Diario
28 novembre 2001
Nei giorni, 27 e 28, quello che resta del Manifesto e un gruppo di giovani (la speranza) si sono incontrati a Rimini, sia per celebrare il decennale della morte di Lucio Magri, sia per ragionare sulla fase, come la chiamiamo noi, e su quello che sarebbe utile fare.
Un certo numero di dotti compagni (non
li ho contati ma sicuramente vicini a cento), venuti anche da lontano, fin da
Palermo, hanno tentato di ragionare di politica. Un gruppo di reduci? Si e no.
Molti si rivedevano dopo 30-40 anni, si rivedevano e meglio dire si
riconoscevano con fatica, tutti siamo molto cambiati, intendo fisicamente, ma
non di reduci, come siamo stati sempre abituati a considerarci, ma piuttosto un faglia della sinistra con la pretesa di
voler dire la sua.
L’elaborazione di Lucio è stata
analizzata da molti punti di vista, in certi momenti è sembrato (a me) di
essere in una Accademia storica per la puntigliosità delle citazioni, per i
riferimenti alle diverse fasi storiche, per l’esplorazione degli scritti di
Lucio a diversi livelli di approfondimenti. Ma non vorrei essere frainteso,
anche dentro questa esplorazione si sentiva la passione politica dei singoli.
Era chiaro che l’esplorazione del pensiero magriano non fosse una fuga ma un
modo, me lo si lasci dire, di ripartire. Molti compagni in forme diverse hanno
continuato a fare politica, alcuni si sono come ritirati nel loro guscio, e
questa è stata un’occasione per tirare fuori la testina. Qualcuno ci ha messo
una carica (modesta per fortuna) di critica, qualche altro ha avuto un
atteggiamento esaltato, ma complessivamente una discussione molto interessante
e sostanzialmente piacevole, se fosse possibile usare questo termine per una
riunione di “politica”.
Ma l’oggi emerge, ne poteva essere
diversamente, anche in questa riunione. La natura dell’attuale crisi, la
pandemia come espressione di questa crisi e come meccanismo di riorganizzazione
capitalistica, l’attualità della rivoluzione, il ruolo delle diverse forze
sociali, la crisi ambientale e quella sociale, le loro relazioni, la necessità
di un’organizzazione, l’unificazione delle forze in campo, le città, la
necessità di lavorare ad una sorta di neo-comunismo, ecc. sgranando i grani di
un rosario noto.
Non voglio essere frainteso ancora, non
intendo che su questi tempi si sia andati molto avanti, lungo gli approfondimenti necessari, tutt’altro, il
tempo non c’era e poi di fatto questi non erano il cuore della riunione, ma è
stato importante che le questione dell’oggi siano apparsi con l’evidenza che
meritano. Forse se ci si rivedrà, cosa da molti auspicata, faremo delle
riunioni tematiche, affrontato singole questioni per un lavoro politico che pare
necessario.
Il clima della riunione è stato molto
tranquillo, senza tensioni, e questa è una novità molto importante per una
riunione del “Manifesto”, ma si percepiva una specie di ansia nei singoli
compagni, nei singoli interventi, nei campanelli che si andavano formando,
un’ansia di urgenza, non dipendente soltanto
dall’età di molti di noi, si percepiva anche nei giovani, si tratta
piuttosto della consapevolezza che un
lavoro andava fatto e che noi tutti potevamo rappresentare un pezzo di questo
lavoro.