venerdì 5 marzo 2021

Mario Draghi, la rivoluzione

 

Diario, 

5 marzo 2021

 

Tra le critiche che da sinistra sono avanzate al governo Draghi ricorrente è quella che lo riconosce come “governo di restaurazione”, a me pare che sia una critica che non colga il vero senso dell’operazione di cui Draghi, consapevolmente o meno, è il gestore.

Che non si tratti di un episodio di governo che punti ad una maggiore efficienza ed efficacia, appare ogni giorno più chiaro, mentre il riferimento continuo alle modifiche della società costituisce un dato di verità ma anche equivoco.

Il realtà siamo di fronte ad un processo che iniziato da mezzo secolo, più o meno, sta arrivando non a conclusione, ma ad una necessità, operare una vera rivoluzione. Il capitalismo è cambiato, la sua dimensione finanziaria lo rende diverso. Per sintetizzare la sua finanziarizzazione significa che il meccanismo di arricchimento e di accumulazione si svolge su basi assolutamente diverse che nel passato. Come si ricorderà la logica della produzione capitalistica poteva sintetizzarsi nella formula D-M-D*, cioè nell’impiego di denaro per produrre delle merci e attraverso queste appropriarsi di una quantità di denaro superio a quella iniziale (D*>D). Le cose ovviamente sono più complesse ma per il nostro ragionamento può bastare.

Oggi si sviluppa un altro meccanismo di produzione di ricchezza e di accumulazione  che può essere sintetizzato nella formula  D-D*, non esiste cioè la mediazione della merce, ma soldi producono soldi. Emerge un ceto, o classe, di finanzieri, di operatori di finanza, di uomini capaci di operare la “pulitura” di denaro sporco,  di organizzazioni criminali, (tradizionali e nuove), di “teste di legno, ecc. che si arricchisce sempre più o permette che alkcuni si arricchiscano. Ma questa nuova elite  per realizzare le proprie finalità ha necessità di distruggere sia la “civiltà” proletaria, che quella borghese; ha cioè bisogno di una rivoluzione che assume la forma passiva.

Il lavoro deve essere precarizzato, non deve essere messo nella possibilità di riconoscersi in “sé” né sviluppare la sua capacità di operare “per sé”. Una massa in cui non esista più nessuna solidarietà di classe e ciascuno si veda come antagonista ad ogni altro. Il che comporta la riduzione di ogni diritto sociale, del sindacato, ecc. e la trasformazione di ciascuno in consumatore e cliente (dalla scuole agli ospedali, ecc.). Ma anche le conquiste della borghesia devono essere abbattute dalla politica, alla democrazia, al diritto, alla libertà di stampa, ecc.  allo svilimento del  “ceto produttivo” che operava con intelligenza e capacità d’impresa. L’impresa, in sostanza non opera più secondo quanto ci si aspetti, cioè attraverso la capacità imprenditiva e la redditività, ma sempre più a comando. Non è più il centro della società capitalista, ,a solo un mezzo.

La realizzazione di questo smantellamento avviene come detto attraverso una rivoluzione passiva, che porta a continue e frammentarie modifiche nella direzione prima indicata. Non si tratta di una rivoluzione violenta, ma di un  processo (pianificato) lento ma non per questo meno distruttivo, nel quale si opera con sottigliezza e approfittando di tutte le occasione (compresa la pandemia). Uno dei dati caratteristici di questa rivoluzione passiva è la riduzione di ogni forma di confronto democratico, e di ogni istituzione finalizzata a questo scopo, e di ogni conquista passata che garantiva una formale democrazia. Quello che prevale è sempre più il comando.

Il meccanismo sociale  e l’insieme dei processi di governo hanno elementi espliciti ed elementi impliciti, questi ultimi non sempre noti neanche a chi “governa”, non si tratta tanto di utili idioti, ma di meccanismi che si affermano all’interno della società e costruiscono gli sbocchi necessari a meno di opporsi esplicitamente, ma oggi non si dà.

E mia impressione che il governo Draghi si collochi in questa dimensione, le sue scelte di uomini, l’avere in modo evidente, riservare a se stesso e ai pochi ministri economici fidati i meccanismi di controllo e gestione delle risorse economiche, mentre ai partiti, che il presidente del Consiglio finge di rispettare, sono assegnati settori di governo poco rilevanti, la crescita del ruolo di militari e poliziotti, ecc. indica chiaramente, a me pare, una linea di indirizzo che fa di Draghi, consapevolmente o meno, il perno di un’operazione senza controllo e senza antagonismi.

 

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