domenica 11 dicembre 2011

Diario 154 5-11 Dicembre 201

Diario 154

5-11 Dicembre 2011

F.I.

I “tecnici” al servizio del … popolo

Viva il pareggio di bilancio costituzionale

Angelo Panebianco e la scuola

Analfabetismo di ritorno

Citazioni: nel bene e nel male




I “tecnici” al servizio del … popolo

Sulla manovra elaborata dai professori, si è detto tutto, essa non è equa, usa strumenti molto semplificati, gli interventi per lo sviluppo sono modesti e non si sa quanto efficaci, non taglia le spese inutili, ecc. ma è piena di buone intenzioni.

Alcune norme sono inapplicabili, sembra, non credo proprio, i capitali “scudati”, possono benissimo essere rintracciati, né vale il ragionamento che essi possono essere stati investiti, infatti non si tassano nella loro consistenza di oggi, ma di quella del tempo. Si dice lo Stato ha promesso di liberarli di ogni altra incombenza con il pagamento del 5%, quindi non si può chiedere di più. Strano ragionamento Lo Stato si era impegnato, dico una cosa per tutte, ad adeguare le pensioni all’inflazione e ha deciso di non farlo tranne che per alcune fasce (ancora da definire). Sono rintracciabili e si può chiedere di pagare, se mai lo scandalo è nel 1,5% che dovrebbero pagare (i capitali rientrati hanno risparmiato almeno il 40% sul piano fiscale, per alcuni poi c’è anche il risparmio … penale). C’è poi la ribellione parlamentare avversa al comma che prevedere di intervenire sulle remunerazioni dei parlamentari. Non sono una fanatico fustigatore dei guadagni dei parlamentari, c’è un po’ di qualunquismo, ma è certo che i troppi privilegi storpiano.

I giustificazionismi, per così dire, sostengono che in 17 giorni non potevano fare di più. Non credo forse si sarebbe potuto fare di più e meglio, molte cose sono più simboliche che reali (le barche, ecc.), altre hanno tempi lunghi (le provincie), altre sono proprio sbagliate (per esempio l’obbligo dei pensionati ad aprire un conto in banca, questo si che è un favore alle stesse).

Ma quello che a me pare un errore di impostazione (che si ritrova sulle decisioni della Comunità, quando saranno operative): non porsi il problema del debito e della speculazione. Il riconoscimento che il mercato è sovrano (molto più del debito sovrano) non ci fa uscire (a noi e a tutti i paesi indebitati) fuori dalla crisi. Non c’è dubbio che su questo Monti sia intransigente; ma questo è un vero e proprio guaio. Senza mettere in moto provvedimenti seri contro la speculazione saremo sempre sottoposti (intendo l’economia complessiva del mondo) al “gioco” della speculazione. Fino a quando non si fa un ragionamento serio su che cosa fare del debito saremo sempre in crisi nonostante tutte le belle cose che si dicono dell’Italia e della nostra … economia.

Senza una loro specifica volontà, e forse anche senza una loro specifica consapevolezza, i “tecnici” chiamati a governarci per 13 mesi, forse non stanno servendo il … popolo, ma altro e altri.

Viva il pareggio di bilancio costituzionale

Il pareggio di bilancio è legge costituzionale. Questa è una bella notizia. Per alcuni economisti questo è un errore perché non si potranno fare più politiche keynesiane di

sostegno alla domanda, non credo sia vero, ma non posso argomentare in poco spazio. È una buona notizia perché ci libera del debito sovrano, di quello futuro, che sarà impossibile, ma anche e soprattutto di quello presente. Non si sente parlare d’altro della fiducia che bisogna riconquistare nel mercato finanziario, anche Fassina che passa per un terribile sinistro del PD, tanto che l’ala liberale ne aveva richiesto le dimissioni da responsabile economico del partito, in questi giorni ci ricorda che “dobbiamo” piazzare sul mercato titoli per alcune centinaia di miliardi di euro (mi pare 400) e che quindi è assolutamente necessaria la fiducia del mercato e il governo Monti in questo è fondamentale. Ma andiamo per ordine.

Perché abbiamo bisogno di piazzare sul mercato titoli per centinaia di miliardi di euro? Per rinnovare i titoli in scadenza, cioè facciamo un nuovo debito per pagare un vecchio debito. E come se scadesse una cambiale chiediamo il suo rinnovo, in questo caso,come è noto, si paga un diritto di mora, che nel caso specifico del rinnovo del debito sovrano è costituito dai maggiori interessi che il “mercato” ci chiede giusto il differenziale di fiducia misurato rispetto ai titoli tedeschi (il famoso spread).

Se fosse vero, ed è vero, che si fa un nuovo debito per pagarne uno vecchio, e se fosse vero, e dovrebbe essere vero, che dato il pareggio di bilancio costituzionale, non sarà possibile fare un nuovo debito per eventuali bisogni del paese (il bilancio deve essere sempre in pareggio) se ne deduce che sia possibile decidere di non pagare il debito passato, tanto sul “mercato” non potremo andare per legge (e questo vale per tutti i paesi che hanno in costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio); inoltre le agenzie di rating posso chiudere i battenti e finirla di giocare di sponda o direttamente con la speculazione finanziaria.

Certo il paese sarebbe disonorato, ma il paese è in queste condizione per il disonore degli evasori fiscali, della corruzione e della speculazione finanziaria e della inettitudine colposa e dolosa dei suoi governanti (che il paese si è scelto).

Del resto anche l’economista “veggente” Roubin ci ha suggerito o di svalutare il nostro debito di almeno il 25% o di trasformarlo in debito di lungo periodo (20-30 anni).

Se il paese tenesse molto alla sua onorabilità e non volesse cancellare il debito, tenuto conto delle difficoltà economiche del momento (e per quanto?) potrebbe decidere di congelare il debito, senza bisogno di rinnovarlo, e di destinare il 30% dell’avanzo primario di bilancio dei prossimi anni al pagamento di questo debito cominciando a rimborsare le persone fisiche italiane, a partire da quelli con il minore valore di titoli posseduti, per poi passare alle persone fisiche straniere e poi alle istituzioni italiane e infine a quelle straniere (o un qualsiasi altro ordine). Una moratoria che ci permetterebbe di vivere con il “nostro”, cosa che siamo obbligati a fare per la legge costituzionale sul pareggio di bilancio, ma senza l’assillo di andare sul mercato per rinnovare il vecchio debito.

Angelo Panebianco e la scuola

Il professore, sottolineo professore, ha preso spunto da una ricerca della Fondazione Agnelli, che denunzia il basso livello della nostra scuola media, per fare, nella rubrica che tiene settimanalmente su Sette (il settimanale del Corriere della Sera), una proposta tanto reazionaria quanto impraticabile. Dopo essersela presa con i professori, egli propone di dividere le nostre scuole medie in tre famiglie: buone, mediocri e pessime. Fatta questa classificazione si dovrebbe procedere a chiudere le pessime (e ovviamente licenziare insegnanti, presidi,bidelli, ecc e soprattutto rimandare i bambini a casa); dare tre anni di tempo a quelle classificate medie per mettersi alla pari delle migliore; premiare insegnati e personale delle migliori con aumenti di stipendio.

Il professore Panebianco dimentica che l’istruzione,compresa la media, è obbligatoria, e che lo Stato deve provvedere ad organizzarla per tutti. Il problema non è quello di chiudere le pessime ma di renderle migliori, lo Stato può fare molto a questo proposito e non solo ha fatto poco ma tende a fare sempre meno (stipendi, attrezzature, stato delle scuole, innovazione, ecc.). Ma questo al professore Panebianco interessa poco, il suo scopo è quello di meravigliare i suoi lettori con una rigida meritocrazia a prescindere da tutto il resto e dimentico del dettato costituzionale.

Analfabetismo di ritorno

Il professore Tullio De Mauro, riferendosi ad alcune ricerche internazionali ha messo in luce la grave situazione dell’alfabetismo della popolazione italiana. Ad un convegno, a Firenze, ha snocciolato le seguenti cifre:

"Il 71% della popolazione si trova al di sotto del livello minimo di lettura e comprensione di un testo scritto in italiano di media difficoltà: il 5% non è neppure in grado di decifrare lettere e cifre, un altro 33% sa leggere, ma riesce a decifrare solo testi di primo livello su una scala di cinque ed è a forte rischio di regressione nell'analfabetismo, un ulteriore 33% si ferma a testi di secondo livello. Non più del 20% possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana. Ce lo dicono due recenti studi internazionali, ma qui da noi nessuno sembra voler sentire" La Repubblica, 28 novembre).

La situazione appare grave e corrisponde alla denunzia della Fondazione Agnelli sul pessimo stato della nostra scuola media. Sono necessari interventi urgenti (non certo punitive delle scuole come proposto da Panebianco), sul piano dell’organizzazione della scuola, della motivazione degli insegnanti, della loro preparazione, ecc. ma non pare che la scuola interessi i governi, bisogna solo “tagliare” come se fosse una spesa inutile.

Accanto ,tuttavia, c’è un problema culturale generale e riguarda l’uso del dialetto. Negli ultime vent’anni, un mal riposto principio di identità ha assegnato al dialetto la forza espressiva di tale identità. Oggi nessuno si sforza più di parlare in italiano, neanche quello televisivo, moltissimi si esprimono in dialetto, a tutti livelli dal familiare al commerciale, dagli uffici, alla … scuola. Trovo scandaloso che nella scuola, a tutti i livelli si permetta l’uso del dialetto agli studenti e non poche volte esso è usato anche dai professori e maestri con la giustificazione di raggiungere una migliore comunicazione. In queste condizioni la lingua italiana, ovviamente, si … perde e la sua comprensione è sempre più scarsa.

Citazioni: nel bene e nel male

Non è una citazione ma una raccomandazione: leggete l’articolo “le pensioni degli altri” sull’Espresso di questa settimana con un elenco di pensionati “eccellenti”, che cumulano più pensioni, pensioni e stipendi, ecc. Tutto lecito ma un po’ … scandaloso.

Rosy Bindi

“Mi dispiace, l’Italia non ha abbastanza pensionati da dare in pasto allo spread”, L’Espresso, 8/15 dicembre 2011.

Tarcisio Bertone, Segretario di stato vaticano

“Il problema dell’ICI è un problema particolare : un problema da studiare e da approfondire”, La Repubblica, 9 dicembre 2011. (attenzione cardinale, c’è un proverbio che dice “mentre il medico studia il malato muore”. Facciamo presto a studiare e a pagare)

Cesare Geronzi

“La massoneria conta più di prima”, Corriere della Sera, 9 dicembre 2011. (ci crediamo e ci… dispiace)

Alessandra Mussolini

“Senza vitalizio è come se ci mandassero nudi per strada. La gente vuole vederci soffrire” La Repubblica, 10 dicembre 2011. (onorevole si compra non è un bel vedere, con un cappotto non è necessari la pelliccia)

Guido Rossi

“Nessuna parola (a Bruxelles) è stata spesa invece per evitare la speculazione sui titoli degli Stati, … E nemmeno è stato previsto qualcosa per disciplinare una mercato finanziario assolutamente fuori controllo, che fa danzare altalenare le borse e gli spread con i bund tedeschi giorno dopo giorno, secondo gli umori degli speculatori… La maggiore assenza e quella della lotta all’evasione fiscale e alla corruzione pubblica e privata, senza la quale l’abusa parola equità diventa un riferimento vuoto”, Il Sole 24 Ore, 11 dicembre 2011.

Beppe Pisanu

“Monti ha giustamente concentrato l’attenzione sul traguardo 2013. Ma la via di uscita dalla recessione è assai più lunga ed ha un tracciato europeo che si adatta a lui come la montagna a Gino Bartali. Se dunque il governo concludesse positivamente la legislatura potremmo anche immaginare Monti alla guida di una coerente coalizione politica”, La Repubblica, 11 dicembre 2011. (troppo Monti storpia: Monti senatore a vita; Monti tecnico al governo; Monti guida di una coalizione politica; Monti al Quirinale. Calma!)

Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle entrate

“Non basterà un giorno per ridurre a livelli europei un’evasione di 120 miliardi l’anno. Oggi, però, abbiamo tutti gli strumenti per operare: l’informazione completa sui movimenti finanziari, il redditometro, la tracciabilità del contante. È finito il segreto bancario”, Corriere della Sera, 11 dicembre 2011. (Lo prendiamo in parola: Basta scuse!)

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