giovedì 23 gennaio 2014

Matteo è familiare



Diario 243

Matteo è familiare
Ormai tutti lo chiamano Matteo, sulla stampa si legge sempre più spesso fare riferimento al segretario del PD con il nome di battesimo. Sarà contento, ormai siamo molto oltre la sconfitta dell’estraneità, ha conquistato i cuori. Neanche a Berlusconi era riuscito tanto (il Cavaliere, il presidente, Silvio Berlusconi) non è una questione di età, o almeno non è solo una questione di età, è il filing che “Matteo” è riuscito a creare con il pubblico e il personale delle comunicazioni. Gli attributi negativi (arrogante, impulsivo, egocentrico, ecc.) non gli fanno ombra, al contrario lo rendono più simpatico.

Lo si invoca come prossimo, ma molto prossimo, presidente del consiglio, non è l’uomo forte, o lo è in una certa maniera, ma è l’uomo a cui affidare la rinascita del paese, il rilancio economico, il dilagare dell’occupazione soprattutto dei giovani, ecc. Se poi per ottenere questi risultati (improbabili) dovrà usare un po’ di forza, dovrà mettere a tacere l’opposizione, va bene lo stesso. Insomma siamo di fronte ad una nuova mitologia (anche Berlusconi pare preoccupato).

Personalmente, per quello che vale, non mi è simpatico, né gli riconosco il merito di avere messo in movimento il paese “verso” le riforme; il “verso” non è privo di significato. Queste ultime, mi pare, non sono l’obiettivo quanto lo strumento, e se non sono pacifiche meglio, gli oppositori possono essere indicati come i conservatori, gli immobilisti.

Ma non è antipatia la mia, quanto preoccupazione. Se guardo alla soluzione della legge elettorale mi pare di capire che la sensibilità politica del neo segretario del PD sia molto scarsa. Non mi riguarda direttamente l’idea di partito che Renzi incarna: una caserma, qualcuno ha detto, dove c’è da obbedire al caporale di giornata. Ma certo in questo modo si ferisce la democrazia proprio nei suoi strumenti di organizzazione, nei suoi corpi intermedi, ma su questo terreno quanto danno è stato già fatto (Renzi ha la strada facile). Ma che si possa segnalare l’assoluta dissonanza rispetto a ciò che in modo confuso (appunto crisi dei corpi intermedi) la società esprime.

Non sono un grande stimatore del “voto di preferenza”, ma perché c’è oggi un sostanziale consenso alla necessità di ripristinare questa pratica elettorale e perché Berlusconi si oppone? Detto francamente non credo che si tratti di una questione di democrazia, né di un più stretto legame tra l’elettore e il rappresentante. Io credo che il ripristino delle preferenze ha a che fare con il cattivo, pessimo, uso che i partiti hanno fatto delle liste bloccate. Più o meno, alcuni sicuramente meno, le liste bloccate sono state utilizzate non in termini di rappresentanza, ma piuttosto in termini di “fedeltà” (al capo partito, al capo corrente, a chi pagava, ecc.). Le due camere sono state riempite di insignificanti personaggi, di impresentabili mestatori – su alcuni dei quali è intervenuta pure la magistratura -, di favoriti/e, di pagliacci pronti ad offrirsi a chi più, direttamente o indirettamente pagava, e compagnia cantando). È qui l’origine di una rivendicazione delle preferenze.

Offrire in cambio all’elettore la “lista corta”, in modo da poter conoscere chi sarà eletto, è un vero e proprio imbroglio. Se nella lista corta c’è qualcuno che secondo me non merita, o se chi merita è all’ultimo posto con scarsa possibilità di successo, che faccio? Voto un altro partito?

Un tema ricorrente degli ultimi anni, a diversi livelli, compreso quello politico, è stata la “crisi della rappresentanza”. Anche di questo una nuova legge elettorale avrebbe dovuto occuparsi. L’ha fatto ma al contrario. Un sistema democratico si basa sul fatto che ogni testa è un voto, e che ogni voto ha lo stesso peso di ogni altro (proporzionalismo), Si può portare una qualche correzione a questo sistema, forse si, ma a patto che la correzione sia modesta e attenta a non deragliare dal principio democratico di fondo. Certo le liste civette sono di fatto una mistificazione della rappresentanza, alcune un vero e proprio imbroglio (vedi le elezioni regionali piemontesi), ma l’articolazione politica, che può sembrare anche eccessiva, è rappresentativa di interessi, di opzioni culturali, di ipotesi di trasformazione, anche di idealità. Non è possibile cancellare tutto questo sia con la scusa delle liste civette (le quali al contrario trovano in questa legge alimento in quanto “civette” e non interessate alla rappresentanza), sia con l’altra apparentemente più seria della governabilità. La nuova legge elettorale fa piazza pulita. Innalza in modo non adeguato ad una corretta rappresentatività la percentuale che le singole liste (coalizzate o meno) devono raggiungere. Le prime simulazione dicono che in parlamento sederanno tre forse quattro forze politiche, cancellando, questo è il termine esatto, milioni di voti espressi per partiti o movimenti che non hanno raggiunto il quorum. Si può dire che siamo di fronte ad un’aberrazione della democrazia e della politica?

Capisco l’interesse che l’ex senatore Silvio Berlusconi, prossimo per essere affidato ai servizi sociali, mostra per una legge elettorale che si basi sui “nominati” e sulla eliminazione dei piccoli partiti. Mi è invece misterioso quale possa essere l’interesse di “Matteo”, a meno di non fare brutti pensieri.

Lista per Tipras

Ho aderito alla campagna per una lista alle elezioni europee del 25 maggio per Alexis Tsipras, leader del partito unitario greco Syriza.

Per adesioni collegarsi con      bit.ly/listatsipras

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