Diario 222
29 aprile – 5 maggio
ñ E' possibile una sinistra?
ñ Una polemica sul ministro Bonino
ñ Solidarietà con la Presidente della Camera dei
deputati e con i deputati e sentaori la cui corrispondenza è stata violata.
ñ Esagerati
ñ Citazioni: nel bene e nel male (Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini, Mario Pianta)
E' possibile una
sinistra?
Vi trascrivo
l'intervento suscitatomi da una riflessione di Alfio Mastropaolo sulla fase
politica attuale e soprattutto sul destino della sinistra. La riflessione di
Alfio e altri materiali sono stati pubblicati su Nuvole () che
potete consultare al sito indicato. La rivista, ritenendo il numero di Nuvole,
come un numero “aperto” , per bocca mia invita gli amici del Diario che
avessero riflessioni sul tema, che fossero sillecitati dagli scritti pubblicati
sulla rivista, o che volessero esprhttp://nuvole.it/wp/imere un pensiero che
“cova dentro”, di inviare i testi alla
rivista ( redazione@nuvole.it ). Mentre vi
invito a consultare la rivista, facendola conoscere anche ai vostri amici, a
nome della stessa rivista ringrazio per
la collaborazione.
Caro Alfio,
nella sostanza sono d'accordo con le tue riflessioni tranne quella che
riguarda il PD. Come tu dici l'incontro tra le due culture (e già mi sembra una
notazione nobilitante) è fallito. Prediamone atto. L'elettorato di
centro-sinistra ha quei connotati e quella formazione che tu dici (riprendo
dalla tua nota: “Nel Pd non c’è solo
metà dei parlamentari, grazie a una legge elettorale sciagurata. C’è un terzo
degli elettori. C’è il patrimonio elettorale della sinistra italiana. Ci sono
gli elettori che il Pci si era conquistati, o i loro figli e nipoti. Ci sono i
nipoti degli elettori di Nenni e di Lombardi, ma anche di Aldo Moro, Benigno
Zaccagnini e via di seguito.)un patrimonio elettorale che non vorresti
disperdere, sono d’accordo ma riflettiamo che in valore assoluto il PD ha perso, nell’ultima tornata elettorale 3
milioni di elettori, domandiamoci che non sia proprio la cattiva riuscita della “fusione” ad
allontanare parte di quegli elettori. Inoltre non si può dimenticare che c'è anche un elettorato di sinistra
esterno al PD; io non credo che ci sia un enorme popolo di sinistra in attesa
dell’uomo che lo guidi, ma una quota di disillusi esiste, una quota dei quali
non demorde e si affida a soluzioni politiche non adeguate.
Le due “culture” che convivono nel PD,
pare di capire, che non facciano altro che cercare di prendere posizioni e maggior potere
all'interno del partito, mentre si impegnano meno a far crescere l'ascolto per
il PD (l'errore della campagna elettorale non può essere attribuito solamente a
Bersani, che ha le sue colpe, ma quale contributo ha dato il gruppo dirigente
alla campagna elettorale? Forse era stremato dallo sforzo fatto per conquistare
“posti” dentro il gruppo parlamentare che doveva venire. I franchi tiratori in
parte nascono così). In questa situazione, non essendo pensabile una loro
fusione efficace (perché dovrebbero riuscire oggi?), ma avendo ambedue, secondo
ottiche diverse, una aspirazione di trasformazione della società, la loro separazione non sarebbe tragica per
l'insieme, data una loro possibile e necessaria collaborazione futura, ma
potrebbe permettere alle due di dedicarsi sia all'elaborazione delle rispettive
culture e ai corrispondenti obiettivi, ma anche a curare il loro rapporto con
la società. Le convivenze infelici rendono sterili le due parti.
Ma se ciò avvenisse saremmo solo
all’inizio. La domanda è: come costruire (o ricostruire) una forza di sinistra?
Non credo alla possibilità di una
fusione di sigle (Sinistra PD+SEL+Rifondazione+Comunisti italiani+........);
l’esperienza ci insegna che queste operazioni non funzionano sia nel piccolo che
nel grande, ciascuna forza si sente in qualche modo fagocitata, assorbita,
risucchiata, ecc., e si fa forte di un’identità di gruppo che non fa bene alla
fusione e prelude a possibili scissioni. L’esigenza, tuttavia, è forte e
sentita, allora bisogna avere coraggio e rischiare.
Due principi dovrebbero caratterizzare
questa possibilità coraggiosa: vanificare ogni appartenenza di gruppo esaltando
la personalità di ciascun militante; evitare nel modo assoluto di partire da un
“gruppo dirigente”. Non è poco! e per fare questo ci vorrebbe molto coraggio e
molta fiducia. Una soluzione potrebbe essere (ma se ne possono trovare altre)
quella di dichiarare sciolte tutte le
organizzazione ridando fiducia e capacità politica ai singoli; un gruppetto di
persone potrebbe stendere un provvisorio “manifesto”, breve, semplice ma
incisivo, invitare quanti condividano il contenuto del manifesto ad
organizzarsi in “assemblee” (plurale), queste ultime non possono esistere con
meno di 50 partecipanti e con non più di 150 partecipanti, quando si superasse
quel livello si inizierebbe a costruirne una nuova. L’insieme delle assemblee
costituiscono il nuovo soggetto politico,
il regime decisionale dentro la singola assemblea è appunto assembleare; non
esiste un’assemblea leader, ma tutte sono allo stesso livello e ciascuna può
proporre iniziative, prese di posizioni, elaborazioni, ecc. tutte le altre. Decisioni collegiali possono
essere prese in riunioni nazionali con rappresentanti delle singole assemblee
(da due a tre).
Obiezioni? Infinite. A cominciare dal
pericolo di perdere il patrimonio di cultura e di esperienze della sinistra a
favore da un collage senza qualità. A me pare che si potrebbe perdere (e
sarebbe un bene) l’identità di gruppo, ma non la cultura dei singoli, certo le
assemblee saranno compositi ma è proprio la discussione all’interno delle
assemblee che si trova la ricomposizione di un pensiero comune, la discussione assembleare costringe non ad
affermare ma anche a riflettere. Inoltre il pericolo del collage senza qualità
è comunque dietro l’angolo, ma non si scongiura né con l’aggancio a ideologie
codificate, né con il richiamo al “mondo che cambia”, ma sottoponendo idee,
formulazioni, riflessioni alla verifica collegiale dove convivono, magari,
posizioni diverse. Certo nelle assemblee deve prevalere lo spirito di
collaborazione e di apertura, senza che questo vincoli dal sostenere le proprie
posizioni. La seconda osservazione riguarda la complessa macchina così come
descritta; certo che è complessa, ma esalta la “partecipazione” che è una
questione oggi all’ordine del giorno. La terza riguarda, data la complessità
organizzativa, l’impossibilità di raggiungere una decisione. La condivido, ma
quale è l’alternativa? Mi pare che affidare alle stesse assemblee di decidere
sui meccanismi decisionali e organizzativi possa risolvere il problema.
Una polemica sul
ministro Bonino
Ho ricevuto dal mio
amico Guido la seguente nota polemica su quanto io avevo scritto intorno alla
nomina di Emma Bonino al ministero degli esteri. Mi ero accodato al plauso
generale forse senza riflettere molto. Le osservazioni di Guido non mi appaiono
del tutto sbagliate.
Continuo a non capire
la fiducia e stima verso Bonino, che vedo molto diffuse a sinistra.
Scrivi: "La Bonino agli esteri è
una novità non prevista e positiva, se fosse andata ad un ministero economico
sarei molto perplesso." Massimo Franco, sul Corsera di domenica, la
definisce atlantista, senza neppure alludere al suo preteso europeismo, perché
quello è il dato politico prevalente. Io credo che la sua nomina -
combinata con quella di Mauro alla difesa - preluda a un intervento europeo in
Siria (modello Libia e Mali), sostenuto dall'America logisticamente ed
eventualmente con droni e forza aerea. L'importante è capire che di questo si
parla quando Napolitano preferisce Bonino a D'Alema agli esteri. Certo, si
può discutere se sia giusto un intervento o meno, da parte della Nato, ma
questa secondo me è la posta in gioco nei prossimi giorni o settimane, ed è
questo il tema prevalente per chi guiderà la
Farnesina. Personalmente non capisco questo entusiasmo per un
politico che ha appoggiato sistematicmante e con fervore ideologico tutti gli
interventi armati degli ultimi decenni. Anzi, potrei perfino capirlo, purché di
questo si discuta e non se Bonino, come sento dire, parla bene le lingue,
ha relazioni internazionali e si è battuta per i diritti, tutte ottime qualità,
ma preferirei discutere delle sue idee e opzioni politiche e del perché le sia
stato dato quel posto.
un
caro saluto, Guido
Solidarietà
con la Presidente della Camera dei deputati e con i deputati e sentaori la cui
corrispondenza è stata violata.
L'inciviltà web diventa
sempre più aggressiva. Ma non è colpa del mezzo, ci vuole un'attitudine
dedicata. La solidarietà alla Presidente della camera per l'aggressione subita
deve essere sincera, così come pure ai deputati e alle deputate che hanno
subito la violazione della loro posta.
Evidentemente si coglie
una distorsione etica se fosse vero che individuato uno che scriveva ignominiose frasi alla Sig. Boldrini, quando i
carabinieri hanno bussato alla sua porta a rivendicato il suo diritto alla
privacy.
Quello che non convince è
l'appello che da qualche parte si fa per una legislazione ad hoc. In realtà
questi “galantuomini” commettono dei reati e vanno perseguiti per i reati che
commettono. Bisogna che lo Stato voglia
e si attrezzi in proposito.
Esagerati
Sei ragazzi sono accusati di “associazione a
delinquere”, perché sospettati di formare un gruppo che insieme fa pratica di
graffitari, sporcando i muri della città di Milano. Non difendo la pratica dei
graffiti aggressiva ma l'associazione a delinquere mi sembra eccessiva. Forse
si possono usare strumenti diversi che evitino di segnare questi ragazzi come
delinquenti da associazione criminale.
Anche perché
contemporaneamente opere graffiti sui muri vengono “staccati” e venduti in
gallerie d'arte spesso a insaputa degli stessi autori.
La città deve difendere
il decoro dei suoi spazi pubblici, non discuto, ma in questo modo non lo fa e
potrebbe evocare una situazione peggiore.
Citazioni: nel bene e
nel male
Giorgio Ruffolo e
Stefano Sylos Labini,
sbilanciamoci.info, 2 maggio 2013
“L’impossibilità di garantire
una reale concorrenza tra le grandi imprese private che operano nell’energia,
nel credito e nel settore assicurativo, ci porta a sostenere la necessità di
una coesistenza tra banche e imprese private e banche e imprese pubbliche.
Queste ultime, nel rispetto del pareggio di bilancio, dovrebbero avere come
obiettivi prioritari quelli di spingere verso il basso il prezzo dell’energia,
le tariffe assicurative e il costo del denaro, di reinvestire i profitti nella
ricerca e nell’innovazione e di garantire il credito alle famiglie e alle
imprese in misura ben maggiore di quanto avvenga oggi. Ad esempio, Eni ed Enel,
due aziende price leader di cui lo Stato è ancora azionista
di maggioranza relativa, potrebbero abbassare i prezzi dell’elettricità, del
gas, della benzina e dell’olio combustibile alle famiglie a basso reddito e
alle piccole imprese e aumentare le spese in ricerca e gli investimenti nelle
nuove tecnologie sul territorio nazionale.
Certamente
le imprese e le banche pubbliche devono essere indipendenti dai partiti
politici che generano corruzione. In Italia i vertici delle banche pubbliche
potrebbero essere nominati dalla Banca d’Italia, che rappresenta un’istituzione
autorevole e indipendente, sulla falsariga di quanto accade nella magistratura
che è indipendente dal potere politico.
Per concludere, un’azione attiva delle
grandi imprese e delle banche pubbliche potrebbe costituire
una
componente importante all’interno di un piano per rilanciare la crescita
dell’economiaitaliana.”
Mario Pianta, sbilanciamoci.info, 3 maggio 2013
“Eppure i discorsi di “Letta
l’europeo” sono stati tutti di retroguardia. Rassicurazioni a Berlino e
Bruxelles su un deficit sotto il 3% per rispettare i vincoli europei, mentre
Francia, Olanda e Spagna rompono tranquillamente la barriera. Trepidazione
verso i capricci della finanza quando la politica monetaria diventa permissiva
perfino a Francoforte e i tassi d’interesse sui titoli italiani potrebbero
scendere significativamente. Incertezza sul quadro politico del paese, con
l’umorismo involontario dell’annuncio di Barroso: “la stabilità politica sta
tornando a regnare in Italia”. E uguale incertezza sul quadro europeo, con i
segnali di “cambio di stagione” rispetto all’austerità – tra questi anche la
mossa della Bce – che non si traducono ancora in una ventata di rinnovamento
delle politiche europee rispetto al gelo dei vincoli neoliberali.
Imbarazzo, infine, sulla
tassazione, di fronte alla propaganda post-elettorale di Berlusconi sull’Imu da
abolire, quando è addirittura il capo dell’Ocse a chiedere a Letta di “tagliare
le tasse sulle imprese e sul lavoro, compensando con imposte sui consumi, su
proprietà immobiliari e su emissioni di gas a effetto serra”. Riuscirà il
neo-viceministro Stefano Fassina a portare una linea tanto audace dentro il
Consiglio dei ministri?”
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