Diario 7 giugno 2020
Non so se capita anche a voi ma questa orgia di
italianità mi è insopportabile: la carne da allevamenti italiani; il latte da
allevamenti italiani; le uova da allevamenti italiani; polli, salsicce, ecc. L’italianità come elemento di garanzia di
qualità e di bontà.
L’italianità travalica dalla pubblicità ai discorsi
televisivi, ai dibattiti, ai discorsi politici, alla stampa, ecc. Non se ne può
più. Ci vogliono far sentire orgogliosi di essere italiani, ma questo è
possibile solo se non si ha memoria.
Il nostro paese non è estraneo a sofisticazioni, alcuni
di questi, qualche anno fa hanno avuto esiti drammatici, spesso la polizia che
si occupa della questione, almeno prima del coronavirus, emettevano multe
salate, a riprova che qualche problema esisteva. Insomma la italianità non è
garanzia di nulla (senza parlare della
falsificazione dei marchi di vestiti e pelletterie di cui siamo maestri).
Inoltre questa propaganda, e non ce ne sarebbe affatto
bisogno, stimola il nostro antagonismo
verso gli stranieri, ovviamente immigrati, il tutto in contraddizione con l’invito
ai turisti straniere di venire in Italia.
Certo si può dire che queste osservazioni sono esagerate,
ma non possiamo non tenere conto che il linguaggio è fondamentale per costruire
la coscienza collettiva. Una coscienza collettiva che oggi un po’ dovrebbe
preoccuparci, perché esprime umori non condivisibili (egoismo, indifferenza
collettiva, vedi le recenti manifestazioni politiche nel disprezzo di ogni
cautela sanitaria, voglia di accaparramento, individualismo), e che non
dovremmo minimamente alimentare.
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