sabato 3 novembre 2018

Lo scandalo urbanistico


Recensione a Ivan BLECIC (a cura di), Lo scandalo urbanistico 50 anni dopo: Sguardi e orizzonti sulla proposta di riforma di Fiorentino Sullo, Franco Angeli, 2017, pp. 201, 26,50 euro.
 Da Città bene comune la casa della cultura Milano, 2018

Gli  urbanisti, i migliori, insegnano che ogni variazione di destinazione d’uso del suolo crea valore (la  rendita attraverso i piani). Un valore determinato per singole aree, per quelle aree destinate a modificare la loro destinazione d‘uso, e non per le altre aree. Caio si avvantaggia mentre Tizio,  limitrofo, no. Si crea quella che può essere chiamata “scarsità”, anche in relazione al fatto che non tutto il territorio può  trasformarsi in urbanizzato e per il fatto che si vuole “risparmiare terra”, una scarsità che alza la rendita e che crea, si dice differenze tra i cittadini. In questo caso si assume che la proprietà della terra (dell’area, più correttamente) ha in se stesso il diritto alla trasformazione. Un principio questo che non può essere accolto neanche in una situazione di sfrenato liberismo.
 Ma perché la rendita prevista si realizzi saranno necessari investimenti infrastrutturali e in servizi; investimenti che saranno realizzati dalla mano pubblica. Caio  si avvantaggia, cioè gode della rendita, in ragione del fatto di essere proprietario di un area che subisce una variazione di valore per  un atto amministrativo (un piano, per esempio) e per effetto degli  investimenti pubblici che graveranno sull’area. Lucra senza colpo ferire (da qui la definizione da parte di qualche settore politico della  rendita come “furto”).
L’operatore pubblico può evitare questo vantaggio di Caio, in relazione a tutti gli altri proprietari, eliminando fiscalmente questo vantaggio.  La leva fiscale sana la diseguaglianza tra i diversi proprietari, nessuno trae vantaggio per il solo fatto che una determinata porzione di territorio cambia destinazione d’uso.
Ammettiamo pure che sia facile e che esista la volontà politica di colpire la rendita nel momento della sua formazione, questo non risolve il problema generale della rendita perché la rendita è strettamente legata alla dinamica della città e agli investimenti pubblici e privati. Se in un quartiere si costruisce una metropolitana le abitazione del quartiere aumentano di prezzo (la rendita sale), mentre se si realizza un cimitero o un inceneritore è molto probabile che i prezzi delle abitazione diminuiscano (la rendita scende). La rendita, in sostanza,  ha una  sua vita che non è difficile immaginare (dipende da fattori localizzativi, dalla presenza e qualità delle infrastrutture e dei servizi, dell’esistenza o meno di beni posizionali, ecc.).
Si potrebbe immaginare di seguire tutte queste “strade” della redita e colpirla quando si realizza, ma il proprietario di una casa può non vedere la sua casa che nello stesso tempo aumenta di valore (la sua rendita e reale ma non realizzata),o  ancora può usare il suo valore patrimoniale cresciuto per iniziative finanziarie, ecc. 
Ma l’interesse dell’urbanistica per la rendita non è né di natura economica, né di natura fiscale, ma interessa per gli effetti che essa produce a livello dell’organizzazione della città.
L’urbanistica e la pianificazione hanno a loro “oggetto” la città, o come  preferisco “il governo delle trasformazioni urbane”,  a questo scopo usano il “ piano”  e  tanti altri strumenti, che possiamo accorpare nella famiglia delle politiche. Le politiche si individuano secondo le condizioni di tempo e di luogo, secondo le esigenze poste dalla società, ecc. se in un luogo e in un tempo insorge un problema abitativo per determinate fasce sociali, si possono attivare numerosi strumenti per risolvere il problema ( che si faccia o che si faccia poco è altra questione) ma non è il mercato che può risolverlo. Si ricordi, per esempio, che sulla questione del costo della casa, esisteva una volta l’equo canone , una legge che in qualche modo  misurava e controllava la dinamica dei prezzi degli affitti, si trattava di un calmiere, questo strumento  è stato eliminato sulla presunzione che sarebbe stato il mercato lo strumento adeguato per una gestione calmieratrice del costo della casa. Una presunzione del ruolo del mercato che non pare realistica; eliminato l’equo canone i fitti sono aumentati tutti, in ogni luogo e in ogni condizione.
Governare le trasformazioni significa occuparsi delle, se necessarie, espansioni, dei problemi abitativi, dei trasporti, della salute, del verde, della cultura, dell’estetica , del l’igiene, ecc. una serie enorme di attività in parte private, in parte pubbliche, in parte miste, ma che nell’insieme  hanno bisogno di regole (non fisse per l’eterno) dettate dalla mano pubblica ai quali, se necessario, si provvede con  specifiche “ politiche” tutte finalizzate al miglioramento della vita dei cittadini e alla costruzione di una città, per quanto possibile, equa.
La rendita  liberata da ogni controllo non produce una città equa, solidale e sostenibile, come in sintesi si dice, ma piuttosto una città densa di squilibri, il mercato oltre la favola della libertà è di fatto strumento di discriminazione che mette, nel caso specifico della città, “ciascuno al suo posto”.
Non  è casuale che in molti paesi si sono sviluppati strumenti per eliminare o drasticamente ridurre gli effetti della rendita nell’organizzazione della città. Il nostro paese, come è noto, si distingue per molte discussioni, per cervellotiche invenzioni, ma di fatto senza scalfire la rendita. Un concreto tentativo, il primo e   l’ultimo si potrebbe dire,  risale all’esperienza del ministro Fiorentino Sullo, al quale Ivan Blecic ha dedicato un volume che raccogli le principali relazioni presentati ad un convegno del  DADU, dipartimento di Alghero dell’Università di Sassari.
 Forse per i più giovani vale la pena di iniziare a dire chi è stato Fiorentino Sullo, qual era la sua proposta urbanistica e quale conseguenza quella proposta ha avuto sulla vita stessa del minisro.
Membro influente della DC, militante della sinistra democristiana, è stato più volte sottosegretario e ministro. Lo scandalo al quale si riferisce il testo di Blecic è relativo al tentativo di Sullo, quando era ministro dei Lavori pubblici ( 1962-63) di varare una riforma urbanistica avanzata che cercava di eliminare la rendita. “La proposta Sullo affronta tutti gli aspetti della disciplina urbanistica, dai compiti delle regioni, allora non ancora istituiti, ai comprensori (livello di pianificazione intermedio tra  regioni e comuni). Ma,  com’è noto, la proposta è passata alla storia solo per quanto riguarda il nuovo regime fondiario, basato sull’esproprio preventivo e generalizzato delle aree edificabili. (corsivo nel testo). L’indennità di esproprio era riferita al valore agricolo, congruamente incrementato per i suoli con destinazione urbana o già edificati. I comuni acquisiti le aree, dovevano provvedere alla loro urbanizzazione primaria e poi cederle ai costruttori , a mezzo di asta pubblica, in “diritto di superficie” (il che significava che restavano sempre di proprietà comunale) (V. De Lucia, pag. 29).
Contro questa riforma si scatena l’opposizione della proprietà fondiaria, e Fiorentino Sullo legge sul quotidiano del suo Partito, un editoriale del segretario della DC che disconosce il provvedimento. A Sullo non resta che dimettersi e fronteggiare una campagna diffamatoria anche sulla sua vita privata. Avrà diverse vicissitudini politiche e dopo alterne vicende rientrerà nella Dc ma il suo ruolo non sarà più quello di un rilevante dirigente del partito ma quello di un peones, usando  un termine oggi in voga. Questo squarcio di vita di Sullo è interessante per  capire il “potere” della rendita, e dei suoi alleati, quello che sarà chiamato da Valentino Parlato il  “Blocco edilizio”; ma la vicenda mette in luce la mancanza di scrupoli e di moralità di certi settori sociali quando si mette in discussione il loro potere.
 Va detto che il provvedimento elaborato da Sullo, sul tema specifico della rendita, appariva solo in parte nuovo per il nostro paese, esso infatti era previsto in determinati casi,  ma , in generale, era prassi comune in altri paesi dell’Europa. Non era il “comunismo” che Sullo voleva contrabbandare con il suo provvedimento ma piuttosto un’azione riformatrice che avrebbe avuto effetti importantissimi per il nostro paese.
Blecic, nell’introduzione al libro cerca di rispondere a quale sarebbe stato l’effetto della proposta Sullo,  se approvata,  sulla vita del nostro paese. “Una risposta precisa a questa domanda è pressoché impossibile, non perché riguarda un periodo lungo più di cinquant’anni, non perché richiederebbe la raccolta di una gran mole di dati di livello altamente disaggregato, ma soprattutto perché è plausibile supporre che l’introduzione della riforma avrebbe avuto un profondo impatto strutturale sulla traiettoria economica dell’Italia, sull’allocazione degli investimenti e dei consumi, sulle scelte di politiche di allestimento del sistema fiscale, ed infine sull’organizzazione e governo della città e del territorio” (pag. 9).
Insomma il paese, da diversi punti di vista paga il fio di quella mancata riforma: colpire la rendita significava dare base diverse alla dinamica del paese e alla sua struttura economica e sociale, non solo permettere al meglio il governo delle città e del territorio.
Blecic ha provato anche a calcolare il valore della rendita nel periodo 1961-2011, solo per le costruzioni residenziali, quindi escludendo le costruzioni commerciali, industriali, turistiche ecc., giunge ad una doppia valutazione, secondo due ipotesi di incidenza del valore del terreno sull’edificato:  una stima che va da 800 a 1.000 miliardi di euro.  Il calcolo può essere migliorato, integrato, corretto, ecc. ma quello che interessa non è tanto la cifra precisa al centesimo quanto l’ordine di grandezza. Spaventoso.
Può sembrare incredibile ma l’approvazione di quella riforma avrebbe fondato su basi completamente nuove lo sviluppo del paese: non solo il dissesto idrogeologico, ma anche la corruzione, le “mani sulla città” anche della criminalità organizzata, la bassa qualità dei nostri insediamenti, e lo stesso sviluppo industriale avrebbe forse preso un altro indirizzo. Non si tratta di un paradosso ma degli effetti a cascata che avrebbe generato la riforma. Certo le forze della conservazione e del potere economico avrebbero usato altri strumenti, si sarebbero inventati nuovi meccanismo, ma almeno le loro unghia sarebbero state spuntate.
Molti sono gli studiosi che Blecic ha raccolto attorno al tavolo dove era distesa la riforma Sullo.
Vezio De Lucia già citato colloca il tentativo di Sullo nella dialettica politica di quella fase storica, siamo agli albori del centro sinistra e fa specie che proprio in questa stagione la riforma Sullo viene maciullata. (Giorgio Ruffolo, attore principale di quella stagione, riflette sul fatto che il tentativo di Sullo risultava sopradimensionato rispetto alla società italiana, citato da Ernesti p. 55. Ma allora quale è il senso del centro-sinistra? Quello di non disturbare il pranzo dei potenti?
Giulio Ernesti ricostruisce il clima politico e culturale del dibattito attraverso il materiale (saggi, discorsi, ecc.) messo insieme dallo tesso Sullo in un volume del 1964 Lo Scandalo Urbanistico, con gli articoli apparsi direttamente nelle pubblicazioni della controparte (Il Giornale dei Costruttori e Il corriere dei costruttori).
Dal confronto emerge una qualche disponibilità da parte dei costruttori di accettare la strumentazione urbanistica, ma un assoluta contrarietà alla modifica del regime fondiario. Essi accusano Sulla di voler introdurre nel paese un regime collettivistico, mentre è chiara in loro che una pianificazione urbanistica privata dalla modifica del regime fondiario lascia a loro campo libero di speculare. Del resto le vicende urbanistiche della seconda metà del secolo scorso, con le speculazioni, la distruzione del territorio, la manomissione delle città, ecc.  nel nostro paese rende onore alla “lungimiranza”  della posizione dei costruttori (agevolati dalla sostanziale inerzia della politica).
Gli interventi di Dino Borri, Sergio  Brenna, Marco Cerasoli, Franco Farinelli, Paolo Carrozza, Paolo Pileri, Emanuele Boscolo, approfondiscono diversi aspetti della riforma Sullo e la collocano nel contesto storico e nella dinamica del nostro paese.
     L’intervento di Armando Cecchini mette a confronto due testi all’incirca coevi della riforma Sullo: si tratta di un articolo di Valentino Parlato (Il blocco edilizio, apparso sulla rista Il Manifesto) e della lettera pastorale di Giovanni Franzoni (La terra è di Dio).Cecchini mette a confronto il contenuto di questi due testi, di ispirazione molto diversi, per porre la questione dell’abitazione, affitto, proprietà, accessibilità, ecc. E sulla necessità di una politica abitativa che trova un suo limite sulla questione della rendita. Per questa strada il ragionamento di Cecchini si collega alla riforma Sullo.
Nella sua densa postfazione Luciano Vettoretto, tra le altre osservazione mette in luce come si sia posta la questione della formazione dellurbanista come figura professionale diversa dall’architett
Il volume curato da Blecic è rilevante non solo per la ricostruzione di una vicenda molta 
Importante della storia del nostro paese, ma anche perché mette in evidenza come la questione  della rendita non sia stata e non lo è ancora marginale sulla questione urbana, sulla dinamica delle città grandi e medie; e come sia emblematica del fallimento del riformismo italiano. Ma ancora di più, come è stato messo in luce in alcuni interventi, come la rendita i suoi risvolti, le sue vicende, ecc. sono state e lo sono ancora, come ci raccontano le cronache di molte città, uno degli elementi principale di speculazione e di corruzione.



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