domenica 4 marzo 2012

Diario 164 27 febbraio – 4 marzo 2012

Diario 164

27 febbraio – 4 marzo 2012

  • Tav e “legittimità”
  • Le furbizie di Monti
  • Iva e regressività dell’imposta
  • Morti sul lavoro
  • I Bronzi di Riace
  • Citazioni: nel bene e nel male

Tav e “legittimità”

L’evoluzione (involuzione?) del dibattito relativo alle istituzioni ha ulteriormente legittimato il potere delle popolazioni locali a decidere sul proprio territorio in una forma “assoluta”. Il federalismo ha finito per affermare quello che era un sorta di localismo diffuso (le molte Italia) in un “potere locale”, vanificando ogni sentimento ma anche ogni valenza di un contesto nazionale. Non si è avuto lo smembramento del paese (come sembrava volesse la Lega), ma sicuramente, questo è qui quello che interessa, è esplosa una concezione localistica. Una sorta di “il territorio e mio e me lo governo io”.

In Val di Susa, a prescindere da ogni considerazione di merito rispetto all’opera, è quello che è successo e che sta succedendo. La locale popolazione ritiene di avere un potere legittimo sul territorio di appartenenza, e quindi di volere o non volere la specifica opera di cui si tratta. Un potere storico ma rafforzato dal presente (sia istituzionale che culturale). Questa legittimità oggi non può non essere riconosciuta.

Dall’altra parte, altrettanto legittimamente, a prescindere da ogni considerazione di merito rispetto all’opera, le istituzioni nazionali, o per meglio dire non locali, ritengono di avere il potere di intervenire sul quel territorio (una sorta di il territorio è nazionale).

Una divergenza che passa da due legittimità che si contrappongono è di difficile soluzione. Lo scontro in atto non è con “le frange violente” che si oppongono all’opera, quanto piuttosto tra le espressione dei due interessi (locale e nazionale) ambedue legittimi.

È proprio per questo che ogni considerazione tecnica (ambientale, economica, dei costi e dei benefici, ecc.) risultano del tutto prive di rilievo. Questo è il campo specifico della “politica” che invece si tiene un passo (anche due) indietro e si ripara dietro le procedure, le cose fatte, ecc.

È la prima volta, almeno così a me pare, che il “governo tecnico” si comporti da tecnico privo di ogni considerazione politica; ed è strano perché in tutte le altre sue manifestazioni (provvedimenti) questo governo ha espresso un altissimo tasso di “attenzione politica”.

Che le posizioni di opposizioni all’opera goda dell’appoggio del movimento di protesta, non può meravigliare, mentre pare sostanzialmente una boutade l’affermazione governativa che mentre afferma la determinata volontà di andare avanti esprime l’accettazione e anche il plauso per una manifestazione di dissenso non violenta e … senza effetto.

La pratica democratica è faticosa, ma solo questa può disinnescare manifestazioni di violenza, forse fuori luogo ma sicuramente alimentate da un’opzione che assegna alla protesta assoluta inefficacia.

È tempo della politica, forse non è necessario per manifestarsi attendere il 2013.

Le furbizie di Monti

Tanto di cappello alla capacità di apprendimento del professore Monti. Ormai il suo linguaggio è sempre più cifrato, di una cifra che allude, nonostante ogni negazione, al suo futuro politico. Negli ultimi giorni ha parlato con la lingua di un celebrato politico della I Repubblica.

  1. Ha osservato che nel prossimo futuro Obama resterà presidente degli USA, Sarkozy della Francia e la signora Merkel governerà ancora in Germania, “magari con un’altra coalizione”. Sull’Italia non si pronunzia che messa assieme alla differente coalizione tedesca la dice lunga, sul suo dietro-pensiero.
  2. Se il governo avrà fatto bene, ha dichiarato, allora i partiti non ci chiameranno. Un sottile filo di rimprovero per irriconoscenza si può leggere in questa strana dichiarazione. Che è un invito ai partiti (quali?) di essere invece riconoscenti.
  3. Dopo i provvedimenti avversi (?) alle banche il presidente del Consiglio ha dichiarato che questa era la dimostrazione che il governo non aveva rispetto per i “poteri forti” e in particolare per la banche. Ma all’opinione pubblica, da parte di un governo tecnico, interesserebbe una dichiarazione circa l’utilità dei provvedimenti, la loro equanimità e il loro equilibrio. I poteri forti la loro avversione o la loro compiacenza è questione politica, o no?

Detto questo mi pare che la corsa al Quirinale sia affollata come la maratona di New York, e che il professore tenga d’occhio soprattutto l’Europa (posso sbagliarmi).

Iva e regressività dell’imposta

Nel documento di indirizzo sulla finanza pubblica il presidente del consiglia indica una linea maestra nello spostamento dell’imposizione dal reddito al consumo.

Sono noti i motivi per i quali accanto alle imposte sul reddito si sono sviluppate le imposte sui consumi, essi riguardano la facilità di riscossione, la loro universalità, la riduzione del carico fiscale “evidente” (tipico dell’imposta sul reddito) e, infine la possibilità di adottare una tassazione regressiva.

Trascrivo dal manuale della finanza pubblica di Francesco Forte (non ho tra le mani altri manuali, ma su questo punto credo ci sia una forte unanimità): “In astratto si può pensare che un’imposta su tutti i consumi riduca sia il consumo che il risparmio perché è pagata un po’ con l’uno e un po’ con l’altro. In effetti essa cade poco sul risparmio se è pagata, in larga misura, da chi non risparmia o risparmia poco. Ciò sarebbe vero anche per un’imposta sul reddito che gravasse specialmente sui soggetti a minoro reddito. … Ma un’imposta sul reddito apertamente regressiva, non viene comunemente accettata. Innanzi tutto (anche se non solo) per motivi di illusione finanziaria, si preferiscono le imposte generali sul consumo, del cui peso è difficile tracciare una relazione rispetto ai vari redditi, anche se si sa che sono regressive”.

In sostanza se aumentano le imposte sui consumi e diminuiscono le imposte sul reddito il sistema fiscale diventa più regressivo (colpisce di più chi meno ha). Si tratta di una scelta tecnica o politica?

Morti sul lavoro

Il decreto sulle liberalizzazioni indica alcuni criteri che rendono più labili i controlli sulla sicurezza nei posti di lavoro. Come se non bastasse si riduco gli ispettori. I morti sul lavoro sono considerati un accidente, non un incidente, frutto del meccanismo di produzione per il quale non si può fare molto (meglio dire niente), eppure le statistiche in questo settore sono drammatiche almeno 4 incidenti al giorno di cui uno mortale. È difficile un commento a questi provvedimenti: cinismo, indifferenza, o piuttosto una concezione del mondo nel quale il lavoro è considerato carne da macello?

I Bronzi di Riace

Da tre anni, si legge dalla cronaca del Corriere della Sera (2/3/2012), i Bronzi di Riace giacciano coricati nell’androne del palazzo della regione della Calabria in attesa che siano completati (sospesi da anni) i lavori di restauro e sistemazione del Museo che li ospitava.

Non c’è ministro, funzionario e intellettuale che non favoleggia sulla necessità, opportunità, ecc. di valorizzare il nostro patrimonio storico-culturale. Ecco questo è un esempio, ma si potrebbe continuare con i crolli di Pompei, l’abbandono delle tombe di Cerveteri ai tombaroli clandestini, ecc. di come il nostro patrimonio è valorizzato.

Citazioni: nel bene e nel male

Raffaele Bonanni – Corriere della Sera 2 marzo 2012

“I numeri dell’occupazione saranno sempre più disastrosi senza investimenti esteri e italiani e senza un lavorio costante e una riconfigurazione della politica economica del nostro paese” (forse una qualche maggiore attenzione va messa nella firma di accordi “separati” che danno mano libera alle imprese. O no?)

Silvio Berlusconi – Corriere della Sera 2 marzo 2012 e La Repubblica 4 marzo 2012

A proposito di Angelino Alfano candidato premier “Vedremo, gli vogliono tutti bene, ma gli manca un quid. Soprattutto gli manca la storia”. Due giorni dopo sempre a proposito di Alfano “è bravissimo. Si mangia a colazione, pranzo e cena tutti i segretari che sono in campo” (fidarsi delle sue parole? Ma siamo pazzi!)

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