lunedì 13 febbraio 2012

Diario 161 6 – 12 febbraio

Diario 161

6 – 12 febbraio

  • La Grecia
  • La crisi è in via di soluzione?
  • Non il posto, ma il lavoro
  • Ambizioni e palazzi, per il dopo
  • Posto fisso e salario di cittadinanza
  • Olimpiadi a Roma
  • Voracità
  • Luciano Cafagna
  • Citazioni: nel bene nel male

La Grecia

È spaventoso quello che stanno facendo al popolo greco.

Farebbe ridire se non fosse tragico riandare con la memoria alla discussione e diatriba circa i fondamenti cristiani della costituzione europea. Ama il prossimo tuo come te stesso, recita uno dei comandamenti, ma i greci non devono essere il nostro prossimo. Avranno anche delle colpe, ma che i governanti europei abbiano come loro prossimo da amare i banchieri e la finanza internazionale piuttosto che donne, uomini e bambini greci ci dice che questa Europa è meglio scioglierla.

La crisi è in via di soluzione?

Tutti sembrano tirare un sospiro di sollievo: la borsa va su, lo spread va giù. Monti trionfa in america. Non si sono accorti, né potevano accorgersi dato gli occhiali che indossavano, che c’è una mutazione nel capitalismo; il capitalismo finanziario non rappresenta una modernizzazione del vecchio capitale, uno di quei vestiti nuovi a cui ci ha abituato in tre secoli, ma una modifica delle sue ragioni di essere, mutazione che è stata possibile ed aiutata dalla liberalizzazione del mercato, dalla riduzione di ogni regola, dalla cancellazione di ogni controllo. Tanto il “libero mercato” sapeva regolarsi da se stesso e avrebbe prodotto ricchezza per tutti. Se qualcosa andava male, lo Stato pagava.

Pensare che gli “attacchi speculativi” fossero il frutto di una mancanza di fiducia e che guadagnata questa sarebbero cessati è sia una illusione sia l’incomprensione di come questa fiducia è stata guadagnata.

La fiducia è stata guadagnata dall’Italia con il rastrellamento di risorse fatto dal governo sulle spalle dei cittadini (i lavoratori, i pensionati, ecc.) per trasferirli, direttamente o indirettamente, alla finanza. Questa, allora, ci premia con qualche gradino in meno dello spread; ma fino a quando? Questo è difficile dirlo, ma sicuramente a tempo. Magari adesso si occupa di … Portogallo.

Pane, scarpe, sigarette, auto, matite, ecc. non gli interessano, non è con la produzione di merci e servizi che guadagna, ma nel gioco perverso del denaro che compra denaro e che guadagna denaro. Il capitale finanziario è per sua natura instabile, senza terra e senza patria, pronto a cogliere occasioni di spoliazione, ed esso stesso creatore di occasioni per spogliare i popoli. Quelle che sembrano i segnali della fine della crisi, sono solo fuochi fatui, la crisi attanaglia tutto il mondo perché il mondo è finito tutto in potere del capitale finanziario. La letteratura è ampia e documentata: solo i politici non la leggono o non la vogliono capire.

Non pare che siano il presidente degli USA, o quello della Repubblica popolare cinse, o la Merkel o lo stesso Monti che dettano il che cosa fare; né sono i grandi monopoli dell’acciaio, dell’auto, della chimica, del petrolio che indicano la strada. Sono piuttosto la Banca Mondiale, il Fondo monetario, la Banca europea, o la Banca cinese che dicono ai governi cosa fare, spedendo lettere più o meno segrete, inviando messaggeri di morte ai governi. Monti quante volte ha affermato che i provvedimenti che andava prendendo erano necessari perché imposti dall’Europa (cioè dalla “segreta lettera” della Banca europea). La “finanza” concede qualche momento di respiro, ma la sua instabilità è la nostra crisi.

Se si volesse affrontare la questione il nodo da affrontare sarebbe quello del capitalismo finanziario. Non è questione delegabile, non si tratta infatti di un “ritorno” al passato, magari attraverso un po’ di politica keynesiana, che sarebbe pur utile ma che non si vede, ma di una trasformazione. E se il capitalismo finanziario è mondiale non è detto che non possa essere combattuto localmente (che fare del debito?). Ci vuole intelligenza, capacità politica, democrazia e impegno, cioè ci vuole la politica. Detto così capisco che tutti siamo presi da scoramento, ma non è detto, e comunque non c’è altra strada.

Non il posto, ma il lavoro

Si può dire che il mercato del lavoro italiano funziona? Certo che no. Non solo c’è il 9% di disoccupazione, che significa oltre due milioni di persone, ma tra i giovani di età compresa tra 16 e 24 anni la disoccupazione è del 31%; ci sono circa un milione di ora di cassa integrazione (che corrispondono a circa 150.000 lavoratori). Ci sono milioni di giovani che non lavorano e non studiano. Si calcola che nei prossimi mesi saranno alcune centinai di migliaia le persone che perderanno il lavoro. Nelle grandi imprese sono di più i lavoratori che escono che quelli che entrano e tra quelli che entrano più del 70% è a tempo determinato. Gli investimenti languono e per quanto riguarda gli investimenti in innovazione l’Italia e tra i paese Europei che non brilla. Il mercato, come piace ripetere, dovrebbe premiare il merito, niente di tutto questo avviene, manager che guadagnano mille e più volte quello che guadagna un loro dipendente, indica che non si tratta di una remunerazione di merito ma di potere. Ci si meraviglia che al primo concorso pubblico (per il posto fisso) si presentano in diecine di migliaia? ma perché no? dovrebbero lasciare perdere per una flessibilità da lavoro a lavoro che non c’è?

Il funzionamento del mercato del lavoro non garantisce occupazione a quanti cercano un lavoro, in più alimenta un rilevante lavoro nero sottopagato. In questa situazione sentire parlare della “fine del posto fisso”, di flessibilità, di giovani che non vogliono rischiare e non vogliono staccarsi dalla gonne della mamma, pare fatuo. La mia mamma avrebbe detto “non facciano ridere i polli”.

La realtà è una sola, il lavoro manca e quello che c’è è sottopagato (anche quello a tempo pieno), e non per una “necessità” di impresa, ridurre i costi per sopravvivere, ma per accumulare ricchezza da parte del padrone.

In questa drammatica situazione sociale il governo Monti affronta la questione del mercato del lavoro in modo sghembo. No si pone il tema di “come aumentare l’occupazione”, ma piuttosto è interessato alle regole di funzionamento e, in particolare, alle rigidità. L’idea forza del governo e delle forze politiche che lo appoggiano (di tutte?) è una sola: liberiamo il mercato da barriere (lacci e laccioli, incrostazioni corporative, ecc.) e la mano invisibile produrrà il miracolo. Non capire, come il mondo insegna, che il liberismo e la libertà di mercato è la malattia e non la cura ci porterà ad accentuare la macelleria sociale (la Grecia insegna).

Gli Stati moderni hanno ampi strumenti di intervento: investimenti pubblici diretti (la ricetta keynesiano fa orrore!), una politica industriale in grado di promuovere strade nuove di crescita economica, politica fiscale, politica della ricerca e dell’istruzione, sostegno finanziario a progetti innovativi. In una fase come quella attuale nella quale tendono a prevalere l’innovazione e nuovi sentieri di sviluppo, si pensi a tutte le questioni connesse alle fonti energetiche rinnovabili, alla manutenzione e messa in sicurezza del territorio, all’economia verde, ecc. sarebbero necessari interventi pesanti e pregnanti dello Stato. Ma non è musica per le orecchie di questo governo, il quale preferisce le prediche su cosa dovrebbero fare i giovani (ma non i loro figli). L’ideologia ottenebra l’intelligenza. I giovani, i disoccupati, quelli in cassa integrazione, non vogliono un “posto fisso”, ma un “lavoro continuativo”, con diritti pari di quello a tempo indeterminato (non si fa giustizia della sperequazione abbassando i diritti di chi li ha).

Ambizioni e palazzi, per il dopo

Silvio Berlusconi, nonostante i suoi recenti “nobili” discorsi aspira, aspira, al Quirinale. Da qui l’accanimento perché non si arrivi ad una sentenza nel processo Mills, se fosse condannato “per corruzione in atti giudiziari”, anche in questa Italia sarebbe una macchia difficile da cancellare.

Pier Casini, il suo problema attuale e non farsi tagliare fuori dai due maggiori partiti. Spera in una legge proporzionale che gli consegni l’ago della bilancia. Ma comunque sostiene Monti a palazzo Chigi, per se stesso il Quirinale, del resto dopo un ex comunista un cattolico peccatore ci sta benissimo.

Angelino Alfano, sogna una rivincita elettorale che gli consegni palazzo Chigi, la rivincita non sembra nell’ordine delle cose, ma non si sa mai. Ma piuttosto è sicuro di arrivare alla scadenza elettorale come segretario del PDL? Sarei cauto.

Pierluigi Bersani, sempre più preso nella rete, ogni mossa lo “ammaglia” sempre più. Per uscire ci sarebbe bisogno di un’alzata d’ingegno di sinistra, ma non ha il carattere adatto e poi il gruppo dirigente del PD non glielo permette. Continuerà, per il bene del paese, a portare acqua e a dissanguarsi.

Mario Monti, è al servizio, ma … non pensa che lo possano riporre al suo seggio di senatore a vita. Non gli spiacerebbe la presidenza della Commissione europea (difficile; ancora un italiano?); a palazzo Chigi non si trova male, casa accogliente, grande riverenza; con il Quirinale sta prendendo confidenza e non gli dispiacerebbe, il fisico adatto non gli manca. Ma se tutto dipendesse da quanto dura, da come dura e da cosa riesce a fare, allora non mi pare messo benissimo.

Posto fisso e salario di cittadinanza

Ricevo dal mio Angelo questa nota, dettata da irritazione, che vi propongo. A me pare che Angelo sottovaluti la questione del salario di cittadinanza che ha la natura di un provvedimento di WS, e non riguarda i licenziati ma tutti i cittadini a garanzia di un minimo livello di vita. La questione, quindi è più complessa sia sul piano teorico che, ancor più, nella sua attuazione. La discussione è appena iniziata.F.

Sono depresso perché intorno a me, non quasi tutti, ma coloro che hanno responsabilità dicono impunemente ogni tipo di fesseria che passa loro per la testa. Tra le tutte vediamo una questione.

La questione del posto fisso, di cui non solo è avversaria, seppur commossa, la ministra Forleo ma, anche se non commossi, il presidente del consiglio, la Confindustria, interi partiti, insomma una quantità tale di gente, da far dubitare che le cose che dicono le pensano e le vogliono realizzare. Sostengono che licenziando i lavoratori si creano posti di lavoro nuovi per i giovani mentre i licenziati (chiaramente anziani) avranno l’ opportunità di trovare altri lavori. Intanto, in generale, in vecchie imprese non ci sono lavori nuovi, ma lavori vecchi, magari modificati nelle metodologie, ma sempre vecchi. Allora perché se ci sono nuovi altri lavori non si assumono direttamente in questi i giovani che avrebbero meno impedimenti alla mobilità ed a imparare nuovi lavori?

Dietro questa bugia c’è una cosa semplicissima: ad una certa età (per esempio 50 anni) non ha più senso economico tenere lavoratori che (per noia, stanchezza, scarso reddito, età, confidenza, complicità creatasi tra le gerarchie, ecc.) hanno scarsa propensione ad aumentare la produttività e costino più cari di altri, è meglio licenziarli. Però non verranno lasciati morire di fame, ma saranno portati a carico dello Stato con l’istituzione di un salario di cittadinanza. Ma cos’è questo se non un ennesimo sostegno all’impresa privata a danno di tutti i cittadini? Butti fuori chi ormai hai sfruttato, paghi meno i nuovi assunti sia in termini di salario che in termini di contributi, e chi si è visto si è visto.

Ai salari di cittadinanza dovranno essere sottratti i contributi previdenziali? Volete vedere che sì. Volete vedere che allora questi salari non consentiranno, alla fine, l’erogazione di una pensione capace di far campare perché sarà erogata in base ai contributi versati (e quelli del salario di cittadinanza sono bassi perché basso sarà il salario)?

Olimpiadi a Roma

In questi giorni il presidente Monti dovrebbe firmare l’appoggio del governo alla candidatura delle Olimpiade a Roma. Le pressioni sono forti; credo che Monti firmerà, è nella sua filosofia economica (e nel suo interesse politico).

Tutto sconsiglia questo evento. I misfatti, gli illeciti, le truffe, le mazzette, ecc. dei più recenti mondiali di nuoto non si riproporranno assicurano (C’è Monti non Berlusconi). Il governo (Passera?) sceglierà uomini adatti e onesti, sarà, ma il tessuto imprenditoriale (edilizio) italiano è talmente intriso di malaffare che uomini adatti e onesti non basteranno.

La crisi sconsiglia che risorse pubbliche vengano impiegate in questo modo (ma poi ci sono queste risorse? Non ce ne sono per le politiche industriali e ce se sono per le Olimpiadi?). Ma si dirà costituiranno un volano economico, gli introiti saranno superiori alle spese ecc. Come dimostrano le ultime Olimpiade non è così: le spese superano le entrate e di molto. Ma saranno un grande volano? Roma accoglie circa 29 milioni di presenze turistiche annue, che sono una ricchezza e anche un problema. Quale potrà essere il volano delle presenze turistiche delle Olimpiade? Azzardo: un milioni in più, il 3,5% in più.

Si ma vuoi mettere i benefici per la città in termini di attrezzature? Altra stupidata. In Piemonte, mondiali invernali, sebbene non siano state consumate truffe e corruzioni (che si sappia) ci sono diversi impianti che devono essere smantellati, la cui manutenzione è costosissima, che non si sa cosa fare. Ma anche in quel caso si sono fatti scempi ambientali e urbanistici. Si perchè la caratteristica dei “grandi eventi” è quella di manomettere la città, operare scelte di convenienza, favoleggiare di usi futuri, ecc. ma i danni restano permanenti. L’unico esempio positivo, ma non privo di critiche, è quello di Barcellona: esisteva un piano serio, che l’amministrazione ha cercato di realizzare cogliendo l’occasione. In generale le nostre esperienze sono classificabili in eventi occasioni per manomettere l’eventuale pianificazione esistente.

Roma non ha bisogno di eventi di attrazione è essa stessa un’attrazione, lo sono le sue chiese e palazzi, i suoi musei, il suo ambiente per quella parte non manomessa, la città stessa.

Una città che vive di occasioni è una città persa per i suoi abitanti e forse anche per i suoi visitatori. Risparmiamo Roma.

Voracità

  • I giocatori si vendevano le partite; un portiere pretendeva 10.000€ per ogni pallone non parato. Poveri, solo così potevano arrivare alla quarta settimana. Paese corrotto … calcio pure.
  • Vendevano l’acqua di rubinetto per acqua di Lourdes buona per guarire anche il cancro. Verrebbe da dire se uno crede a queste cose allora…ma qui importa la voracità che non si ferma d’avanti a niente.
  • La Deutsche Bank, ha inventato un nuovo bond con il quale si investe sulla durata della vita di cinquecento cittadini americani di età compresa tra 72 e 85 anni. Prima muoiono più guadagnano gli investitori. Non ci sono parole.

Luciano Cafagna

Insieme a Massimo, Luciano è stato tra i primi amici che mi sono fatto arrivando a Milano. Lui e Aurora sono diventati i nostri amici di cinema, teatro, cene, vacanze, immersioni. Amici affettuosi e cari.

Luciano era uscito dal PCI con Antonio Giolitti; spirito indipendente di grande intelligenza, storico acuto, ma soprattutto un amico che mi ha arricchito in un periodo per me molto fertile. Con la sua morte mi viene a mancare un punto di riferimenti per la mia memoria.

Per ricordare Luciano le citazioni possono essere infinite, ne scelgo due. Una già proposta da Simonetta Fiore sulla La Repubblica: “Negando le ragioni della politica, si finisce per mettersi nelle mani della cattiva politica: quella dei populisti, dei tribuni carismatici oppure dei neofiti cialtroni”.

La seconda tratta da uno dei suoi primi libri, Il nord nella storia d’Italia (Laterza, 1962), antologia predisposta per spiegare i processi che hanno portato al dualismo italiano (tema sul quale tornerà più volte). Da questo volume traggo una citazioni dalla nota introduttiva allo scritto di Italo Calvino sui fratelli Cervi.

“Questo progresso non è stato solo di natura economica, ma ha avuto notevoli aspetti civili, che per gran parte devono ascriversi a merito della predicazione socialista: evoluzione intellettuale del tipo contadino, intensa partecipazione politica sul piano amministrativo, creazione di istituzioni economiche e culturali fiorenti. Si tratta forse dell’unico esempio di civiltà contadina moderna emersa nella società italiana”.

Citazioni: nel bene nel male

Ulrich Beck (La Repubblica, 6 febbraio 2012)

“La questione della crisi del capitalismo è onnipresente. Perciò si pone in maniera più pressante, e magari con qualche chance in più, il problema di indicare nuove vie, all’interno e persino in alternativa al capitalismo”. (docente alla London Shool of Economics. Leggeranno, capiranno, rifletteranno i nostri politici di sinistra? Speriamo)

Norma Rangeri (La Repubblica, 9 febbraio 2012)

“Dove non è riuscito Berlusconi, ecco che ci è riuscito Monti” (si riferisce alla chiusura de Il Manifesto, ma noi non lo permetteremo, abbiamo bisogno di questo giornale e poi vogliamo dare un dispiacere a Monti e a Passera)

Valerio Onida (Corriere della Sera, 9 febbraio 2012)

La Costituzione (tutt’altro che “inattuale”) ci può solo offrire – e ci offre – congegni istituzionali sapientemente equilibrati (i checks and balene), è il quadro di garanzie e controlli perché questi protagonisti, se ne sono capaci, realizzino i loro fini e perseguano il bene pubblico” (questi protagonisti sono i partiti)

Massimo Riva (L’Espresso 16 febbraio)

“Che il modello Marchionne abbia dilagato da Pomigliano a Mirafiore negli stabilimenti Fiat è ormai un dato di fatto dal quale, per altro, non sono scaturiti chissà quali investimenti. Suscita perciò non pochi interrogativi che esso possa diventare una bussola anche per Palazzo Chigi”.

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