lunedì 30 dicembre 2019

Mancanza di stile? Forse peggio



Diario
30 dicembre 2019

Si potrebbe dire “una caduta di stile”, ma forse il corsivo di Massimo Arcangeli pubblicato il 28 dicembre su La Repubblica (e questo dispiace molto), forse rappresenta un vistoso esempio del degrado della politica.
L’autore del corsivo è stato presidente di una Commissione “per l’accesso al ruolo di dirigente scolastico”, e in quanto testimone privilegiato si sente in dovere di raccontare il non splendido esame sostenuto da Lucia Azzolina, oggi ministro della pubblica istruzione. Si capisce che l’on. Azzolina, non in modo brillante abbia passata la prova.  Ma il corsivo è tutto teso a mettere in evidenza  la non perfetta preparazione della candidata, ridicodizzandola,  ma riconoscendo che “almeno la normativa la conosceva”.
Può darsi che le dichiarazioni rilasciate ad un giornalista della candidata abbia irritato la commissione e in particolare il suo presidente, ma trovo che riportare a sette mesi dall’evento (l’esame si è svolto i primi di giugno) su un quotidiano la prova dell’attuale ministro sia un atto, modesto come è modesto l’autore del corsivo, di ingiustificato attacco politico. Ingiustificato perchè almeno la normativa che regola la scuola la candidata la conosceva, e per un ministro credo che costituisca una buona premessa (non sto giurando sul successo dell’Azzolina come ministro).
Il presidente Massimo Arcangeli se riteneva insufficiente la preparazione della candidata poteva bocciarla, se l’ha promosso non credo che l’abbia fatto per genuflessione di fronte al politico, ma perche complessivamente ne dava, insieme alla commissione, un giudizio positivo. Inoltre quell’esame mi auguro fosse pubblico e non spettava al presidente riesumarne i fasti.
Meraviglia che La Repubblica, giornale che quotidianamente si esercita in lezione di moralità pubblica, si sia prestata a questa operazione.    

mercoledì 25 dicembre 2019

Diseguaglianze




Diario
24 dicembre 2019

Siamo convinti di avere chiari i fenomeni che caratterizzano in negativo la nostra società, e questo è anche vero. Ma ogni volta che ricerche e informazioni precise ci documentano quello che … sappiamo, ci meravigliamo, siamo sorpresi e scandalizzati. È il caso della recente indagine della Mediobanca sulle retribuzioni, per l’anno 2018, di amministratori, direttori generali e sindaci relative a 230 imprese quotate in borsa e riguardano complessivamente 3.543 persone.
Si resta meravigliati, per esempio, che l’amministratore delegato e direttore generale della Unipol abbia percepito nel 2918, remunerazioni pari a 7,9 milioni di euro. Uno si domanda che cosa avrà mai fatto di così rilevante questo importante dirigente per meritare una così cospicua remunerazione? In realtà sarà stato bravo, non discuto, ma la sua abilità principale consiste nel raccogliere come con una rete a strascico il plus valore prodotto dai dipendenti Unipol e riversarlo nelle remunerazione sue e degli altri dirigenti.  Il sistema questo consente, o meglio: il sistema si basa su tale meccanismo.
Per non farla troppo lunga di seguito si riportano le remunerazioni medie e massime, in migliaia di euro, per singola posizione:

Posizione                 remunerazione media                            remunerazione massima
Presidente                    458                                                          7.000
Vice presidente            210                                                          4.900
Consigliere delegato    849                                                          6.000
Pres Cons. Sindacale     53                                                              218
Sindaco Effettivo           39                                                              149

Comparare la remunerazione di queste posizioni apicali rispetto al costo del lavoro medio della stessa azienda, presenta una serie di complessità. Tuttavia, sottolineando, come fa il rapporto della Mediobanca, che i valori devono considerarsi sottostimati, la remunerazione media di un presidente vale 6,7 volte quella del dipendente medio, se si assumesse la remunerazione massima del Presidente questa varrebbe 93 volte quella del lavoratore medio. Per quanto riguarda il Consigliere delegato tale rapporto è pari 11,8 nel caso della remunerazione media, se invece si considerasse la massima il rapporto salirebbe a 114 (si tratta degli anni di lavoro necessari per accumulare la remunerazione del presidente o consigliere delegato).   

Questi dati sono una pallida rappresentazione delle differenze sociali che caratterizzano il nostro, insieme ad altri,  paese. Era noto i molti anni che un lavoratore “medio” avrebbe dovuto lavorare per accumulare la retribuzione del “suo” presidente, ma le informazioni abbastanza precise ci meravigliano. Qui non si tratta affatto di “giusta ricompensa” alla competenza ma solo di meccanismi sociali e politici che permettono di accumulare a scapito dei lavoratori.


giovedì 19 dicembre 2019

Sardine




Diario 19 dicembre 2019

Che non si potesse dare per certa la sconfitta, non era un becero ottimismo, ma rifletteva sul fatto che nonostante gli indicatori , in termini generali, fossero tutti negativi per la sinistra non era facile prevedere gli andamenti politici di massa spontanei, un movimento poteva sconvolgere le previsioni. Tanto per dire, nessuno si aspettava il ’68. Per quanto la società sia posta sotto osservazione, per quanti bravi siano gli osservatori, non sempre si riesce a cogliere lo stato d’animo, per così dire, di parti importanti della popolazione; si coglie il disagio ma non è chiaro a cosa esso svolge. Di questo qualche mese fa ragionavo insieme a Rossana.
Salvini, con il suo razzismo, la sua volgarità, la sua semina di paura e di odio, sembrava trionfante, ma oggi non è più così certo. Merito delle Sardine.
La mia generazione è stata maestra nel “dividere”, ogni sfumatura era un buon motivo per dividerci. I gruppi si moltiplicavano, facevano tentativi di unirsi per subito dopo dividersi in pezzi ancora più numerosi. Per questo dobbiamo stare lontani dalle Sardine, e se andassimo in piazza dovremmo stare zitti, non possiamo fare domande, non possiamo neanche indicare i nostri errori. La cosa, infatti, che mi entusiasma è il senso antidivisivo che ha assunto questo movimento. Si può pensare che l’unità non sia tutto, ma bisogna riflettere che la divisione è peggio.
Un’altra cosa importante, ed è una novità nel recente presente, è la dichiarazione di collocazione “politica”, ma anche sociale, delle Sardine, si dicono di sinistra e antifascisti; non adoperano, per fortuna,  l’equivoca formula “né di destra né di sinistra”.
Mi pare di cogliere un’ansia in molti che praticano la politica da anni e i cui capelli bianchi suggeriscono saggezza (che non c’è): non facciamogli domande, dicono, ma nello stesso tempo le domande negate vengono avanzate; dichiarando entusiasmo per la loro autonomia e indipendenza dai partiti, così ripetono, e nello stesso tempo, con finto rispetto, si suggerisce tra le righe cosa è opportuno che facciano.
Non diamo lezioni, non cerchiamo di cavalcare quello che non ci appartiene e che non conosciamo neanche tanto bene.
La mia generazione ha sbagliato tutto, anche con generosità, perché non ha saputo cogliere le opportunità politiche che si presentavano, non ha saputo approfittare politicamente dei grandi movimenti di protesta, si è divisa e suddivisa, ogni volta illudendosi di avere la carta vincente. Se qualcosa, anche piccola, l’ha ottenuta è merito dei grandi movimenti di massa. La generazione successiva si è accodata all'andazzo del tempo, distruggendo il poco ottenuto, ma una parte ha continuato a “lamentarsi” e questa parte guarda con “fede” alle Sardine pronti a fare gli stessi errori.
Guardiamo e … impariamo; ascoltiamo e … riflettiamo; non predichiamo e speriamo con ottimismo.       


lunedì 9 dicembre 2019

Né di destra né di sinistra



Diario 9 dicembre 2019

Quando un movimento (o anche un individuo) dichiari di non essere né di destra né di sinistra, non sottintende di essere di “centro”, cioè un moderato (qualsiasi cosa questo significhi), ma piuttosto di essere un opportunista. Rende esplicito che non ha ideali da seguire, né principi ai quali legare i propri comportamenti, ma, piuttosto, che persegue la ricerca di occasioni da cogliere nell'interesse proprio o della propria parte anche se, a questo punto, scatti una seconda mistificazione, affermando che si tratti di un interesse di tutti. Un tutto omogeneo senza articolazioni e differenziazioni interni e con interessi molto diversificati.
Non si confondi l’affermazione né di destra né di sinistra, con una possibile e ammissibile critica (e anche indifferenza) nei riguardi dei partiti esistenti. L’affermazione in realtà non riguarda tanto i partiti ma piuttosto due modi diversi di immaginare la società e la sua trasformazione.
Insomma affermare di non essere né di destra né di sinistra non è tanto una dichiarazione di collocazione politica, ma, piuttosto, esplicitare  un progetto di “mani libere”, disponibile ad ogni evenienza, appunto pronti a cogliere le occasioni che si presentino per perseguire interessi propri travestiti da generali. Gli interessi propri nel caso specifico riguardano la possibilità di rafforzare la propria presenza nelle istituzioni, e goderne i vantaggi. Ma, attenzione, non si tratta di un atteggiamento che scruta le opportunità per coglierle, ma piuttosto questi movimenti possiedono  una forte verve  “costruttiva” nel creare quelle opportunità che possano permettergli di sfruttare la situazione a proprio favore. Tale atteggiamento rende questi movimenti alleati di governo non affidabili, essi, infatti, sono poco capaci di costruire un progetto in comune, temono che questo possa rafforzare altri partiti e movimenti. L’inaffidabilità dei partner di governo, va detto, non riguarda solo questo tipo di movimenti ma, da un certo punto di vista, tutti gli alleati, la peculiarità dei primi, tuttavia, consiste nell'incapacità di seguire un percorso, per quanto possibile, comune. Nella creazione di “occasioni” utili allo scopo, infatti, non hanno scrupoli a crearle in contrasto con gli indirizzi assunti dal governo di cui fanno parte.
Mi fa specie, ma il mio atteggiamento verso M5* è stato altalenante, diffidenza verso le dichiarazioni politiche che negavano una precisa posizione, mentre un blando apprezzamento per alcune battaglie e proposte. Ma ora mi pare che il velo si sia squarciato. Di Maio cavalca e crea tutte le occasioni che pensa dovrebbero far recuperare qualche posizione al suo movimento in crisi di consensi (soprattutto dovrebbero garantire la sua personale posizione di capo del movimento). Del resto il marchio di origine non può essere smentito. Scalpita, dichiara, afferma, propone, ecc. portando continuamente il governo ogni volta sull'orlo della crisi, ma mai andando fino in fondo. Teme le elezioni (come pure Italia Viva, che non facendo dichiarazioni “né…né” si conforma a quello nei comportamenti).  
Non fermarlo (li), sovrapponendo un ulteriore punto di opportunismo (salvare il governo) potrebbe non ottenere l’obiettivo ma  peggiorare la situazione del paese.