Diario 19 agosto 2020
Mario Draghi non è uno sprovveduto, non poteva non sapere
che la riunione di Rimini, di Comunione e liberazione, fosse un “luogo” politico e politicizzante, né
che la sua presenza aveva un peso diverso dall’altra volta quando rappresentava
una “istituzione” ed ancora non poteva non sapere che la politica italiana
attendeva l’espressione di una sua disponibilità. Tutto questo sapeva e ha
corso il rischio: voleva esserci ma non voleva impegnarsi. Così ha fatto con un discorso
scontato e indeterminato, figuriamoci c’erano
i giovani e anche l’ambiente, mancava il femminismo, c’erano i rischi futuri,
ma anche un appello ai valori della nostra società.
Se fosse lecito leggere il discorso tra le righe a ma
pare di aver compreso due cose: l’Italia, nonostante l’amor di patria, a Draghi
sta stretta, qualsiasi sia la “carica” offerta o prospetta non gli interessa,
proprio in ragione di quello che pensa di se stesso. Non cerca un poltrona, per
comoda o prestigiosa che sia (come la presidenza della Repubblica), ha l’ambizione
di voler governare , e ha capito che
il presidente del Consiglio in Italia (ma non solo) è preso tra tanti lacci,
pressioni e “rispetti”, che governare con autorevolezza e decisionismo da quel posto non pare sia possibile.
La sua ambizione, per così dire, di governo allora si
sposta sull’Europa, su un centro di decisione tagliato sulle sue ambizioni, un
centro di potere autonomo, efficace, e fortemente influente: il futuro
ministero unico del Tesoro della UE. Mi è sembrato che quando ha trattato di questo tema il discorso
di Draghi sia diventato un po’ più puntuale. Dai fasti della BCE al ministero
del Tesoro della UE, questo gli sembra un buon passo che si può fare. La sua
candidatura troverebbe tutte le porte aperte, resta il dubbio che ci sarà mai
una porta del ministero del Tesoro della UE aperta.
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