venerdì 14 febbraio 2014

Renzi, sempre più Renzi, per quale Governo?



Renzi, sempre più Renzi, per quale Governo?

Diario 248


Da un paio di giorni non riesco a scrivere questo diario. Intanto perché mi sembrava impossibile che i fatti si svolgessero come poi si sono svolti, mi pareva una pazzia da tutti i punti di vista.

Un’altra difficoltà che mi ostacolava era quella di come titolare questo numero del Diario. L’idea di utilizzare termini come “rischio” o “risico”, o “azzardo”, sembrava la cosa più semplice, dato che tutti gli osservatori mostravano di cautela in quella che sembrava la strada imboccata da Renzi, ma contemporaneamente banale. L’altra possibilità era quella di titolare con “torna la DC”, del tutto giustificato non tanto e non solo per lo scontro tra i due, non solo per i “tradimenti”, non solo per la tattica adottata dalla maggiore delle opposizioni interne alla PD, ma anche e soprattutto per la riscoperta del famigerato “spirito di servizio” alla cui ombra si sono consumati le peggiori evoluzioni del nostro paese. Infatti quando Renzi sostiene che tutti lo spingono, che tutti gli chiedono “responsabilità”, che il “suo” personale interesse sarebbe diverso, non fa che evocare, appunto, lo “spirito di servizio”, facendo finta di non capire che quello stato di necessità è stato da lui stesso creato. Ma anche questo titolo mi sembrava piegasse verso il banale. Certo ho risorto il problema con altrettanta banalità, ma spero di richiamare l’attenzione che la qualità programmatica di questo governo è ancora misteriosa.

Oggi la strategia di Renzi appare chiara, come ha scoperto, pare con meraviglia, Letta: fin dall’inizio ha puntato a Palazzo Chigi. E per evitare di figurare come Caino, il fratello cattivo, non ha fatto che dichiarare la sua estraneità al governo, il suo sostegno, certo critico, all’amico Letta, ma sempre di sostegno si è trattato, e, a conferma, si ritaglia per sé il ruolo del “grande riformatore”. A questo scopo invita Letta all’attesa, il capo del governo non doveva muoversi, doveva aspettare a proporre il nuovo patto all’alleanza, doveva avere pazienza a proporre il rimpasto necessario. Fermo, fermissimo doveva stare per evitare di ostacolare la “grande riforma”. Letta, credulone, fiducioso delle parole, che per altro non è un fulmine di guerra, sta fermo, non capendo che, così facendo, Renzi avrebbe finito per farlo apparire incapace e “impantanato”, chiuso dentro un recinto di inerzia, predisponendo le condizioni per il sacrificio.

Renzi e il PD potevano essere critici con il governo, ma era il loro governo e quindi dovevano aiutarne l’azione, suggerire cosa sarebbe stato necessario e opportuno fare, proporre provvedimenti utili al paese, ma niente di tutto questo, Letta abbandonato a se stesso alla sua maggioranza composita, e privato, perché così voleva Napolitano e anche Renzi, dell’unica arma a disposizione per costringere la sua maggioranza ad assecondarlo: le dimissioni e le elezioni. Tutto il pasticcio sull’Imu, la resistenza di Alfano, ecc. potevano essere evitate se Letta poteva minacciare le elezioni, ma questa parola gli era preclusa. Così fiducioso restava fermo, mentre gli veniva sottratta la terza sotto i piedi. Voglio dire, senza che questo abbia nessun risvolto politico, che in tutta questa storia quello che ne esce meglio con dignità è Letta. Ingannato, beffato, ma non comprato.

Qualcuno dei fedelissimi di Renzi ha dichiarato che di lui ci si poteva fidare perché diceva sempre quello che pensava. Mai affermazione fu così azzardata. O Renzi è un gran bugiardo, o cambia idea con troppa facilità. Appare sicuramente come un grande affabulatore, e appunto per questo anche bugiardo, inaffidabile, ambizioso, presuntuoso, spregiudicato e irresponsabile. Tutti hanno sentito con le proprie orecchie, ieri, affermare: ci vuole un mutamento radicale, un nuovo passo e un nuovo orizzonte, e nello stesso tempo invocare l’attuale maggioranza. Va bene avere di sé una grande opinione, va bene considerarsi geniale, confortato dalla velocità con la quale ha convinto Berlusconi ad adottare la sua (intendo di Berlusconi) riforma elettorale, ma la realtà va guardata per quella che è. È convinto, credo, che il suo progetto di legislatura costituisca la carta vincente, perché conviene a tutti, per operare il proposto mutamento radicale (mai definito nei suoi termini concreti). È vero che si tratta di una convenienza, ma poi i dati della realtà potrebbero anche far mutare le convenienze.

Adesso quali sono gli scenari possibili, tutto è incerto ma facciamo qualche tentativo.

Intanto Napolitano potrebbe inviare Letta alle camere, anche perché così richiesto da M5* e PDL. Non credo che lo farà perché non vuole ancora di più drammatizzare la situazione. Ma se la facesse, non sarebbe un passaggio facile e indolore per il PD.

Napolitano accetta le dimissioni, fa delle rapide consultazioni, e incarica Renzi di formare una maggioranza e una composizione ministeriale.

A Renzi si aprono tre possibilità:

Andare con la maggioranza di Letta con qualche modesto innesto. In questo caso il socio di controllo sarebbe ancora Alfano, che ha già fissato i paletti e messo avanti i provvedimenti che interessano il NCD e indicato quelli assolutamente non accettabili. In questo caso Renzi dovrebbe annacquare il suo programma, il tutto per una maggioranza non particolarmente forte , ma sicuramente di “controllo”. Niente diritti civili, niente patrimoniale (a messo che a essa pensi Renzi), niente jus soli, molte vendite del patrimonio, magari qualche condono di varia natura, ecc. Renzi si può ribellare e puntare ad una diversa maggioranza.

Una maggioranza spostata più a sinistra dove SEL prende il posto del NCD (i due partiti si sono dichiarati incompatibili). Ma in questo caso i numeri non ci sono, si può sperare nella pattuglia dei dissidenti M5*, ma questo appoggio dovrebbe essere esplicito (cosa difficile da ottenere) e consistente tanto poter avere la maggioranza anche al senato. Renzi potrebbe sperare di trovare i voti in parlamento. Ma Napolitano, non potrebbe accettarlo, così come ha fatto con Bersani, dovrebbe rimandarlo indietro e invitarlo a tornare con “numeri certi”. Sarebbe un danno di immagine, e non solo, distruttivo.

Ma Renzi ha ancora una carta, il tono spregiudicato e la capacità di cambiare idea, che lo caratterizza, potrebbe tentarlo: la Grande coalizione. Tante giustificazioni: lo stato del paese, l’unificazione della maggioranza di governo con la maggioranza delle riforme, la possibilità di intendersi su alcune questioni scottanti dato che il PDL (Berlusconi) pur di rientrare in gioco, avere tempo per riorganizzarsi e costruire un nuovo leader, sarebbe ben disposto. Certo che sia Renzi a riportare al governo Brunetta, la Santanchè ecc. può apparire paradossale. Ma Renzi ai paradossi vuole abituarci.

La grande coalizione farebbe brindare Napolitano, che da sempre tifa per la grande coalizione, e Grillo (che non sperva in un simile regalo). Grandi festeggiamenti e tramonto definitivo del PD, ma Renzi pensa di poterne fare a meno.

Certo è uno scenario poco credibile, ma è l’unico che garantisce pieno successo a Renzi. Improbabile ma non da scartare.
         

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