lunedì 8 settembre 2014

Matteo Renzi: senza naso, senza bocca, senza orecchie e senza … partito

Diario 268

Matteo Renzi: senza naso, senza bocca, senza orecchie e senza … partito

“Io ci metto la faccia”, così si è declinato il progetto politico del Presidente del consiglio a proposito delle riforme. La sua faccia dovrebbe essere già ampiamente affettata, infatti le riforme annunziate: entro un mese, entro giugno, ecc. non sono state realizzate.
Questo modo di porsi politicamente mette in discussione non solo la credibilità del Presidente ma anche la tenuta del suo consenso.
Certo si può ragionare pensando che se l’elettorato italiano si è sopportato per decenni Silvio Berlusconi, che in fatto di mantenimento delle promesse non è stato secondo a nessuno, si può stare tranquilli che anche per Renzi il consenso elettorale non potrà mancare. Ma forse non è così.
Berlusconi al di là di qualche sporadica promessa (“un milione di posti di lavoro”) quello che offriva era un modello: un uomo fattosi da sé, ricco, in quanto ricco potente, in quanto ricco e potente è circondato da belle donne, un uomo di successo, in tutti i suoi aspetti (desiderati dai più). Un modello al quale tutti poteva aspirare, le proprie caratteristiche, il proprio impegno, le proprie capacità, solo queste avrebbero permesso a ciascuno di conformarsi al modello. Se non ci si fosse riusciti non era colpa di nessuno ma solo di se stessi. Il messaggio di Berlusconi, al di là di sbavature di tipo politico, era un “modello” che caricava su ciascuno la possibilità di emularlo.
Il messaggio politico di Renzi è molto diverso: non un modello ma un processo di riforma del paese (“cambiare verso”), Renzi scarica su se stesso (neanche sul suo governo) la capacità e responsabilità del cambiamento. Il paese è in attesa che questo cambiamento avvenga, Non si fa carico a ciascun cittadino del cambiamento, se non per le conseguenze che possono capitare tra capo e collo a ciascuno date le scelte governative (conseguenze quasi tutte negative). Il consenso a Renzi è legato alla fiducia che l’uomo riesca nel suo intento.
Due messaggi completamente diversi, due conseguenze completamente diverse.
Renzi è inconsciamente cosciente di questo: quando all’inizio del suo mandato ha dichiarato che in un mese avrebbe riformato il lavoro, in due la pubblica amministrazione, in tre …. era, non solo baldanzoso e presuntuoso, ma capiva (forse a pelle) che queste erano le attese. Da qui “ci metto la faccia” (ormai una faccia fregiata).
Resosi conto che i problemi erano molto più complicati, le soluzioni difficili da trovare, gli interessi coinvolti molti e discordanti, ha allungato la sua traiettoria riformista: 1000 giorni. Ma mille giorni sono tanti e lunghi da passare, soprattutto se in questi 1000 giorni si macella la società: blocco della contrattazione e degli aumenti nella pubblica amministrazione, rinvio dell’assunzione dei precari della scuola, protesta di carabinieri poliziotti, ecc. prossima agitazione generale delle tre confederazioni sindacali, ecc. In più le questioni internazionali, la richiesta degli USA di aumento delle spese militari, i pericoli di un coinvolgimento bellico, ecc.  I 1000 giorni rischiano di essere per Renzi un calvario, anche perché ha scelto di essere “solo al comando”.
Non credo che la strada delle riforme che Renzi e la UE fanno intravedere siano appropriate per affrontare la crisi, ma immaginiamo per un momento che sia la strada giusta. Per realizzare questa strada il Presidente del consiglio avrebbe bisogno dell’apporto di un’organizzazione politica (una struttura intermedia) non solo che lo sostenesse ma che soprattutto facesse “lavoro politico e culturale” tra il “popolo” . Che potesse convincere le forse sociali della necessità di pagare dei prezzi, ma che fungesse anche da cinghia di trasmissione tra le forze sociali e il governo. Qualcuno potrebbe giudicare troppo “tradizionale” questo punto di vista, ma in assenza di questa intermediazione cosa potrebbe accadere e cosa accadrà dato che questa struttura intermedia è stata dallo stesso Renzi distrutta. Va detto, a prescindere dal giudizio che ciascuno di noi ha dato e avrebbe potuto dare del PD, che quel partito non esiste più, che uno “nuovo” non è nato. Quello che rimasto si destreggia tra lotte intestine, dichiarazione di amore, e feste dell’Unità.
Il primo obiettivo di Renzi appena eletto segretario è stato non soltanto della rottamazione dei suoi gruppi dirigenti, ma la distruzione del partito e di quel che restava della sua organizzazione, progettandone vagamente uno nuovo. Oggi che di un partito che sostenesse “popolarmente” la sua politica avrebbe bisogno come l’aria, non lo ha più.
Avere pensato che bastasse la “comunicazione”, la trovato del cono gelato, la non partecipazione alla riunione del gotha dell’economia, tanto per citare gli ultimi episodi comunicativi, potessero bastare per tenere legato il consenso popolare a me pare un errore.
Poiché  il progetto politico di Renzi sono le riforme, l’opinione pubblica lo misurerà sulla realizzazione delle riforme e sui benefici che queste riforme porteranno per tutti o per larghi strati della popolazione (ci potranno essere dei momenti di coinvolgimento e di entusiasmo per Renzi, ma poi i nodi del reddito, della disoccupazione, ecc. verranno prepotentemente a galla).
Un progetto di lungo periodo (1000 giorni, per cominciare), l’assenza di una struttura intermedia di sostegno (il Partito), la scarsità dei risultati, il costo delle riforme che graverà sul ceto medio e sugli strati popolari, lasciano presagire un declino non troppo lontano di Renzi.

In questo c’è una tragedia: la mancanza di un’alternativa progressista e di sinistra.           

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