venerdì 3 agosto 2018

Roberto Saviano ha ragione


Diario
3 agosto 2018

L’esortazione di Saviano sulla necessità di un impegno generalizzato degli intellettuali, genericamente intesi, adatto a contrastare il “veleno” culturale che spande l’attuale governo, non solo è giusta ma richiama ad una responsabilità collettiva che sembra in qualche modo atrofizzata. Il problema fondamentale è cosa fare e come farlo, a partire duna molto diffusa insoddisfazione per l’attività dei corpi intermedi di sinistra.
Si possono scrivere articoli e commenti, ma il guaio è che questi verranno pubblicati su organi di stampa che fanno riferimento ad un’opinione pubblica consapevole anche se non attiva. Insomma si comunica con chi la pensa più o meno come noi.
L’insoddisfazione per i corpi intermedi di sinistra spinge qualcuno a pensare alla necessità di una iniziativa che corregga questa situazione: l’esistente non soddisfa pensiamo a qualcosa di “nuovo”. Leggo con vera preoccupazione della proposta, da qualcuno avanzata, della necessità di formare un quarto “polo” di sinistra. Mi è chiaro cosa interpreta questa proposta (l’insoddisfazione totale per i poli di sinistra già esistenti e forse in via di estinzione), ma appare oscuro il modo e i contenuti, l’espressione di una esigenza non basta. Anche perché quello che circola di nuovo, si fa per dire, sono proposte che ricalcano l’esperienza del presidente francese, tutto men che vagamente di sinistra.  Siamo convinti che la costruzione di una polarità unitaria e di sinistra non possa essere l’idea geniale di un nuovo leader, pur necessario, ma la costruzione di una ipotesi politica collettivamente elaborata (cosa di cui si sente parlare spesso, ma di cui non si vede traccia riconoscibile).
La cosa concreta che è possibile fare, almeno così mi pare, è quella di trasformare ciascuno di noi in un corpo intermedio soggettivo, una sorta di alternativa politica autogestita. Intendo dire che esistono molte occasioni in cui è possibile intervenire per contestare, chiarire, contrapporre, ecc. (senza iattanza, ma anzi con l’atteggiamento di chi vuol convincere o anche che vorrebbe essere convinto). Sui treni, sugli autobus, al bar, ecc. si è costretti sentire delle articolazioni del discorso politico assolutamente in contrasto non solo con quanto può pensare una persona democratica e genericamente progressista, ma contrarie al senso comune, alla storia, alla realtà. Ma spesso non si ha voglia di interloquire, di entrare nelle argomentazioni esposte, un po’ per timidezza, un po’ per educazione, un po’ perché si pensa sia inutile. Si tratta di atteggiamenti da superare, bisogna avere la forza d’animo di contribuire a contrastare quel senso comune velenoso che sembra prevalere. Io penso che una quota non marginale della popolazione si adegua al senso comune prevalente con poca convinzione, soprattutto senza una riflessione (che è, come è noto, assente nel senso comune prevalente).
Credo che per contrastare le parole velenose sparse da questo governo della paura, della falsificazione, e delle promesse impossibili da realizzare, sia necessario svelare il reale, far capire dove ci stanno portando onte e gli altri (soprattutto gli altri).
La gente pensa che questa società non vada bene, non soddisfi le speranze, non crei opportunità, non offre sicurezza di avvenire, per questo la parola d’ordine del “cambiamento” è così attraente e affascinante, ma il cambiamento proposto è vaghezza, nullità, e in concreto un cambio di “chi” governa apparentemente, mentre in realtà le fila sono sempre tirate da quanti di questa situazione si approfittano. Parlare della distribuzione della ricchezza, del suo aumento distorto, può forse cominciare a chiarire, che il cambiamento necessario sia di diversa natura, un cambio di società, non dei suoi riti.        
    

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