Come
si governa senza un progetto?
Diario n. 283
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pagine di intervista sul nuovo Espresso
e Matteo Renzi, nostro Presidente del consiglio dei Ministri, è riuscito a non
dire niente. Un preoccupante e tragico vuoto pneumatico.
Non
ha detto niente per riservatezza? Non si può dire che sia riservato. Non ha
detto nulla per modestia? Il nostro giovane capo del governo non ha il difetto
della modestia. Non ha detto nulla sul futuro del nostro paese, perché è privo
di idee che non sia quella di farci usare l’I-Phone per le pratiche
amministrative. Una versione moderna di far viaggiare i treni in orario.
Da
un Presidente, con una maggioranza mostruosa (al netto delle divergenze
interne), ci si aspetta, mi aspetto che dica: caro cittadino, elettore, amico,
compagno, comunque voglia chiamarci, io lavoro perché il nostro paese, nella
tempesta economica, della politica internazionale e della guerra, si trasformi
secondo queste linee.
Dove
saremmo tra dieci anni non lo sa lui e non lo sa nessuno, ma potrebbe dirmi che
sentiero di sviluppo sociale, economico e culturale ha imboccato e con quale
prospettiva. Niente, niente, niente.
Con
riferimento alla divisione nel PD, gli è stato chiesto quale considererebbe la “sua” parte: risponde
che è il PD del 41% un risultato che è stato “il tentativo di dipingere un’idea
dell’Italia”. Ecco siamo alla prospettiva, uno pensa: “L’Italia paese della speranza,
in cui tutto è ancora possibile”. Ma la speranza è un progetto politico?
L’idea
di politica di Renzi è tutta … comunicazione. Per questo è preoccupato per il
PD: “da parte nostra è una comunicazione schizofrenica”, non gli viene in mente
che non si tratta di schizofrenia, ma di posizioni politiche diverse, per Renzi
questo è incomprensibile.
Il
tema della riforma dello Stato sembra stare molto a cuore a Renzi. Ma nel suo
elenco troviamo cose importanti, anche se complesse e non prive di
contraddizioni, e cose di senso comune ma la cui gestione deve essere più che attenta
per evitare disastri. Secondo Renzi, le questioni di fondo sono il superamento
del Senato e delle provincie, mentre contemporaneamente si punta sull’innovazione
tecnologica. Riorganizzare i “quattro corpi della di polizia”, evitare le duplicazioni
e poi il progetto: “il modello della Pubblica Amministrazione per i cittadini è l’i-Phon: una schermata con
un unico codice e tante applicazioni”. Si potrebbe avanzare il dubbio c he il
nostro presidente del consiglio conosca poco lo stato del paese, ma lasciamo
andare, quello che preoccupa e l’improvvisazione, la necessità dell’annunzio
schioccante, insomma la comunicazione. Il caso esemplare è quello della
cancellazione delle Provincie. Nello stesso numero dell’Espresso un’inchiesta
su quale siano gli esisti di questa riforma già varata è sconcertate:
inettitudine, mancanza di fondi, o mancanza di professionalità, o mancanza di
indirizzo. Un obiettivo assolutamente necessario sta finendo in malora e in
sperperi.
Il
trionfalismo inutile, il bla bla continuo, la mancanza di una idea di società,
che non sia la banale (il che non vuol dire facile) aggiustamento e correzioni
di quello che non funziona, non paiono una prospettiva a cui dare fiducia.
L’ottimismo
per qualche dato economico meno drammatico, la difesa del mercato che tende a
costruire sempre più grandi centri di potere, la mistificazione sulle cause di
questa lunghissima crisi, l’assenza di una qualche idea di risoluzione, il
dominio assoluto dell’economia sulla società, lasciano esterrefatti. Si è
spesso scritto che qualche miglioramento modesto si sarebbe potuto presentare,
ma la situazione resta diretta da forze (la finanza internazionale) sulle quali
la politica non ha voglia di intervenire. Questa è come il gatto di casa, si
accuccia, fa le fuse, ma è completamente dipendente. I “padroni” ci lasceranno respirare, hanno
bisogno che riprendiamo un po’ di forza, per poi tornare a tosarci.