Recensione a Ivan BLECIC (a cura di), Lo scandalo urbanistico 50
anni dopo: Sguardi e orizzonti sulla proposta di riforma di Fiorentino Sullo,
Franco Angeli, 2017, pp. 201, 26,50 euro.
Da Città bene comune la casa della cultura Milano, 2018
Gli urbanisti, i migliori, insegnano che ogni variazione di destinazione
d’uso del suolo crea valore (la rendita attraverso i piani). Un valore
determinato per singole aree, per quelle aree destinate a modificare la loro
destinazione d‘uso, e non per le altre aree. Caio si avvantaggia mentre
Tizio, limitrofo, no. Si crea quella che può essere chiamata
“scarsità”, anche in relazione al fatto che non tutto il territorio
può trasformarsi in urbanizzato e per il fatto che si vuole
“risparmiare terra”, una scarsità che alza la rendita e che crea, si dice differenze
tra i cittadini. In questo caso si assume che la proprietà della terra
(dell’area, più correttamente) ha in se stesso il diritto alla trasformazione.
Un principio questo che non può essere accolto neanche in una situazione di
sfrenato liberismo.
Ma perché la rendita prevista si realizzi saranno necessari
investimenti infrastrutturali e in servizi; investimenti che saranno realizzati
dalla mano pubblica. Caio si avvantaggia, cioè gode della rendita,
in ragione del fatto di essere proprietario di un area che subisce una
variazione di valore per un atto amministrativo (un piano, per
esempio) e per effetto degli investimenti pubblici che graveranno
sull’area. Lucra senza colpo ferire (da qui la definizione da parte di qualche
settore politico della rendita come “furto”).
L’operatore pubblico può evitare questo vantaggio di Caio, in relazione a
tutti gli altri proprietari, eliminando fiscalmente questo
vantaggio. La leva fiscale sana la diseguaglianza tra i diversi
proprietari, nessuno trae vantaggio per il solo fatto che una determinata
porzione di territorio cambia destinazione d’uso.
Ammettiamo pure che sia facile e che esista la volontà politica di colpire
la rendita nel momento della sua formazione, questo non risolve il problema
generale della rendita perché la rendita è strettamente legata alla dinamica
della città e agli investimenti pubblici e privati. Se in un quartiere si
costruisce una metropolitana le abitazione del quartiere aumentano di prezzo
(la rendita sale), mentre se si realizza un cimitero o un inceneritore è molto
probabile che i prezzi delle abitazione diminuiscano (la rendita scende). La
rendita, in sostanza, ha una sua vita che non è difficile
immaginare (dipende da fattori localizzativi, dalla presenza e qualità delle
infrastrutture e dei servizi, dell’esistenza o meno di beni posizionali, ecc.).
Si potrebbe immaginare di seguire tutte queste “strade” della redita e
colpirla quando si realizza, ma il proprietario di una casa può non vedere la
sua casa che nello stesso tempo aumenta di valore (la sua rendita e reale ma
non realizzata),o ancora può usare il suo valore patrimoniale
cresciuto per iniziative finanziarie, ecc.
Ma l’interesse dell’urbanistica per la rendita non è né di natura
economica, né di natura fiscale, ma interessa per gli effetti che essa produce
a livello dell’organizzazione della città.
L’urbanistica e la pianificazione hanno a loro “oggetto” la città, o
come preferisco “il governo delle trasformazioni
urbane”, a questo scopo usano il “ piano” e tanti
altri strumenti, che possiamo accorpare nella famiglia delle politiche. Le
politiche si individuano secondo le condizioni di tempo e di luogo, secondo le
esigenze poste dalla società, ecc. se in un luogo e in un tempo insorge un
problema abitativo per determinate fasce sociali, si possono attivare numerosi
strumenti per risolvere il problema ( che si faccia o che si faccia poco è
altra questione) ma non è il mercato che può risolverlo. Si ricordi, per
esempio, che sulla questione del costo della casa, esisteva una volta l’equo
canone , una legge che in qualche modo misurava e
controllava la dinamica dei prezzi degli affitti, si trattava di un calmiere,
questo strumento è stato eliminato sulla presunzione che sarebbe
stato il mercato lo strumento adeguato per una gestione calmieratrice del costo
della casa. Una presunzione del ruolo del mercato che non pare realistica;
eliminato l’equo canone i fitti sono aumentati tutti, in ogni luogo e in ogni
condizione.
Governare le trasformazioni significa occuparsi delle, se necessarie,
espansioni, dei problemi abitativi, dei trasporti, della salute, del verde,
della cultura, dell’estetica , del l’igiene, ecc. una serie enorme di attività
in parte private, in parte pubbliche, in parte miste, ma che
nell’insieme hanno bisogno di regole (non fisse per l’eterno)
dettate dalla mano pubblica ai quali, se necessario, si provvede
con specifiche “ politiche” tutte finalizzate al miglioramento della
vita dei cittadini e alla costruzione di una città, per quanto possibile, equa.
La rendita liberata da ogni controllo non produce una città
equa, solidale e sostenibile, come in sintesi si dice, ma piuttosto una città
densa di squilibri, il mercato oltre la favola della libertà è di fatto
strumento di discriminazione che mette, nel caso specifico della città,
“ciascuno al suo posto”.
Non è casuale che in molti paesi si sono sviluppati strumenti
per eliminare o drasticamente ridurre gli effetti della rendita
nell’organizzazione della città. Il nostro paese, come è noto, si distingue per
molte discussioni, per cervellotiche invenzioni, ma di fatto senza scalfire la
rendita. Un concreto tentativo, il primo e l’ultimo si
potrebbe dire, risale all’esperienza del ministro Fiorentino Sullo,
al quale Ivan Blecic ha dedicato un volume che raccogli le principali relazioni
presentati ad un convegno del DADU, dipartimento di Alghero
dell’Università di Sassari.
Forse per i più giovani vale la pena di iniziare a dire chi è stato
Fiorentino Sullo, qual era la sua proposta urbanistica e quale conseguenza quella
proposta ha avuto sulla vita stessa del minisro.
Membro influente della DC, militante della sinistra democristiana, è stato
più volte sottosegretario e ministro. Lo scandalo al quale si riferisce il
testo di Blecic è relativo al tentativo di Sullo, quando era ministro dei
Lavori pubblici ( 1962-63) di varare una riforma urbanistica avanzata che
cercava di eliminare la rendita. “La proposta Sullo affronta tutti gli aspetti
della disciplina urbanistica, dai compiti delle regioni, allora non ancora istituiti,
ai comprensori (livello di pianificazione intermedio tra regioni e
comuni). Ma, com’è noto, la proposta è passata alla storia
solo per quanto riguarda il nuovo regime fondiario, basato sull’esproprio
preventivo e generalizzato delle aree edificabili. (corsivo nel
testo). L’indennità di esproprio era riferita al valore agricolo, congruamente
incrementato per i suoli con destinazione urbana o già edificati. I comuni
acquisiti le aree, dovevano provvedere alla loro urbanizzazione primaria e poi
cederle ai costruttori , a mezzo di asta pubblica, in “diritto di superficie”
(il che significava che restavano sempre di proprietà comunale) (V. De Lucia,
pag. 29).
Contro questa riforma si scatena l’opposizione della proprietà fondiaria, e
Fiorentino Sullo legge sul quotidiano del suo Partito, un editoriale del
segretario della DC che disconosce il provvedimento. A Sullo non resta che
dimettersi e fronteggiare una campagna diffamatoria anche sulla sua vita
privata. Avrà diverse vicissitudini politiche e dopo alterne vicende rientrerà
nella Dc ma il suo ruolo non sarà più quello di un rilevante dirigente del
partito ma quello di un peones, usando un termine oggi in voga.
Questo squarcio di vita di Sullo è interessante per capire il
“potere” della rendita, e dei suoi alleati, quello che sarà chiamato da
Valentino Parlato il “Blocco edilizio”; ma la vicenda mette in luce
la mancanza di scrupoli e di moralità di certi settori sociali quando si mette
in discussione il loro potere.
Va detto che il provvedimento elaborato da Sullo, sul tema specifico
della rendita, appariva solo in parte nuovo per il nostro paese, esso infatti
era previsto in determinati casi, ma , in generale, era prassi
comune in altri paesi dell’Europa. Non era il “comunismo” che Sullo voleva
contrabbandare con il suo provvedimento ma piuttosto un’azione riformatrice che
avrebbe avuto effetti importantissimi per il nostro paese.
Blecic, nell’introduzione al libro cerca di rispondere a quale sarebbe
stato l’effetto della proposta Sullo, se approvata, sulla
vita del nostro paese. “Una risposta precisa a questa domanda è pressoché
impossibile, non perché riguarda un periodo lungo più di cinquant’anni, non
perché richiederebbe la raccolta di una gran mole di dati di livello altamente
disaggregato, ma soprattutto perché è plausibile supporre che l’introduzione
della riforma avrebbe avuto un profondo impatto strutturale sulla traiettoria
economica dell’Italia, sull’allocazione degli investimenti e dei consumi, sulle
scelte di politiche di allestimento del sistema fiscale, ed infine
sull’organizzazione e governo della città e del territorio” (pag. 9).
Insomma il paese, da diversi punti di vista paga il fio di quella mancata
riforma: colpire la rendita significava dare base diverse alla dinamica del
paese e alla sua struttura economica e sociale, non solo permettere al meglio
il governo delle città e del territorio.
Blecic ha provato anche a calcolare il valore della rendita nel periodo
1961-2011, solo per le costruzioni residenziali, quindi escludendo le costruzioni
commerciali, industriali, turistiche ecc., giunge ad una doppia valutazione,
secondo due ipotesi di incidenza del valore del terreno
sull’edificato: una stima che va da 800 a 1.000 miliardi di
euro. Il calcolo può essere migliorato, integrato, corretto, ecc. ma
quello che interessa non è tanto la cifra precisa al centesimo quanto l’ordine
di grandezza. Spaventoso.
Può sembrare incredibile ma l’approvazione di quella riforma avrebbe
fondato su basi completamente nuove lo sviluppo del paese: non solo il dissesto
idrogeologico, ma anche la corruzione, le “mani sulla città” anche della
criminalità organizzata, la bassa qualità dei nostri insediamenti, e lo stesso
sviluppo industriale avrebbe forse preso un altro indirizzo. Non si tratta di
un paradosso ma degli effetti a cascata che avrebbe generato la riforma. Certo
le forze della conservazione e del potere economico avrebbero usato altri
strumenti, si sarebbero inventati nuovi meccanismo, ma almeno le loro unghia
sarebbero state spuntate.
Molti sono gli studiosi che Blecic ha raccolto attorno al tavolo dove era
distesa la riforma Sullo.
Vezio De Lucia già citato colloca il tentativo di Sullo nella dialettica
politica di quella fase storica, siamo agli albori del centro sinistra e fa
specie che proprio in questa stagione la riforma Sullo viene maciullata.
(Giorgio Ruffolo, attore principale di quella stagione, riflette sul fatto che
il tentativo di Sullo risultava sopradimensionato rispetto alla società
italiana, citato da Ernesti p. 55. Ma allora quale è il senso del
centro-sinistra? Quello di non disturbare il pranzo dei potenti?
Giulio Ernesti ricostruisce il clima politico e culturale del dibattito
attraverso il materiale (saggi, discorsi, ecc.) messo insieme dallo tesso Sullo
in un volume del 1964 Lo Scandalo Urbanistico, con gli articoli
apparsi direttamente nelle pubblicazioni della controparte (Il Giornale
dei Costruttori e Il corriere dei costruttori).
Dal confronto emerge una qualche disponibilità da parte dei costruttori di
accettare la strumentazione urbanistica, ma un assoluta contrarietà alla
modifica del regime fondiario. Essi accusano Sulla di voler introdurre nel
paese un regime collettivistico, mentre è chiara in loro che una pianificazione
urbanistica privata dalla modifica del regime fondiario lascia a loro campo
libero di speculare. Del resto le vicende urbanistiche della seconda metà del
secolo scorso, con le speculazioni, la distruzione del territorio, la
manomissione delle città, ecc. nel nostro paese rende onore alla “lungimiranza” della
posizione dei costruttori (agevolati dalla sostanziale inerzia della politica).
Gli interventi di Dino Borri, Sergio Brenna, Marco Cerasoli, Franco
Farinelli, Paolo Carrozza, Paolo Pileri, Emanuele Boscolo, approfondiscono
diversi aspetti della riforma Sullo e la collocano nel contesto storico e nella
dinamica del nostro paese.
L’intervento di Armando Cecchini
mette a confronto due testi all’incirca coevi della riforma Sullo: si tratta di
un articolo di Valentino Parlato (Il blocco edilizio, apparso sulla rista Il
Manifesto) e della lettera pastorale di Giovanni Franzoni (La terra è di
Dio).Cecchini mette a confronto il contenuto di questi due testi, di
ispirazione molto diversi, per porre la questione dell’abitazione, affitto,
proprietà, accessibilità, ecc. E sulla necessità di una politica abitativa che
trova un suo limite sulla questione della rendita. Per questa strada il
ragionamento di Cecchini si collega alla riforma Sullo.
Nella sua densa postfazione Luciano Vettoretto, tra le altre osservazione
mette in luce come si sia posta la questione della formazione dellurbanista
come figura professionale diversa dall’architett
Il volume curato da Blecic è rilevante non solo per la ricostruzione di una
vicenda molta
Importante della storia del nostro paese, ma anche perché mette in evidenza
come la questione della rendita non sia stata e non lo è ancora marginale
sulla questione urbana, sulla dinamica delle città grandi e medie; e come sia
emblematica del fallimento del riformismo italiano. Ma ancora di più, come è
stato messo in luce in alcuni interventi, come la rendita i suoi risvolti, le
sue vicende, ecc. sono state e lo sono ancora, come ci raccontano le cronache
di molte città, uno degli elementi principale di speculazione e di corruzione.
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