Diario n. 312
29 febbraio 2016
Privacy
La polemica (anche giudiziaria) tra Apple e Fbi per il
rifiuto della prima di decrittare l’iphone di uno accusato di strage, pone
questioni molto rilevanti ma insieme equivoche. Relativamente alla prima, per
esempio, si rivendica il diritto alla libertà e, appunto, all’inviolabilità
della privacy; ma la Apple, mentre impugna la clava della libertà fa appello
alla garanzia, che vende insieme ai suoi telefoni, circa l’impossibilità della
loro violazione. Se questa fosse messa in discussione, anche solo per un
terrorista, una delle caratteristiche dei suoi iphone perderebbe valore con un conseguente
declino della vendite. Più che la
libertà si pensa di difendere quote di mercato.
Con questo non voglio assolutamente degradare la
questione, certo che c’è in gioco la libertà e la privacy, ma ci sono questioni
anche di sicurezza. Avendo lo Stato assunto il monopolio della sicurezza (cioè
della violenza), molto meno negli USA e in altri stati autoritari, questa deve
essere sottomessa alla difesa delle quote di mercato? Quesito molto contradittorio in una società di
libertà (non liberista).
Dall’altra parte si ha l’impressione che tutta la questione
della privacy sia di esclusiva pertinenza dell’élite della finanza, del
crimine, degli apparati statali, e poco altro. Di fatto nella nostra società
gli individui mentre difendono la loro privacy di questa fanno strame. Basta viaggiare su un treno o su un
autobus per ascoltare molte conversazioni di fatti privati, facebook e gli
altri strumenti similari sono piene di “profili” personali, di foto personali
spesso indicativi di rapporti privati, di pensieri personali che, chi sa perché,
si pensa interessino il mondo intero. È lo stesso quando sui muri si può
leggere “Maria ti amo” o peggio “Giovanna sei mia”, un coazione alla
comunicazione di cose private.
È la spettacolarizzazione della nostra vita? Probabile. È
la sottomissione alle nuove tecnologie della comunicazione? Può essere. È il
senso di solitudine che ci invade? Anche questo contribuisce.
Mi pare che la privacy sia ormai un concetto obsoleto,
non la si vuole più, anche se si rivendica. Neanche i “segreti” resistono,
prima o dopo vengono spiattellate. Si osservi come le comunicazione telefoniche
di corruttori e corrotti finiscono sui fogli di carta stampata: imprudenti? Stupidi?
Colpiti da sindrome di impunità? Inconsapevoli di essere registrati? Tutto questo
e altro. Lo stesso per la criminalità e il terrorismo che usa linguaggi di
comunicazione secondo loro indecifrabili.
Una società senza segreti, non mi dispiace. Una società
in cui tutti mettono le loro budella in mostra rischia di essere
insopportabile. E non vale sostenere che uno è libero di non ascoltare, di non
leggere, di non usare internet, ecc. non è così semplice.
Il dopo EXPO
Dopo ogni Expo, in qualsiasi paese essa si svolga, sotto
qualsiasi regime, sorge sempre e immancabilmente il problema di cosa fare dell’area
costruita, degli edifici ecc. È una costante, che pone sempre complessi
problemi, ma ai quali i proponenti della manifestazione non pensano mai, se non
nella semplificazione che dopo l’area sarà impiegata per la nascita di un polo di sviluppo scientifico e tecnologico.
Così è stato a Lisbona, così a Siviglia, … così a Milano. Il presupposto è che
il “grande evento” sarà un acceleratore di sviluppo scientifico e tecnologico,
mai presupposto è stato più campato in aria.
Ogni volta le difficoltà sono enormi, l’uso dell’area è
sempre parziale, ameno di non farne un’area di sviluppo edilizio (vedi
Lisbona), non sempre si trovano le imprese, ovviamente innovative, che vogliono
trasferirsi o impiantare una nuova iniziativa. Problemi di risorse finanziarie,
problemi di collegamenti, problemi di “idee”, ecc. costituiscono sempre dei
freni, se non proprio degli ostacoli.
Ma tutto questo non vale per … Milano. Il nostro presidente
del consiglio salta tutti gli ostacoli, niente lo ferma, risolve o questione e
lancia «Human technopole. Italy 2040». Un grande progetto, un
ambizioso progetto, la nascita di un polo di eccellenza mondiale per il
miglioramento della vita in tutti i suoi aspetti. Che non si occuperà soltanto
di alimentazione, che era il tema (finto) dell’Expo, ma di tutto quello che può
contribuire all’allungamento e al benessere della vita. (si potrebbe ricordare
che un altro presidente del consiglio aveva dichiarato di voler debellare in
breve tempo il cancro, ma lasciamo stare).
Su questo progetto il governo ci mette risorse, un
decreto legge viene approvato e 80 milioni di € vengono assegnati all’Istituto
Italiano di Tecnologia di Genova. L’IIT funziona come una fondazione privata ma
i suoi finanziamenti sono per l’80% pubblici. Non conosco né l’attività né i
risultati (non ci si può fidare di quanto esposto nella pagine internet) e non sono
in grado di giudicare, ma il provvedimento preso dal governo ha scatenato l’opposizione
degli scienziati italiani a cominciare dal senatore a vita Elena Cattaneo. L’incarico
allo IIT, ritenuto una istituzione privata, privo di un programma e il munifico
finanziamento costituiscono, secondo molti, uno schiaffo a tutta la comunità scientifica
italiana e uno spreco senza obiettivi chiari. In queste rimostranze c’è del
corporativismo, forse, ma i dubbi sull’operazione appaiono fondati e
documentati.
Questa iniziativa, se e come si realizzerà occuperà una
parte modesta dell’area dell’Expo, e il resto?