La tecnica di
potere di Matteo Renzi e i possibili esiti
Diario 273
Matteo Renzi ci (mia) ha stupito: ha messo in campo una
tecnica di governo, o meglio di potere, abile, efficiente, spregiudicata e
spiazzante. Il suo capolavoro è la questione dell’art. 18; è sembrato, ha fatto
credere, ha testimoniato, che non c’era niente da fare, doveva essere
cancellato o almeno reso inoperativo. Contro questa ipotesi ha fatto schierare l’opposizione interna al PD,
che ne ha fatto una questione di principio e sulla quale Renzi non poteva
passare, ha dichiarato che era pronta a
morire (si fa per dire). Poi cosa fa il nostro, va in direzione del PD e fa sua
la proposta dell’opposizione, lasciandola in brache di tela e con forti fermenti
di spaccatura. Inoltre acquista il “merito” di un cedimento a sinistra. Un
capolavoro.
Il prossimo passo sarà quello di scaricare sull’opposizione
interna il calo di consenso al partito, al governo e a lui stesso. Il discorso
che articolerà avrà grosso modo questo contenuto: è la divisione interna al PD
che determina il calo di fiducia, una divisione che fa apparire il governo
impossibilitato ad agire. Corollario: se non si vuole perdere il consenso al
partito e se si volessero vincere le prossime elezioni, tutti compatti e decisi
dietro il segretario (certo che si potrà discutere, ma in modo sincopato e senza
echi esterni!).
Abile, efficiente e spregiudicato, ma forse i dati del
sondaggio della Demos devono essere analizzati con attenzione. È vero i sondaggi
valgono per quello che valgono, ma essendo ripetuti nel tempo quello che
interessa è la tendenza.
Così possiamo notare che il giudizio positivo sul governo
tra settembre e novembre (tre mesi) tra gli operai perde 21 punti; tra
impiegati e dirigenti, la perdita è di 15 punti; tra gli studenti di 6 punti;
tra le casalinghe di 12 punti; tra i disoccupati è di 14 punti e 13 tra i
pensionati. Guadagna invece 2 punti tra i liberi professionisti e 1 punto trai
lavoratori autonomi e imprenditori. Be! non direi che ci sia da stare contenti soprattutto
se si osserva che a settembre l’apprezzamento
complessivo si attestava al 54% e a novembre scende al 43%. Inoltre se il premio
di maggioranza alle prossime elezioni dovesse scattare per la sola lista solo e
solo se superasse il 40%, allora a novembre saremmo ben lontani da questo dato:
il PD risulta al 36% (essendo contrario
ad ogni maggioritario questo dato un po’, molto poco, mi conforta).
Gli annunzi senza realizzazione non pagano, inoltre le
speranze che dalla crisi si possa uscire con una nuova legge suo mercato del
lavoro pare fondata sul nulla. Neanche gli investimenti pubblici, di cui si
sente parlare, a prescindere dalla loro reale consistenza, potranno essere un
sollievo passeggero ma non ci faranno uscire dal tunnel, come si dice.
La stessa tecnica adottata con il suo partito Renzi l’ha adopera
con Berlusconi. Ma qui le cose si complicano, per due semplici motivi:
Berlusconi, di suo, è politicamente inaffidabile (è noto che fine hanno fatto
tutti quelli che di Berlusconi si sono fidati a cominciare di D’Alema) ed
inoltre dentro Forza Italia sti sta combattendo una battaglia di potere che non
esclude nessun colpo basso, anzi li
prevede tutti in modo irresponsabile (vedi
elezione dei giudici costituzionali), né Berlusconi ha grande potere sui suoi
senatori e deputati, anzi dietro l’indisciplina di questi si schiererà quando sgambetterà
Renzi (e lo farà).
Inoltre il rinsaldato accordo del Nazareno, per Renzi è
tutto in perdita, questo infatti gli alienerà qualsiasi possibilità di
ricorrere ad altre forse politiche (M5*) come ha fatto ultimamente per i
giudici della Corte costituzionale e per il Consiglio superare della
magistratura. Le simpatie per FI sono infatti incompatibili con 5*.
Abile, spregiudicato ma efficiente solo se mi sbagliassi.
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