sabato 19 luglio 2014

Papi assolto. Ma il re resta nudo


Papi assolto. Ma il re resta nudo

di Ida Dominijanni


Mi ero sbagliata per difetto, nel mio blog dell'altro ieri Perché va abbassata quella condanna, prevedendo la derubricazione della condanna per concussione di Berlusconi al processo d'appello sul Ruby-gate: Berlusconi non ha avuto una pena inferiore, è stato assolto. Sia dall'accusa di concussione per la telefonata fatta alla questura di Milano quella notte del maggio 2010 con lo scopo di ''liberare'' Ruby affidandola a Nicole Minetti, sia dall'accusa di aver fatto sesso con Ruby medesima quando non era ancora maggiorenne. Quanto al primo fatto, la telefonata, per la corte d'appello non sussiste. Quanto al secondo, la presunta prostituzione minorile, non costituisce reato. In attesa delle motivazioni, si può prendere per buona la spiegazione della sentenza avanzata dall'avvocato Coppi, difensore di Berlusconi: se anche l'ex premier avesse fatto sesso con Ruby, l'ha fatto senza sapere che era minorenne. Amen.

Il caso è chiuso? Nient'affatto: giuridicamente forse sì – forse, perché bisognerà pur verificare le ragioni, o i cavilli, di un'oscillazione così forte fra primo e secondo grado di giudizio. Ma politicamente si riapre. E non solo per la ragione che oggi i pochi non renziani rimasti in Italia paventano, anzi paventiamo: che questa assoluzione dia una grossa mano a rilegittimare Berlusconi come ''padre costituente'', partner indispensabile e affidabile della riforma costituzionale. Il caso si riapre perché il giudizio penale non esaurisce il giudizio politico, morale e culturale, sul ''regime del godimento'' in cui Silvio Berlusconi ha sequestrato l'Italia e l'immaginario degli italiani per vent'anni - e di cui il caso Ruby è peraltro un tassello importante ma non l'unico. Berlusconi può ben essere stato assolto, per mancanza di prove certe – e pur in presenza di una montagna di indizi – dai due reati penali che la procura di Milano gli aveva contestato, perché lo Stato di diritto è lo Stato di diritto e prevede, fra l'altro, che le sentenze si basino su dei requisiti formali che evidentemente, e a mio modesto avviso non senza ragioni, i giudici di secondo grado non hanno riscontrato in quella di primo grado. Ma Berlusconi resta politicamente colpevole per il sistema di scambio fra sesso, denaro e potere che ha messo in piedi e in cui ha coinvolto donne e uomini, minorenni e maggiorenni, ad Arcore, a palazzo Grazioli, a Villa Certosa e ovunque. Resta colpevole per la concezione di una libertà assoluta, esentata non solo dai vincoli della legge ma dalla responsabilità della relazione con l'altra/o, che ha praticato e predicato. Resta colpevole di avere incarnato un'idea della sessualità ridotta a prestazione, del piacere ridotto a imperativo trasgressivo del potere, del corpo (femminile, ma non solo) ridotto a merce o meglio a valuta. Resta colpevole di avere scatenato nell'immaginario collettivo una controffensiva alla stagione del Sessantotto e del femminismo basata sulla finzione di un ritorno regressivo – e impossibile – ai ruoli sessuali degli anni Cinquanta, per giunta nel contesto odierno di un neoliberismo selvaggio che rende possibile alle sue girls, e non solo a loro, scambiare per libertà sessuale l'essere buone imprenditrici del proprio corpo. Resta colpevole di avere occultato un'impotenza, politica e affettiva, sotto il trucco di un'immortale potenza, affettiva e politica.

Tutto questo, abbiamo detto nel femminismo fin dall'inizio della vicenda, è materia politica di prima grandezza. Il fronte antiberlusconiano, salvo lodevoli eccezioni, non l'ha mai capito. L'ha trattata come materia ingombrante e imbarazzante di cui era meglio tacere, confinandola, non diversamente dal fronte berlusconiano, nella sfera privata, finché con la scoperta della famigerata telefonata alla questura di Milano non è diventata materia penale. A quel punto, e solo a quel punto, ne ha riconosciuto la rilevanza, e la convenienza, a fini politici, delegando as usually il giudizio politico al giudizio penale, e facendo leva sul giudizio penale per sconfiggere Berlusconi come politicamente non era riuscito a fare. L'imbarazzo rimane tale e quale nelle reazioni balbettanti di oggi: dove il punto non è – di nuovo – il merito della vicenda, ma la rilegittimazione per via giudiziaria di un Berlusconi leader ''costituente'' che un anno fa era stato per via giudiziaria delegittimato. Ci sono errori che si pagano, o prima o dopo.

Ma Papi non è, non è stato e non sarà mai, un padre costituente. E' stato e resta l'incarnazione della fine dell'autorità patriarcale, e delle sue controfigure politiche. Sotto quel trucco non c'era niente e le donne, per prime donne molto prossime all'ex premier come Veronica Lario e Patrizia D'Addario, l'hanno capito e denunciato da ben prima che esplodesse il Ruby-gate. Il re era e resta nudo, con o senza il beneplacito del giudizio penale. Glossa a margine: qualunque Telemaco punti a farne ''il giusto erede'' o il compare designato ne erediterà anche quel trucco, e rimarrà nudo di conseguenza.

Nessun commento:

Posta un commento