venerdì 23 gennaio 2015

Viva Mario Draghi. L’illusione monetaria

Diario n. 277

Viva Mario Draghi. L’illusione monetaria

La “finanza” è materia complessa per effetto dei soggetti che vi operano, per i giochi di potere che la caratterizzano, per la dimensione raggiunta e per gli opaci obiettivi specifici che si pone di volta in volta.
L’economia monetaria è tra le branche dell’economia una delle più controverse, con “leggi” che tramontano e risorgono.
La macroeconomia forse è più semplice.

Da marzo (c’è tempo, ciascuno prenda posizione) il bazooka di  Mario Draghi inizierà a sparare con l’acquisto, nel mercato secondario, di titoli per 60 miliardi di euro al mese, da allocare tra i diversi paesi. Tanta sorpresa, non per la cosa in sé, da molti dichiarata tardiva (ma è sempre colpa della Germania) ma per la dimensione dell’intervento.

È un intervento che avrà effetto sul debito sovrano del nostro paese? No! La BCE non compra infatti “debiti”, ma “crediti”. Il debito resterà intatto così come gli impegni assunti per la sua diminuzione (come e quando non si sa), per il bilancio statale, ecc. Affinché non ci siano dubbi, per l’80% dei crediti acquisiti sarà responsabile la Banca d’Italia. Così dopo il divorzio Banca d’Italia/Tesoro del 1981, voluta dal ministro del Tesoro dell’epoca, Nino Andreatta, si torna ad una nuovo matrimonio (parziale).

È un intervento che avrà effetto sulla riduzione del potere di libertinaggio della finanza internazionale? Scherziamo l’enorme cifra messa a disposizione dalla BCE è pari a circa l’1% dell’insieme della finanza internazionale.

Ma non erano questi gli scopi di Draghi, anche se si tratta di questioni messe sempre in primo piano a proposito della crisi e del disordine internazionale. La missione del bazooka è quella di abbattere da deflazione  e far emergere lo sviluppo.

Da chi acquista i crediti la BCE? Fondamentalmente dalle banche, fatto questo che dovrebbe attivare il circolo virtuoso dello sviluppo. Infatti le banche disponendo di maggior liquidità potranno allargare le maglie del credito. Una domanda sorge spontanea: sono le banche a corto di liquidità? La cosa non sembra, le banche sono molto caute ma non soffrono di assenza di liquidità, ma piuttosto di domanda ritenuta solvibile. Ma anche ammesso una carenza di liquidità, la nuova ignizione potrebbe alimentare l’insorgere di una nuova domanda? Il richiamo inevitabile è ai mutui-edilizi. Ma c’è un cavallo che scalpita per avere biada? Il nostro è il paese nel quale circa 75/80% vive in casa in proprietà, dove le politiche territoriali stanno subendo un nuovo indirizzo antiespansivo, ma certo ci sono le nuove famiglie (spesso di membri senza occupazione e reddito)  e, soprattutto, esiste un grande patrimonio bisognoso di riqualificazione ma spesso in possesso di famiglie con scarse disponibilità. In sostanza qualcosa può venire da questo settore, ma si tratta di quantità misere (non è un caso se tutte le recenti politiche di rilancio del settore sono risultate fallimentari).
È il settore produttivo che dovrebbe entrare in gioco. Sicuramente la svalutazione facilita le esportazioni, le imprese di questa filiera produttiva (poche) sono già sulle barricate. Ma, si sostiene, maggiore liquidità e riforma del mercato del lavoro (con tutto il negativo che si porta appresso) dovrebbero incentivare nuove imprese. Si ci sono le imprese tecnologiche messe insieme da giovani brillanti di cui i giornali parlano, ma è poca cosa. Nuovi prodotti, nuove tecnologie, nuovi mercati hanno bisogno di cultura professionale, hanno bisogno di investimenti in istruzione, hanno bisogno di sostegno (non solo bancario). La  dimensione della disoccupazione e inoccupazione è tale quantitativamente e qualitativamente che cu vuol altro che la benevolenza delle banche. Ma certo qualcosa, non risolutiva potrà venire anche da questo settore.   

Si scrive, e si spera molto, che questa maggiore liquidità immessa in circuito determinerà anche:
-        Un abbassamento dei rendimenti dei titoli;
-        Un aumento dell’inflazione.
Secondo il primo esito i possessori dei titoli di stato (tra il 70 e l’80% sono posseduti da famiglie italiane) riceveranno minori entrate. Mentre le famiglie, quelle a reddito fisso dovranno spendere una cifra maggiore per avere le stesse merci o avranno una quantità inferiore di merci spendendo la stessa cifra.  Data la situazione degli stipendi e delle pensioni, a meno dell’introduzione di una nuova scala mobile, da questo settore non c’è da attendersi un aumento della domanda.

Se volessimo concludere potremmo dire:
a)      Se la finanza non mettesse in atto le sue speculazioni (anche se adesso sembra in sonno, si sveglierà);
b)      Se le banche si comportassero come dice la vulgata e non facessero dei giochetti come al tempo del Tltro, quando prendevano prestiti dalla BCE a bassissimo tasso per impiegarlo in acquisti di titoli di stato;
c)      Se esistessero dei programmi e progetti di investimenti produttivi;
d)      Se esistesse un certo numero di famiglie disposto a contrarre mutui sia per la casa che per l’acquisto di beni durevoli;
e)      Se le nostre imprese fossero in grado di competere sul mercato mondiale;
f)       Se si manifestassero degli investimenti stranieri non di acquisizione di imprese esistenti (lusso), ma per nuove iniziative;
g)      Se una sorta di euforia mal posto determinasse un andamento della domanda interna tutta a debito;
h)      Se ……
Allora il bazzoka di  Draghi qualche effetto potrebbe ottenerlo per alleggerire la situazione ma non per rilanciare lo sviluppo.
Ma soprattutto in assenza di investimenti pubblici e di una adeguata politica industriale, non solo i

 se sembrano troppi, ma è difficile anche ... sperare. 

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