Diario
27
aprile 2021
È
di nessuna rilevanza sapere che il governorato
Draghi non mi piace, a chi può interessare, ma sento il bisogno di rompere il
silenzio affinché i miei amici non sospettino di un mio adeguamento.
I
motivi per cui non mi piace sono molti e nel tempo sono cresciuti.
All’inizio
pensavo che potesse essere la mia idiosincrasia ad essere governato da un banchiere, bravo quanto si voglia ma sempre
… banchiere. Ma non è solo per questo.
Intanto
perché si tratta di un governorato e non di un governo. I rappresentanti del
popolo, sia quelli che siedono attorno al tavolo della “presidenza del
consiglio”, sia, soprattutto, quelli che presiedono le due aule del parlamento,
sono considerati da Draghi, questa è la mia impressione, delle pedine per la
sua partita a scacchi che dovrebbe portarlo molto in alto. Capisco che si possa
essere perplessi per la qualità di queste persone, ma con questi bisognerebbe
governare e non con un gruppo di tecnici, uomini di fiducia, personalmente
scelti. Il casino della democrazia e di
gran lungo preferibile ad un’algida e presunta efficiente oligarchia.
Non
mi piace nel merito:
-
il
disegno di portare nei servizi pubblici la concorrenza di mercato e i privati
(si tratta, si potrebbe dire, di una idea fissa del nostro governatore). Non perché
reputo la gestione dei servizi pubblici la migliora, ma perché il miglioramento
non sta nella loro privatizzazione;
-
trovo
un vero peccato spendere più di 200 miliardi di euro per tornare all’antico,
una antico più moderno mi si potrebbe dire. Ma non mi soddisfa né la
transizione tecnologica né quella ambientale se il destino dei nostri figli e
nipoti deve somigliare a quello nostro. La disgrazia Covid poteva e deve essere
usata per modificare i nostri rapporti di produzione, per fornire ai giovani cultura,
e non solo professionalizzazione, per rappresentare
e presentare un nuovo modo di produrre e di consumare, migliorando la situazione
di ciascuno;
-
che
le comunità locali, soprattutto del sud, si arricchiscano di opere (spesso
attese da anni e si potrebbe dire finalmente) senza essere consultati ma
affidati a “commissari” non mi pare opera saggia senza chiedere loro se
preferiscono o meglio hanno più bisogno di una nuova bretella stradale o di un
acquedotto, una scuola o un treno ad alta velocità.
Potrei
continuare, ma il senso del mio malessere dovrebbe essere chiaro. Un’operazione
tecnocratica come quella che si sta avviando nel nostro paese non è stata mai
tentata (non voglio dire, ma dove si trova una tecnostruttura così potente?) e
soprattutto darà risultati modesti. Il
migliore dei risultati prevede un ritorno allo stato complessivo di circa sei
anni passati.
Quello
che non è chiaro al nostro governatore è che una paese non si governa come una banca,
con ordini di servizio e usceri.
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