparire,
anche solo apparire, “equidistanti” tra torti e ragioni.
Francesco, Papa
È meglio un Papa che
guarda ai poveri che uno che guarda anche agli affari; è meglio un Papa che
stupisce con il saluto “buona sera”, che un Papa paludato; è meglio un Papa che
si pone il problema dell’evangelizzazione piuttosto che il potere della chiesa.
Francesco sembra questo e altro ma su questa linea.
Comunque, per quel poco
che mi riguarda, si può essere contenti, ma, comunque, guarderemo ai fatti e
non solo alla strategia comunicativa.
Citazioni: nel bene e nel male
Paolo Gentiloni, La Repubblica, 11 marzo 2013
“Matteo (Renzi) è stato
molto corretto è stato leale, ha dato sostegno al PD durante tutta la campagna
elettorale e a Bersani. Ma è evidente che ora ha dovuto cambiare programmi e
attitudini: si era messo l’anima in pace immaginando i tempi lunghi o medi
della nuova legislatura, la situazione che si è venuta a creare, credo, cambia
il gioco” (non esageriamo, il merito di
Renzi è quello di essersi comportato come avrebbe dovuto comportarsi? Inoltre se
cambiano i giochi li cambiano veramente, non ci sono ”investiti” a prescindere,
nel nuovo clima possono manifestarsi personalità anche più interessanti. Non lasciamoci
influenzare dall’elezione del Papa, arrivato secondo a Conclave precedente e ora primo, lo stesso dovrebbe capitare a
Renzi alle primarie?).
Guido Molteno, Europa, 15 marzo 2013
“Sì, nelle comunità italiane, specie oltre
oceano, la scelta di Bergoglio è la scelta di uno di loro. È il primo papa
figlio di immigrati. Figlio di immigrati italiani. Un figlio dell’altra Italia,
quella costituita dai cinquanta, forse sessanta milioni di discendenti italiani
e dai quattro milioni di emigrati ancora con passaporto italiano, tanti quanti
siamo noi qui, nella Penisola… Sarà stato anche il frutto di un compromesso,
l’elezione del sobrio e impacciato figlio di una coppia d’immigrati originari
del Piemonte, ma di sicuro riflette l’onda inarrestabile che investe i paesi
occidentali e non solo e che non poteva risparmiare la chiesa. È l’onda lunga
della società plurale e multietnica, nella quale la componente degli immigrati
ridisegna il paesaggio demografico. L’America è oggi governata dal figlio di un
immigrato africano, la chiesa dal figlio di un immigrato piemontese”.
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