Diario 175
14 – 27 maggio 2012
- La finanza
- La speculazione finanziaria non crede alla crescita
- Elezioni amministrative
- L’estremo tentativo di uno che ha perduto ma non si adatta
- Citazioni: nel bene e nel male
La finanza
Le parole sono importanti, quindi quando si dice che la
finanza mondiale è sette volte il valore del Pil mondiale, tutti capiscono, ma
non è chiaro che “capire” significa avere una chiara rappresentazione del
fenomeno, forse un disegno aiuta. Il Pil, cioè la produzione mondiale di “cose”
e “servizi” naviga in un mare economia di carta, piccola barca in un mare
tempestoso e incerto.
Ma la trasformazione strutturale del fare ricchezza con i
soldi (D-D-D) piuttosto che producendo delle merci, più o meno utili (D-M-D),
non può essere indifferente alla costituzione
della società. Il capitalismo è una
forma di società, esso ha caratterizzato per alcuni secoli la nostra società,
non solo dal punto di vista produttivo, ma anche dal punto di vista culturale,
ideologico, dei rapporti tra le persone. L’insorgere di un pensiero
“antagonistico” (democratico, radicale, socialista, comunista, anarchico, ecc.)
sta dentro il “fare” società da parte della forma di produzione capitalista.
Ma se la natura della struttura attraverso la quale si fa ricchezza e ci si appropria della
stessa cambia, non è irrilevante rispetto alla costituzione della società.
Vale la pena di sottolineare che il motto, tipico dell’era
moderna, “chi non lavora non mangia”, che è stato costitutivo dentro la
formazione capitalista dell’etica del lavoro, oggi non pare più un elemento
costitutivo della società. È la ricerca del “guadagno” facile che oggi tende a
prevalere, per cui la stessa “morale borghese” precipita nella ricerca di partecipazione
alle forme di arricchimento anche illegali
e in qualche caso propriamente criminali.
Non faccio l’elogio del sacrifico del duro lavoro, liberarsi
dal lavoro deve costituire un’aspirazione della specie umana ma nell’ambito di
una trasformazione della società, non nell’opportunistica ricerca individuale,
che poi significa sempre e comunque a spese di qualcuno altro.
Ma, si potrebbe dire, beati i mercanti che hanno le orecchie
apposite.
La speculazione
finanziaria non crede alla crescita
I segnali, per così dire, che la speculazione finanziaria
invia verso la poco credibile “politica per la crescita” della Comunità
Europea, incita sempre di più i capi di
stato favorevoli al rilancio della crescita a fare più e seriamente. Quelli dei
mercati e una voce che si invoca.
Ma quale è il significato di queste pressioni? Non sono
contraddittorie con quanto più volte scritto in queste mie note, circa una
sorta di indifferenza della speculazione per le sorti dei “popoli”?
Il problema va visto da due diversi punti di vista.
Da parte della speculazione finanziaria l’indifferenza verso
il destino dei popoli è permanente e rimane, ma l’attenzione riguarda la
possibilità che si mantenga una regime economico in grado di permettere di
continuare a tosare il popolo. In sostanza la crisi dei singoli paesi non deve
giungere al punto della Grecia, dove il rischio per il capitale finanziario è
non solo quello di perdere lo sperato guadagno ma anche il capitale. I popoli devono essere messi nella condizione
di poter continuare a pagare la “tassa finanziaria”, quindi la crescita diventa essenziale per poter
continuare a speculare. La critica, per così dire, all’inefficacia delle
politiche UE per la crescita quindi preoccupano i “mercati”, come si dice, in
sostanza significa che la speculazione finanziaria vorrebbe essere garantita
che ci sia sempre cibo per i propri denti. Gli Stati (i popoli) devono soffrire
ma non fallire, per questo loro abboniscono il fallimento.
Da parte dei popoli sembrerebbe ovvio un interesse per la
crescita, per una crescita che alleggerisse la situazione drammatica della
disoccupazione, della riduzione delle risorse familiari, della crescente
povertà diffusa. Ma attenzione che non è tutto ora quello che luccica. Si può
sostenere una politica della crescita se questa è collegata ad un mutamento
sociale. Intendo dire che non possono
essere rigettati, ma anzi richieste politiche di sviluppo, ma non bisogna
illudersi che queste siano risolutive che cioè possano eliminare il prelievo e
la tosatura imposta dalla finanza internazionale. Possono alleviare le
situazioni più drammatiche, e quindi vanno bene, ma non ci liberano. L’oppressione
del capitale ha aggiunto alla vecchia una nuova forma, e di ambedue è
necessario liberarci. Tagliare le unghia alla speculazione finanziaria deve
essere l’obiettivo principale e prioritario, come pure una modifica della
natura dello sviluppo. Pensare a questa ultima opzioni senza la prima
costituisce una della illusioni “progressiste” più recenti. Il come farlo è
materia …. di discussione, intelligenza, partecipazione e mobilizzazione
collettiva.
Non si tratta di avversare soltanto un “modello di
sviluppo”, ma è necessario avversare la formazione sociale nelle sue
espressioni antiche e nuove.
Quello che sta avvenendo indica una strada diversa. Per
esempio si è ridotto drasticamente il peso dei possessori di titoli di Stato
italiani in mano a “stranieri”, ma siccome l’ammontare di tali titoli non è diminuito questo vuol dire che la quota
dei titoli prima in mano straniera è ora in mano italiana. Premesso che è
ragionevole pensare che siano molto pochi i risparmiatori privati (la vedova
sempre invocata, il piccolo risparmio familiare, che si assottiglia sempre più,
ecc.) che hanno acquistato titoli italiani, nonostante i buoni tassi
d’interesse, e pensabili che essi siano finiti in mano alle banche, che hanno
utilizzato a questo scopo i prestiti, a basso tasso d’interesse, della Banca
europea. La soddisfazione che il governo manifesta per il successo di domanda
di ogni nuova emissione di titoli in realtà dipende dalle convenienze delle banche, che magari
resistono poco ad eventuali pressioni politiche. Ma così operando vengono
sottratte risorse ad impieghi produttivi e il governo fa finta di lamentarsi
perché in realtà sa che questa sottrazione agli impieghi produttivi e
fondamentale per la domanda di nuove emissioni di titoli.. Il nostro governo fa
la voce grossa per coniugare rigore e crescita ma poi non si occupa, o fa finta
di non vedere (che tecnici sono altrimenti),
quello che avviene sotto i propri occhi (e a suo favore).
Elezioni
amministrative
Si è letto di tutto, e mi sembra inutile con tanto ritardo
fare qualche considerazione. Non sono andate male, questo mi pare il giusto
commento. Quello che interessa è la prospettiva futura, ma su questo conviene
riflettere con più calma. Le manovre sono tante, da Montezemolo a Berlusconi, i
rotamatori, i nuovissimi, le 5 stelle, ecc. Sulla scena si affastellano vecchi
e nuovi attori, di molti dei quali è nota l’inconsistenza insieme alla prosopopea,
di altri la pericolosità, tutti a parole volano alto, molti propongono il “nuovo” senza sostanza, ecc.
insomma c’è da pensare e anche un po’ da tremare.
L’estremo tentativo
di uno che ha perduto ma non si adatta
Ecco la grande trovata molto promessa da Berlusconi e dal
segretario del PDL. La proposta dell’elezione diretta del presidente della
repubblica. Guardando a Berlusconi la
proposta ha due risvolti: il primo riguarda il tentativo di rientrare al centro
della scena, il secondo è l’espressione del riconoscimento che il PDL è
perdente e sentendosi lui vincente con questa trovata si vuole liberare della
zavorra PDL. Speranza che la proposta vada in porto zero, per ragioni di tempo,
e perché gli altri partiti non vogliono correre il rischio di vederlo al
Quirinale. Non è sbagliato il suo calcolo, infatti, gli Italiani potrebbero
portarlo a quel palazzo proprio in virtù dei suoi difetti. Il vero pericolo,
tuttavia, è che si vada alle elezioni con la stessa legge elettorale, questo si
che sarebbe grave (anche se a sinistra qualcuno pensa sia conveniente).
Citazioni: nel bene e
nel male
Michele Serra, La Repubblica, 15 maggio
2012
“Si dice ‘bocciato dai mercati’ o ‘promosso dai mercati’
come se un superiore magistrale vaglio tecnico intervenisse a decretare la
sapienza o l’insipienza di ogni mossa politico-economica. Poi però accade che i
mercati commentino con un certo vigore … un esito elettorale. Si capisce allora
che i mercati non sono giudici imparziali, ma attori politici tanto quanto i
governi che tremano al loro cospetto. … Dovrebbe suggerire alla politica un
poco di indipendenza e di coraggio in più” (questa
si che è una dissonanza rispetto all’indirizzo del quotidiano dove è apparsa l’amaca
di Serra)
Giovanni Falcone, Il
Manifesto 24maggio 2012 (citato da Umberto Santino)
“Ad un impegno straordinario della magistratura in un
determinato periodo, non vi era stato un pari impegno da parte di altri organi
statuali. Questa è una tesi che meriterebbe approfondimento e che sicuramente
ha un fondamento di verità. Io ricordo ancora quella volta in cui un ministro
dell’Interno, proprio qui a Palermo, ebbe a dirci che la mafia non era il
problema prioritario dell’ordine pubblico in Italia”
Umberto Santino,
direttore del Centro di documentazione Giuseppe Impastato, Il Manifesto, 24
maggio 2012
“ L’Italia è un paese senza memoria o con una memoria
programmata, che produce icone e cancella o sbiadisce la realtà. È successo per
i fondatori dello Stato unitario, affratellati nelle celebrazioni dello scorso
anno, succede per Falcone e Borsellino e per tutti coloro che la lotta alla
mafia l’hanno fatta, pagando di persona, dai protagonisti delle lotte contadine
ai nostri giorni. Sono ormai delle fotine di un memoriale rassicurante. Ma se
si vuole andare oltre le liturgie ufficiali, bisogna recuperare per intera una
storia che è fatta più di conflitti che di osanna”.
Angelino Alfano,
Il Manifesto 26 maggio 2012
“Questa proposta rappresenta il nostro pensiero in purezza” (parla della proposta dell’elezione diretta
del presidente della repubblica. “Purezza”, che vuol dire? Che il suo pensiero
è rimasto vergine dopo l’imbeccata del padrone, non c’era bisogno di
dichiararlo e a tutti noti che il delfino (il trota?) è di mente pura, mai una
sua idea l’ha attraversata. Si mantenga puro in attesa di chi lo sostituirà)
Diego Novelli, Il
Manifesto 26 maggio 2012
“Montezemolo, prima di assumere la presidenza di
Confindustria e successivamente passare alla Ferrari, si è fatto le ossa in
questo ambiente rappresentativo dell’impresa FIAT. Ecco perché qualcuno pensa che
abbia il pedigree adatto per fare il presidente del consiglio” (c’è proprio bisogno di uno come lui?)
Benedetto XVI, La Repubblica, 27 maggio
2012
“Il vento scuote la casa di Dio” (ma quale vento? Si tratta di corruzione, lotte di potere, riciclaggio,
ecc.)
Nichi Vendola e
Antonio Di Pietro, Il Manifesto 27 maggio 2012
“Bisogna far ripartire il centrosinistra, se Bersani non ci
risponde noi andiamo avanti comunque” (sembra
una strana coppia sul piano programmatico, più il centro sinistra si restringe,
più tendono ad emergere le differenze. Bersani ha le orecchie apposite come i
mercanti, questo non è bene, sollecitarlo, tampinarlo, premerlo è cosa giusta e
utile, ma anche qualche scampolo di programma pare necessario)
Roberto Formigoni,
Corriere della Sera, 27 maggio 2012
“ Mi dimetto se saranno dimostrati vantaggi per Daccò” (Il presidente della Regione Lombardia non
capisce che politicamente quello che sarebbe rilevante e se egli avesse avuto
dei vantaggi da Daccò. La cosa pare fuori discussione, quindi le dimissioni
sarebbero una pratica necessaria; ma ovviamente, secondo la prassi del suo
partito, non se ne parla e si piglia tempo. Se Daccò ha avuto vantaggi
appartiene alla sfera giudiziaria, ma prima c’è la sfera politica)