Diario
1/luglio/2019
Non si fa che parlare della necessità della nascita di un
nuovo soggetto politico, oggi il solito Carlo Calenda ne ha pubblica un
manifesto sul Foglio, nei giorni scorsi il sindaco Sala l’ha evocato, ecc.
Tutto questo ragionamento parte sempre dall'inadeguatezza del PD di Zingaretti.
Voglio correre il rischio di essere accusato da M.C. di non capire nulla di
politica, ma il tema mi pare di un certo interesse.
Intanto da che cosa nasce l’inadeguatezza del PD di
Zingaretti? Continuare a ripeterlo non fa che realizzare l’affermazione, ma
certo un problema esiste.
Ho una mia idea: il guaio del PD deriva dal fatto di
essere il centro-sinistra, banalmente
il centro sinistra è un’alleanza tra una forza di centro e una di sinistra, una
collaborazione programmatica; ciascuna delle due parti è portatrice di ragioni
e di progetti, la mediazione tra queste ragioni e questi progetti definisce un
programma di governo, che non è di centro, non è di sinistra, ma, appunto, di
centro-sinistra. Un esempio forse chiarisce: un movimento di centro democratico e progressista, è
contro l'applicazione della flat tax non perché non ci siano le coperture, ma perché
si tratta di una forma fiscale che abbatte la democratica e progressista
progressività della tassazione del reddito, alcuni l’hanno detto. Una sinistra
radicale (non rivoluzionaria, secondo tradizione) è contro la flat tax non solo
per le ragioni prima indicate, ma anche perché riterrebbe necessaria una
tassazione non solo progressiva ma anche in grado di combattere le diseguaglianze.
Tra queste due ragioni si potrebbe trovare una soluzione mediata e meditata che
non arretri sulla progressività ma che rincorra meccanismi di uguaglianza.
Torniamo al problema; a me pare che l’inadeguatezza del
PD dipenda dal fatto che questo partito vorrebbe esprimere insieme le due
anime, così facendo una blocca l’altra e ambedue bloccano il partito e il suo
segretario. Sarebbe enormemente salutare, da questo punto di vista, che le due
anime si separassero e che sulla base delle rispettive elaborazioni cercassero
un punto d'incontro per un possibile governo.
Non si tratterebbe, come qualcuno potrebbe dire, di un’operazione
fatta a tavolino. Appare assolutamente consistente un blocco di forze sociali
che non si riconosce nel PD ed è alla ricerca di una rappresentanza che sia al
tempo stesso democratica e progressista, che si riferisca ai valori della
nostra Costituzione, che sia aliena dalla violenza politica e che aspira a un
governo in grado di difendere i valori democratici della nostra recente storia,
i valori culturali della nostra tradizione e che sia impegnato allo sviluppo
della scienza e alla difesa dell’ambiente e alla crescita economica. Certo
queste forze esprimono anche umori corporativi, ma è essenziali che essi non
finiscano per rafforzare il pericoloso Salvini.
Dall'altro lato un PD liberato dalla sua componente di
centro potrebbe rappresentare una buona occasione per porre fine alla continua
e inconcludente divisione della sinistra “radicale” (sic!), dando origine a un
partito di sinistra plurilingua, in cui ciascuno non si senta continuamente
messo in discussione da una componente di centro. Un partito di sinistra,
aperto a tutte le componenti di sinistra, ha da rivendicare obiettivi di
trasformazione, quali una politica economica razionale e pensata per lo
sviluppo del mezzogiorno, una politica per il lavoro che salvaguardi la dignità
di operai e tecnici e di tutti quanti posti a lavoro dipendente, che sia
portatore di sviluppo tecnico e scientifico a favore di tutti, che faccia della
salvaguardia dell’ambiente una priorità ma non un banale vincolo alla crescita
economica, che sia portatrice di uguaglianza e abbatta ogni forma di discriminazione,
che faccia della scuola e della cultura una priorità senza la quale ogni altro
obiettivo può sembrare vacuo, che difenda la laicità dello stato, in ogni sua
forma, e che sia portatrice e difensora di ogni forma di libertà ma insieme sia
attivo costruttore di società. Che si batta per un’Europa dei popoli. Molte
forze sentono l’inattualità di una continua divisione a sinistra, molti stanno
alla finestra con le lacrime agli occhi, ma tutto questo non fa politica, fa
sicura sconfitta.
Non si tratta di rifare da una parte la DC e dall'altra
parte il PCI, ma piuttosto due forze che non alienando tradizioni ed
esperienze, siano in grado da punti di vista differenti, ma convergenti sulla
qualità della società, di affrontare le questioni nodali che il nostro tempo,
meraviglioso, ci pone: come distribuire il lavoro, come affermare uguaglianza e
libertà, come non spaventarsi dal progresso tecnico e scientifico ma come
governarlo garantendo autonomia di ricerca e attenzione all’umanità, come fare del mondo, un mondo sempre più rimpicciolito e
di tutti, come garantire la pace, come fare dell’accoglienza una cifra della nuova
civiltà, come ridurre il vincolo del denaro, anche nella sua forma elettronica,
come fare del laicismo una religione dalle molte fedi.
Ci vuol tempo, ma cominciare bisogna. Una nuova
esperienza politica nel nostro paese che prenda le mosse da una divisione e
ricomposizione può essere un vicolo che potrà trasformarsi in un’autostrada.
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