24 giugno 2016
Più che scandaloso è un violento attacco alla libertà della
ricerca e alla libertà in se stessa.
In un paese autoritario e antidemocratico, come l’Egitto, i
servizi, più o meno segreti, più o meno di stato, possono arrestare (o meglio
prelevare), torturate e poi uccidere un giovane ricercatore come Giulio Regeni
che studiava e indagava i movimenti operai di quel paese.
Nel nostro paese, democratico, una studentessa, Roberta
Chiroli, è stata condannata dal Tribunale di Torino a due mesi di reclusione
per il contenuto della sua tesi in antropologia, che riguardava il movimento No Tav. E’ stata riconosciuta,
contro ogni evidenza, non solo partecipe di quel movimento ma corresponsabile.
Insomma sempre più i punti di “scontro”, o anche soltanto di
tensione, della società non possono essere studiati, non possono essere
indagati senza finire, secondo le condizioni dei singoli paesi, nel mirino delle
autorità che difendono lo stato quo.
Evidentemente il giudici di Torino, tanto occhialuto quanto
ignorante, non sa che l’antropologia pretende lo studio di campo, sia che l’indagine investa una tribù dell’Amazonia,
sia i movimenti sociali, sia la vita di una comunità, sia i comportamenti dei
giovani. Dicendo che si tratti di un giudice ignorante non si vuole fare velo
sul contenuto tutto politico non solo della condanna ma anche dell’inchiesta
giudiziaria. Una tesi di laurea ha un
referente, detto “relatore”, che ne attesta qualità e metodo, viene presentata e
discussa davanti ad una commissione che la valuta anche in relazione alla
carriera dello studente/essa; tutto questo non può essere ignorato dal giudice
che questa stessa procedura ha seguito per potersi laureare; e allora? Credo che si tratti non solo di una condanna
politica inflitta ad una studentessa, che diventa responsabile dell’oggetto del
proprio studio, ma anche di un avvertimento al corpo docente che potrebbe
essere investito da correità. Una vera e propria intimidazione. Studiate il sanscrito
ma lasciate stare i movimenti sociali.
Credo che l’Università, pur nella sua disgraziata situazione
in cui si trova, debba reagire. Spero che Ca’ Foscari, Ateneo presso il quale
la studentessa compiva i suoi studi, abbia preso posizione (essendo stato all'estero
la notizia potrebbe essermi sfuggita). Ma forse in questo scampolo di fine anno
accademico si dovrebbe e potrebbe discutere della liberà di ricerca e del ruolo
sociale della ricerca stessa. La libertà della ricerca non riguarda solo gli
ogm ma riguarda tutti i campi della vita sociale, culturale e politica.